Verso la terra dei nitrati

Verso la terra dei nitrati DAL MEDITERRANEO AL PACIFICO Verso la terra dei nitrati DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE A o a a a , e e n i e a a a ' e e, o , e d a. e u a a ARICA (aie), luglio. Quando la nostra nave getta l'ancora di fronte ad Arica, primo porto cileno, la notte è alta. I lumi della costa sono lontani e tuttintorno è ombra e gran silenzio. Udiranno da terra i pacifici abitanti di Arica l'orchestrina di bordo che per l'ennesima volta si affanna a chiedere notizie di Mister Brownl Vorrei anzi pregare il maestro di far piano, di rispettare la mezzanotte che si avvi-' cina; tanto più che è inutile che ili sassofono si sgoli tanto: Misteri Brown dev'essere rimasto a Colon,; forse nel tabarino di Bilgray; quella sono i suoi luoghi, non queste prime' eroiche scogliere del Cile; qui si può' fare, se mai, dell'epopea, non dellul canzonetta. Ma a queste ore ad Arica dormo- ■ no tutti e non è bene disturbarli;] hanno sonno anche i poliziotti che] salgono a bordo per timbrare i pus-] saporti (timbri di gomma: di nottej si entra nei paesi in punta di piedi, I sottovoce) ; sbadiglia anche l'ufficia- j le sanitario che, prima di lasciarci entrare nel Cile, vuole assicurarsi se siamo vaccinati. Nessuno scende, nessuno sale; non si capisce neppure perchè si stia fermi tanto : il mare è cupo, color del catrame, e la ruga della costa nera in distanza preannuncia una terra ignota e fantastica; una terra di potenti iddìi con j troni inaccessibili a tremila, a quat- ' tramila metri, di guerrieri piumati e luccicanti d'oro a cavallo in riva a immensi laghi d'un chiaro azzurro smeraldo, di hidalgos barbuti, di Indios stupefatti dalla coca, di eserciti di lama docili e pazienti, di avventurieri e di eroi, di congiure di battaglie, di pronuciamientos e di rivoluzioni. Una terra che si è venuta a poco a poco essiccando, corrosa dall'invisibile tarlo del tempo, che ha lasciato sui monti nudi e deserti le tracce di un'architettura ciclopica, cresce più nulla: tutto è raso, pulito, levigato come se vi fosse passato il soffio della morte; eppure è la terra più ricca del mondo, la più disputata; evaporati i succhi, gli umori, la linfa che forse in tempi remotissimi facevano crescere su queste montagne le più lussureggianti foreste del continente sudamericano, la vita stessa si è a poco a poco putrefatta e poi pietrificata: sono rimasti i sali, i minerali, i fernienti miracolosi che risanano e rendono fertili le terre povere : una immensa miniera, una sconfinata farmacia di iodio, di borace, di nitrati, di solfati di ferro e di soda, di salgemma e di felspati: un mondo frantumato, bruciato e calcinato da un lento cataclisma durante il quale gli animali, le piante e lo stesso humus sono diventati pietra* Si è compiuto per la terra il miracolo di Mida: tutto si è trasformato in oro; ma l'oro non ha vita. Gli antichi Incas adoravano il Sole, che dava la luce ai metalli preziosi, che empiva di bagliori le profonde vallate, che esaltava e moltiplicava con la sua vampa tutte le forme della vita in un clima orgiastico e febbrile; ma ora la terra incenerita ha soltanto sete, non vuole che un poco d'ombra, non cerca che un rivoletto fresco per calmare la sua arsura. Sente la sua impotenza: custodisce dentro il suo grembo i succhi vitali per migliaia di chilometri di foreste e non può dare un filo d'erba. Fra Mollendo e Arica Ora è notte: silenzio e ombra. Ma abbiamo ancora negli occhi il desolato scenario dell'ultima costa peruviana da Mollendo ad Arica: montagne che sembrano muraglie, vallate die sembrano voragini aperte fin dentro gli abissi dove la terra fuma e scoppia in crateri; e per tutto un biancore di ceneri e di guano : un immenso cimitero dove tutto è sepolto e stratificato, dove la vita ora si fa Idrgo col fragore delle mine che bombardano la roccia je sgretolano e frantumano lo scheletro di questo immane gigante di pietra addormentato. Da Mollendo e da Arica si può andare in trenot raccomandandosi Va- nvtcTgtrmfmgcslfnagmdsda- Noni9rvMtppcmfcabrltncescnmilnd ima a Dio, fino a La Paz; la Boliia, chiusa e incarcerata fra i moni, ha queste due vie verso il Pacifio: una che per Arequipa e il lago Titicaca arriva alla capitale raggiunendo i 4170 metri di altezza; l'alra che dal confine cileno entra di¬ rettamente in territorio boliviano\tmontando fino a 4254 metri. Sono le [lferrovie più alte del mondo; ma pri-\dma di acquistare il biglietto, è consi-'pgliabìle passare una visita al cuore,'rche deve essere ben robusto per re-\c,. , 7 . . . . . . ,llsislere agli sbalzi improvvisi che dal ^v <,i/i/*o,v c glivello del mare portano in poche ori,. fra le nuvole ' \:Una volta 'i Boliviani dominava™'™ninni,!, -tiit+n i„ ««„ „j a•-aàsta-mZda suverUsianori della\ggusta, ma aa superai signori aella'\8montagna non si curavano affatto del Qdeserto di pietra-arida e nuda che si[lstendeva lungo il mare; c e da ere- \ dere anzi che nella loro fantasia di adoratori delle altezze, delle nevi e .,ti »°^.(si^0'!/a che ancora oggi 19h Indws dell'interno offrono una r.„7* 77 «• j 77 77 cvolta alla settimana della coca alla^Montagna), la giudicassero quasi laldterra della maledizione di Dio. \mìdLa «bella guerra» ìn[aUn giorno arrivarono da quelle parti i Cileni, audaci, astuti, intraprendenti; si accorsero che sotto la msncrosta della terra selvaggia c'era lai gzgmanna, che anche dove pareva ci ■ cfosse la morte cerano invece mira-orcolasi germi di vita e cominciarono'sa lavorare di gran lena, con la feb-ìc bre e la fede degli antichi cercato-\ri d'oro. [I Boliviani non ne sapevano nul- la; ma quando dall'alto dei loro man- ti si avvidero che l'esercito dei te-tnaci scavatori traeva insperate ric-Achezze anche dalla polvere della roo- eia ch'essi avevano sempre creduto [senzavita, diedero l'allarme e si fe-\cero avanri coi loro diritti di paàro-ini del paese. Le cose si compUcaro-\ mo; intervenne nella contesa anche iil Perù, ed ebbe cosi inizio quellallungalotta frale tre Repubbliche che'.nei manuali di storia va sotto il nome 'di guerra del Pacifico. I Cileni difen-,chiudere gli sbocchi sul mare, que-Hsti volevano almeno frenare la mar-' eta dei coraggiosi invasori della terra dei nitrati. La guerra fu lunga, piena d'intrighi e di sorprese; la Bolivia cedette il comando supremo delle operazioni al Perù, e si trovarono così di fronte soltanto le due maggiori po- senze del Pacifico. E qui comincia 'epopea: non si trattava più ormali sdi nitrati, ma di onore nazionale,\gperchè ciascun Paese voleva mostra-\gre al mondo, per la prima volta daìi che aveva ottenuta l'indipendenza,] a propria forza e il proprio valore. ^ ■ ,. *V . generato e ammiragli andavano in- l'ad:ontro a"a morte con la spada sguai- ™^*»^0™'"1 b™£„ era™Jn àmpi della « bella guerra», della guerra c°mbattuta suggestivo{t8cenario dei more e l'eroismo eiiaa. Qxìficio avevano tutti i più bei coori del generoso romanticismo. ft ^ ^ nQ. solchere [dnsJcro-varono di fronte il 21 maggio del 1879 u dueJflotte avversarie: una .. , .. cornetta e una goletta cilene contro ^,,- „„_,,„„„,„ Jl_.,.„. „. m„ ■ due co?ra^aif Peruviane; ma lammiraglio Arturo Prat non vode ce- dere e alle intimazioni di resa del nemico, rispose che non avrebbe mai ammainata la gloriosa bandiera del mo stanotte, tra Arica e Iquique, ' *■ > ; suo Paese; poi si lasciò speronare e nel momento dell'urto tremendo bal- indsKv\Ccgrcgridando : zò sul ponte della nave avversaria ipgridando: «All'abbordaggio! » e\t[tcadde crivellato di ferite. Alcuni ma-1 )1inai lo seguirono con magnifico'plancio, ma il sacrificio fu vano per- ache di li a poco, alla terza sperona-L ta, la corvetta cilena affondava cottutto il suo equipaggio. Nella stessa battaglia i Peruvianperdettero una delle loro corazzatechc s'incagliò nelle scogliere di PunAa Gruesa; e dopo qualche mesebattuti in un'altra battaglia dovetrovò la morte il loro ammiragliodovettero cedere ai Cileni il predo?uÌMÌo del mare. Ma la guerra continuò; i soldatdi terra non volevano essere da meno dei valorosi marmai deliammiragho Prat, e l'anno appresso, nellapresa del * morrò » di Arica, wwcollina rocciosa che scende a Vlcc0Hale l'impeto, che la cima del * morro »', fortemente difesa dalle fante Villaggio del Cile settentrionale. La baia di Cutter Cove. rie peruviane, fu raggiunta in cinquantacinque minuti. Più tardi, in tempo di pace, la prova fu ripetuta parecchie volte durante le grandi manovre, ma il record non fu mai battuto. Con la presa di Arica i Cileni ebbero via libera fino a Lima, e infatti di lì a poco la capitale del Perù venne occupata. Naturalmente si ritirarono, ma in conseguenza della vittoria conservarono tutta la terra dei nitrati fino ad Arica e a Tacna. Tacna e Arica: alcuni compagni Cileni me ne avevano parlato durante il viaggio come della loro più grande questione nazionale; e mi dicevano che fino ad alcuni anni fa ai bambini delle scuole si parlava di Tacna e Arica come da noi di Trento e Trieste. Non si trattava veramente della stessa cosa, ma è certo che intorno alle due contese città di confine si erano accese molte passioni, tanto nel Cile quanto nel Perù. Col trattato di Ancon che aveva posto termine alla guerra del Pacifico, era stato deciso che il Cile avrebbe occupato le Provincie di Tacna e di Àrica per dieci anni; allo scadere di questo termine le popolazioni si sarebbero pronunciate con- un plebi- toggCzsass—pSfbsl'qmpptradnrvrii scito. Tutto facile quando le cose si \guardano a distanza; ma quando \giunse l'ora di mettere in esecuzione ìi patti, sorsero in-finite difficoltà, ] prnnn.la ,nl„mn„;ra rroposia salomonica Siccome non si .riusciva a trovare l'accordo a due, si chiamò anche un arbitro, nella persona del Presidente degli Stati Uniti; fu nominata un'al- {tra Commissione e il rappresentante [dovevano stare malissimo, perchè di nordamericano, generale Pershing, si recò nel 1925 ad Arica per vedere Jcome stavano le cose. Probabilmente a poco egli si ritirò e riferì a Wash ; X _ „t7_ .7 ±, I -, . ington e alle due partì contendenti die il plebiscito era impossibile. Passò un altro anno, intervenne anche Kellogg, ma il Perù dichiarò di non volere più discutere; pareva ansi che \Cileni e Peruviani non aspettassero che un incidente per ricominciare la guerra. Invece, sul più bello, qualcuno si ricordò dell'uovo di Colombo: o perchè non facciamo a metà"! Tacna al iperi-4 e Arica ^ cilel La cosa parve \tn,„tr, „»,0 „,«7« ™ jn.™™*™*. [tanto ovvia che molti si domandaro- 1 )10 come mai n(yn ci avevano pensato 'prima; ma probabilmente, anche per arrivare a conclusioni così semplici L naturali, è necessario che maturino \glì eventi. Erano passati trentasei anni e tanto il Cile quanto il Perù) \nél 1928 dovei/ano pensare che unaguerra sarebbe stata un disastro per entrambi i Paesi. Le trattative ani darono ancora per lo lunghe, si arrivò i al maggio del 1929, ma finalmente I— e questa e storia di ieri —il Pre\ sidente Hoover fu pregato dai Goverjni di Lima e di Santiago di annun[ciarc al mondo che la questione dì ì Tacna e A rica era definitivamente rììsolta. Arica al Cile con una zona di [porto franco per Tacna che è a sesìsantacmgue chilometri dal mare, ÌTacna al Perù, e tutti contenti e sod\disfatti. E i Boliviani? Niente mare a loro; continuino pure a offrire la coca alle divinità della montagna e se vogliono scendere al piano, vadano a Mollendo o ad Arica; le due ferrovie di cui [ho parlato poc'anzi e che sono natii ttpaHldJpdsdclgsqzctadudstsznse—azshstpitpvdectdbtpstsmIgctdd—[rdlmentc in perdita, sono state co Istruite proprio per loro; non certo [per provare il cuore dei signori tu- \risti. ', Sul ".morrò» di Arica intanto ,hanno preparato un bel monumento I della concilia-zione: tutti fratelli,'\tutti uniti nei nuovi ideali - c'è anche'• 'un albergo lì accanto grandioso bel-: \ussim0t costruito ai'tempi del plebi- 1 scito per dare agli ospiti il maggior :conforto possibile: suonano la banda'\e dicono che ora vengono anche i Pe-1 ,ruV)iani {bl da Tacna per applaudire; i] ma è certo che sc.pra tutti ; simboli\\deiie mani incrociate in cordiali] 'strette di fraterna amicizia, resterà '-j -i ETTORE DE ZUAN1

Persone citate: Arturo Prat, Brown, Colon, Hoover, Mida, Prat