Nel nome del Duce i goliardi d'Italia scendono oggi in campo per difendere nei campionati mondiali una supremazia tre volte affermata

Nel nome del Duce i goliardi d'Italia scendono oggi in campo per difendere nei campionati mondiali una supremazia tre volte affermata Nel nome del Duce i goliardi d'Italia scendono oggi in campo per difendere nei campionati mondiali una supremazia tre volte affermata Rito di forza e di fede Più di mitte goliardi di oltre trenta nazioni sono oggi a Torino per celebrare una festa di sport, dì giovinezza e di civiltà. Hanno varcato i mari e i monti, i ragazzi ventenni d'ogni lingua e d'ogni Paese, per aprire i loro occhi azzurri sull'azzurro del nostro cielo, per elevare le loro anime alla suprema battaglia die nega l'oro e offre l'alloro, per portare nello Stadio perfetto ed immenso i loro colori, il loro grido, la loro speranza, la loro virtù, la loro bravura, la loro fede. L'Italia ringiovanita accoglie ancóra una volta la giovinezza del mondo e vi si misura lealmente in un rito di forza che ha la bellezza di una Olimpiade e l'austerità di un Ateneo. L'alba di oggi è l'alba d'una battaglia che durerà dieci giorni. L'Italia che primeggiò a Parigi, a Roma e a Darmstadt, l'Italia che trionfò oltre Oceano su tutte le nazioni d'Europa, l'Italia che anela alla vittoria in tutti i campi, madre antica di senno e di valore, non coglierà ancóra la palma fra tutte le giovinezze del mondo? Conosciamo il valore degli atleti avversarti, ma conosciamo anche quello dei nostri e non ci pare iattanza attendere l'urto con fiducia consapevole. Non in tutte le discipline l'atleta in maglia nera sarà il primo, ma, vincente o perdente, il goliardo italico si batterà con prodigiosa bravura, fino allo stremo delle forze, fi. no all'ultimo respiro. Il comandamento è nel cuore degli atleti ed è come se il libro lasciasse veramente il posto al moschetto. Dobbiamo vincere e vinceremo. Lo Stadio è da oggi l'Aula Magna del valore. Dov'è l'antico profilo dello studente squattrinato e scapestrato, più vicino alla bettola ed alla mala femmina che non alla scuola e alla palestra? I nostri goliardi, pur con le loro fresche canzoni e il loro berretto strafottente, hanno ormai un'anima nuova, uno spirito nuovo, un nuovo volto e un nuovo ideale. Li vedremo marciare fieri nello Stadio a fianco delle rappresentanze straniere agguerrite, udremo il grido che lanceranno alle Gerarchie presenti nella giornata inaugurale, ma fin da oggi gli Universitari italiani sono impegnati fin trutte l& battaglie. Sui campi e stilile pedani/sul lago e nelle piscine i muscoli son tesi per la riconquista del primato. Seguirli nella loro fatica è un dovere, incoraggiarli è un dovere, applaudirli è anche un dovere. Da Torino ogni giorno si irradìeranno per i cinque continenti le notizie sportive, i nomi dei vittoriosi. Da questa vecchia Città Sabauda una rete invisibile si dirama per il mondo in attesa. Voleranno per l'etere inni di vittorie, voci di sconfitte, eppoi nomi, tempi, punti, tutto il bagaglio del nostro gloriosissimo sport, che, dopo il sopore estivo, sì risveglia improvvisamente e clamorosamente in un canto di giovinezza e di fede. Ogni nazione civile avrà ancóra una volta gli occhi fissi sull'Italia. La fratellanza sportiva non è più un luogo comune o una vuota espressione di ipocrisia. Se ne convinceranno i goliardi più giovani che per la prima volta sfileranno dietro una bandiera, se ne convincerà lo spettatore che per la prima volta assisterà ad un raduno di così vasto respiro. Il nemico d'un minuto è spesso l'amico d'una vita, l'antagonismo di due squadre è spesso il ravvicinamento spirituale di due popoli. I Giochi Universitari servono anche alla pace, del mondo. Come all'Olimpiade, anche ai ludi goliardici « è più importante partecipare che vincere », ma le Camicie Nere non limitano il loro premio alla partecipazione. Ormai in Italia lo sport non si accontenta più d'un'esibizione ordinata e d'un risultato onorevole. Si vuole la vittoria. Vivremo giornate di ansia e di passione. Esulteremo per ogni nostro successo e cqn spirito sportivo plaudiremo anche ai successi stranieri; ma, se ogni gara potrà parer fine a sè stessa, soltanto la somma totale ci dirà quale nazione avrà meritato di porre la propria bandiera goliardica più in alto di tutte le altre. Che aia l'Italia non ne dubitiamo. Ce lo dice la tradizione, ce lo dice la maturità raggiunta dal nostro sport, ce lo dice l'entusiasmo dei nostri atleti e ce lo dice soprattutto lo spirito della Nazione rinnovata. A Los Angeles gli americani chiamarono gli atleti vittoriosi « i ragazzi di Mussolini », a Torino saranno « i goliardi di Mussolini » che in gare fraterne prevarranno su tutti gli avversarti. Nè l'Italia trarrà vanto solamente dalla vittoria che auspichiamo e in cui fermamente crediamo: fra le folle internazionali che in questi ultimi tempi hanno visitato il nostro Paese ammirandone la disciplina of erosa, lo sforzo titanico guidato e plasmato dalla mano inconfondibile del Capo, le masse intellettuali convenute a Torino porteranno oltre frontiera l'imagine balenante dell'italico cantiere ventenne ove la macchina e l'aratro, l'incudine e la cazzuola hanno spodestato chitarre e mandolini, mentre l'organizzazione superba dirà al mondo sportivo che U nostro. Paese non ha ormai più niente da invidiare, neppure in questo campo, alle nazioni che dettero vita alle più perfette Olimpiadi. I Giochi Universitari possono essere, devono essere, anzi, la più sicura testimonianza della nostra capacità organizzativa, il titolo maggiore perchè la dodicesima Olimpiade abbia la cornice ineguagliabile di Roma Imperiale. Siano le diverse contese severe ma serene, audaci ma disciplinate, spinte al limite delle umane energie ma sorrette in ogni momento da quello spirito di cavalleria, di equità e di giustizia che è il nostro vanto migliore. Diamo agli atleti d'ogni nazione il nostro caldo benvenuto e non sprechiamo vane parole per incoraggiare i goliardi del nostro sangue. Essi hanno in cuore il grido di battaglia e di vittoria: « A Noi!». NEDO NADI

Persone citate: Duce, Imperiale, Mussolini