Come Emilio Còmici e i due fratelli Damai conquistarono la parete Nord della Cima Grande di Lavaredo

Come Emilio Còmici e i due fratelli Damai conquistarono la parete Nord della Cima Grande di Lavaredo /?f^/yQ DELL' ALPINISMO ARDITO Come Emilio Còmici e i due fratelli Damai conquistarono la parete Nord della Cima Grande di Lavaredo Spunta l'alba dal 13 agosto,,. - Cinque ore per salire di 40 metri - Sospesi nel vuoto con le corde -1 miracoli klia tecnica alpinistica ■ Il bivacco sotto le stelle -Vittoria!- Una catastrofe evitata sulla via di discesa (Dal nostro ijaviato)- Fil.FUGIO «PRINCIPE UMBERTO» agosto. i La notte si levò il vento a spazzar via lo nubi ed asciugare la roccia; s,w,ntò l'alba del 13 agosto, e delle cin> ,3 guide tomaie la sera prima dalla idrate, due — cerio sopraffatte dallo iyo:iforlo o dalla stanchezza — calaM«o a Cortina, le altre ripresero il cartonino verso la Grande. Passarono f"*va:Ui la chiesetta dedicata a Maria -ViòJiiatWce madonna delle erode; salirono alla forcella Lavaredo; scavalcarono i reticolati di guerra che sui ghiaioni calcinati perpetuano la loro sanguigna fioritura; contornarono la Piccolissima e la Piccola; lambirono il ghiacciaio che scende dalla forcella di questa; furono sntto la parete, la « loro » parete. : L'azione prima del verbo In tre sono rimasti'.Emilio Còmici, Angelo e Beppe Dimoi — t più ostinati, i più convinti che la vittoria non può, non deve sfuggirgli. Non è, forse, il caso dì dire che hanno giurato di vincere o morire, ma sicuramente questa protervia che li sospinge sulla via dèi pericolo mortala li pone ben in àfto nella scala dei valori indimduali. Nessuno li compenserà, essi professionisti, di questa fatica fuori programma.; hanno disdegnato i sicuri guadagni di queste giornate di affluenza; e ci- rimettono di tasca pel consumo delle, eorde, dei chiodi, delle pedule. Chi pensa ad essi quando, appiattiti sulla roccia, li trattiene dalla orrenda caduta soltanto il loro spirito eroico? Chi K protegge in questo terribile giuoco sull'affilato taglio fra la vita e la morte? Quando scenderanno dalla conquistata vétta — se pur scenderanno, — non Zi aspettano premi né onori. Ma essi non badano a queste ingiustizie; sentono solo: nel cuore battere forte il comandamento di osare perche gli stranieri non li. precedano nell'agognata conquista. Poi, magari, verranno gli aristotelici dell'alpinismo che arricceranno il naso perchè i tre vincitori preferirono ado parare qualche'chiodo piuttosto che andare a sfracellarsi sul ghiaione; ma 'non li dovremo prendere sul serio perche sono i superstiti rappresentanti di iviia mentalità che nel clima di MtissopPÀi non ha più ragione d'esistere. Riu*»eire bisogna, an.~itv.tto, perchè l'azione ffiènata prima della parola e più di qi.e«ta ha valore; riuscire, perchè al di.là di queste montagne sappiano ancora fitta: volta che ci abbiamo degli ItaUaìpfc: di calibro grosso così anche nell'al':fynismo sportivo. Afferrano le corde lasciate penzoloni dilla parete la sera avanti; vi si issalentamente, dondolando sotto gK M&tapiambi. Còmici è lasciato per ultimo, parchi a lui, fra poco, sarà commesso il compito più gravoso e deve ^riservare intatte le sue preziose ener'o. Due ore impiegano ad arrivare alfmgusto pianerottolo da dove cominrà il tratto nuovo della scalata, ed è lèltanto dopo una lunga fermata che %Triestino, assicurato alla doppia cor\, un chiodo stretto fra i denti, il irtel'.o assicurato al polso, riprende titanica lotta. La magnifica letta Chi potrà ridire quello che per tante \Cte, fino a che le ombre avvolsero le ■Cime, si svolse sotto i nostri occhi? Ci ìtattevano le tempie; tum tum udiva|ngp forte nel petto, e certo il cuore a. Vrebbe voluto volare lassii, dove i tre 'audaci, già scaglioìtati di qualche mel'uno dall'altro, sembravano di queljjj» statue di santi che, dall'alto delle picchio dovs li han posti sui fianchi delle cattedrali, guardano immoti la ■ vastità del ciclo. La parete si erge damanti a noi, ed a vederla così truce ed alta, si ha Videa della forza che intijjv^iwrisce l'avversario con la sola presenza. Noi stavamo estatici, eppur frefetneiiti dentro, sostando sulle ghiaie: 'fedeli dei tre ardimentosi che volevafmó confortare — se ne avessero avuto bisogno — con la nostra presenza. Ma la nastra ansia e il nostro desiderio non scavano, no, la roccia, che moltiplica le sue resistenze ed accumula gli ostacoli. Si vede Còmici procedere lentissimamente; alzare un traccio, e ritirarlo; tentare coll'altro. Cólpi di martello echeggiano sordaViWtè nella valle deserta; un moschettone è agganciato nel chiodo; una staffa di corda si vede biancheggiare. Sopra vi si issa l'uomo, con un giuoco d'oqùiìibrlo che dev'essere delicatissimo, con uno sforzo atletico che dev'essere estenuante. < Dirà poi Emilio, al suo vittoi'ioso ritorno: '— Trattenevo il respiro per offrire meno presa agli strapiombi che mi buttavano indietro. ■Alle due del pomeriggio, cinque ore dopo aver cominciato il tratto nuovo dilla scalata, Còmici ha guadagnato Quaranta metri di altezza. Venti metri più sotto c'è Beppe Dimài; ad uguale d'-.tanza, immoto sull'esile cornice, i piedi puntati alla roccia, sta il fratelli di questi- Tutti i suoi nervi san tesi; 1", sua aitenzione è vigile e pronta ove t'-yveise tirare a sè, per salvare una vita, due vite, le corde che già stringe, spasmodicamente, nelle mani già gonfia -e. martoriato. Ma i comandi dall'alto giungono secchi e imperiosi. La voce un po' reca, di Còmici grida: _^ Tira la grossa! '— Molla la sottile! Le acrobazie di Còmici 8oltanto le punte delle pedule dalle morbide suole di feltro poggiano sulle screpolature della roccia, che il corpo, trattenuto e sollevato a mezza vita dalie, corde robustamente tese dal basso e scorrenti nel moschettone agganciato al chiodo, si sporse in fuori, facendo un angolo colla muraglia che sfugge sempre obliquamente verso l'alto. Così sospeso, l'uomo va alla ricerca dei minimi appigli che gli consentano di riprendere l'ascesa. Sotto di lui non ha che il vuoto. Ci par di sentire, noi per lui,-U frgddo della vertigine. vsusdssbRi dtmc'niterrlrllpGrlllvstplnctcpgssss — Molla tutto! — egli grida. Dal basso, vincendo l'emozione che vorrebbe farci guardare altrove, si riesce a vederlo allargare le gambe in un'inverosimile spaccata, torcere il busto come volesse svitarlo, strisciare adagio adagio una mano sulla roccia liscia e compatta. Altro non vedemmose non che dieci minuti dopo la gamba destra aveva raggiunta la sinistraRespirammo finalmente. Ma Còmici e i Dimài poi ci scherzeranno quando gldiremo delle nostre ansie e dei nostri timori. — Tenetevi a mente che noi non muoviamo un dito se non siamo certche la presa è sicura. Correvamo me e e , e o o e ì a r 'no rìschi noi sulla parete che voi altri in basso. Scusateci se vi abbiamo buttato giù qualche sasso. In questi uomini d'eccezione, in questi atleti che la nazione tutta dovrebbe immirare e ringraziare non meno degli litri famosi fra gli sportivi, la volontà iella vittoria al disopra d'ogni rischio e d'ogni fatica si sposa a una segreta ricerca di bellezza e di potenza che li rende dei perfetti artisti. Certo, tutte le finezze della moderna tecnica d'arrampicamento furono poste in atto; ma lo stile, cioè il segno inconfondibile del la propria personalità scaturente dal profondo, lo stile di Còmici, lo stile di Giuseppe Dimài che alle sei del pomeriggio diede il cambio al Triestino} chi lo potrà descrivere e interpretare per l'arte indiscutibile che rappresenta? A quell'ora il sole stava per lambire la cresta della Croda Rossa e cominciava, ma per poco, a battere di sbieco sulla parete. Poco più di sessanta metri sono stati percorsi dalla mattina; i più diffìcili — certo — dell'intera scalata, quelli che hanno obbligato Còmici a dar fondo a tutte le pure formidabili energie r a cchiuse nel suo corpo asciutto e leggero di arabo. Neanche la metà altezza delta parete è stata raggiunta. Quando mette piede sul culmine di una specie di pilastrello rosso addossato alla muraglia, dal basso non possiamo trattenerci dal gridar g li il nostro « bravo! ». Ma le braccia, ormai, gli dolgono; e i polpastrelli delle dita sanguinano. Tocca a Giuseppe, ora. Venti metri più su pare che la spietata ostilità della muraglia abbia un respiro, e che la roccia riprenda la desiderata verticalità placandosi in un'esile cornice, dove, forse, sarà possibile fermarsi la notte, in un bivacco come vorrà Dio. Ma bisogna affrettarsi, che le prime ombre risalgono da Carbonin e ingoiano a poco a poco la vulle. sIt bivacco notturno Còmici adesso è passato secondo, e assicura il più giovane dei Dimài per una traversata, cui segue un'altra fessura strapiombante, chiusa, in alto, dal solito soffitto. Più d'un'ora occorre all'uomo per superare quei venti metri, ma giunto lassù ci parve d'udire il sospiro di sollievo e di gioia che certo gli uscì dal petto dopo tanto premere sulla roccia. E' già scuro quando i tre valorosi possono riunirsi, dopo che coll'alutó del cordino lasciato penzolone hanno issato i sacchi affidati all'altro Dimài; e si accoccolano sul brevissimo spiazzo di due metri quadrati per passare la notte eroica. Tirano fuori dai sacchi i teli gommati da bivacco; mangiano un boccone — il primo dal mattino — ma poi ci dissero che non andava giù, che le mascelle non sapevano più masticare. I curiosi che per tutta la giornata s'erano alternati sotto la parete, adesso ne hanno abbastanza, e raggiungono l'ospitale Rifugio dove gli, escursionisti del Ferragosto s'empiono la pancia e bevono grosso per poi andare a ruspare nei tettucci e nolle cuccette. Non soìw rimasti che i fedelissimi, quelli che « sanno », quelli che « sentono », a tenergli compagnia sotto la parete ormai tutta nera, cupa fra le tenebre delle forcelle ghiacciate da cui precipitano, risvegliando gli echi delle voragini, gli ultimi sassi della pi ornata. Non veglia dolorante ai vinti delia BoutagnU; ma scolta d'onore ai vitto- Giuseppe Dima! e n , . e i i n i - ri e li à o a li e a l l di ehi r e o e i riosi, è questa notte; e c'è un alpinista veneziano — figlio d'un'Eccellenza; e ci sono i due giovanissimi Accademici bellunesi Faè e Bianchett qui arrivati da un sito lontano; e c'è la donna compagna di Còmici in tante perigliose scalate. Adesso ha il capo fasciato di bende perchè, salendo alla Piccola, un sasso le ha fatto un buco nella testa, ma ha tanto animo che è venuta fin qui, e intona la canzone preferita da Emilio : A l'ombretta d'un bousson la bergera s'andourmìa... La voce sottile si spande sotto la volta del cielo trapuntato da tante stelle, rimbalza sulle nere pareti incombenti, sale a portare un conforto a quel nido d'aquile lassù. Rispondono, rispondono! Agitano una lampadina. Un dialogo straordinario allora s'intesse in quel luogo favoloso cui i languidi raggi dell'ultima luna danno un aspetto di sogno. — Angelo! — grida uno dal basso facendo portavoce con le mani. La tua Cooperativa è fallita! — Impossibile! — risponde una voce dal cielo, e la segue mia risata franca, aperta, gioviale, che ci conforta il cuore. «Sono arrivati gli Atlantici?» Còmici grida il mio nome: — Sono arrivati gli Atlantici? Egli Quasi tutti li conosce, gli eroici volatori .di Balbo, perchè per due inverni hanno scivolato con lui sulle nevi di Misurino. — Si. — Tutti? — Tutti. Le voci scandiscono lentamente le domande e le risposte, perchè non vadano perdute: — Oi di bordo, state bene? — Benissimo. — Avete freddo? — No. Andate a dormire. Gli astri continuano il loro viaggio nell'infinito, e vanno ad illuminare altri mondi. Passano, lente, le ore; le lanterne allungano sinistramente le nostre ombre sullo sfuggente ghiaione. Vorremmo esser lassù ben stretti ai nostri compagni nostri maestri... Dargli chissà che cosa, chissà perchè... non sappiamo neppur noi... — Andate a dormire — essi ci gridano. Non preoccupatevi di noi. Dopo quello di oggi, domani tutto sarà fattibile. - Ed è stato così, infatti. Ai duecentocinquanta metri circa di 6.o grado superiore, veramente al limite delle possibilità umane, in cui nella prima metà della parete si sommano le difficoltà più ardue di tutte le scalate dolomitiche, segue altrettanta distanza, ma con difficoltà di 5.o, e anche di i.o grado, per raggiungere la vetta per la via bfsltilnIo n e r al i, o e si ó o ; o a i n a e ia o o ona e. i, na le a hi la a o- più logica, obliquando, dal punto del bivacco, verso la sinistra. E precisamente sulla vetta i tre ardimentosi giungono alle dieci del mattino del 14 agosto, che stava affollandosi di arrampicatori più o meno illustri venuti da tutte le vie, soprattutto dalla facile « via comune ». Pel prestigio dell'Italia Fu su questa « via », tutta a comodi gradinovi, che poco dopo, scendendo di corsa, Angelo scivolò e cadde, e se il fratello con un balzo felino non lo avesse raggiunto e agguantato solidamente, una catastrofe sarebbe avvenuta. In quel momento una cordata sta cautamente salendo, e una signorina, alla vista di quel ruzzolone, non può trattenersi dal dirgli: — Imparate a legarvi. Se non siete buoni a andare in montagna ^statevene a casa. Angelo le spalanca addosso quegli occhi chiari che mettono tanta luce sulla sua faccia di seminarista scapestratello, ma avanti che rispondesse, uno della comitiva aveva già dato una gomitata all'imprudente, dicendole chi erano quei tre giovanotti che, le vesti lacere, il viso solcato da graffi e cicatrici, carichi di corde e di chiodi e moschettóni tintinnanti come sonagliere s'affrettano verso il rifugio e la meri tata gioia del riposo e d'un lavacro ristoratore. Le accoglienze che qui ricevono sono affettuosissime, specie per Còmici che ha la sorpresa di trovar riuniti i suoi amici del Gruppo Rocciatori dell'Alpina delle Giulie, con a capo le due « vecchie glorie » Zanutti e Marcovigi. 1 —I tratti più difficili da me iucoa- tzcrtsMgdaudcdtdsiègqpfg frati sulla Marcora e sulla Tofana — poi dichiareranno i Dimài — che là sono di pochi metri di lunghezza, qui proseguono per distanze enormemente superiori. Se un confronto si vuol fare dobbiamo dire che questa parete batte tutte quelle die conosciamo. Questa è una scalata d'un genere a sci, anche per la speciale tecnica strumentale che ab-l biamo messo in esecuzione. \Còmici, lui, è alle prese con un re-, dattore del Bergsteiger di Monaco, che lo intervista taccuino alla mano. Chissà cosa diranno i Tedeschi... E intanto noi ci freghiamo le mani, e andiamo a leggere la dichiarazione che Còmici, di suo pugno, ha stilato sul libro delle ascensioni del Rifugio. Mai, forse, parole più nobili e fiere conclusero così aspra e pacifica tenzone fra la gioventù ardita di tre Nazioni. La trascrivo : « Perchè il prestigio dell'alpinismo italiano rifulga in faccia al mondo della stessa luce che in altri campi illumina il valore e la tenacia degli Italiani di Mussolini, nei giorni 12-13-14 agosto 1933, XI del Fascismo, abbiamo aperto la via di salita sulla parete Nord della Cima Grande di Lavaredo ». Poscia Còmici ha scritto i nomi dei suoi due compagni, firmandosi per iti Ito, Poi inforcarono le loro motociclette (com3 non ne avessero abbastanza delìe acrobazie già compiute!) e ritorno- rotto {» basso, dove la realtà della vi- la anch'essi richiama. Qui lasciano le ore ardenti della lotta e della conquista magnifica; l'impronta incancellabile del loro valore> documentato sugli strapiombi della Nord dai chiodi che vi hanno lasciati infissi. Rimaniamo anche noi, qui, noìi sapendo, come al momento del frenetico abbraccio col quale salutammo ì vittoriosi, se esultare per la gioia o piangere per la commozione. Ci fanno compagnia le Cime, alte e solenni come tre mitre di fuoco, nel cielo stupendo del vecchio Cadere. VITTORIO VARALE. Emilio Còmici è contento... Giuseppe Dima! a ' 200 m. sulla parete verticale

Luoghi citati: Cortina, Italia