Miraggi e nebbie e ghiacci

Miraggi e nebbie e ghiacci DIARIO OI SORDO SULL' "ALICE,, Miraggi e nebbie e ghiacci ( Dal nostro inviato speciale ) 8AN GIOVANNI DI TERRANOVA, giugno. E ancora dal diario di viaggio, sfogliando avanti, dalla pagina dove jeri m'interrompevo. Ho tempo di rileggere e trascrivere, che per ora non si parla di ripartire, con VAlice: troppo i ghiacci fanno barriera, per il mare, verso il settentrione. Dunque, ... Da bordo dell'Alice — ormeggiata alla banchina, nella baja di San Giovanni di Terranova — Saint John's New-foundland — Sabato, 20 Maggio. Dolce posare in porto, dopo l'avventura nautica. E noi l'abbiamo sperimentato, un'altra volta, che an- SPtbttendcdcgvcUg dare per mare è pur sempre, più o meno, avventura. Ieri, nel pomeriggio, lasciateci a sinistra, poi addietro, le isolette francesi di Miquelon e Saint Pierre ■ sic transit gloria... — navigavamo a ostro di questa Terranova, verso Capo Chapeau Rouge, estremità meridionale della penisola di Burin. Il vento era caduto; il mare riteneva una placidezza e una chiara tinta di lago; il cielo, infuso di luce meridiana, scolorava lattiginoso. Tratto tratto, il terso specchio marino s'increspava minutamente, si rigava innumerabilmente, delle scie di branchi di pesci, che migravano, nuotando a fior d'acqua. Queste acque della Terranova, pescose quant'altre mai. La Fata Morgana E all'orizzonte, da ostro, si creavano miraggi': la Fata Morgana ostentava sue ambigue illusioni luminose, del pari che per l'affocata distesa dei deserti. Proprio quale io la vidi laggiù in Affrica, nel Sahara, per l'uniformità sconciata e piatta dei serìr, per l'ondosa uniformità sconfinata delle rhamle, fingere negli indistinti vapori, insistentemente, suggestivamente, un tremolante azzurro d'acque, o riflettere quasi vicina l'oasi chissà quanto lontanissima, che esiste solo di là dall'orizzonte, sotto l'orizzonte; così qua, all'orizzonte oceanico aggiunge un altro efimero orizzonte, duplica lo specchio delle acque, e l'uno sfumando nell'altro, sovrappone l'irreale al reale. Ed ecco, come là l'oasi, rìflet tersi qua capovolta una nave, chissà quanto lontanissima, nascosta sotto l'orizzonte, e che diventa maravigliosamente visibile nel miraggio. Fata Morgana, la più labile e maliosa magìa. Dice il geofisico : disparità di temperatura degli strati atmosferici, un giuoco di raggi nei va pori dell'aria, un prisma d'indistinta nebulosità che riflette l'invisibile lontananza. Ma l'assetato inondante, attraverso il deserto, vede lì l'acqua agognata, affranto pellegrino vede l'oasi davanti a sè; e qui un naufrago vedrebbe la nave della sua salvezza. Illusione, inganno: Fata Morgana. L'acqua, che pare, è quel lo stesso specchio d'aria, uh fluttuare ceruleo di vaporosi veli; oasi < nave non sono che l'immagine dell'oasi e della nave irraggiungibili, tanto più lontane se si mostrino vicine. E via via, crescendo o sceman do il giorno, tutto si apparuia, tutto dilegua: pellegrino, non toccherai l'oasi; naufrago, la nave è svanita per l'inconcussa solitudine del mare Fata Morgana, disperati viaggiatori, attraverso i deserti terrestri e gli oceani, non ci dissetammo mai a quelle tue acque d'azzurro, non ri posammo mai nell'ombra di quelle tue lussureggianti oasi; eppure tu torni a illuderci, disciogli per noi il tuo cinto di luce, profondi per noi le tue seduzioni, che c'inebriano di desiderio. Naufraghi, non accqsteremo mai la nave della nostra salvezza, Fata Morgana, adorabile maledetta, figurazione del nostro errore umano, rappresentazione della nostra vita mortale, sogno della realtà sfuggente, e realtà di nulla. Notte nella notte Così fantasticavo, mentre VAlice navigava per il mare della Terranova, al Capo Chapeau Rouge. E il miraggio creava all'orizzonte un altro orizzonte, mostrava capovolta una nave, che non era sul nostro orizzonte. Verso le diciotto e mezzo, dileguato ogni miraggio, colorandosi più intensamente l'ora decime del giorno, avevamo passato al traverso del capo: bassa lingua di terra ferrigna,che si protende, con la torretta bian-co del faro. E ci mettevamo per labocca della Baja di Piacenza — la Saie de Plaisance, dei Francesi, la Placentia Bay, delle carte inglesi. Ma non vedemmo più Capo Santa Maria, all'altra estremità della baja. Circa le venti, improvvisamente, una gran nebbia ci venne incontro, ci avvolse nel suo opaco grigiore e nel suo umido gelo. Ce ne stavamo nel nostro quadratino degli ufficiali, dopo pranzo, intenti a uno scopone, come si dice, scientifico o anche accademico: un di quegli scoponi che concentrano tutta l'attenzione del giocatore di stile, e ne mettono a prova le risorse perite. E la sirena lanciò l'ululo rauco, reiteratamente. Uscimmo sopra coperta. Eravamo già immersi nel fitto del nebbione; e la visibilità non andava oltre una trentina di metri: dal centro della nave non si scorgevano più nè la prua nè la poppa. Oramai andavamo ciechi. E la temperatura era discesa subito sotto lo zero. Indossammo le pellicce, e salimmo sul ponte di comando. Notte nella notte. Di minuto in minuto, la sirena ripeteva il suo richiamo avvisatore. Sullo sciaquìo confuso delle acque, contro i bordi della nave, nel vasto e bujo silenzio circostante, quel grido strepitoso echeggiava affannato, lugubre. Navigavamo ciechi. Notturne ore ansiose. La nave s'era rivestita di ghiaccioli, lungo le murate, per ogni soprastruttura, per le sartie. Il triangolo aguzzo della prua si delineava biancheggiando lividamente di quelle vitree incrostazioni di ghiaccio, con spolveratura di brina; e qualche luce, che vi balenasse da un portello aperto o da un oblò, guizzava spettrale. Tult'intorno, la uniforme e spessa e torpida ovattatura della nebbia, l'insidia assillante dell'invisibilità fonda. Marconi, ajuta Ora dovevamo avere passato anche la Baja di Santa Maria; probabilmente c'inoltravamo da Capo Pine per la Trepassey Bay. — La Baja dei Trapassati — volle anche tradurre il colonnello Barba, perchè non ci restasse dubbio che la grafia inglese non riproduca che l'autentico nome francese — Baie des Trépassés. La Baja dei Trapassati; e merita il nome. Ci andavamo accostando alla Punta di Mìstaken e a Capo Raso : — sulle carte è segnato Race Cap, che non significherebbe nulla; ma Capo Raso, veramente, lo battezzò lo scopritore, il nostro Giovanni Caboto, poiché gli apparve, come dura, spoglio e arido, così raso : — luoghi tristemente famosi per drammi marinari, per impressionante frequenza di naufragi. I libri di navigazione, le carte nautiche, pullulano al riguardo di ammonimenti, dì messe in guardia, di raccomandazioni, s'infittiscono dì cautions. Capo Raso: questa punta estrema sciroccale dell'isola di Terranova annovera, per le sue acque sulle sue scogliere, tanti naufragi, quanti forse non sono gli anni, dal la scoperta; e soltanto in questi tren tatrè anni del secolo corrente, oltre cinquanta tra piroscafi e velieri affondati. Delle phì memorande, la catastrofe del Fiorirei, il 24 febbrajo del '91S: novantaquattro annegati, su centotrentotto persone ch'erano a bordo. La notte, e la notte della nebbia. E la bussola risente maledettamente del nostro pur relativo approssimarci al polo magnetico, che c'incombe di lassù, dall'artica Terra di Boothia; e a quando a quando, investita e sconvolta dai misteriosi influssi, devia spropositatamente. Ciechi, e senza norma. La sfilata dei borgognoni La notte, e la notte della nebbia; la bussola che devia — sicché sollecitiamo ancora la Marconi, due e tre volte, che ci affidi nella rotta; — Zo nuovo annunziata minaccia dei ghiacci galleggianti; Baja dei Tra passati, Capo Raso, spettri di migliaja di naufraghi; e questa nostra prua sottile, fragile, che varca, biancheggiando lividamente delle vitree incrostazioni del ghiaccio, dello spólvero della brina, e bianche di ghiaccinoli le murate e le sartie, con rade luci guizzanti, spettralmente... Mi tornano alla memoria i versi del poeta canadese Giacomo Donelly, che cantò d'un vascello fantasma, ispirandosi appunto di qua, da questi luoghi dì tragedia: « ... All'isola dei Morti un vento fatale li guida; all'isola dei Morti avanza, rapida, quest'ombra di nave, che ombre conducono. Scheletriche pcrsivsanqqsmsp larve, ecco, spiegano al vento la fo sca velatura... ». Poi, nella nebbia, un pallore, un appena percettibile, lentissimo albeg giare. Alba lunare, o alba del giorno ? Sembra assai più un velato, filtrato lume lunare; ma l'ora è del sorgere del sole. Magari, sia il sole. Abbiamo doppiato Capo Raso; e ora andiamo, la prua al settentrione, da levante della Terranova. D'un tratto : — Tutto timone a dritta. Ferma macchina. Macchina indietro, a tutta forza. Una montagna di ghiaccio, intravvista emergere dalla nebbia, ci viene incontro, sulle cupe acque, enorms, ol) paurosa. Nella nebbia sfumano i suoi contorni; la sua cima quasi scompare nella nebbia. Poi sùbito, come ci si era rivelaio, Z'iceberg, o per dirla italianamente, il « borgognone » sfila via, scompare; e come se Zo nébbia se lo ribevesse. L'abbiamo rasentato a pochi metri. Comprendiamo che siamo entrati nella zona dei ghiacci galleggianti, quali ci furono preavvisati. E sarebbe imprudenza grossa inoltrarci, in queste condizioni di così limitata visibilità, pressoché nulla. Ne abbiamo fatto esperienza or ora, che ce la siamo cavata quasi miracolosamente, e per l'istantaneità della manovra. Perciò, completata l'accostata, per centottanta gradi, torniamo indietro, a mezza forzaci macchine. Ma poi, in brev'ora, il giorno prevale, la nébbia finalmente dirada. Possiamo quindi riprendere la rotta, per settentrione. E incontriamo la coorte dei ghiaccioni; ma che adesso si avvistano abbastanza di lontano, per scansarli con relativa tranquillità. Sembra una flotta schierata s battaglia, questa successione imponente di borgognoni. Le loro strutture formidabili, le loro architetture spettacolose, si sollevano ardue sul mare, e brillano al nuovo sole, dacché la nebbia è fugata intera. E tale, il primo che ci viene incontro, ricorda nella sua sagoma la piramide aguzza del Cervino, un po' inclinata la cima; e quale simula una nave, con un'enorme véla quadra spiegata; e quale pare una chiesa, cól suo campanile da lato; e questo è il bastione di un'antica fortezza, che ponti sulle acque. Nei cavi delle architetture, il ghiaccio acquista una colorazione cilestrina; talvolta si vede verdognolo, e verde fosco, come le crepacce dei ghiacciai alpini, nel profondo. In porto S'è messo vento, da maestro; il mare è corso da onde, con scapigliatura di spume. I borgognoni, andando, si cullano solenni; e le onde rompono contro di essi, fragorosamente. Da uno, quando lo incrociamo, si leva un vólo di gabbiani. L'Alice rolla e beccheggia allegramente: con. ferma appieno la sua nominanza di ballerina: Ma ormai avanziamo alla lesta, a un par di miglia dalla costa. Questa costa orientale della Terranova, per questa penisola di Avalon, è tagliata di roccia bigia e rossigna, con promontori aspri, con insenature profonde e tortuose, quasi fiordi; a volta si prolunga scogliera diritta sul mare, o strapiomba. Avanziamo alla lesta. Poco dopo le quindici, sorpassiamo Cap Spear— Capo Arpione — che ripara da ostro l'entrata della baja di San Giovanni. Un quarto d'ora ancora, e siamo davanti all'entrata della baja, assai simile davvero alla bocca di un fiordo. E imbarchiamo il pilota; che ci guida tra i due sporgenti promontori, per il breve angusto ritorto canale, nella baja. Alle sedici e un quarto, ci ormeggiamo alla banchina, davanti a questa capitale terranoviana, costruita di casette di legno, capitale di pescatori. E c'informano che stanotte, pe: questo mare, nella nebbia, un piro scafo norvegese, di dodicimila tonnellate, il Siersstad, comandato dal capitano Paulston, è cozzato contro un borgognone, un di quelli che noi incontrammo più tardi; ed è colato a picco. L'equipaggio ebbe appena il tempo di lanciare con la radio il— S. O. S. — e di calare in acqua le imbarcazioni di salvataggio. Due rimorchiatori sono usciti, qua da San Giovanni, alla ricerca dei naufraghi.Dolce posare in porto, dopo l'avventura nautica. E noi l'abbiamo sperimentato. MARIO BASSI Blocchi galleggianti sul mare di Terranova.

Luoghi citati: Piacenza, Terranova, Terranova ? Saint