L' "Embargo,, sull'oro abolito

L' "Embargo,, sull'oro abolito V ESPERIMENTO AMERICANO L' "Embargo,, sull'oro abolito II! Pi II NEW YORK, agosto. Lo sforzo titanico da parte del1 Amrainistrpzione di provocare il riassorbimento dei disoccupati e il rialzo dei salari per messo dei nuovi codici dell'indùstria, incontra i primi formidabili ostacoli. Com'era da prevedere, se i piccoli produttori, so i datovi di lavoro di media portata, ce i commercianti al minuto hanno accettato abbastanza prontamente i nuovi codici che prescrivono gli oravi massimi e le paghe minime del personale impiegato, le resistenze ostinate ad ogni controllo esterno dovevano venire dai grandi industriali. Costoro hanno sempre formato uno Stato nello Stato: si sono ritenuti, anzi, l'unico e solo Stato da cui gli organi residenti in Washington dovessero attingere gli ordini. ' - La grande industria, non ha mai accettato imposizioni, non s'è mai sottoposta a controlli, non ha voluto mai saperne di alcuna limitazione dell'assoluto potere esercitato sulla economia nazionale. Per strapparle alcune poche concessioni d'importanza limitata, le organizzazioni del Lavoro hanno dovuto sostenere lotte asprissime che hanno assunto frequentemente aspetti di guerra civile e i cui episodi di ferocia e atrocità inaudite non hanno riscontro nella storia delle competizioni sociali di alcun paese civile. Si deve a questo assolutismo spietato dei grandi baroni dell'industria se l'America manca del tutto di una legislazione sociale e i timidi provvedimenti dei nuovi codici si limitano ai salari e alle ore di lavoro. Le garanzie di alto interesse civi- Ì?, sociale e nazionale esistenti in talia in favore delle classi lavoratrici, sono ancora tanto lontane dalla mentalità americana media da •sembrare inconcepibili. La grande industria regola i suoi affari interni con mano di ferro. Nessuna intrusione riè da parte delle autorità civili, nè da parte di coioro che si adoperano giornalmente ad aumentarne la potenza. I capi e i dirigenti di essa, non ostante le ostentate proteste di umanitarismo e di modernità, in fatto di rapporti con le masse operaie, le loro concezioni intime rimangono medioevali e sono pervase di schiavismo. Non sono riusciti a disfarsi nemmeno in parte della personalità dei conduttori di schiavi, Può trattarsi d'uno schiavismo larvato la cui essenza è mascherata dalle alte paghe e dai brevi orari (ma quale logorìo umano in quelle poche ore!) come nelle officine di Ford, o può esser francamente e senza dis eimulazions brutale come nei campi carboniferi guardati dai cannoni e dagli sgherri privati delle compagnie. Ma nell'uno come nell'altro caso, l'industriale è sovrano. Era naturale che messe alle strette e senza ulteriori possibilità di evasioni le sei grandi industrie basali della nazione, dovessero dimostrare una riluttanza irriducibile a cedere parte del proprio dominio assoluto ad un'organizzazione governativa. Esse intuiscono che questo primo passo segna l'inizio del tramonto di tutta un'era: l'èra dell'economia individualista. Comprendono che il processo non si fermerà alle disposizioni incerte e senza direttiva sicura dei primi codici. E resistono come possono. Resistono soprattutto al riconoscimento delle organizzazioni operaie contro cui hanno condotto battaglie sanguinose e senza quartiere fin dagl'inizi della loro esistenza. Ma i codici prescrivono il ricono-1 scimento delle organizzazioni stesse, j i contratti di lavoro collettivo, limitazioni di orari, minimo di stipendi. Piccole cose, si potrà pensare. Ma per l'America rappresentano poco meno di una rivoluzione. Rivoluzione non tanto per quello che realizzano, ma per quello che promettono. E' l'accettazione di principi nuovi, principi di cooperazione e di collaborazione, abbandono del senso d'irresponsabilità sociale ed economica e della preoccupazione esclusiva del guadagno personale. E del cammino se n'è fatto in pochissimo tempo. Ancora pochi mesi addietro si battagliava per le ingiunzioni. Era l'arma potente, un'arma legale a cui gl'industriali ricorrevano quando quelle illegali s'erano esaurite e dimostrate inefficaci. Si assicuravano un'ordinanza del primo magistrato ligio ai loro ordini (e 10 erano quasi tutti) una semplice ordinanza che rendeva illegale l'azione deile organizzazioni operaie, dichiarava un crimine lo sciopero quale che fosso l'urgenza della disperazione che avesse spinto i lavoratori a promuoverlo, e, ad istigazione dei padroni, si dimostrava soprattutto feroce contro i picchetti di sorveglianza organizzati dagli operai per tener lontani i rompisciopero. A tali ordinanze vien d.?.to il nome d'ingiunzioni e non ci sono state lotte operaie che non abbiano avuto comò episodi culminanti la resistenza a qualche ingiunzione. Ed ora rnoU te delie pratiche che le ingiunzioni più frequentemente caratterizzavano criminoso, sono state incorporate nei nuovi codici dell'industria e rese obbligatorie. Il colpo, per gl'industriali, e Si.ato forte. E resistono affacciando le più plausibili, ma anche le più speciose ragioni che tendono a mettere le autorità, e l'opinione pubblica fuor di strada. Come quelle messe avanti da Ford, il serafico Ford. 11 quale finora s'è rifiutato di firmare 11 codice dell'industria automobilistica... perchè lo trova troppo poco avanzato. I salari minimi fissati dal codice? Ma se nelle sue fabbriche ì «alari superano di parecchio quel minimo! Le ore di lavoro stabilite dnqbtuvpptaqunnevndmdcoloràtudcnmill'sTl'leetepletrnqccrncaugdnmmpvcpamLdurctdnsmrddruoznpctzrsptrntMzlnmv i l e i o -1 , j a o . , a l i a o i e e , o i i . e e o U ni o e e ae ee a e 11 e io al ì el te dal codice? Ma se gli orari vigenti nelle sue fabbriche sono più corti di quelli che il codice prescrive! Quel buon Ford! Tace, però, intorno a tutto ciò che riguarda i sistemi prevalenti negli stabilimenti di sua proprietà di cui avemmo occasione di parlare tempo addietro. Sistemi spietati che in pochi anni ti riducono qualsiasi lavoratore una rovina umana. Ma sia quel che si voglia, l'umanitario Ford come i baroni medioevali dell'industria carbonifera, che non la pretendono a umanitari, sono determinati a non cedere neanche in minima parte il controllo assoluto della propria industria. Il piano Roosevelt non darà di cozzo solamente contro la mala volontà capitalistica, quanto incontrerà formidabili ostacoli nella sostituzione stessa dell'economia individualista. La quale tende a ridurre i costi di produzione. Mentre nel piano è contemplata la più larga riammissione di mano d'opera al lavoro, il proposito sarà sempre minato dall'applicazione della macchina. Lo spettro del macchinismo su cui la Tecnocrazia, a suo tempo, richiamò l'attenzione, come il più formidabile sovvertitore dell'attuale sistema economico-sociale, è sempre presente e minaccioso. Nessuno potrà impedire al capitalista di sostituire alle braccia umane la macchina. Altre contradizioni intime sono insite nel sistema stesso, a contatto delle quali è difficile prevedere come alcuni canisaldi del programma di ricostruzione sosterranno la prova. Il ritorno alla terra, affascinante fenomeno di semplificazione e di decentramento quale in America può Rularodvl'ndvdtosinspdttnspsapparire in teoria, potrà sboccare in |mun fallimento che causerà scorag-1 pgiamenti e delusioni tremende. Quan-rdo si parla qui tanto entusiastica-! rniente di ritorno" alla terra si dimentica che uno dei fattori determinanti della presente crisi, forse il più imbarazzante e difficile a risolversi, è_ la sovrapproduzione agricola. C'è eccesso non scarsezza di prodotti agricoli, ed una maggiore affluenza di essi sui mercati non migliorerebbe di certo la situazione. La moltiplicazione dei farmers individuali non faciliterà il compito ultimo a cui si tende di un'agricoltura centralizzata e sistematizzata secondo direttive rigorosamente scientifiche. Abbiamo voluto esporre alcuni dei giganteschi ostacoli che il piano Roosevelt dovrà superare. Questo, per ora, rimane come un formidabile tentativo inteso a deviare l'economia americana dall'accidentato sentiero dell'individualismo divenuto impraticabile. Si potrà sperare che il tentativo non sbocchi in. un miserevole fallimento solo se gli organismi preposti alla sua attuazione non arretreranno, non saranno presi da paure e pentimenti improvvisi, ma con determinazione incrollabile daranno all'esperimento tutti gli sviluppi logici che le situazioni in continuo divenire richiederanno. Esso, per il momento dev'essere concepito solo come un primo passo verso un'economia controllata che tragga profitto dalle esperienze che nazioni come l'Italia hanno felicemente iniziato e stanno portando trionfalmente al compimento. Ma considerare il piano di ricostruzione come un punto fermo di cui la nazione americana dovrebbe tenersi paga, significa condannarlo fin da ora a rimanere quale un insigne monumento di futilità nel campo degli esperimenti sociali. AMERIGO RUGGIERO. cddtlaeaLa decisione di Roosevelt New York, 29 notte. Si ha da Hyde Park che il Presidente Roosevelt ha tolto Z'« embargo » sull'oro ed ha autorizzato il Tesoro a ricevere in consegna, per la vendita a certe condizioni che potranno essere imposte da Roosevelt stesso, l'oro proveniente da depositi naturali degli Stati Uniti. Togliendo lo « embargo » e permettendo la vendita naturalmente anche all'estero dell'oro di recente estrazione, Roosevelt dà alle Compagnie minerarie degli Stati Uniti, l'occasione di realizzare il prezzo elevato in vigore all'estero. Roosevelt ha ordinato che chiunque possiede oro monetato, o oro in barre, deve denunciarne l'ammontare entro 15 giorni. L'oro può essere venduto agli stranieri ed alle persone autorizzate ad acquistare oro, per servirsene nelle arti, nelle industrie e nelle professioni. L'abolizione della restrizione entra in vigore immediatamente. Il prezzo dell'oro sarà fissato dal Segretario del Tesoro, e la vendita sarà effettuata esclusivamente per suo tramite. Dei nuovi regolamenti vietanti l'accantonamento dell'oro saranno emanati. Essi autorizzeranno il Segretario alla Tesoreria, a permettere l'uso dell'oro in tutte le trattazioni con l'estero ed il ritiro dell'oro dalle Banche degli Stati Uniti. Uno speciale permesso sarà necessario per l'acquisto dell'oro da parte dei privati ed enti, eccetto le Banche della Riserva Federale. Dopo trenta giorni nessmio sarà autorizzato a possedere oro monetato od oro in barre, ed il Segretario al Tesoro ha il potere di emanare i regolamenti che potessero rendersi necessari a questo, sqgpo. Delle pene che posso- dzvvdetllvnaPrprmldldcs no raggiungere le cifre di diecimila dollari o i dieci anni di prigione potranno essere applicale. La fine dell'« embargo » e delle restrizioni concernenti l'incetta dell'oro, sono stati improvvisamente emanati proprio nel momento iti cui il Presidente Roosevelt partiva da Hyde Park per un viaggio in automobile. La notizia dell'autorizzazione della vendita e della esportazione dell'oro, ha provocato un rialzo dei titoli delle miniere d'oro da 3 a 15 dollariSi ritiene che l'oro potrà essere venduto all'estero a 30 dollari all'oncia, anziché a 20,67. Non si ritiene di poter valutare a quanto ascenderà la produzione nel prossimo avvenire. Si fa rilevare che chiunque depositerà oro presso le banche autorizzate alla vendita^ dovrà ritenersi impegnato ad accettare la decisione del Tesoro circa il prezzo che gli spetta quale corrispettivo. Ancora una volta oggi il Presi¬ lonozicodNd'pesiprtodaegdedcomcasammptidddente Roosevelt ha chiaramente fat- j v lo comprendere che i tempi non sono ancor maturi per la stabilizzazione del dollaro e che i colloquia con Giorgio Harrison, Presidente della Banca Federale di Riserva di New York, e Norman, Governatore d'Inghilterra, hanno avuto piuttosto per argomento le prossime discussioni sui debiti di guerra e alcuni problemi economici generali. Le ragioni di questo atteggiamento di Roosevelt verso il dollaro sono da ricercarsi nella preminenza che egli annette attualmente ai problemi del risanamento economico interno, da raggiungere con. i vari codici e con tutta la nuova attività economica e sociale impressa, alla pubblica amministrazione. Solo quando i salari saranno aumentati, il prezzo medio delle merci sarà ad un livello maggiore dell'attuale e la disoccupazione sarà discesa dalle alte statistiche di oggi, e solo allora, a giudizio del Presidente, sarà possibile dedicarsi alla stabilizzazione della valuta nazionale.