Uomini d'armi, architetti, colonizzatori

Uomini d'armi, architetti, colonizzatori Il genio Italiano all'estero Uomini d'armi, architetti, colonizzatori Il passato interpretato, vivificato, aggiornato, è fonte di ammaestramento e pungolo per meglio avanzare verso le grandi mète della Patria »: parole di Mussolini, che qui stanno, a guisa di epigrafe, in testa alla prima pagina del libro di Leone Andrea Maggiorotti. Prima pagina, e primo volume; ma quando quest'opera senza pari grandiosa sarà compiuta; quando questa vera e propria enciclopedia del genio italiano all'estero, cioè delle innumerevoli impronte che attraverso i secoli, fino ad oggi, l'Italia lasciò nel mondo, avrà schierato le sue diecine di massicci tomi come i blocchi di granito per la base d'un monumento — il monumento dell'attuale Italia risorta e finalmente erede di Roma; noi avremo lo specchio di noi medesimi, il metro su cui confrontarci, agire, migliorarci, e se appena sapremo leggere e comprendere, capiremo che nessuna impresa e nessuna speranza potrà essere inadeguata a ciò che fummo e rappresentammo nella vita civile dei popoli : capiremo che un simile passato ed una simile gloria — non isteriliti in retorica esaltazione, non considerati come splendida ma silenziosa necropoli, bensì intesi come idee vive, come idee-forze per l'azione quotidiana — tutto consentono e pendono naturale: anche quelle che, sia pure nel campo del puro spirito, potrebbero apparire ambizioni smisurate. Panorama immenso; testimonianze prestigiose: quasi intimorisce il pensie ro di un'impresa tanto vasta qual e quella di voler seguire di continente in continente la sterminata folla degli antenati nostri che dagli albori del medioevo fino a ieri lasciarono in terre straniere ricordo duraturo delle loro gesta, del loro sapere, del loro valore, del loro ingegno creativo. Quali mari non solcarono costoro, spinti dall'avventura, dai mercati, dalla brama di conquista, ed anche più spesso a per seguir virtute e conoscenza »? Quali confini non violarono codesti ulissidi? In quali guerre, mercenari o volontari, condottieri o gregari, non combatterono? Quali colonie non fonda rono? Quali cieli non esplorarono? A chi, dall'Egitto all'Islanda, dalla Spagna al Giappone, dipingendo, scolpendo, architettando, fin presso agli stupefatti barbari ed alle più frigide genti, non portarono un accento di classica armonia, una favilla di gusto, una luce di bellezza? Per quale città non alzarono almeno le mura di un bastione o uon curva rono l'abside di un tempio? Iuxqual stamperia almeno un poeta o uno scienziato italiano non recò i fogli d'un suo manoscritto? Esiste un angolo del mondo dove la parola « Italia > per una causa qualsiasi, per tempo più o meno lungo, non abbia sfavillato, e proprio là dove manco lo supporremmo? Si legge nel libro del Maggiorotti che sul principio del XV secolo i Gerosolimitani da Cipro sbarcavano a Budrum sulla costa anatolica e sulle rovine dell'antica Alicarnasso fondavano la ròcca di Castelsampietro. Due torri principali aveva la fortezza: la torre di Francia e la torre d'Italia. Al sommo di quest'ultima era una « pietra con una sola parola: Italia. Per cinque secoli essa ha brillato alta sul suolo d'Asia ; oggi più non esiste, perchè alcuni anni or sono quelle gloriose lapidi sono state tolte dai Turchi ed impiegate in umili lavori, cioè a racconciare fontane e cisterne. Tuttavia il nome della nostra Patria vi risuona ancora portatovi dalla nostra bandiera che scuote al vento i suoi colori nella vicina isola di Rodi • Ma quante migliaia di simili pietre non sono sparse in tutta Europa, e in Asia, in Africa, in America? Per intanto l'impresa è lietamente iniziata con due dei più bei libri che da anni siano stati stampati in Italia. E diciamo belli prima di tutto per la veste editoriale data loro dalla « Libreria dello Stato » : un ottavo grande di cinquecento esemplari numerati su carta velina italiana a mano, più cinquanta esemplari numerati su carta giappone; splendidi caratteri, margini sontuosi, illustrazioni nitidissime, ed una legatura in pieno marocchino verde a sobri filetti d'oro che qualunque rilegatore di gran nome sarebbe lieto di firmare : un oggetto ghiotto per ogni bibliofilo ; un di quei volumi che si accarezzano a lungo col palmo della mano, si assaporano, si sfogliano voluttuosamente anche prima di accingersi alla lettura. Due ranghi di scaffali con una simile edizione nobiliteranno qualsiasi biblioteca Dove son più i tempi che il libro italiano andava dimesso come un parente povero fra le edizioni inglesi, tedesche, americane, chiedendo scusa della sua veste umile a della gente iohe aveva imparato a stampare dagli Aldi, dai Giolito, dagli Zatta, dai ! Bodoni ? I E questi due primi volumi sono : ; il primo tomo de Gli architetti miti itari, a cura di Leone Andrea Maggiorotti; e il primo tomo de / banchieri, i mercanti, i colonizzatori, a cura di Camillo Manfroni, lo studioso che già ci ha dato la più completa storia della Marina italiana. Entrambi gli argomenti richiederanno dai due scrittori altri due volumi, che il Maggiorotti si occupa ora soltanto del periodo dal X al XV secolo, ed il Manfroni dei colonizzatori italiani in Siria e Palestina, nella Penisola Balcanica e nell'Africa Settentrionale dal Mille al Milleduecento. « Come l'architetto civile assai spesso fu pittore o scultore, o incisore, l'architetto militare, che quasi sempre trattò anche l'edilizia civile, molto di frequente fu pure capitano di truppe o comandante di squadra navale, o podestà di,colonia », scrive nella prefazione il Maggiorotti riferendosi al medioevo ; e dal canto suo il Manfroni: «Non è possibile occuparsi nominativamente dei singoli colonizzatori, perchè della maggior parte di loro ignoriamo perfino il nome: ma occorre considerare la vasta tela della colonizzazione, come opera, non di individui, ma di Stati».' Bastano queste poche parole a far intravedere la complessità di tali studi. Allo stesso modo che l'individuo s'annulla nell'impresa collettiva e che i singoli atti di un doge, d'un navigatore o d'un grande mercante vanno inquadrati nella ben maggiore cornice delle vicende e degli interessi della nuova potenza marinara che sorge o di quell'altra che declina, sì che i protagonisti sui mari e sulle, spiaggie diventano Genova o Pisa, Amalfi o Venezia, gli Arabi e i Crociati, i Normanni o i Salernitani; così, posti alcuni principii costruttivi e tattici tipicamente medioevali, l'architetto del tal bastione, Astorre Baglioni o Nestore Martinengo che sia, diventa poi anche il difensore di quelle mura, spesso è il governatore civile della città che ha fortificato, pronto poi, quando occorra, a lasciare il Palazzo della-Ragione per correre al Mastio a controllar mantellette, bertesche, caditele, pusterle e casematte. Anche nelle arti rudi come quella della guerra, anche fra i retroscena (non meno torbidi allora di quelli di oggi) delle attività mercantili, l'uomo medioevale si prepara a diventar multanime ed enciclopedico, getta il seme — nel torpore della terra appena fecondata — di quell'umanesimo che fiorirà più tardi e fr.rà dello scultore della Pietà l'allestitore della difesa fiorentina, del pittore dei più misteriosi sorrisi il sapiente tracciatore dei canali padani. Anche questa complessità folta, densa, generosa d'imprev'sti, questo connubio di genialità e di rapacità, d'ardire e di ferocia, d'arte e di forza, contribuiscono a rendere avvincente la lettura dei due libri. Di sorprese continue essi son disseminati, che da Lepanto a Negroponte, dalle coste catalane a Trebizonda, da Gerusalemme a Famagosta, da Smirne ad Acquemorte, è un popolo d'ombre gloriose che si leva — ombre italiane che scendono in coorte dalle più lontane cime della Storia a mostrar ferite f segni di torture, ad additare castelli costruiti e difesi, tempestose acque solcate, colonie fondate sulla sabbia bruciante o sulla roccia sterile, tesori di mercanzie trasportate di là dai mari. Si peusa ad un poema epico brulicante ,di fatti, irto di nomi, sonoro d'armi percosse e del vento sibilante tra le alberature: vele latine gonfie di sole; spade levate sugli elmi saraceni. Udite questo racconto della caduta di Famagosta (chi di noi, fanciullo, non lesse Capitan. Tcmpcxta di Emilio Salgari?), della forzata resa degli ultimi difensori, ottocento uomini assediati da quarantamila turchi. « La resa hi concordata col Mustafà, che annuiva alla partenza con l'onore delle armi del presidio e del popolo latino per l'isola di Candia, ch'era possesso veneto. Ma il Mustafà con la solita fede musulmana, fingendo di voler conoscere di persona i capi veneziani, li fece venire a se e li tenne tutti prigioni. Il Bragadino, mozzo il naso e le orecchie fu esposto per dieci giorni agli in\ sulti della plebaglia, poi venne scorticato, e la sua pelle impagliata speI dita a Costantinopoli dove la trajscinarono per le vie; dicesi che uno schiavo cristiano la raccogliesse e la I facesse pervenire alla famiglia che gli dette onorato riposo nella chiesa di S. Giovanni c Paolo in Venezia; altri affermano che fu lo stesso Mustafà, avido di denaro, a venderla alla famiglia. Gli altri comandanti veneziani furono quasi tutti uccisi ; pochi riuscirono a fuggire su piccole barche e a ridursi o a Tripoli di Soria o a Candia. Qui si salvò ii conte Nestore Martinengo che poi ri-prese servizio per Venezia e seguitò a proprie spese la guerra come volontario ; in seguito fu governatore di Zara, poi di Corfù, ove morì. L'ingegnere Maggio, rimasto prigione, fu venduto schiavo, ma si riscattò otto anni dopo, riuscendo a salvare un suo album con disegni e vedute di fortificazioni e di città d'Oriente; egli poi fece riprodurre tali schizzi sul velino e sembra che alcune tavole fossero di mano di Paolo Veronese ». Ve lo immaginate questo architetto militare italiano che per otto anni, prigioniero del Turco, custodisce e difende le sue carte lacere perchè possano giunger nelle mani del pittore delle Cene e dei Trionfi? Come è compiutamente classico un simil tratto ; e profondamente italiano. MARZIANO BERNARDI. LIBRI RICEVUTI JAMES JOYCE: «Gente di Dublino». — Ed. Corhaccio. Milano. L. 5. GUIDO DA VERONA: < Yvelisc ». — Ed. C'orbacelo, Milano. L. 5. D. H. LAWRENCE: «Di contrabbando». — Ed. Corhaccio. Milano. L. 5. D. H. LAWRENCE: «11 pavone bianco». — Ed. Corbaccio, Milano. L. 5. KATHERINE MANSFIELD: «Diario». — Ed. Corbaccio. Milano. L. 5. JACQUES CHARDONNE: «Eva». — Ed. Corbaccio, Milano. L. 5 LAJOS Z1LAKY: «Primavera mortale». —- Ed. Corbaccio. Milano. L. 5. JOHN GALSWORT:- * : «11 flore oscuro». — Ed. Corbaccio. Milano. L. 5. THOMAS MANN: « Altezza Reale». — J^d. Corbaccio. Milano. L. 5. LEONIDA REPACI: «Galoppata nel eole». — Ed. Corbaccio. Milano. L. 5. ARTHUR SCHNITZLER: «Verso la Ubera. zione». — Ed. Corbaccio, Milano. L. 5. D. H. LAWRENCE: «Vigli e amanti». — Ed. Corbaccio. Milano. L. 5. JAKOB WASSERMANN : «Gli febrei di Zirndorf». - Ed. Corbaccio, Milano. L. 5. J. J. THAHAUD: «L"ombra della croce». — Ed. Corbaccio, Milano. L. 5.