PROSE VARIE di Giulio Caprin

PROSE VARIE PROSE VARIE _Carlo Lina ti: Concerto variato -- Giulio Caprin : Terre e cieli — Guelfo Civinini: Pantaloni lunghi Questi viaggetti di Carlo Linati nello spazio, e un po' anche nel tempo — ieri o l'altro ieri —, questo concerto variato di sensazioni e impressioni, ora galanti e mondane, ora agresti, sempre squisitamente letterarie, questo taccuino di garbato egotismo, ci riporta qualche anno addietro, a certo gusto del vivere vago e ornato, a certi modi del sentimento, che ci paion talvolta lontanissimi, come dilettanteschi e quasi sfocati, ma non per ciò meno cari. Egli stesso, ricordando d'esser nato nell'altro secolo, e che « lo spirito è un po' sempre figliolo della propria giovinezza », ci dichiara delicatamente tali sue abitudini di sensibilità e di stile. « A quei tempi d'Annunzio imperava nelle patrie lettere ed erano di moda le maniche à jambon, lo stile liberty, i panciotti di piqué, le romanze del Tosti e le eleganze di Corcos : a quei tempi tenentini coi pantaloni a fisarmonica ballavano i valzer di Waldteufel con signorine dalla vita di vespa: c'erano le corse in sulky, si usavano i solini alti e Pontecchi furoreggiava sui Velodromi. Ma pur in quella magrezza di vita che garbo e che armonia di sentire... ». (Concerto variato - Emiliano degli Orfini Ed.). E un po' più in giù : « Si ballava, ci si lasciava vivere ». Fatto sta che Linati, crittore di rara e preziosa finezza, «lirico puro» e cesellatore di parolette ardue e lucenti, ha nel sangue non solo la grazia estetizzante, l'eclettismo sensitivo del primo novecento, ma, con l'intima, cordiale famigliarità lombara, un che di affettuoso e riposato, nell'osservazione e nella fantasia, che lo rende consapevole appieno delle sue origini sentimentali, rappresentativo, con molte eleganze, di quel mondo graziosamente attempato. Negli indugi e nell'ozio leggero egli è limpido e sereno. Serenità che deriva, o s'allea, gentilmente, al disegno disteso e chiaro delle sue prose. La verde campagna, gli alberi, le selve — è questa una passione antica come la sua poesia — un senso vivo, penetrante, e, nel ritegno, acremente allusivo, della femminilità, i capricci improvvisi, le annotazioni nervose, l'umore dell'intellettuale di città, e quel suo modo poi di attrarre nel cerchio d'un paesaggio, o di un rapido stato d'animo, o di una figuretta, tutta la sua esperienza d'artista e d'uomo, questa impressionabilità e questa pacatezza sono gli estremi dell'arte sua nel recente libretto. Va da sè che i tratti gustosi vi sono frequenti quanto le alate immagini, o le arguzie di una psicologia che non approfondisce, ma piuttosto libera in lievi arabeschi increspature e reazioni delia sensibilità. E cosi tutti in luce, e d'una fattura eccellente, sono i paesaggi e le prospettive; si veda Liguria, il vento sulla città nel crepuscolo della mattina, la conca bergamasca con davanti la « pianura avventurosa solcata dal Brembo e, oltre ancora, le colline della Brianza velate dalla calura primaverile », e anche il quadro umanissimo, respirante, da Streatly, lungo il Tamigi, per deliziose armonie di piani, d'ombre, di frescure; nè si di' mentichi la Notte di Francia, con quel la gran corsa in automobile da Nevera in giù, verso la bella Italia, per luoghi, boschi e campagne, così misteriosi e fantastici, che al risveglio, dopo un sonno breve, allo scrittore par di trovarsi, con l'alba nascente, in un racconto di Perrault Ma, insomma, le virtù chiare e ridenti di Linati paesista son note a tutti, e così l'altre sue virtù di scrittore; e qui solo vorremmo ancora insistere su questo modo, indugiato e compiaciuto, senza fretta, e sottile, di suggere dalla vita, con ghiotta e riser vata delizia, ciò che v'è di più raffinato e intimo, e un po' superfluo magari. H che, davvero, si riallaccia, così, vagamente ed elegantemente, al supremo dilettantismo della fine dell'800 e degU inizi del secol nostro, dai Goncourt a Proust, da Franca a d'Annunzio; una fiera di sobborgo, una bella ragazza, un'opera d'arte, un concetto, un'idea, una galanteria, spunti di dramma o di idillio si equivalgano allora neUa bella pagina, e su tutto sovrasta la persona, pur così garbata e riservata, dello scrittore, che dà veramente la misura di tutte le cose, con l'intimità scaltra della fantasia e con il bello stile. In un breve ma succosissimo volu me (Terre e Cieli - Mondadori Ed.) anche Giulio Caprin ci dà il meglio — quel che è più intimo e maturo — della sua esperienza dì viaggiatore: serie di sintesi concettose, di francobolli colorati, la cui simbolistica è piena e graziosa. Si dice francobolli non certo per dire cose di poco conto o superficiali; anzi, all'opposto, per quel che v'è di tipico, di inciso e intonato su un colore fondamentale. Finezza di col tura, gran pratica del mondo, e un sa' pore amaro di stile, ben sostenuto e mordente. Dopo, il ricordo dei paesi e dei popoli rimane legato alle minute e fonde immagini, ove l'allegoria è significante davvero, e il simbolo è tratto dall'osservazione arguta e precisa, Vi sono poi anche le trovate che, stuzzicando il gusto e l'intelligenza, defini' scono, rapide, o suggeriscono : « Che Parigi sia veramente una grande città che da troppo tempo non ha fatto un buon sonno?». Oppure: «I Lungarni di Pisa sono leopardiani. Il grande casamento giallo del palazzo reale dà una sensazione di Toscana secentesca granducale con qualche cosa di marino ». O anche, su Londra: «Le nuvole in moto spengono a tratti la luce: negli squarci sereni il blu oceanico si addensa come nei soffitti del Tiepolo ». Ma quel che più piace è il senso del la memoria, che in climi e tra genti le più diverse e strane, si è venuta mirabilmente accrescendo, è il depositarsi lento delle visioni e dei ricordi, è il percepire ciò che è lontano e disperso come se fosse acquisto o scoperta della fantasia; la decantazione dei fuggevoli e spesso brutali argomenti del viaggio vi è completa, segretamente favorita dalle stagioni, dal tempo, dalla sensibilità e dalla storia. I paesaggi di Caprin sono straordinariamente caratteristici; se hanno un difetto, anzi, è proprio questo, di avere troppo carattere; paiono un po' combinati; più che paesaggi sono sezioni di paesaggio, j geologico e spirituale, e tutte le straI tificazioni, naturali, etniche, artistiiche, vi si vedono in bella e ordinata i mostra, ogni cosa a suo posto, tintegi giata con anche soverchia lucidità e pulizia. Non si potrebbe immaginare rilie! vo più accorto, o più scaltra topografia ! fisica e morale: paesaggi-tipo, dimostrativi anche più che descrittivi, con una punta di smaliziato didattismo: .questa è la Spagna, questa l'Olanda, : quella la Toscana. La riuscita è spesso eccellente; si dubita che vi sia sot| to un po' di magia; e polche alla ma¬ gia non è facile credere, un po' d'artificio. Ma leggetevi, o meglio guardatevi queste paginette luminose e compiute; è come fissare gli occhi in una stereoscopia, più li appuntate e più cose vengon fuori. A un dato momento vi pare che tutto il paesaggio sia veramente esaurito lì, nella visione luccicante e ben stagliata. E' anche questa un'illusione; ma gustosa. E il Caprin si porta in giro, così, per ogni latitudine, uno spirito delicato, e l'abilità ironica, specializzata, del viaggiatore professionale. E la curiosa sostanza di queste pagine deriva forse dall'incontro di un'esperienza precisa e ben sedimentata con un temperamento idillico e sentimentale. Caprin ha in sè segreti azzurri, effusioni argentee, che posson stupire nel giornalista uso al crudo travaglio del mondo, ma che ai accordano con le sue inquietudini e malinconie. Tant'è; egli, tra un treno» e l'altro, annoterà sul suo taccuino: « La notte azzurra resta rosa ai lembi » e si scoprirà, in un attimo, appassionato e dolente, tra le aspre maglie dello stile. Nel suo ultimo volume (Pantaloni lunghi - Mondadori Ed) Guelfo Civinini esce a dire ch'egli non è affatto di natura malinconica, « e non mi sento affattissimo, checché se ne dica, un crepuscolare ». Non possiamo che prenderne atto, e tuttavia, quella patina, quella atmosfera sfumata, un po' ironica, un po' tenera, che avviluppa certe sue figurette, che ne sottolinea la stanca, rassegnata, magari un po' buffa tristezza, il gusto degli ambienti tra luce e ombra, ove i poveri, i falliti, i disperati vagolano in attesa di un buio più fondo, di un alto silenzio che li sommerga, tutto ciò, se da un lato si riallaccia al verismo e a quel genere di pittoresco, dall'altro, per la grazia, per la delicatezza del sentimento, tra pietoso e poetico, per gli struggimenti di umanità — piccola, povera umanità —, si ricongiunge, consciamente o no, a quello proprio che fu detto crepuscolarismo. Certo il Civinini è scrittore energico, con un che di nervoso, di pronto e brillante, che aderisce al racconto e lo fa vivo e piacevole, con semplicità. Ben vero dunque che non s'addice a lui quella sua arguzia, che « da un pezzo in qua gli scrittori hanno, più che lo spirito, l'inchiostro triste. Come certi ubriachi il vino ». L'inchiostro di Civinini è sano e arzillo, e lo spirito vario e brioso. Ma di mezze tinte, di sottolineature in grigio, di sfocature accorte e vagamente nostalgiche, vi sono anche tra queste pagine non infrequenti esempi. Libro del resto che si legge di gusto. Ricordi e racconti della prima giovinezza, di quando per l'appunto si mettono i pantaloni lunghi. Ed alcuni sono quasi una novelletta: Odor d'eliotropio, La serva dalle calze rosse, TI morto dalle calze bianche. Cosette a punta di penna, senza approfondimenti, che svariano tra pessimismo e ottimismo, in tratti mobili e rapidi, ma che sanno, poi, assai più di amaro che d'altro: per quanto animosa e svelta e cordiale sia l'adesione alla vita, i toni "dello scrittore, .quelli che.rrimangono meglio impressi, si han da cercare nell'osservazione spregiudicata, cruda magari, ma accorata^'nelle moralità e constatazioni soffuse di fuggevole, intima" trepidazione. Come nell'ultimo racconto: Quelli del tartarone. Qui del resto, nelle macchiette dolorose e leggermente comiche, l'arte del Civinini trova la sua breve ma azzeccata misura. I vecchi marinai.del tartarone, i due impiegati della posta In Niente per lei, 1 « poveri diavoli dall'aria scolorita e dalle facce anonime > di un Vecchio amico, sono veri e commoventi. V'è poi anche la serenità, la pienezza idillica, abbandonata, felice del ragazzo che, in circostanze particolarmente propizie, conosce per la prima volta l'amore, e la figuretta della donna così dolcemente femminea, e così distaccata e sostenuta (Far» all'amore); ma il carattere del libro è pur sempre là, in quei ripiegamenti malinconici, in certe ritoccature di verista romantico. Ove pur si sente la traccia di una convenzione letteraria, e si ha la sensazione che le cose siano con qualche artificio lievemente forzate e indotte all'effetto. F. BELARDELLI.

Luoghi citati: Francia, Italia, Liguria, Londra, Olanda, Parigi, Spagna, Toscana