La vita comincia domani

La vita comincia domani VIAGGIO NELLA NUOVA SPAGNA La vita comincia domani a n i n , ò a i r n r l o l n a a i , , a , e o a e i a, n a n di o a ; l o i o o ci i a o aa, n e ue di e a MADRID, luglio. Avete un bell'essere un uomo di spirito, e non stupirvi di certe innocenti confidenze; e anzi, néll'apprezzarle tanto più, quanto più il servilismo ugualitario e quella convenzionale dignità sociale che umilia più che non innalzi, le hanno rese rare (e quando il socialismo trionferà in Ispagna, saranno di certo scomparse) ; nel sentirvi battere la mano del cameriere sulla spalla, nell'atto in cui impugnavate la maniglia d'oro delia porta dell'albergo (dell'oro ce n'è qui a profusione, sulle piccole cose inutili; quelle stesse cose piccole che lo spagnolo peraltro trascura, quando sono essenziali ed oscure), siete rimasto un po' interdetto; e più ancora quando v'ha domandato, senza cerimonie, dove andavate; avete pensato a mille complicazioni della politica e a mille misteri polizieschi, e poi tutto s'è dileguato nel vedere l'ometto, senea aspettar risposta, sganasciare la bocca in una risata amica; additarvi la strada, fuor della porta, scintillante di luce densa e palpabile, che v'invita; e poi puntare il naso al cielo, e con dolce violenza, preoccupato che non perdiate tempo, perchè il giorno è bello, lanciarvi, con quel tono cordiale e tutto spagnolo, l'augurio e il comando, ma più comando che augurio: A divertirse! Osservatelo : è raggiante, è gaudioso del vostro piacere. Lì per lì, rimanete sorpreso; poi gli sorridete; poi gli offrite una sigaretta; e lui, invece, vi obbliga ad accettare la sua. La « matricola » dello straniero Non è una sigaretta. E' un involtino di tabacco, ripiegato alle due estremità; tentate d'accenderlo, non « tira ». Il cameriere ridacchia. Voi guardate meglio, date in un « Ah! » come di chi la sa lunga; lui continua a ridere, perchè la vostra mimica è proprio tutta uguale a quella degli altri stranieri che v'han preceduto; e lo confermate nella convinzione, comune presso gli Spagnoli del popolo, che la gente d'oltre Pireneo formi una sola razza: una razza un po' stramba, che ama la puntualità, che non ha mai visto ballare zingare andaluse e che è di conseguenza molto seria. Essere straniero è un gran vantaggio in questo ospitale paese; ma ha anche degli inconvenienti, quale il non poter fumare il tabacco ordinario, per via di quella buffa presentazione in involtini. In quel velo di carta fragilissima e rugosa, che v'ha teso in un momento di finta distrazione, solo uno Spagnolo può costringere un tabacco così duro e nodoso, che è ancora foglia e stelo, e in cui capita di trovare pezzetti di mitraglia. Il brav'uomo, finalmente, ha pietà; si mette a insegnarvi; ammirate i movimenti delle dita, così agili e precisi; volete imitarlo, e non ci riuscite; ritentate due, tre volte, ed è la stessa musica. Quando avete fatto consumare al poveruomo mezzo pacchetto di sudate sigarette, luì è beato e voi vi vergognate di aver fatto ridere tutto l'albergo. E' la « matricola » dello straniero. Una forma veramente signorile di rispetto si mescola a queste confidenze fervili: un rispetto, direi, familiare. Gli Spagnoli si trattano tutti, fra loro, e trattano gli stranieri, un po' come parenti. Non vedono in voi un ospite da cui bisogna spillar denaro, ma un signore che ha avuto la bizzarria di passar per di qui, e davanti al quale convenga star di buon umore e fare un po' di chiasso, per rasserenarlo, divertirlo e, se mai, ottenerne qualche regalo. E voi ricordate il don Chisciotte, i drammi di Calderòn e tutti i classici della letteratura attraverso i quali le relazioni sociali di questo paese si rivelano sempre improntate a una curiosa forma di signorilità un po' arcaica per noi — un po' troppo'domestica — che riesce a mantenere il rango senza far sentire le distanze. In questo apparente paradosso si compendia tutta la vita sociale della Spagna. Non so perchè, da noi s'usa definire per cortesia spagnola un certo modo cerimonioso e leccato di trattare, che è la grammatichetta del galateo castigliano, e che come le grammatiche elementari rispetto alle lingue vive, è un fondamento dimenticato, un qualche cosa di scolastico, che neppure gli Spagnoli usano. In realtà la gentilezza madrileno è un po' violenta. Lo Spagnolo, dopo la prima presentazione, vi butta le braccia al collo e vi chiama per nome. Gli sembrerebbe ridicolo interpellarvi, come s'usa da noi, con un titolo di laurea. Il cameriere, per essere press'a poco vostro coetaneo, vi s—fcppbvsdlpctvfccqmMmcsgagpd o e n i a è i ; , i ' e o n ; e n a i i d o è i , n r o e i , , i l . i a a i a e o o o e n si considera unito — ed ha ragione — da tante affinità naturali e profonde che possono più degli artificiosi avvicinamenti sociali. Ecco il perchè del suo gesto c della sua simpatia cordiale, che non arriva a imbarazzarvi. Ma il Madrileno è restìo ad aprirvi l'animo. Nessuna invadenza nella sua familiarità, che pur abolisce le differenze sociali. La parola amigo la traduce qui in « compagno ». Compagno d'età, compagno di viaggio, compagno di lavoro; in ogni momento ve lo trovate avanti o accanto a voi, pronto a tendervi la mano per farvi uscire alla svelta da una difficoltà, pronto anche a richiamarvi con un silenzio o con una pausa a quella lealtà piena, che inavvertitamente vi sarà avvenuto d'infrangere. Ma amico, amico vero? Non sappiamo. Forse preferivamo da lui i bronci, le gelosie, gl'impicci, gli esclusivismi, le finzioni dell'amicizia. Disinganniamoci: non ce le offrirà. Dopo anni di pratica quotidiana, sarà per noi quel che fu fin dal primo momento: un compagno,, un gran compagno, un buon compagno, franco, aperto, corretto, sprezzante delle forme e rispettoso della nostra indipendenza di sentimento e di pensiero. Ma nulla di più. L'euforia di mezzogiorno Eccoci in istrada. E' mezzogiorno; è l'ora in cui incomincia la vita in Ispagna. L'ora, in cui Madrid sembra più traslucida, vìvida e vivace, perchè tutti escono dalle case a prendere il sole e la città stessa, come i volti dei passanti, ha la freschezza rosea di chi si desta da un sonno riposante. Tutto ci sorride : l'asfalto delle vie madritene, così lucido e pulito, le vernici delle automobili rombanti che passano tra gli immensi marciapiedi, le tabaccaiole ambulanti, le venditrici di lotteria, il venditore di romanzi popolari, col Fiacre N. 13, ultima novità, a dieci centesimi; gli uffieialetti della guarnigione, in una divisa gialla un po' slavata, dinanzi agli splendidi saloni del caffè della calle Alcalà, che aprono allora le loro porte, tra un rimescolìo di seggiole, di tavoli, di vassoi e un ronzare d'aspiratori; e gli amici — tutti in Ispagna sono amici — ci guardano, ci salutano, ci sorridono, si direbbe che ci vogliono stringere contro il loro petto, da quanto ci vogliono bene. Quéll'affettuoso e caldo sguardo.vuol dire, in sostanza: « Come son contento di essere al mondo, e contento che tu ci sia! La vita, in fondo, è bella: amiamoci come azionisti di una sola società ». Un eminente amico, i cui paradossi amenizzano i corridoi del Senato romano, ama sostenere, con filosofica bonarietà verso i pigri e verso se stesso, che facendo un'ora più tardi si fa quasi sempre un'ora più presto. Questo paradosso s'addice perfettamente alla vita di Madrid, dove a mezzogiorno è assai più presto che alle undici. Alle undici la città è stanca e assonnata. A mezzogiorno, ore zero, Madrid inaugura trionfalmente l'avvenire. Questo paese dagli infiniti accomodamenti ha fra i lati più simpatici quello di consolare se?npre i ritardatari e i neghittosi con la speranza d'una giornata eternamente lunga, d'una giornata che alle otto di sera ha ancora da cominciare, e che alle quattro del mattino successivo può essere ancora salvata dal destino implacàbile che accompagna tutte le nostre giornate. La giornata madrilena è una cambiale che si rinnova all'infinito, e all'ora in cui gli altri uomini fanno tristemente ì conti della sterile miseria d'un altro giorno andato via, e quali si raccapricciano, quali si abbrutiscono più chs mai nell'indifferenza alla vista di quella fatale nullità, qui in Ispagna si ottiene, trionfanti, un rinvio. « Se la mia vita è stata grigia e misera fino a mezzanotte, ora t'insegno, o Tempo, ciò di cui sono capace. Tanto, m'alzerò a mezzogiorno ». Niente sublintità, niente eroismo. Una consuetudine alquanto pernicio sa, come quella di pagare le fattu re in ritardo. E quale' compenso, all'alzarsi! Ogni mezzogiorno madri leno è la porta d'oro d'un fuggente paradiso. Ogni mezzogiorno ti dà l'illusione che una vita nuova, comoda, ma intensa, standardizzata, ma perfettamente conveniente al tuo temperamento avventuroso, banale, ma romantica, generosa, ma egoista, coraggiosa, ma sicura del lieto fine, una vita da pellicola americana ti s'apre dinanzi, e ne cerchi la traccia e il germe sperduto fra i mille dmseè mchnmscIèla«mcvmqtddstilnlcinMsseccsvtltplsmnnstgcmacègsdnvtsnffccpsellmErnacslbcddcarcscafandcvag del palazzo delle Arti, tra le pietre marmoree degli entresuelos e le insegne cristalline delle tiendas. Tutto è luminoso, accogliente, vibrante. Un mondo nuovo si costruisce, e tu sei chiamato a parteciparvi. Capitale nulla, dividendo infinito. In questo mezzogiorno radioso, tutti i pensieri si ispirano a una leggera e fatalistica euforia. Un giudizio di Azana Può darsi che sia colpa del sole. Il sole è la cosa più bella di Madrid; è anzi tanto bella, che io comprendo la nostalgia dei Francesi pei cieli « leggieri » dell'Isola di Francia; ai me pure questo sole fa pensare più che mai a quello d'Italia, ma non per via d'affinità. Laseiamo ì luoghi comuni. Se vi pare un'enormità, sono qui per espiarla. Reputo il cielo d'Italia ancora più bello di questo; più dotto nel tessere armonie di colori e di linee; più abile a stemperare la sua luce in molli sfumature e voluttuosi chiaroscuri. No, non è questo il sole gentile d'Italia. Me lo perdonino gli amici che, volendo ritrovar la patria, hanno parlato di affinità climatiche, di terreno e di razza che io mi scuso di non vedere troppo bene. Un coraggioso nemico di Madrid, Manuel Azana, presidente del Consiglio della Repubblica, ha così descritto la luce di Madrid: « Essa ne scoprt tutta la miseria e tutta la sorditezza, si getta sulle cose con una tale furia che le brucia, le fonde, le volatilizza. Per il suo sole, Madrid è una città di Giovedì Santo o di Corpus Domini: botteghe chiuse, battaglioni schierati, lente processioni, e nelle case, con tutte le persiane chiuse, una fresca penombra fino a che « le picco le » ritornino dalla Castigliana ». Queste euforie meridiane, questi splendori fittizi d'una vita che co mincia sempre domani, a che portano, doo concludono, dove sboccano"! Non portano a nulla e non si sfogano in nulla; perchè sono lucentezze e bagliori di vita che si spiegano e si soddisfano da sè soli, perchè non tendono a una forma determinata d'azione, ma alla semplice affermazione della vita. I caffè raccolgono questa vita quando il sole è calato. Sono, di notte, un prolungamento, una ricostituzione, un er stratto denso e piccante della strada. Sono vasti, immensi: le donne non vi hanno quasi accesso; le « tavolate » radunano a volta parecchi tavoli e i loro componenti si conoscono appena. Ogni caffè si compone di quaranta club. Accanto al caffè politico, al caffè letterario, al caffè dei toreri e a quello dei pick-po cket, c'è il caffè popolare, il grande caffè moderno dove la tertulia non è più che un vestigio, dove la gente s'accampa intorno a piccoli tavolini, e gli uomini non fanno circolo tra loro esclusivamente, ma vengono con la propria famiglia e fanno fare la merenda ai bambini, come a Parigi E' il caffè della metropoli proletaria, il caffè della Spagna di domani. Ve ne sono alcune diecine. La gente che li affolla assomiglia assai più all'umanità incolore d'una città industriale che ai tipi chitarreschi della Spagna delle litografie. Ma la foggia « europea » del vestire, l'abolizione dei classici pettini, il sacrilego abbandono delle mantiglie e degli, scialli dì Manilla — fu mai più degna e più bella acconciatura pel capo d'una Spagnola? — non hanno alterato il carattere profondamente rustico e schietto, campechano", dicono qui, di questa popolazione. A un cenno del maestro d'orche stra, tutto il pubblico intona un chotis di moda. Tutti sono in preda alla gioia primitiva d'una musica facile e armoniosa. Come siamo lontani dal grave dilettantismo dei pubblici germanici! Al chotia seguono alcune danze regionali, che evocano nei loro ritmi pieni di malinconia dei paesaggi, delle scene di vita. Udiamo questi canti, questi balli campestri. Giungono a noi da un'anima così chiusa e così lontana... La voce si posa e si lancia verso gli acuti spasmodici e gioca con le cadenze allegre e affermative delle nacchere, traducendo plasticamente tutta la poesia colorita e sempliciotta del vivere in Ispagna. Cielo azzurro, campi spianati, che bevono il sole. Borghi umili e densi di vita patriarcale, onesta e allegra, sopra macigni di terra brulla, interrotta qua e là dagli oliveti e dalle vigne e dalle huertas lussureggianti d'agrumi... E' tutta la ricchezza e la povertà della Spagna; è tutta la sua vita. RICCARDO FORTE. 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