Cinema virtuoso

Cinema virtuoso Cinema virtuoso Non leggo,- nò ascolto più certe celie che per vent'anni segnalarono il cinematografo come un nascondiglio di peccati. Ciò che anzitutto suggeriva l'idea di questi peccati era l'oscurità. Quindi il raccoglimento e la musica. Notate che gli stessi tre elementi, considerati da quei puri per cui tutto 6 puro, potrebbero concorrere a formare un concetto del tutto opposto, d'elevazione, di*religione, di tempio. Il tempio della Dea Immagine, mi pare d'aver detto una volta. Ma i puri, al mondo, non sono maggioranza. E le armoniose tenebre del Cine seguitavano a parerci insidiate dai demoni: mète clandestine di vergini folli, d'adultere avventurose, di gagà in fortuna, di seduttori all'agguato. Io penso che ad una tale atmosfera peccaminosa dovesse contribuire, più oh* altro, la silenziosità dello schermo. Essere vicini a una donna, nell'ombra, e vederci fissati, là sul telone, da tanta gente senza parolo, doveva darci un senso euforico, stimolatore, e umanamente malandrino d'impurità. I testimoni muti non fanno paura: benché Teresa Raquin e il. suo amante ne avessero, ricordato f, anche dalle pupille d'un gatto. Ma essi avevano ucciso Lorenzo; e la sensibilità dell'assassino, al buio, ò tutt'il contrario di quella del lussurioso. Questa s'esalta, quella si confonde. Per l'omicida, l'oscurità deve riempirei d'ali di lemuri e di vampiri. Per il voluttuoso, la tenebra si popola di stelle, e non vi passa ohe Amore con invitanti ali di colombo. La decadenza' del cinematografo galeotto coincide, per l'appunto, con l'avvento del film parlato. Voi vedete ohe l'oscurità I ancora quella; che la musica è la stessa, benché spiri da un disco anziohè da un'orchestrina: ma i personaggi, là sul telone, pronunziano sillabe, le quali non possono che intimorire, essendo proferite da fantasmi, chiunque stia tramando o subendo una tentazione. Si aggiunga l'accresciuto interesse dello schermo, che non permettendoci di strazioni nè inerzie, ne impedisce dal guardarci attorno, per vedere se la vicina di destra abbia ciglia più nobili di Brigitte Helm, o quella di mancina caviglie più tentatrici di Marlene Dietrich. Quando il fascino del film, pegli spettatori era soltanto nella bocca romboidale di Pina Menichelli, e per le spettatrici, nel pallore gastoniano di Mario Bonnard, facile era lo stancarsi, l'assentarsi: e allora l'ozio poteva rifarsi padre di tutti i vizi, in quel muto clima ch'era, o poteva diventare, un'adunata magnetica, un sabbath invisibile d'occhi e di piedi. Oggi l'aura del Cine appare veramente simile a quelle, dell'oratorio. La sua ampiezza impone. Il suo lusso allucina. I dischi portano risonanze d'organo. E le dive, là di fronte, divine sono veramente: irradiate( dissustanziate, trasfigurate, fatte immagini pure come gli angeli nelle figurazioni dei Maestri. Il desiderio, adesso, quando c'è, mette ali troppo grandi per accorgersi dei piedi della vicina. Nè saprebbe più tradire Greta tGarbo per la forosetta che ha marinato la sartoria. Quindi tutto è per bene; e la vigilanza dei guardiani si limita al divieto di fumare ; e neppure si fanno più celie sui peccatori, o sulle peccatrici, per cui il meglio dello spettacolo non è indicate nei manifesti. » # #' Giorgio Barbarin, un collega che crede nell'aritmetica, fa per altre vie la verifica di questa ritrovata probità. Su mille spettatori, egli osserva, trecento sono uomini; cento, fanciulli; ottanta, vegliardi. Delle rimanenti 520 donne, 120 obbligano al rispetto per l'età acerba, 200 per l'età ohe appunto è detta rispettabile, 150 per l'uomo che le accompagna. Ma non pensate che, delle cinquanta che avanzano, siano più di venti a fare al gusto nostro, e più di venti (il collega non ci suppone privi di grazie) a trovarci di gusto loro. Ne restano dieci appena, sparse per aule sempre più vaste, e non sempre in condizioni da essere riconosciute al buio, subito, dallo scellerato in cerca d'attriti. Allora il gioco delle gambe diventa pericolosissimo, e tale da facilmente accompagnarsi, come nella boxe, a un gioco di pugni. Le insurrezioni a suon di schiaffi, della virtù offesa, non sono mai tanto frequenti come al cinematografo. E' un altro fatto provato, secondo il Barbarin, dalle statistiche ; ed è un'altra prova del gran torto che la buon'anima del senatore Bérenger, Pére de Pudeur, si faceva avversando i suoi spettacoli reconditi nel nome della moralità: melanconia, che in Italia, per essere giusti, nessun senatore ha avuto mai, nemmeno chiamandosi Luigi Luzzati. In verità, se Satana fu mai di casa nelle tenebre del Cinema, oggi vi è sloggiato. Che ci resterebbe a fare, dopo i conti fatti da Giorgio Barberini E dopo certi tagli apportati «Ile pellicole dalla censoria inesorabilità ? Si noti, ancora, che se da noi sono vigilati e ritoccati, per giusto scrupolo di verecondia, films d'onestissima origine quali La carne e il diavolo o Ragazze in uniforme, certi altri, a base di vasche da bagno o di conventi assaliti dai negri, di certe Case produttrici aventi nome « Educational Comedy » (ironia america na...) o <t Educational Eschanges i, non ci arrivano neppure: il che, sia detto senza offesa degli educatori californiani, non è di scapite per nessuno. I cinematografi italiani, finalmente, hanno un'altra disgrazia, che dal punto di vista dell'illibatezza si risolve in una fortuna. Le donne che essi impiegano, accompagnatrici e cassiere, per lo più sono brutte. Anche questo, sia detto senz'offendere nessuno: ma 6 un fatto che le creature incontrate negli anditi con la lampadina rischiaratrice, o dietro gli sportelli della biglietteria, col dito sulla spugnetta, si direbbero scelte apposta dall'eunuco ugonotto di Roi Pausole, per non dire dal senatore Bérenger. Per quale fatalità non si incontri mai un essere leggiadro, non saprei dire o forse per l'attrazione dell'oscurità che, dice il poeta delle Metamorfosi, sempre avvia ai luoghi d'ombra le orfane d'avvenenza? O per una ragione economica? O per un semplice caso? Non so, ripeto. Ma è strano come l'estetica del personale, nelle nostre sale oinematogragche, differenzi assolutamente da quello berlinesi e americane. Oltre Oceano, lo più belle donne di Cinelandia non le ho vedute sui tets, mentre si giravano le proiezioni più pagane e allettatrici, ma fra le im piegate degli < studi » e quelle delle sale di spettacoli. Le finte oinesine del t Chdnese Theater i, a Culver City, libere le stupende membra nella dorata seta dell'involucro, che ci guidavano sino ai nostri posti — silenziosissimo, il passo, sui tappeti profondi come tombe ! — congedandosi con un inchinetto tra burlesco e cerimonioso; e le nitide bambole, vestite di nulla, che Roxy, Capito!, e le altre colossali aule di Broadway sigillano, in quei cofani prismatici, sprizzanti iridi dai cristalli, da cui vengono distribuiti automaticamente i biglietti d'ingresso, le ho sempre, indimenticabili, nella memoria. Sulle soglie dei templi dell'immagine, esse erano come il simbolo della bellezza carnale, la suprema, l'insuperabile, oltre la quale non poteva più esistere pei nostri sguardi bramosi che il mondo delle larve : Greta, Gloria, Pola; forme diafane, volti di luce ; Janet, albore del mattino ; Marlène, raggio della sera: le sublimi larve, appunto, che ci attendevano. Una, ricordo, d'un cinema di Saint Louis. Il posto assegnatomi dall 'accompagnatrice non mi piaceva; ed io avevo creduto, ingenuamente, di potermene trovare un altro. Ad un tratto, mentre già il blue tenerissimo ohe commentava una grande scena d'amore mi aveva già preso nei suoi vortici, un morbido, fondente braccio di fanciulla t'avvitò intorno al mio. Giusto cielo ! Un'avventura ? Un sogno? No. Ma soltanto ' ccompagnatrioe ohe, avendomi scorto Dio sa come nell'oscurità, era venuta a riacchiappare il contrabbandiere, e a ricondurlo al posto suo. Ricorderò sempre la venustà e la crudeltà di questo atroce angelo custode. ,A Broadway, tali ouvreuses, tutte bellissime, erano tutte vestite allo stesso modo: da paggi, da marinaretti, da cow-boys. Occhi azzurri e pistole alla cintura: un'incanto. Non era possibile preferire l'una all'altra; o soltanto distinguerle. Una dichiarazione d'amore, si sarebbe dovuta mandarla a tutto il personale. E' infatti su queste soglie, mi fu detto, ohe han luogo i più appassionati romanzi dell'americana galanteria. Da noi queste rischio è evitato per le ragioni che ho detto ; o, meglio, che non mi è riuscito di dire. Cinema virtuoso: è uno degli attributi, forse non trascurabile come si crede, ch'esso ha guadagnato in trent'anni di sua storia. Una sera a Firenze, presento Pirandello, se ne parlò. Cioè si riparlò dell'antica quaestio, se l'immagine sia più tentatrice della persona sostanziale ; e l'immagine in movimento, più dell'immobile. Sul quale ultimo punto, fummo tutti d'accordo. (La modella ignuda è quasi casta, nella sua immobilità JcpdfrdUdl—psdldvrlzcpdamnscmstid Jean Harlow che cammina, anche se coperta d'una pelliccia dalla testa ai piedi, è imperdonabilmente diabolica. Cerca la superiorità stimoJatrice dell'immagine sulla forma, i pareri furono discordi. L'autore dell'Enrico IV difendeva credo, l'innocenza dello schermo. Altri ne dubitava. Una bellezza riflessa è più attraente della reale, così come la luna sull'onde è più bella della luna nei cieli. — Non è vero — mi fu chiesto, a prova — ohe la Dietrich e la Garbo sono brutte, viste da vicino ? Brutte, propriamente, non si può dire. Ma diverse. Ad ogni modo, l'apparirci irradiate e perfezionate dalla trasparenza dello schermo, non vuol sempre dire ch'esse abbiano a riuscire più turbatrici. Anzi c'è allora, in quella stessa acquisita perfezione della metamorfosi spettrale, un che di disumanate, che gli agenti pubblicitari chiameranno addirittura divino, che dai pensieri peccaminosi, a poco a poco, ci allontana e ci somiglia. Tra le malefatte del divismo, non si può mettere insomma, l'accrescimento degli umani desideri. Perchè) allora, il nostro punto di riferimento si perde. Qualcuno anche si domandò, quella sera a Firenze, se l'emotività collettiva d'una sala di spettacoli esalti, o invece infreni, l'emotività individuale. Io non credo che la sugge¬ stione del numero moltiplichi le ten- \ tazioni, come avveniva in teatro cen- t'armi fa, al tempo delle ballerine famose. Là c'era un pubblico clamoroso: e n grido, sì, è.suggestivo. Ma in un uditorio taciturno, l'epidemia dei fremiti è assai più rara. I fluidi non trascorrono, non si potenziano, non fan cumulo e nembo. La diva resta diva. Distante. Astratta. Astrale. Non c'è solo di mezzo il mare quando la diva sia americana : ma quando pure essa sia di Bologna, come Isa Pola, o di Porta Cicca, come Sandra Ravel. La diva è diva. Una cosa remota e differente, che alla nostra tentazione dà- appena un brivido fugace. E' appena il fantasma d'un desiderio, allora, che tien dietro al fantasma d'una donna. Il più Curioso è che, fattosi una volta di lor bellezza questo concetto etereo, anche conoscente di persona esse non ossessionano, non indemoniano più. Nei giardini di Hollywood io ho pranzato con Jean Harlow, giocato a saltamorattone con Maureen 'O Sullivan. L'una era vestita d'un pigiama; l'altra, d'una camiciola. Ebbene. Erano distanti lo stesso; disumanate lo stesso. Io non giocavo e non cenavo che con delle immagini. E anche per queste diamine I io sono dell'opinione che il cinematografo vada bene guadngnando la sua corona di virtù. MARCO RAIMPERTI nqideutfpcegcnrmatdaac11cadfndzcsus

Luoghi citati: Bologna, Culver City, Firenze, Hollywood, Italia, Pola