L'ammaraggio trionfale nel porto romano

L'ammaraggio trionfale nel porto romano L'ammaraggio trionfale nel porto romano L'abbraccio e il bacio di Mussolini al Comandante della Crociera a Roma, 12 notte. L'epica gesta della Squadra Aerea del Decennale si è compiuta nel cielo di Roma. Italo Balbo e la sua gloriosa centuria sono ora sulla loggia del palazzo Wedekind, nella piazza Colonna, dove arde, inesauribile, la passione della folla. Da quella marmorea tribuna, sorretta dalle colonne di Veio fasciate di arazzi e bandiere e sfolgoranti di luci e di colori, sembra che non si debbano staccare mai più; mille e mille braccia protese li fermano U senza respiro. Sotto il prorompere della ovazione, sotto questa tempesta travolgente assai più di quelle affrontate e vinte sugli oceani e sui continenti, il manipolo invitto resta sereno. Dall'arrivo all'idroscalo, dal saluto, del Duce, dall'abbraccio dei familiari, al passaggio trionfale in mezzo a centinaia e centinaia di migliaia di persone acclamanti, le emozioni debbono essere state molte e violenti; le visioni di cieli fino a ieri inviolati si sono certamente oscurate dinanzi a questa, inarrivabilmente suprema, di tutta Roma acclamante; i recenti ricordi di accoglienze meravigliose sono stati annebbiati da questo tumulto festoso. Questa è giornata indicibilmente grandiosa, giornata veramente romana. Ancora non sappiamo come racconteremo questa giornata, ed il trionfo; sol chi sia rimasto spettatore inerte potrà, in silenzio e in raccoglimento, ripensare, rivivere gli avvenimenti nei loro progressivi sviluppi; ma non noi, travolti dall'impeto e dalla passione della folla, acciecatì da mille luci e da mille colori. Siamo or qua, mentre ancora l'applauso prorompe come tuono, attoniti e stupefatti, a rivedere e riordinare brevi e sparsi appunti. L'esodo verso il Udo Occorre cominciare dal primo meriggio, quando incurante della opprimente calura, il popolo di Roma cominciò a sciamare verso il Lido, dove è sorto, in brevi ore, il più grande bivacco che si ricordi. Èra così paurosa la corsa della folla, da far temere chissà quanti incidenti. Stringendosi e pigiandosi sui treni, sui trenini, sugli autobus, sulle au tomobili, su ogni veicolo antico e re cente, la folla si rovesciava sulla spiaggia, che a un tratto parve davvero selciata di teste; e si dilungava a strisele interminabili, lungo la via del mare. Ogni rumore, vicino e lontano, scuoteva e commuoveva l'immenso raduno. Gli sguardi si appuntavano instancabilmente verso l'orizzonte, sebbene mancassero ancora molte ore all'arrivo. Ognuno cercava di abbreviare l'attesa, che bruciava più del sole, formulando calcoli sul percorso della Squadra, ascoltando le notizie e dandone di immaginarie; nessuno in realtà si era curato di conoscere l'ora della partenza della Squadra da Lisbona e l'ora probabile dell'arrivo a Roma, preoccupato, come era, di giungere a tempo, per occupare il posto migliore o qualunque altro posto, pur di dare il suo saluto ai Trasvolatori. Gli episodi culminanti di quell'alba dì Orbetello, quando gli equipaggi irruppero sulla grande spianata della laguna; il raccolto silenzio, mentre la bandiera saliva in cima all'alto pennone; gli addii, la figura di Italo Balbo ritto sul motoscafo con la mano alla visiera; e infine il salto prodigioso sulle vie del cielo, noi ora rivediamo con la stessa trepidazione, con la stessa ammirazione, con lo stesso entusiasmo e con lo stesso orgoglio. Ma di questa nostra trepidazione, di questa ammirazione, di questo entusiasmo e di questo orgoglio par¬ t—i tecipano, oggi, immense moltitudini — miZioni e milioni di uomini — tutti intenti a Roma, cuore della Patria, dove il grande volo si è sciolto in trionfo. Siamo arrivati al punto di approdo alle 13 precise. Mancano almeno cinque ore all'arrivo; ma più tardi sarebbe stato impossibile transitare per la via all'idroscalo. Ecco la fiumana che viene giù da Capo due Rami, placida e solenne, ora di color verde smeraldo per le erbe che vi si specchiano, ora gialla per i frequenti rigurgiti di sabbia dalle rive e dal fondo. / Sotto il sole che picchia Qui sorge l'idroscalo, donde anticamente partivano navi a remi e a vela a caricar grano in Sicilia e mar mi in Egitto: ora vi si levano aquile d'acciaio ad allacciare continenti, annullando le distanze. La folla incomincia già ad invadere le sponde del fiume. I gavitelli dondolano, agghindati ognuno di una bandierina, qual nera con la stella, qual rossa con i cerchi, qual bianca, qual verde. TI fiume presenta aspetto insolito di gaiezza: se il vento gonfia le bandierine, vediamo come gli idro si ormeggeranno. Qui è quello di Italo Balbo, il primo; laggiù la seconda squadriglia; in fondo la squadriglia del comandante Longo; in mezzo le altre cinque. Di qua, sulla sinistra, l'argine appare ora sgombro. Vi verran no le famiglie degli atlantici, gli invitati — alcune migliaia —; ma di là sull' altro argine, si possono già contare almeno ventimila persone, Saranno le prime a sentire il rombo dei motori, e già aguzzano gli sguardi mentre sciorinano i tovaglioli per la colazione. Probabilmente sono partiti da Roma nelle prime ore del mattino: staranno in attesa almeno dieci ore, ma soddisferanno l'ansia dei loro cuori. Il sole picchia a martello. Più tardi il caldo diverrà soffocante, ma nessuno mollerà il posto. E, poi, dove andrebbe a cacciarsi, se dovunque c'è spazio c'è folla? I motoscafi sono allineati allo scivolo maggiore in ordine perfetto, come plotoni di fanti: gli avieri ne tengono stretti i cavi. Arrivano, ansimanti, alcuni camerati ritardatari: — Siamo passati a stento; la cor¬ sa delle automobili per la via del mare è folle; le strade brulicano di gente, sono diventate serpi umane — dicono. — Roma arde, nell'attesa, di minuto in minuto; la folla ingigantisce; le vie sono gremite. Si delinea, appena alle 13, la grandiosità dell'avvenimento, l'immensità del trionfo. Raccogliamo notizie: stamattina a Roma, provenienti da ogni parte d'Italia, messaggeri d'altre folle, sono giunte coi treni popolari circa 12 mila persone; forse altrettante sono arrivate con i treni ordinari; altre migliaia sono venute con ogni mezzo da città e paesi vicini, specialmente da Napoli; tredici treni, speciali sono partiti dalla stazione di Trastevere per Fiumicino, riversando altre migliaia di persone; gli autobus municipali sono stati letteralmente presi d'assalto; i treni della Roma-Lido colmati sino all'impossibile. Dal Lido a Roma, dal mare di Roma al Campidoglio, la folla si distende, come un inverosimile tappeto semovente. Tutta Roma si protende sul mare, con lo sguardo fisso al cielo, col suo gran cuore in tumulto; ma le ore trascorrono lente, interminabili, per la folla smisurata in ansia. Non mai come oggi, come in questa epoca gloriosa di cui siamo i cronisti privilegiati, ci siamo sentiti impari ai nostri compiti. Questa epoca va assumendo sempre più, nelle realizzazioni della formidabile volontà e del genio di Benito Mussolini, forme e sfumature di mito. L'arida cronaca dovrebbe cedere il posto a fantasiose e compendiose celebrazioni. Ma, per nostra fortuna, gli avvenimenti sono per se stessi così ricchi dì poesia e così intimamente legati gli uni agli altri, sebbene sembrino diversi e distanti, da susseguirsi come strofe dello stesso poema, il poema della rinascita del nostro popolo. Ieri abbiamo visto il Duce riconsacrare, con la sua fatica nobilissima, la rinnovata fecondità dell'Agro; e, tratti gli auspici dal grano di Littoria, porre la prima pietra di Sabaudia. L'accostamento dei due eventi — la trebbiatura del grano e la nascita del nuovo Comune — è così ricco di significato, che bisogna forse tornare alle pagine di Livio e di Plutarco per trovare eguale religiosità, eguale senso del sacro. Ora, a distanza dì otto giorni, siamo qua, con tutta la nostra vitalità tesa verso il cielo, nell'aspettazione che quest'altra leggenda si concluda. Le lacrime che ci velarono gli sguardi quel giorno, dinanzi ai fulvi covoni di grano, lacrime dì commozione, d'esultanza, di orgoglio, sono sgorgate di nuovo, oggi, con lo stesso impeto irrefrenabile. Le due battaglie si rassomigliano, sono sorelle : sono di fatti figlie dello stesso Uomo, hanno per gli artefici gli stessi eroi: i soldati di Mussolini portino la vanga o la spada. In terra e in cielo, le conquiste della Patria procedono con lo stesso ritmo intenso e il mondo guarda con profondo stupore e con tenace ammirazione alla rinascita di un Popolo, che ha finalmente ritrovato se stesso nella virtù del suo Duce e ritorna, con l'antico passo del legionario, a riprendere il suo posto nell'ascesa faticosa e gloriosa della Umanità. L'ora avanza Da Amsterdam a New York, e da New York a Lisbona, popoli di tutte le razze e di tutti i climi hanno fatto ala ai transvolatori riconoscendo ed acclamando nel loro eroismo, la vera Italia antica e nuova; e questa gesta nella quale si compendiano ve- \ramente tutte le virtù dell'Uomo: genialità e prudenza, audacia e fermezza, non poteva avere più degna I mèta della città americana, dove ora si stanno celebrando le conquiste dell'Umanità, come il suo scioglimento non poteva avvenire se non a Roma, cuore d'Italia, Madre di tutte le genti. Intanto l'ora avanza. Vediamo, tutta raggruppata nella tribuna, la folla delle autorità: vediamo i Quadrumviri De Vecchi e De Bono, i Ministri Ciano, Siriannì, Jung, Ercole, De Francisci, Acerbo, il Presidente del Senato Federzoni, il Presidente della Camera Giuriati, i Sottosegretari Rossoni, Baistrocchi, Riccardi, Bìagi, Marescalchi, Romano, Serpieri, Lojacono, Lessona, i Vice-Segretari del Partito Adinolfi e Marpicatì, il Governatore di Roma, il Capo di Stato Maggiore della Milizia ge- sdtlegnate a dito con affettuosa ammira-i zìone, sì da commuoverle. Di tutte]le giornate passate nell'attesa del ri- torno, questa è la più densa, certo,\nerale Teruzzi, il Presidente del Tribunale Speciale gen. Tringali Casanova, il Podestà e il Segretario Federale dì Torino, il Podestà di Ferrara dott. Ravenna, l'Arcivescovo di Ferrara mons. Bonetti, il Segretario Federale Chierici della stessa città, il conte Volpi, il generale Siciliani, comandante delle truppe della Tri politania, cento altri generali, cento altre cariche dello Stato; ci sono poi gli Accademici, i Senatori, i Deputati e ancora aviatori, tra cai Fran cis Lombardi, De Bernardi e Ferrarin, scrittori, letterati; tutta l'Italia, insomma, nelle sue più espressive rappresentanze. Ora arrivano le famiglie degli Atlantici, accolte da vivi applausi. Sono venute da tutte le città d'Italia, da tutti i paesi, all'invito gentile che le chiamava al trionfo dei loro cari. Eccole, queste madri incurvate dagli anni, e dall'ansia dell'aspettazione di notizie d'ogni tappa, alctme veterane di queste attese, quando il cuore trema e pare sospeso dietro al figlio intento alle conquiste più ardue; eccoli questi padri, severi, in capaci di nascondere le lacrime; eccole, le mogli appena ora uscite gioiose, per la prima volta, dalle loro case, dopo la lunga trepida attesa; ecco fratelli e figli in letizia rumorosa. Popolani moltissimi, fiore sano e fecondo della razza, gente usa ad ogni prova ad ogni ardimento' ad ogni sacrificio. « State allegri. Tutto bene » Qualcuno racconta: « Ad ogni tappa abbiamo ricevuto notizie e auguri. Nel telegramma si concludeva con queste parole: « State allegri, tutto bene ». « Ringrazio Dio d'avermi concesso di partecipare a questa impresa » — dicevano altri. « State tranquilli, tutto andrà bene ». « Assisto, di giorno in giorno, a cose meravigliose. Ci portano sempre in trionfo », scriveva un altro ancora. Parole semplici, cordiali, di uomini niente affatto eccitati o turbati dalle difficoltà dell'impresa; parole di italiani, di soldati italiani. Il gruppo dei familiari — circa quattrocento persone — si raccoglie nell'apposita tribuna, cui fa ala la fol-\ la. Madri, spose, sorelle vengono se¬ di emozioni Quanto manca al momento dell'ammaraggio ? Tutti ascoltiamo le brevi segnalazioni date dalla radio: ma queste madri, spose, sorelle sono come affascinate dalla voce rauca, che trasmette il messaggio di Balbo a tutte le squadriglie in volo. Il Principe di Piemonte Sono le 16,45. Si disfrena la prima ovazione. Ma il flusso della folla continua ancora: arrivano gli Ani- ■ basciatorì e i Ministri accreditati ■ presso il Quirinale, con gli Addetti ' militari ed aeronautici — pittoresco gruppo di scintillanti divise — autorità, generali dell'Esercito e della Aviazione, personalità dell'industria, .folti stuoli di ufficiali dell'Aeronau-tica in alta uniforme con le decora-zioni di guerra. I Arriva in questo momento il Prin- cipe di Piemonte, in idrovolante, proveniente da Napoli, ricevuto dalComandante Luigi Rizzo, presidente della S.A.N.A., e ossequiato dalleautorità; poco dopo il Principe Um-\berto sarà raggiunto dalla Principessa Maria, proveniente da San■t'Anna di Valdieri. Tra gli ufficiali irieZZ'Aeronauttca si nota il Duca di ■ Aosta. Accolta con devoto omaggio, jiunge la signora Balbo, con » suoi *Jjf#ì»gg „„__. ' 7. „Knr,nln tre figliuoli: Franco, Renato, Anna. Ora, gli Atlantici volano sull'Asinara: ce lo segnala Italo Balbo, con brevissime parole. « E' probabile — egli aggiunge — che arriviamo a Roma qualche minuto prima delle diciotto ». Un altro messaggio segnala la Squadra in volo presso Porto Torres e Sassari. Poi più nulla. Dovremo attendere l'arrivo. «Duce! Duce!» L'arrivo del Duce interrompe la soffocante ansia di questa estrema attesa. Sono le diciassette e cinque. Egli indossa la camicia nera, senza giacca. Lo accompagnano il Segretario del Partito S. E. Starace e il conte Galeazzo Ciano, Capo dell'Ufficio stampa del Capo del Governo. L'automobile del Capo del Governo fila veloce, lasciandosi dietro una palpitante scia di acclamazioni. Battimani, sventolìo di fazzoletti, il grido ritmato : « Duce! Duce! », ecco il linguaggio della moltitudine fedele e appassionata. Decine e decine di migliaia di persone erompono in gioiose manifestazioni, riconoscenti a Lui di avere creato questa superba realtà italiana. Il Duce risponde col saluto romano alle ovazioni della folla; e disceso dalla macchina, svelto, giovanile, si dirige rapidamente al terrazzino di manovra della grue di alaggio, e si sofferma ad ammirare l'incomparabile spettacolo delle sponde del Tevere nereggianti di folla, jino alla foce, fin dove arriva lo sguardo. Intanto sul più alto pennone dell'idroscalo viene issato il gagliardetto del Capo del Governo. Ora, come racconteremo le ultime fasi dell'attesa spasmodica; come esprimeremo le sensazioni di questi ultimi minuti, fino all'apparire della Squadra, quando il cuore salterà in gola e gli occhi ci si veleranno di lacrime ? Ecco i brevi appunti; è nveglio trascriverli, così come V ubiamo presi, rapidi, succiati. Ore 17,2' vi. -notazione di Balbo h' tinto. I °-bi,--- dia folla. Ormai si U i. Forse tra poco vedremo aapaure dall'orizzonte le lucenti sagome dei ventitré idrovolanti. Le tribune e i recinti sono paurosamente gremiti. Interrompono la monotonia della folla le gaie toilettes delle signore e lo sventolìo di mille e mille bandierine. Ore 17,28 : arriva la bandiera dell'Aeronautica, scortata dai reparti di rito, salutata dalla Marcia Reale e dalle vibranti acclamazioni. Tre idrovolanti volteggiano sull'idroscalo. L'osservatore, in cima alla torre, deve averli veduti comparire. Eccoli, eccoli. Siamo colti da un brivido... Tutta la folla tace; poi, d'un impeto, esplode in un grido altissimo e vastissimo. Le fanfare intonano gli inni della Patria. Le legioni degli Avanguardisti cantano l'Inno a Roma. Vediamo il Duce guardare col binoccolo verso il punto dove è comparsa la Squadra. Tripudio di bandiere. Delirio. Siamo sommersi da questa tempesta, da questo uragano di acclamazioni. Un esercito di fotografi e di cinematografisti, fattosi largo chissà come, si schiera presso l'approdo. Il Duce discende dal suo osservatorio, passa sul breve pontile e si ferma presso lo scivolo, dove riceverà Balbo. Il saluto di Balbo a Mussolini i Ore 18,26: l'incrociatore Diaz, ]ancorato al Lido, spara le salve di uso. La Squadra, in perfetta for\mazione, grandiosa, maestosa, avanza velocemente. Ecco: passa con il \ a - i i o a , rombo assordante dei suoi motori sopra le nostre teste. E' uno spettacolo bidimenticabile. Il Duce applaude, lungamente. La folla scioglie, fino all'inverosimile, il suo entusiasmo. Leggiamo le sigle degli idra: I-Balb, I-Quest, I-Pel; e tutte le altre, nitide, sfolgoranti. Il rombo dei motori ci assorda. Mille c mille braccia si protendono verso i Trasvolatori; mille e mille voci chiamano Balbo. Ore 18,34 : la Squadra meravigliosa è scomparsa. Ma ecco un rombo ancora. E' l'idro di Balbo. Con manovra elegante, con tocco lieve, l'idro si posa sull'acqua tra le rinnovate ovazioni della moltitudine. Balbo esce dalla cabina di manovra e -risponde al saluto della folla. Im-'mediatamente raggiunto da una im barcazione, fila il cavo e attracca al - pontile. , Rigido, nella posizione di attenti, l'.sull'ala del suo idro, il Comandante e .della Crociera saluta il Duce. Quine-di, con balzo leggero, si porta a ler-\ra e riceve l'abbraccio e il bacìo del i i , i Capo del Governo. Si disfrenano tuttavia, travolgenti, le manifestazioni della folla. La grande impresa è compiuta. Tutti i Ministri e Gerarchi si affollano intorno al Duce e a Balbo; ed è una gara per salutare il Coman-