Come è finito il Piano Quinquennale

Come è finito il Piano Quinquennale GIUDIZIO SUL BOLSCEVISMO Come è finito il Piano Quinquennale H Popolo d'Italia segnalava l'altro giorno all'attenzione degli italiani il libro di Gaetano Ciocca: Giudizio sul bolscevismo (editore Bompiani, L. 12). La segnalazione non poteva essere più opportuna. Esiste ormai una vasta letteratura sulla Russia e sul bolscevismo, tanto che il lettore più accorto ha finito col disinteressarsi a quel fenomeno che gli è stato cucinato in tutte le salse e che ormai, nonostante le contraddizioni, le difese e le denigrazioni interessate, i brevi bagliori e i grandi abissi, non ha più segreti .per nessuno. L'interesse, se mai, si limita all'attesa dei frutti di quella gran seminagione. E i frutti, eccoli. Ce li mostra con chiarezza e semplicità che rivelano l'uomo abituato alie CO' se concrete, l'ingegnere Ciocca. Egli Ila vissuto lungamente in Russia, dove per incarico della « Villar Perora » ha costruito e impiantato il più grande stabilimento del mondo per cuscinetti a sfere; le sue non sono perciò impressioni di un osservatore dal di fuori, sono deduzioni di una esperienza provata e riprovata quotidianamente da un attore, e non degli ultimi, della odierna vita sovietica. Ecco perchè questo libro ha valore di documento, in sen so scientifico politico e sociale, e contribuirà non poco alla chiarifica zipne di alcune idee essenziali al divenire economico e sociale «del mon do moderno. Che, giustamente, alla fine, il Ciocca dai fatti deduce la teoria, quella teoria che, secondo l'insegnamento del Pareto, non è al trò ohe fatto, esperienza dalla quale la logica trae le naturali conseguen ze e di queste fissa i principi. Non è facile riassumere un libro come questo del Ciocca, in cui il fat to, la spiegazione del fatto stesso e la riflessione sui limiti, la portata, l'efficacia e la interdipendenza della successione fenomenica è così con naturata e conseguenziaria che il lettore non si accorge più dove finisce l'esame e comincia la dottrina l'esposizione obiettiva e il ragionamento soggettivo sono così aderenti ed efficaci, la realtà estranea e il ri flesso spirituale così perfetti nella reciproca compenetrazione, che, al la fine, ci si domanda se questo, più che un giudizio sul bolscevismo, non sia un saggio di economia sperimentale, un libro di dottrina, in cui le esperienze del mondo moderno Sono passate al vaglio di una coscienza rettilinea e inesorabile' sì che la teoria che ne consegue non è arbitra-; ria, interessata e spesso fallace, ma scende « per li rami », come una filiazione naturale e legittima, • dai fatti e dalle esperienze esaminati. Quando il Ciocca afferma che il bolscevismo, partito in armi contro il capitalismo, è oggi il più genuino rappresentante del capitalismo di classe, non fa un paradosso ; stabilisce un punto di partenza per la perfetta comprensione del fenomeno, d/elinea una piattaforma sicura sulla quale è agevole stabilire raffronti, vagliare e giudicare. C j co3a è il piano quinquennale? Un tentativo in proporzioni colossali di conquista dell'egemonia industriale ottenuta con la concentrazione e la meccanizzazione, spinte all'eccesso dei processi produttivi; finalità metodi sistemi tolti ad imprestito dall'economia americana sono oggi finalità metodi sistemi dell'economia russa. « Uguali circostanze fatalmente conducono a uguali conseguenze — scrive il Ciocca: — Russia e America sono le nazioni sulle quali la crisi si è abbattuta con maggior violenza, e dove il rendimento della produzione è disceso al livello più basso. In America il pessimo rendimento complessivo è la risultante del rendimento ad oltranza (che qualcuno chiama sfruttamento) del lavoro organizzato, e del rendimento nullo della spaventosa percentuale dei disoccupati; in Russia tutu sono occupati, ma tutti rendono in misura insufficiente. Non vi è che una differenza di fattori, uno spostamento, negli addendi; il risultato della operazione non muta ». Perchè la Russia ha impegnato tutte le sue energie in uno sforzo così violento e mastodontico? «Incombeva sullo Stato dei soviet — spiega il Ciocca — stremato dalle guerre civili e dalla carestia, il pe ricolo che alla tormentata popolazio ne apparisse sterile e senza scopo la rinunzia alla propria libertà, alla propria personalità, ai propri beni, alle proprie tradizioni a cui era stata condannata. Perchè il pericolo scomparisse, occorreva che lo scopo fosse posto\vanti agli occhi, a portata di mano. Nessuno più avrebbe osato rimpiangere il passato _ se_ in mezzo ai sacrifici e alle privazioni avesse preso forma, sia pure a di stanza di lustri, la speranza di sorpassare, nel benessere materiale, le altre nazioni ». Bisognava raggiungere e sorpassare il capitalismo me glio attrezzato, il capitalismo ame ricano; bisognava battere l'avversa rio con le sue stesse armi: il fordismo divenne perciò l'arma del bolscevismo industrializzato. • Così avvenne che l'avvento del piano quinquennale segnò, sin dal l'inizio, la dedizione assoluta della Russia alla tecnica americana. I tecnici americani giunsero a Mosca col bagaglio della loro vastissima esperienza e la meccanizzazione sistematica e assoluta divenne l'idolo del bolscevismo o dominò tutta la conce zione del piano quinquennale. La prosperità era lì, pronta, allettante, sicura, e nessuno pensò che la prosperità non dipende soltanto da noi, essa è legata alla prosperità degli altri, e che il voler moltiplicare le fonti del profitto e della ricchezza le isterilisce. « Facendo della meccanizzazione il proprio idolo — osserva il nostro — il bolscevismo ha snaturato un'idea sana, quella della produzione preordinata in base agli accertati bisogni. Per andare incontro alle crisi ha chiamato a collabo rare con sè il maggior colpevole delle crisi stesse ». Ed ecco il vertiginoso accavallarsi e concatenarsi dei quantitativi, dei volumi, dei costi. Le cifre crescono con la progressione delle valanghe, e i calcoli corrono «empre pericolo di essere sbagliati per qualche zero, come ss fossero calcoli planetari o calcoli atomici. I progetti generano i progetti, i mi Hard! di rubli si sommano ai miliardi di rubli, i milioni di braccia si aggiungono ai milioni di braccia, seamme« cadscblletcolo 10 degivevecostmcotolafequcotilispiuntoria gropraqul'amlepepoagle11 ricadimcunipecafasolee lacinanoQdivapeunchququsadrecocumspcuqredfibmsl'nddl'vrevplonpintlipsinNvnlasamsienpuFeifsrrdsnlcsebllOèotèrtdbicanrcadfnmsdmirtmzdtdtucfhnts senza tregua. Ne nasce l'elefantiasi amministrativa, di cui è prova il numero di sportelli recanti la parola « cassa » che si incontrano in Russia ad ogni passo. « Quando io penso — scrive il Coccia — quante volte il rublo che io spendo al ristorante colettivo per un piatto di carne, è ricomparso sui bilanci economici delo Stato sovietico dal giorno in cui 0 Stato ha impiantato l'allevamento dei buoi e ha allevato quel bove, al giorno in cui lo Stato allevatore ha venduto a sè, trust delle carni, il bove vivo, indi a sè, cooperativa di consumo, il bove morto, indi a sè, ristorante, il bove congelato, indi a me il nove cotto, pagandosi in fine con il rublo che egli stesso mi ha dato, io sono costretto a rinunziare alla ricerca del valore economico effettivo dei miliardi che il piano quinquennale porta nella sua cornucopia ». Come funziona codesta mastodontica macchina? Naturalmente malissimo. La scuola operaia, uno dei pilastri dell'edificio industriale, per una^ delle tante contraddizioni in atto, è in perfetta antitesi con l'americanismo al cento per cento messo a piedestallo delle fabbriche. I programmi sono troppo vasti per gli operai non qualificati e troppo generali per gli operai specializzati; quindi maestranze deficienti che, all'atto pratico, perturbano l'andamento della produzione, per cui nelle fabbriche sovietiche, data l'alta percentuale di rischio, è esclusa la possibilità di far calcoli esatti. Si aggiunga il contrasto nettissimo delle forze politiche, l'antagonismo tra 11 potere centrale e il potere periferico: da un lato un'autorità teoricamente illimitata, con diritto quasi di vita e di morte, dall'altro la illimitata facoltà di discussione, per cui tutti gli argomenti possono venire, in tutte le sedi, messi sul tappeto e sottoposti a interminabili accademie verbali, e poi i tribunali di fabbrica arbitri della libertà personale degli individui, l'affissione alle tabelle nere dei nomi degli oziosi e alle tabelle rosse dei nomi degli zelanti, la critica dal basso che si esercita nei giornali murali e nei giornali di fabbrica, alla quale tutti hanno diritto e di cui tutti hanno paura. Quale potrà essere il risultato finale di questo contrasto di forze? Prevarrà il potere centrale o il potere periferico? Comanderà in definitiva uno solo o comanderanno tutti? E' chiaro che non è facile rispondere a questi interrogativi assillanti dai quali dipende la vita economica russa. A dimostrazione delle enormi difficoltà alle quali si va incontro in regime sovietico, il Ciocca racconta come è sorta la grande fabbrica dei cuscinetti a sfere: documentatissima storia che attesta dell'enorme sperpero di lavoro e d'i denaro, per cui, tanto 'per fare un esempio, su quattro giornate di lavoro tre si sarebbero potute risparmiare. Ma le difficoltà del piano quinquennale non finiscono quando le gigantesche fabbriche si mettono in moto; esse cominciano allora. Al tirar delle prime somme si è potuto constatare, fra l'altro, che il problema dei trasporti non è stato risolto e la lontananza dei centri di produzione dai centri di utilizzazione pesa fortemente sull'economia globale. Le fabbriche sovietiche hanno in genere un carattere di sedentarietà, perchè ogni attività è stata rivolta allo scopo di riprodurre alcuni modelli, come se la loro perfezione potesse essere eterna: è avvenuto insomma che tutta la parte preponderante dell'apparato industriale sovietico, che fu costruita a uno scopo prestabilito e specializzata per un determinato tipo di produzione, è già ora, prima di es sere in piena efficienza, antiquata, e in qualche caso decrepita. A Nijni Novgorod, per citarne uno, il governo sovietico sta compiendo inenarrabili sforzi per l'avviamento della fabbrica di automobili, costruite su disegni del Ford, che è destinata a produrre annualmente duecentomila vetture del conosciutissimo e sorpassatissimo tipo. Gli sforzi sono in massima parte consumati a vuoto, e il denaro impegnato nella fabbrica non può adeguatamente fruttare, perche gli impianti non sono stati utilizzati a tempo e la vetturetta Ford non. risponde più alle attuali esigenze. ' ji aggiungano le difficoltà, spesso insormontabili, della gestione delle fabbriche. Manca il senso amministrativo; non esiste una attrezzatura contabile adeguata; siamo ancora alla partita semplice, nessuna delle complicate partite di giro che sono state aperte si chiude; mancano le contropartite. Che, del resto, l'operaio sovietico ha un serio preconcetto contro la severità amministrativa: non vuole controlli nè coercizioni; sa di dover cooperare al beneficio comune e che deve dare la sua opera al buon andamento dell'azienda, ma guai a sorvegliarlo. Ora, codesto genere di cooperazione è utile quando è unanime : basta un ozioso per frustrare l'opera di venti uomini di buona.volontà, e il guaio è che nessuno si preoccupa di sapere se tutti cooperano. Il Ciocca scrive : « Una volta ho tentato di controllare la presenza degli operai di un reparto della fabbrica. Il capo del reparto ne aveva in forza sul suo piccolo 'accuino trecento. Nel reparto c'era un tavolino al quale gli opé^i andavano a denunciarsi, all'atto di prendere lavoro. Il tavolino ne dà presenti duecento. E gli altri cento? Qualcuno appare assente giustificato da una delle tante ragioni contemplate nei fogli di paga. Degli altri nessuno ha notizia ; ma siccome un elenco di nomi non c'è, non riesco a sincerarmi se hanno perduto o meno il diritto di ritirare alla fine dei sei giorni la mercede. Cerchiamo di rintracciare i duecento presenti: contiamo nel reparto: ce ne sono cento. E gli altri? Il caporeparto fruga nella memoria : devono essere in un'altra sezione della fabbrica. Andiamo a vedere. Ce ne sono venti. E gli ottanta? Qualcuno è in giro di propaganda, qualcuno è al buffet, alla biblioteca o al circolo politico, assiste a una conferenza. Ma ne mancano ancora cinquanta: sono andati per i fatti loro. Invano i poteri centrali hanno stabilito i cottimi e le gestioni autonome di squadre di lavoratori; la verità è che i direttori responsabili non hanno, autorità suffi¬ pae aliotevlaimdilcmrcfntsdupcbidsptputnGgcapldiePsszTbzremnosqsgiebmsmlètmhtmtcacFqltmli ciente per affrontare la situazione e le armi poste a loro disposizione si spuntano sempre. Essi possono licenziare chiunque senza preavviso, ma non sanno come sostituire gli, inetti ». Ora, se, bene o male, la concentrata vigilanza nelle fabbriche consente di opporsi in qualche modo al processo di disgregazione, si pensi agli effetti della disorganizzazione e «della impreparazione nelle aziende agricole, lontane, isolate, nelle quali la massa lavoratrice non è amica o neutrale, ma decisamente avversa. Così è avvenuto che l'insufficiente rendimento economico della nuova industria sovietica ha creato la povertà di Stato. La realtà si impone alla teoria. « Per comprendere la povertà sovietica — scrive il Ciocca — bisogna entrare nelle case. A Mosca ogni famiglia ha in media a sua disposizione una camera, e i pochi privilegiati che ne occupano più d'una, bilanciano gli infelici che vivono ammonticchiati nelle baracche. Lo Stato ha stabilito che l'indispensabile per abitare sia costituito da sei metri quadrati di alloggio a testa; di conseguenza una ordinaria camera deve servire per tre persone. Sedendosi a un focolare domestico, si misurano gli abissi che corrono tra il filosofare e il vivere : ciascuno è in grado di giudicare le conseguenze della promiscuità familiare a cui la massima parte della popolazione è condannata », Queste pagine del Ciocca sono pervase da un senso di così nobile umanità da impressionare vivamente. Non è mai avvenuto un fenomeno così vasto di povertà collettiva itcbqspldtlCnmrseesètnscssIngstrRdggrmqlet n opposizione con la ricchezza potenziale che è intorno e che un piccolo moto in un determinato senso basterebbe a far risorgere. Quale è questo senso? Nel bolscevismo la rottura di ej quilibrio fra Str.to e individuo è conseguenza della * dottrina stessa, che proclama l'assoluto predominio delo Stato nel campo economico. Vi è, dunque, un errore di partenza, effetto di un eccesso di logica. « In tutte le istituzioni sovietiche — scrive il Coccia — i segni del disquilibrio sono ben chiari. Il bolscevismo è come un albero lussureggiante di fuori, roso dalle tarme di dentro ». Il bolscevismo che distrugge la proprietà, ed è invece abbarbicato alle forme economiche tradizionali del liberalismo, è vittima di un anacronismo; è fermo a Marx e alla Comune, mentre il mondo ha camminato e continua a camminare. Anche nel campo spirituale bisogna colmare il vuoto che la rivoluzione, immobile>sui presupposti dottrinari, ha lasciato che si ingrandisse ogni giorno di più. Il popolo russo, in questo momento, non cammina nè sulla via del progrfsso nè sulla via del regresso: aspetta. Aspetta una giustizia —, nota il Ciocca — che non ebbe mai. La riscossa degli animi si manifesta in Russia nell'irresistibile prorompere del sentimento patriottico. Era logico, del resto, che contro la disgregazione e la dissoluzione la forza di reazione dovesse consistere e affermarsi nel sentimento nazionale. E questo sentimento nazionale salverà la Russia. Bolscevismo e liberalismo economico, pur divergendo nei metodi, convergono nei risultati: l'uno ellnpssduReervtfecrravi—rmplrfVadp e l'altro portano allo squilibrio delle forze economiche a inaridiscono le fonti della produzione; perpetuano l'antagonismo fra chi presta la propria opera e chi la riceve, come se produrre e amministrare non fossero due momenti del ciclo chiuso della vita economica. Anziché tra uomo e uomo, tra classe e classe, in Russia l'antagonismo è tra l'uomo e lo Stato. Alla base del bolscevismo e del liberalismo economico c'è l'errore di considerare il capitale e il lavoro come due elementi contrastanti. Solo il corporativismo colma il fosso, accomuna gli sforzi, restaura e stabilisce quella giustizia sociale che è un'utopia così in regime liberale come in regime sovietico. Ancora una volta la luce viene da Roma; ancora una volta la fiaccola della civiltà è nelle possenti mani di un italiano, di Mussolini. « Non vedo — conclude il Còccia — nella oscura e pur già luminosa alba di domani, la Russia eternamente ribelle, perduta dietro le assurde utopie, nè la Russia restaurata e lacerata dal risorgere di inestinguibili odi, nè, fra l'ansar delle macchine e il fumar delle ciminiere, la Russia buddhista. Vedo la Russia corporativa, libera dalle vecchie e dalle nuove catene, al posto assegnatole, nel nuovo mondo corporativo, dalla immensità della sua terra, dalla laboriosità del suo popolo sognatore, dalla indimenticabile umanità dell'arte dei suoi pittori, dei suoi musici, dei suoi poeti ». E' necessario che la Russia scelga, prima o noi, la sua via: la via di Roma, la via dello spirito contro l'imperversare della materia. SAV.

Persone citate: Hard, Marx, Mussolini, Nijni Novgorod