Venti anni di lotte e di tentativi sulla parete Nord della Cima Grande di Lavaredo

Venti anni di lotte e di tentativi sulla parete Nord della Cima Grande di Lavaredo NEL REGNO DELL' ALPINISMO ARDITO Venti anni di lotte e di tentativi sulla parete Nord della Cima Grande di Lavaredo -oo. Rifugio Principe Umberto, agosto. A passarci sotto un giorno di pioggia per la traccia di sentiero al sommo doi ghiaioni che, ripidissimi, scendono dalle Tre Cime alla Val Rieneacerto non ci si bagna, tanto la gigantesca muraglia di pietra gialla ohe csovrasta è tutta a soffitti e tetti sporgenti appoggiati uno sull'altro. Quando le pietre si staccano dall'alto non rimbalzano sulla parete avanti di toccaro le ghiaie, ma piombano a piccocon volo diritto e fischiante, alcuni metri all'inf uori della base del muro altissimo che si perde nel cielo. Qui siamo al piede della parete Nord della Cima Grande di Lavaredo, dove il limite della verticalità è sorpassato e soltanto lo strapiombo regna, con la sua sgominante impassibilità, che respinge l'inesausta sete di salire degli uomini e lannichilisce. Fra i Glossi della Dolomiti Quanto è alta"! A starci sotto non sriesce a scorgere la vetta. Bisogna scendere dai ghiaioni, lasciarsi portar» a valle dalla corrente dei detriti come da un tapis roulant, -voltarsi indietro. Al lora la fantastica trinità delle Cime di| Lavaredo — la Ovest, la Grande, fa Piccola — erompe sul deserto sassoso, formidabile e opprimente come un'apparizione apocalittica, dominante il circo immenso dei colossi dolomitici die tutt'intorno chiudono l'orizzonte verso i riconquistati confini : la sanguigna Croda Rossa, le torri grige drt Rondai, la punta eccelsa dei Tre Scorpori, la bastionata storica del Paterno. In mezzo alle due compagne, e ben dominante sulle propaggini della Piccola che soìio la Frida e la Piccolissima, la Cima Grande appare come la palma d'una mano aperta, una pala gigantesca pietrificata con la nascita dei mondi e infissa sulla tetra per richiamare gli uomini alla loro miseriaMa esistono di questi uomini, si sa, che amano sollevarsi sulla pochezza del vivere comodo e pigro, e le grandi rupi assalgono, pur così piccoli e inermi come sono, per vincerle e domarle col loro ardimento. Sono gli arrampicatori di tutti i tempi e di tutte le favelle; gli avventurosi percorritori delle vie più ardue, dove la verticalità non è parola convetizionale, dove l'alpinismo culmina con la sua manifestazione più schietta e più eroica: Ma se essi hanno domato Zs Cime per gli altri versanti, ricamandovi una rete di « vie » che portano i nomi magici di Preuss e di Dulfer, di Fehrmann e di Piaàz, di Dibona e di Btoesser, lo sgominevole appicco della parete Nord che dai 3003 della Grosse Zinne dei Tedeschi piomba sulle ghiaie per un'altezza di oltre 500 moiri, ha respinto ogni tentativo, ha infranto ogni speranza, ha conservato intatto il suo prestigio e il suo mistero. I Tedeschi all'attacco . Dicono che tanti anni fa ci s'era provato Dillfer; ch'era arrivato fino a quel terrazzino trenta metri sopra l'attacco, ma n'era ridisceso. Solleder, il grande Solleder che risolse l'affascinante problema della Civetta, disse un giorno che questa impresa non era dei nostri tempi e che la parete, per concedersi, aspettava la nascita d'un giovane audace più ambizioso di tutti. Tre anni fa tentò lo Steger, ma non potè sopravanzare il punto raggiunto dal suo compatriota che di poco. Tutti i compatenti dicono che quel muro sporge troppo in fuori perchè gli uomini possano percorrerlo in salita. Eppure c'è ancora qualcuno che va sotto la parete, e la guarda e la scruta alla ricerca d'una possibile via per violarne il! , i n , o a o i i a a - mistero; dicono Carlesso, l'irruente scalatore friulano; dicono Tissi, il formidabile vincitore deUa Tofana e del Pan di Zucchero. Le guide di Cortina, interrogate, scrollano il capo: — Questa parete non si salirà mai. — Nel settembre dell'anno scorso viene Còmici da Trieste col giovane Zanutti; s'impegna a fondo e sale trentacinque metri più su di Steger; ma ridiscende, esavr sto, dopo un'intera giornata di sforzi e di rischi indicibili. Passa l'inverno; ritorna la primavevera. .Riviste tedesche d'alpinismo riprendono a parlare del « maggior problema » delle Dolomiti che rimane da risolvere. Si segnala la presenza di Stoesser da queste parti. Qualcuno sussurra che abbia combinato con due monachesi di gran classe per portare un attacco a fondo alla parete. Anche Steger torna a farsi vivo. Dicono che una nota personalità alpinistica gli ha promesso un vistoso premio in caso di riuscita. Dovrà la Nord della Grande passare alla storia con un nome straniero? Dovranno proprio gli arrampicatori itaZiani subire quest'affronto? Ma Gilberti non è più, che ha lasciato la sua | fiorente giovinezza sulle rocce del f t*©** r,.tr,o*,n^.,r, a ^n«ifln ! Trentino; ma Tissi quest'anno è troppo indietro d'allenamento; ma Carlesso lavora tutfil giorno nella fabbrica e non gli resta il tempo per venire quassù. Entrano in scena i Cortlnesi Allora si fanno avanti i Cortlnesi, le guide figli di celebri guide, i giovani professionisti dell'arrampicamento sportivo che intendono come questa lotta col monte non si immiserisce pel fatto della meroede che ricevono dal « signore », ma si nobilita e si purifica nell'esaltazic te della conquista dell'uomo e nell'affermazione del prestigio nazionale. Bisogna agire, bisogna affrettarsi. Si viene a sapere che al Rifugio Tre Cime ci sono degli stranieri sospetti, che ogni giorno si allenano sulle vie Dillfer e Preuss, e che furono visti dai ghiaioni scrutare dappresso la Nord. Giuseppe Dimài rompe gl'indugi. Prende con sè Dibona — il figlio del Dibona della Lalider e del Réquin, della Cima Uno e della Mefie — e il fotografo Ghedi.ta — quello delle più belle cartoline delle Dolomiti. Riesce a giungere al punto dove l'anno scorso Còmici lasciò sventolante un fazzoletto, e di là prosegue per dieci metri. Ma è notte, e deve scendere. Venti giorni dopo ritorna all'attacco con gli stessi compagni. Nel frattempo ha saputo che c'è stato un tentativo di ignoti, i quali, nella discesa, avevano tolto i chiodi trovati infissi. Altri venticinque metri sono percorsi, a prezzo d'indicibili sforzi. Le dita hanno gonfie, e doloranti i muscoli delle braccia. Scendono a corde doppie; tornano al Rifugio. Oramai li ha invasati la frenesia di questa lotta disperata. Hanno da riuscire: ora o mai più. Da Cortina è salito il fratello più anziano, l'Angelo Dimai ohe ora alterna alle corse sulle erode le pacifiche occupazioni di direttore d'una cooperativa di consumi; d salito Versi, il fido compagno di Angelo nelle magnifiche scalate della Marcora e della Tofana. E al Rifugio Principe Umberto incontrano Còmici, Emilio Comici — quello che sui 1200 metri deUa parete Nordovest della Civetta ha scritto col suo disperato valore una delle più gloriate pagine dell'alpinismo di tutti i tempi.Respinti I L'invito di Dimai a Còmici s'Inorocla con la richiesta di questi di partecipare all'impresa. La posta è troppo grande perchè l'unione delle forze non s'imponga; e la mattina del 12 agosto cinque uomini furono visti aggrappati sulla parte destra della muraglia immensa, sotto alle striscie grigie degli strapiombi. Sono Còmici, i due Dimài, Dibona e Verzi. Essi ascendono lentamente, scaglionati a distanza. A ognuno è commesso un compito estenuante; e se il primo di cordata deve impiegare fino alle più riposte energie fisiche e morali per reggersi sui microscopici appigli e per uncinarsi con le dita sull'orlo delle taccienti crojidaie di roccia, quelli di sotto, attenti alle manovre delle corde, legati ai chiodi per non precipitare, si esauriscono nell'immane fatica. Eppure ascendono; rifanno il pericoloso calvario della strada percorsa, e guadagnano altra altezza preziosa. Ma è poca; forse quaranta metri oltre il punto raggiunto il giorno avanti. Ma il cielo si e oscurato; i nuvoloni neri che avevano riempito il cielo ora si sciolgono in pioggia che si fa sempre 'più--.fitta. Ancora i una volta il ritorno s'impone, e a notte i cinque rientrano al Rifugio, recando sul volto i segni profondi della stanchezza. Più d'una fede vacilla; in qualche animo il tarlo dello aconforto comincia a rodere in, fretta. Stanno i cinque, silenziosi e accigliati, attorno al tavolo del locale delle guide, e le mani gonfie solcate di graffi e di cicatrici spezzano svogliatamente il pane odoroso d'aromi. Le teste sono chine; le mascelle contratte. Forse pensano ad abbandonare l'impresa! La parete Nord si difende benéi e certo adesso, nella sua spettrale nudità, si lascia lavare tutta dalla pioggia perchè domani, ch'è festa, rimessa a nuovo le sia possibile di irridere con la sua immacolata bellezza agli stolti amatori che ardirono possibile la sua capitolazione. VITTORIO VARALE. isgnzliritdrdgcCèccrd1s Le tre Cime di Lavaredo viste da Nord. Nel centro: la Cima Grande col suo fo rmidabile appicco di oltre 500 metri. D

Luoghi citati: Cortina, Tissi, Trentino, Trieste