Il francese Speicher ha vinto il ventisettesimo " Tour ,, davanti a Guerra

Il francese Speicher ha vinto il ventisettesimo " Tour ,, davanti a Guerra Il francese Speicher ha vinto il ventisettesimo " Tour ,, davanti a Guerra Martano, terzo in classifica generale, è primo degli individuali (DAI/ JVOSTRO I V I-À T O ®I»K>OIÀIvE>) Parigi, 24 mattino. Poche ore fa milioni di sportivi e di curiosi, buona parie venutaci incontro sulle strade e altri in attesa nelle città e nei paesi che attraversavamo o in quell'imponente velodromo del Parco dei Principi insufficiente a contenere quanti avrebbero voluto entrarci, hanno salutato, nel loro trionfale ritorno, i reduci del XXVII Giro di Francia. L'impres-, siowmte spettacolo, che credo sia! stato la più grandiosa apoteosi di un avvenimento sportivo e la più solenne dimostrazione di quella che è la travolgente passione per le competizioni ciclistiche e i loro illustri attori, ha posto fine a quasi un mèssi di fatiche, di ansie, di emozioni di' quanti, corridori giornalisti organizzatori, avevano un interesse, un orgoglio, un'idea da difendere, un compito da assolvere, uno scopo da raggiungere in questa gigantesca impresa. « Finalmente è finita » E vi assicuro che tutti sono lieti di dire in quest'ora: « finalmente è finita ». I corridori si sentivano ormai a corto di energie, dopo aver percorso 4300 chilometri, aver scorazzato sul pavé del Nord, sulle brucianti strade del Mezzogiorno, suite piatte distese in riva' all'Atlantico, dopo avere scalato le Alpi ed i Pirenei, sempre sotto l'assillo del minuto da guadagnare, come se da esso fosse dipeso un onore, una fortuna, una vita. Noi giornalisti cercavamo ormai invano la parola, la frase non usata, il motivo di colore attraente, il tema nuovo di gara, la via per giungere a tenere desto il vostro interessamento; è parecchie mattine, nelle ultime specialmente, pregavamo il buon Dio che ci offrisse la materia per non riempire di vuoto le nostre cartelle. Ed i fotografi, per quanta fantasia avessero, ■non sapsvan più come fare un quadretto originale; i massaggiatori èrano stufi di sciogliere muscoli e incerottare ferite; i meccanici di ripulire e riassettare biciclette e motori, gli autisti di perdere la pazienza e la testa nella quotidiana baraonda, in cui c'era da accoppare genie e farsi accoppare; gli agenti di pubbUèità di lanciare manifestini e di fare strillare dagli altoparlanti le virtù dei loro prodotti; i suonatori ambulanti di suonare e vendere i loro dischi e le loro canzoni. Perfino gli organizzatori, dal sommo Patron ci distributore dì medicinali, dal suo segretario al suo direttore dei corniti, n* avevano abbastanza del pesti di far correre, di dare da mangiare e dormire ai corridori, di fare classifiche, di impartire dispoaizvmi, dì accontentare tutti e di far andare avanti la... barca nel miglior modo possibile. Tutti lottavano già da una settimana per non cedere alla fatica, aUa noia, alla preoccupazione, ognuno nel nostro mestiere; e la corsa stessa era stanca, quasi per riflesso, e ci sembrava che continuasse come un incubo, come una condanna da cui solo Parigi ci avrebbe liberato. < Finalmente è finita » e per un anno non se ne parlerà più, almeno per parte mia, dopo che avrò adunato quello che mi rimane di voglia e di forza per fare quel maledetto bilancio, che è diventato d'obbligo alla fine di un grande avvenimento di sport. E mi accingo a questa fatica che mi pare leggera solo perchè è l'ultima. Giornalismo, affarismo e sport Dirò di questo Giro dì Francia, non del Giro di Francia in generale, perchè non mi sembra il momento di discutere l'essenza, le finalità, i sistemi di una manifestazione che ha fatto e farà sciupare ancora molto inchiostro a troppa gente, che lo conosce solo di lontano o che ha buone ragioni di esaltarlo o denigrarlo oltre misura. Il Tour, finché si faranno soltanto delle chiacchiere senza riuscire a fare qualcosa di diverso o di meglio, o di avervi voce in capitolo, rimarrà quello che è sempre stato e che è: la più grandiosa impresa affaristico-giornalistica nel campo dello sport. Con ciò son detti i suoi difetti e tutte le sue virtù, almeno per coloro che non sono ingenui nè vogliono farlo e per chi non ha voglia di scandalizzarsi per quanto vi è di non puramente sportivo in un'organizzazione, in cui girano i milioni, a sfondo essenzialmente professionistico, industriale e commerciale. Sfondo che è comune a tutte le organizzazioni del genere e senza il quale esse non potrebbero vivere. Piuttosto, quando si tratterà di concretare o meno la nostra partecipazione al prossimo Tour (e non si creda che si possa aspettare di parlarne a maggio), sarà bene considerarlo, non da un punto di vista generale, astratto, teorico, ma da quello esclusivamente nostro, delle finalità che ci proponiamo e delle possibilità e dei mezzi per raggiungerle. Finora mi pare che noi abbiamo commesso l'errore dì apportare al Tour, non solo un contributo di uomini e di interesse (e questo, è implicito nella nostra partecipazione), ma anche, e soprattutto, un significato ed un'idealità che stonano con le condizioni in cui la corsa si svolge. Per eliminare questa stonatura non occorre cambiare le basi della manifestazione, ma basta pretendere le garanzie di assoluta sportività e serietà. Se le avremo, varrà la pena di mettere in giuoco le migliori nostre forze e il nome del nostro sport. Altrimenti sarà meglio non ritentare l'impresa che da quattro anni non ci procura le soddisfazioni che attendevamo e qualche volta meritavamo. Ma di questo grave problema verrà presto Voccasiòne di riparlare. 0 prepararsi o stare a casa Per ora faccio un rilievo. Da quando Desgrange ha trovato la formula delle squadre nazionali, la vittoria è sempre spettata ad un, ffsenclzcgascvscgmepdclcdsglTgrcupedcss francese. Come si spiega questo fatto assolutamente nuovo nella storia del Tour dal giorno in cui esso è diventato veramente internazionale ? Non credo che Desgrange abbia compilato il suo regolamento con a e e è o i i , o e à e e o a a a nlo scopo di favorire i suoi connazionali, nè sì trova alcuna norma che dia loro un particolare vantaggio, nè, infine, si può citare un fatto a sicura prova che ingiustizie siano state fatte dagli organizzatori ai corridori stranieri. ìl Patron ha voluto spiegare questo fatto con lo spirito nuovo dei concorrenti francesi, liberati da ogni disciplina e giuoco di marca e animati ora dal miglior sentimento nazionale. Non escludo che questa trasformazione possa avere giovato al rendimento degli atleti di Francia, ma nego che essa sia sufficiente a spiegare l'ininterrotta prevalenza di uomini che in altre condizioni (vedi i campionati del mondo) da sei anni cedono il passo a italiani e belgi. La ragione principale è ohe per i corridori francesi Ù Tour rappresenta il perno dell'attività annuale e che la Francia è l'unica Nazione ohe può esservi rappresentata dai migliori uomini e nelle migliori condizioni. Un'altra, che non è neppure secondaria, sta in quel naturale e indiscutibile favore di ambiente, di cui godono inevitabilmente i corridori a casa loro e che va dall'abitudine al clima, dalla conoscenza delle strade a quella della lingua, dalla simpatia della folla a quella della stampa. Un giornalista belga mi diceva, giorni fa, che, col regolamento attuale, nessuno straniero può vincere il Tour. Mi pare che esagerasse e sbagliasse. Certo con atleti tipo Lem-aire non basta l'ufficialità della partecipazione per superare /'handicap di una corsa a tappe all'estero. Ma neppure con altri come sono stati Binda e Guerra, Pesenti e Camusso noi siamo riusciti a fare di più, che pren dere un posto d'onore. Il regolamento ha delle pecche, non c'è dubbio, e Desgrange dovrà correggerle, se vorrà ancora dei buoni corridori italiani al Tour. Ma anche noi dobbiamo metterci in testa che non basta un uomo superiore per vincere questa gara, ma ci vuole una squadra che sia all'altezza del difficile compito, cioè ben selezionata, ben preparata, ben diretta. Se non siamo in grado di fare questo, o perchè ci mancano gli elementi, o perchè preferiamo dedicare maggiori cure ad altre manifestazioni nazionali o internazionali, è meglio che stiamo a casa nostra, che andare ingenuamente a farsi mettere nel sacco da chi può e vuole questa solida e completa preparazione e organizzazione non conviene a chi può vantarsi di avere i migliori corridori del mondo e cerca all'estero affermazio ni non ufficiali ma non meno clamorose di questa superiorità. Un capo senza esercito La nostra squadra è quest'anno completamente mancata. Gli uomini non erano i migliori di cui potevamo disporre. Lo si può e deve dire apertamente, ora che l'appunto non influisce sul morale dei combattenti prescélti. Per di più alcuni si sono presentati in condizioni pietose, altri hanno ceduto più moralmente che fisicamente, altri sono stati sfortunati; la disciplina di squadra e l'accordo interno hanno lasciato molto a de siderare; non si sono saputi dominare egoismi e velleità personali, se pure non sono state aizzate; non si è sentita una voce autorevole, la vellutata mano di ferro che guidasse la rappresentativa nei momenti critici e incerti. Con un equipaggio rocco» gliticcio, con la chiglia che faceva acqua, senza alberi e senza timone, la barca non poteva che andare alla deriva. E la squadra italiana, che l'anno scorso era finita al primo po sto nella classifica per Nazioni, qm- ìmlciplcptzrenmlFscmèlgGsnlcfsiphbenprdn sfanno è caduta all'ultimo. Perfino dopo la Svizzera, e mi vergogno a dirlo. Se Guerra, capo di un esercito male reclutato (non mi interessa se la colpa è stata, in parte, sua) presto disgregato e decimato, avesse vinto ìl Tour, si sarebbe dovuto gridare al miracolo della sua classe. E, invece, lo ha perso, perchè solo in poche occasioni potè dire di non correre da isolato. Solo Piemontesi e Giacobbe possono dire di avere reso servigi al loro capo. Gli altri, o non sono stati capaci, o non hanno voluto. Ragione per cui, se dovremo decidere di tentare l'anno prossimo il maggior sforzo, non basterà scegliere buoni corridori, ma occorrerà trasfondere in essi il vero spirito che anima questa nostra impresa, nobilitare la loro mentalità professionistica con l'idealità della loro particolare missione. Finché prevarranno gli istinti egoistici e mercenari, non si verrà qui che a procacciare fama e quattrini, ma non si attuerà il programma che è caro àll'on. Garelli e non si servirà l'idea per la quale milioni di italiani guardano con occhio di passione al Giro dì Francia. Tutti e la sorte contro Guerra Germania e Svizzera si sono presentate ancora in peggiori condizioni di noi; neppure hanno fatto collettivamente miglior figura; ma man-\ cavano degli uomini di classe ed ini forma, capaci di marciare anche da' soli. Lasciamo stare gli svizzeri, fra i quali non c'erano elementi al diso-ì pra della mediocrità, ma i tedeschi\ hanno veramente deluso. Tolto Thier-1 bach, colpito da troppi incidenti,tanto Stoepél, quanto Buse e Geyerdevono rivolgersi al Giro d'Italia per, trovare la causa della loro cattiva prova. E qui viene a proposito ripetere che, a meno non si tratti di un i « fuori classe » a cui ogni impresa ' eccezionale è permessa, gli uomini di media levatura non possono fare bene due lunghe corse a tappe. L'esempio di Trueba, che ha corso una Parigi-Nizza, un Giro d'Italia, un Giro di Catalogna e un Giro di Francia, distinguendosi sempre in salita, ma non vincendo mai, non è che un'eccezione che conferma la regola. Unica squadra ben selezionata, ben inquadrata, fresca e completa, quella franasse. E ha dato il vin¬ citore del Tour e si è classifìoata prima. Eppure no-» aveva un atleta d'eccezione. Ma poteva manovrare, da prima con questo o quell'uomo, non offrendo mai un bersaglio sicuro, poi ccn quéUo che la pianura e i monti avevano dimostrato il più ricco di doti per vincere una corsa, in cui non basta essere veloci come Aerts o buoni passisti come Archambaud, o degli arrampicatori come Trueba, ma occorre un patrimonio misto, completo, regolare e continuo dì mezzi fisici, di intelligenza, di calma, di decisione, di tattica. Il giorno in cui Speicher era l'unico avversario da battere, in cui, quindi, si poteva accentrare su di un punto solo le eventuali offensive, egli era così ben difeso ddlla sua squadra che anche gli uomini più ardenti, più combattivi, come Guerra, rinunciarono ad attaccarlo. Questa rinuncia ebbe anche un'altra determinante: le condizioni degli uomini e la situazione di classìfica. La corsa fu iniziata con troppo accanimento. Il pavé e la smania di mettere al più presto Guerra, che raccoglieva ì quasi generali favori, in condizioni di inferiorità, indussero francesi e belgi a dar subito bat taglia a fondo. L'obbiettivo fu solo in parte raggiunto, che il mantova* no, anche isolato fra tanti e così furiosi avversari, si difese coinè un Icone. Ritardò a Lilla più che altro per quella tattica temporeggiacrice cfie si era prefisso di seguire, ina ammonì, con la sua memorabile corsa ■e vittoria di Charleville, che attaccarlo in pianura avrebbe fiaccato più gli altri di lui. E così fu. Poco alla volta, egli ridusse il ritardo della prima tapna e, a- Grenoble, dopo la scalata del Galibier, che fu senza dubbio la salita più dura- del Tour, e che egli iniziò malissimo e finì in crescendo, si trovò alle spalle dì Archambaud. Da questo momento cominciò li sorte a sconvolgere il regolale andamento della corsa, perseguitando il nostro, campione. Da prima la cattiva giornata di, Gfa». voi la foratura \di Digne, che gli tolse la (migliti alalia, quindi l'incidente del Col di \Castìllon, che gli fece perdura 5' c 30 secondi, poi l'incidente di Hyère3 e la foratura di Lione, che gli costò più di un altro minuto a M'arsiglia{ in seguito la bucatura . del Col di Puym'aurens, che gli rubò altri 2' e 10", e, in/ine, quella, del Tourmalet e dell'Aubisque, che gli impedirono idi efruttare la superiorità dimostrata su Speicher nelle più aspre b decisive salite dei Pirenei. Preso Idi mira dagli avversari e dalla sfortuna, Guerra dovette fare una corsa sempre tirata, sostenendo da solo, o quasi l'inseguimento impostogli dalla sorte, più che dai distacchi subiti dai migliori arrampicatori. Trovò, inoltre, in Speicher, un avversario che in discesa rimediava alle sue deficienze in sa- cPtsses lita e, in alcuni isolati, gli uomini della sorpresa e dell'attimo della velocità bruciante, e, in arrivi irregolari, gli elementi che gli tolsero il modo di mettere al suo attivo abbuoni in volata. La corsa, basata quasi tutta sull'offensiva contro il campione d'Italia, non ebbe tregua fino al mare. Qui cominciò a dare segni di stan- chezza e i suoi attori con essa. A Pau l'una e gli altri erano compleamente spossati. L'equilibrio che i venne stabilendo fra Speicher, asistito dalla squadra quasi integra, e Guerra, relativamente ancora fresco, ma solo (ormai Giacobbe non i a o . - poteva rendergli alcun servizio in pianura), l'inevitabile dualismo Guerra-Martano, la passività dei belgi, che altro non potevano sperare che vincere tappe col veloce Aerts, la nullità dei tedeschi e degli svizzeri, determinarono quella generale rinuncia alla lotta che caratterizzò le ultime cinque tappe. Speicher è un uomo di classe Desgrange ha capilo che l'inversione del percorso non è sufficiente per evitare quelle zone morte, che, prima, erano avanti e dopo le Alpi e, oggi, sono avanti e dopo i Pirenei. Ha già annunciato che tenterà di eliminarle con l'istituzione di una tappa a cronometro fra Pau e Parigi. Ci riuscirà solo in parte, perchè le energie umane rimangono quelle che sono e, una volta spese, non si rinnovano subito e all'infinito. La tappa a cronometro sarà una altra grave fatica e preoccupazione. Ci si risparmierà prima e ci si riposerà dopo. La corsa ha avuto sette protagonisti: Archambaud, Lemaire, Speicher, Aerts, Trueba, Guerra e Maritano. Parliamo di ognuno di essi. L'uomo che per primo ha conquistato la maglia gialla, l'ha tenuta per otto tappe, l'ha perduta e l'ha ripresa per un giorno; non è un bel! l'atleta, se si guarda alla sua linea, ima ha mezzi di prim'ordine e defi\cienze gravissime. E' formidabile 'sul passo, discreto in salita, nullo I in velocità, mirabile per combattività, non per regolarità. Senza la ' sorpresa ideila prima tappa, non avrébbe raccolto tanta celebrità. Non credo gli sia facile vincere un Giro di Francia. Il campione del Belgio, corridore serio e volonteroso, non brillante, non dotato di gran fondo, meno di zero in velocità, preferisce la difesa all'attacco, se la cava senza infamia e senza lode in salita e sul pastfo, e fida più che altro in una certa regolarità. Il suo paese ha avuto alfieri ben più degni dei colorì nazionali. Speicher, invece, è un uomo di reale classe. Non lo si direbbe, a dargli un'occhiata dalle caviglie alle spalle, che la sua struttura e tutt'altro che solida, armonica, piacevole, convincente. Ha gambe quasi scarnite, non dico muscolate, attacchi di reni che sembrano fragili, petto e spalle piatti. Eppure questa riraalglasMt macchina rende abbastanza bene in salita, male in pianura, benissimo in velocità, inarrivabilmente in discesa. Il segreto, la- superiorità di Speicher sta nella posizione in macchina, che è perfetta nello stile, che è impeccabile nell'intelligenza, che è pronta, limpida, calma e audace' nello stesso tempo. E poi Speicher è un combattente di prim'ordine. La 'fortuna lo lia aiutato (egli ha forato solo due volte e ha sempre tro'vaio chi gli ha dato la ruota e sempre ha potuto rimediare in tempo, non è mai caduto e non ha avuto 'incidenti di macchina, ma questo è 'anche in parte merito suo) e, se, dal'l'altra parte, Guerra non ne avesse 'avuto un trattamento contrario, egli non avrebbe vinto il Giro. Ma, dopo Vitaliano, egli era certo il più meritevole della vittoria. Si dubitava, in base all'esperienza dell'anno scorso, 'della sua regolarità e tenuta alla 'distanza. Una maggiore maturità ed 'esperienza ha rimediato anche a 'questo tallone d'Achille, e Speicher 'è stato uno degli «omini più continui e regolari, perchè quella di Bordeaux non fu che un% momentanea e occasionale indisposizione. Un uo mo di queste- doti, con una squadra come quella di cui disponeva, era molto difficile da battere; perchè sono convinto che egli e i suoi compagni avrebbero disposto di altre risorse, se Guerra fosse stato più minaccioso. Il campione d'Italia Aerts Ha, menzionato come colui die ha vinto il maggior numero dì tappe, tutte in volata, ma quella di Tarbes su sóli due uomini, Martano e Trueba, dono un'inattesa sorprendente esibizione sul Peyresourde e sull'Aspin. Il belga, generoso come quasi tutti i suoi connazionali, s%rebbe un grandissimo corridore, se ncn gli facessero difetto la regolarità e il fondo. Certo i suoi ultimi cento metri sono impressionanti. Di Trueba è tutto detto, quando si è ricordato che egli è in testa alla classìfica- degli arrampicatori. E' stato primo sul Ballon d'Alsace, sul Galibier, sul Vars, sul Braus, sul Pori, sul Peyresourde, sull'Aspin, sul Tourmalet e suU'Aubisque; secondo sul Portet d'Aspet, terzo sulla Faucille, quarto suU'AMos. Guerra ha perso un'ottima occasione per vincere questa prova, alla quale teneva e tiene moltissimo. La colpa non è sua li compagni che egli ha voluto con sè, meno Baitesini, sono gli unici che ha avuto a fianco fino alla fine e Giacobbe ìgli è stato moralmente e material\ mente molto utile in montagna), ma è della sorte, che non si è mai plaj cata contro di lui, e déU'insuffi! ciensa o defezione di troppi elementi della rappresentativa. Ma di queste due cose ho già parlato, e anche della corsa del mantovano, che ' si può riassumere così: ispirata a una saggia distribuzione di forze, sostenuta da una «otonfà ferrea, ragionata con calcolo forse troppo sottile, condotta con impeto o con calma a seconda delle circostanze sempre con prudenza tendente alla difesa e, soprattutto, allo sfruttamento dei minuti di abbuono. Altra tattica non, gli sarebbe stata permessa, dato il suo isolamento e le sue non eccelse doti di arrampicatore. L'unico appunto che si può fare, e che ho fatto, a Guerra è quello di non avere neppure tentato di attaccare sul serio Speicher il giorno in cui poteva prestare il fianco a un colpo portato con estrema decisione.Ma, in complesso, il campione d'Italia è stato il grande atleta e combattente che conosciamo e, certe sue giornate specie quelle meno favotvnmdcaPefbnaggzgvsztN te dalla sorte, rimarranno memoabili. Il Tour, dal 1930, eleva sempre lta celebrità un nostro giovane e li consegna il distintivo di vero sso. Questa volta esso è toccato a artano. C'erano parecchi giornaliti stranieri al Tour, che non sapeano o non si ricordavano che il tonese si era fregiato di due titoli i campione mondiale dei dilettanti perciò) si domandavano da dove eniva fuori questo ragazzo, che, da solato, si prendeva U lusso di arriare sempre coi primi, dava lezione i maestri sulle montagne e giuneva fino a farsi pronosticare c malia gialla». Ma anche per chi sapeva il pasato di Martano la sua prova è staa una rivelazione di improvvisa maurità, una consacrazione^di classe levatissima. La regolarità non era suo forte e qui, invece, ne ha fato sfoggio come nessuno. 8i può die di non averlo mai visto calare ell'ardore della mischia, salvo che n vetta aWAubisque, e forse più a ausa d,i un errore di rapporto che i stanchezza. Se nelle prime tappe on fosse stato preso un po' in veocita, Martano avrebbe rappresenato> anche prima di Tarbes, una pina nel fianco di Speicher. E' uno ei pochi che ha finito in relativa reschezza, che è stato sempre bee, che non si è mai scoraggiato. E non è poco per una recluta del Tour enza esperienza e senza guida. Mi diceva questa sera che era ve* uto con convinzione di far benes ma non, come poi in realtà ha fatto, i non avere mai sentito il peso deh e salite, di non essersi mai.preoc* upato'delle scappate di Trueba, d\ vere pronosticato la vittoria o»Speicher, che gli era piaciuto motto nella, Parigi-Nizza, di essere soddifatto anche del terzo posto. Tutte ose che dimostrano nel semplice e ude figlio del nostro Piemonte una otazióne di mezzi particolarmente datti a questa prova, un cervello molto fine, una simpatica modestia. Pensate che> senza il minuto di abbuono in volata, egli sarebbe U vinitore del Tour. Vorrei chiudere questo affrettato bilancio, ma non posso tacere sul'indecoroso spettacolo che ha dato a folla parigina di fronte alla vitoria di Guerra. Che possa spiacere veder battuto in casa il proprio beniamino è più che comprensibile, ma che questo possa bruciare^ tanto da far scendere a manifestazioni dt osì volgare antisportvoità non lo avrei mai supposto, neppure dal Paese più sportivamente selvaggio e primitivo. Noi ci siamo trovati di ronte a così inatteso e ingiwsti/icabile spettacolo tanto sorpresi, da non voler credere ai nostri occhi e ai nostri orecchi, e ci siamo vergognati, non per la vittima, ma per gli autori dell'ignobile dimostraione. Son corso a chiedere a Desgrange una ragione che io non afferravo, ma il patron si è chiuso nelle spalle. Ho, poi, saputo che l'irritaione della folla deriuaua da quano la radio, in questi atomi, aveva diffuso sulla penalizzazione di Archambaud, su alcuni incidenti personali fra giornalisti, sul reclamo di Guerra a Rennes. La responsabiità, quindi, di questo incidente, che disonora il pubblico parigino, risale a persone che sembrano ignare della delicatezza del loro compio. Desgrange si è recato immediatamente dal direttore del giornale che fa il servizio radiofonico ed ha fatto le sue alte proteste contro 'incosciente annunciatore che ha scatenato, anche contro di lui, sul percorso di oggi, irriverenti e maeducate manifestazioni di folla. Prendiamo atto del pronto intervento del direttore deH'Auto e di questo sfogo popolare contro un nostro campione, reo solo di avere vinto la tappa di Parigi. Ma che cosa sarebbe successo se Guerra avesse vinto il Giro? Ecco una domanda a cui bisognerà rispondere prima di decidere a onorare della nostra presenza ufficiale la corsa che i francesi non possono veder vincere che da uno dei loro. GIUSEPPE AMBROSINI Learco Guerra attorniato dal nostro Ambrosini e dal comm. Colcmbo Varco Parigi; Il plotone t compatto e, manco a dirlo, non vede l'ora di poter porr* la parola fine alla severa fatica Giuseppe Martano vincitore della categoria individuale ■ / ■ .. ;- " t .■;. Il francese Speicher