Le rappresentazioni milanesi de La leggenda di Ognuno

Le rappresentazioni milanesi de La leggenda di Ognuno Le rappresentazioni milanesi de La leggenda di Ognuno Progettata fin dal gennaio dell'anno scorso, e preceduta, nel frattempo, dalle belle recite fiorentine nello stesso stile, lunedi prossimo sarà data a Milano, nel cortile Sant'Ambrogio, davanti all'ingresso ai chiostri bramanteschi dell'Università Cattolica, La leggaula di Ognuno. Come di solito avviene per i drammi popolari e per le rappresentazioni sacre, l'indicarne l'autore è, non diremo difficile, ma impossibile. La riduzione italiana è stata curata sulla base del testo di Ugo von Hofmannsthal, apparso, già nell'anteguerra, sotto il titolo di Jedermann: il poeta austriaco, purtroppo mancato tanto presto ai vivi, spiegava nella prefazione di aver mirato a dare forma definitiva ad una storia che già nel Medio Evo veniva raccontata, in versioni differenti, in molti luoghi; nel XV secolo un inglese ebbe l'idea di fare agire le figure sopra un palcoscenico e divise, cosi, la narrazione fra i personaggi. L'imitarono più tardi un olandese, quindi dei dotti tedeschi che scrivevano in greco ed in latino e, per ultimo, Hans Sachs, il calzolaio poeta, al quale dobbiamo una commedia della morte dell'uomo ricco. Ugo von Hofmannsthal di altro non si lusingava che di avere rinnovato questo spettacolo in maniera sperabilmente definitiva. La riduzione italiana A sua volta il traduttore e riduttore italiano (lo scrivente) ha mirato a restituire alla letteratura popolare ed al teatro sacro italiano un mistero che da noi, con varianti, fu conosciuto giusto come in Inghilterra, in Germania e in Olanda. Hofmannsthal, nel procedere alla riduzione tedesca, si valse sopratutto del testo dell'inglese Everyman (in tedesco diventato Jedermann e in italiano Ognuno), che è però troppo breve: da venticinque pagine di stampa in sedicesimo non viene fuori uno spettacolo dalla durata approssimativa di due ore. Perciò Hofmannsthal aggiunse nuove scene, quali sarebbero quelle del banchetto, dell'incontro fra Ognuno e la Madre, e della contesa fra il Diavolo, che pretende per l'inferno l'anima del peccatore Ognuno, e le Forze spirituali, rappresentate dalla Fede e dalle Opere. Orbene, queste scene, tranne l'incontro fra Ognuno e la Madre, noi le troviamo nel dramma sacro italiano quasi nell'identica forma. Diversa è soltanto la conclusione della scena del Diavolo: infatti, mentre in Jedermann assistiamo alla redenzione del peccatore, operata dal pentimento, nella Storia del ricco Epulone — la leggenda italiana che più da vicino ricorda Jedermann — il peccatore non viene perdonato, e i diavoli se lo trascinano trionfanti all'inferno, per fargli subire le meritate torture. La Storia del ricco Epulone deriva direttamente dalla parabola dell'uomo ricco e del povero Lazzaro, contenuta nel Vangelo di Luca (XVI, 19 a 31): giusto è quindi il suo epilogo, giacché nella parabola si legge : « ...Or avvenne che il mendico mori e fu portato dagli angeli nel seno d'Abramo, e il ricco mori anch'egll, e fu seppellito. Ed essendo nei tormenti nell'inferno, alzò gli occhi, e vide da lungi Abramo, e Lazzaro nel seno di esso... ». Paolo Toschi, raccoglitore diligentissimo dei nostri vecchi canti religiosi popolari, trascrive ima Storia del ricco Epulone in dialetto siciliano. Ne esiste tuttavia anche un testo italiano, alquanto diverso, in un'impressione, purtroppo senza data, eseguita a Napoli. H testo siciliano è una narrazione pura e semplice, che comincia senza pretesp L'altro testo, invece, ha un prologo e un epilogo, e per la sua fattura già desta l'idea dello spettacolo, anche perchè l'ignoto autore ha abbozzato una distribuzione delle parti. Il cantastorie, assumendosi pure le funzioni di Messaggero o Angelo annunziatore, prende a parlare cosi: 10 son tenuto a fare riverenza Alli miei stimatissimi patroni, Che s'hari degnati per loro clemenza. Sentir queste tragedie in canzone. Non trovarete una dotta sapienza. Nemmeno concetti del Eo Salomone, Ma di Lazzaro mendico la pazienza, E quanto avvenne allo Bieco Epulone. Alla fine, la morale della storia è spiegata Eli devoti cristiani con parole disadorne, ma in sostanza molto simili a quelle che neWEveryma/n dice, allo stesso scopo, il Doctor. Per contro, Ugo von Hofmannsthal, pur avendo accettato il Messaggero o Angelo annunziatore, sembra abbia giudicato superflua la morale conclusiva, che all'ignoto poeta inglese piacque e che il riduttore italiano non ha voluto omettere. Il riduttore italiano, standogli oltremodo a cuore il conferire alla propria opera l'impronta della nostra letteratura sacra, ha cercato di portarsi nell'atmosfera spirituale di Jacopone da Todi e perfino di Girolamo Savonarola, e per i primi due versi del suo prologo ha osato servirsi dei due versi iniziali detti dall'Angelo annunziatore nella Rappresentazione di San Giovanni e Paolo, di Lorenzo il Magnifico : Silenzio, o voi che ragunati siete: Voi vedrete una istoria nuova o santa. 11 riduttore è stato dell'avviso che la sua opera sarebbe riuscita incompleta, se non avesse anche contribuito a ridestare l'interesse per l'antico teatro italiano in genere, un teatro la cui ricchezza ha avuto a commentatori Alessandro d'Ancona e, in epoca più recente, Vincenzo de Bartholomaeis. Altresì egli pensa che l'esecuzione milanese della Leggenda di Ognuno sia favorita dall'ambiente scelto: mentre la piazza di Salisburgo, dove Jederma-nn vien recitato ormai da tredici estati, è di un barocco che mal si presta a spettacolo medioevale, il cortile Sant'Ambrogio, con lo sfondo della superba basilica, offre l'ideale cornice classica. Dall'armonia degli stili del dramma e del luogo, come da quella dei costumi, disegnati da Caramba, bisogna esser tratti a sperare che per il buon esito dogli sforzi intesi a restituire un primato alla nostra arte questa volta nulla st sia omesso. Ad unificare tali sforzi provvedono gusto e perizia del regista Lotario Wallerstein. Contrasto fra la Morte ed Ognuno Che il riduttóre italiano abbia restituito a personaggi della Leggenda di Ognunn il nome italiano originario non può, dopo quanto s'è detto, arrecare sorpresa. Ed il Vicino povero, dello Jedermann di Hofmannsthal, è ridiventato il mendicante Lazzaro, che nella storia siciliana del Ricco Epulone è fratello del protagonista e nell'altra, che diremo napoletana, è, con più rispetto della pshctpllzrsstscdtcctcaapGMnpmlsfngMceOmtssqpmtpccgalceugpdnnmdcaIrdmLlailgmldriccIcrirLdL o e i a i è o o a , o ì e a a n o parabola di Luca, un mendicante qualsiasi. Il testo napoletano suona : 10 sono Lazzaro povero pezzente, che so mangio ojo non mangio dimane; sono venuto per i tuoi fragmente, dalle mollicho elio cadono dal pane. 11 contrasto fra la Morte ed Ognuno ha messo il riduttore di fronte ad ostacoli notevoli, in quanto nè l'antico teatro italiano, nè la nostra letteratura presentano in materia la ricchezza aell'anglo-sassone, che attorno al tema della danza macabra si è largamente sbizzarrita. Le nostre danze macabre, sia lo, raffigurate che le cantate, si contano sulle dita; in ogni caso nessuna si presta ad essere teatralmente rappresentata. Nei 1888 il dottor Ferdinando Gora stampò a Milano 91 dialoghi « umoristici filosofico-morali fra l'Uomo, ne' suoi diversi stati sociali, condizioni della vita, e la Morte », parafrasando dal francese e dal tedesco, e pur senza aver creato un capolavoro, diede forma ad tin^ danza macabra italiana magari più completa dei testi francesi e tedeschi, avendo egli provveduto a varianti ed aggiunte, grazie alle quali assistiamo perfino ad un dialogo fra la Morte e il Giornalista. Al termine del suo ballo, la Morte s'accorge dell'assenza del Giornalista che deve scrivere il resoconto, perciò lo va a invitare, offrendogli, come usasi, un posto riservato. Il Giornalista non ne vuol sapere e replica: • Ma corno fia possibile — rendere un [conto esatto del tuo gran hallo? o Morte! — si dirà, [che son matto. E' un ballo troppo grande, — e dirò [meglio, immenso, e a<l accettar tal carica — inver non son [propem-u. Il signor Gore, dicevamo, non era assistito dalla Musa. Chi voglia, dunque, formarsi un'idea della mentalità Italiana nei riguardi della Morte, e del linguaggio che, nella nostra fantasia, alla Morte si fa tenere e si tiene, deve accontentarsi di poche pubblicazioni e di epigrafi di cimiteri. Nella Leggenda di Ognuno, la Morte viene a recitare in mezzo a noi, osservando forine perfettamente umane: sarà severa, sarà inesorabile, ma in fondo non è che il messaggero del quale si serve il buon Dio quando vuole citare gli uomini a comparire davanti alla sua Corte e rassomiglia assai all'usciere che il magistrato dei tribunali terreni manda in giro • per avvertire i convenuti. E' una Morte ■ che conosce gli uomini a meraviglia, e che paria ad Ognuno per esperienza: gli consiglia di non illudersi in merito al valore delle amicizie, lo esorta a non lagnarsi del modo in cui lo tratta, perchè lei va sia dal povero che dal ricco, e per ultimo, quando Ognuno domanda un'ora di tregua per trovare un compagno par l'estremo viaggio, gliel'accorda, pur avvertendolo ch'è fatica sprecata. Il riduttore italiano ha cercato di rendere il contrasto fra la Morte ed Ognuno più mistico, più cristiano, più latino — si potrebbe dire — che in Jedermann ed in Everyman. E a proposito di contenuto cristiano, va qui citata la confusione che nei testi anglo-sassoni avviene fra le persone di Dio e di Gesù. In Hofmaniosthal, ad esempio, il Signore Iddio, deplorando il pervertimento della razza umana, rimprovera agli uomini di aver dimenticato il sangue da Lui sparso sulla croce per redimerli e la corona di spine da Lui portata, per amor loro, sulla testa; questo equivoco il reduttore italiano ha tenuto a chiarirlo, sicché il Signore Iddio, nella Leggenda di Ognuno, non parla del proprio martirio, ma di quello di Gesù, che ha sanguinato sulla croce e sofferto la passiono, e portato sulla Bua fronte un [serto di spine, pei peccati commessi Bulla terra... Cristo e Satana Quanto al contrasto fra le Forze spirituali ed il Diavolo desideroso di accaparrarsi l'anima del peccatore, il suo contenuto ricorre negli antichi contrasti Italiani fra Cristo e Satana. In una raccolta del genere, pubblicata dalla libreria Dante, in Firenze, nel 1887, viene riprodotto dal codice Ashburnham un dialogo fra Lucifero e Gesù, nel quale Lucifero difende il suo diritto all'anima di un peccatore, con gli stessi argomenti addotti dal Diavolo contro la Fede, per farsi dare l'anima di Ognuno. Dice Lucifero a Gesù: Ed io, amico, ti voglio provare, Per cavarti di questa opinione, Che l'omo è mio por molto rasone. Servo l'omo sempre e ritenuto Dal inimico fin ch'egli è posseduto. El peccato già comò tu sai, Fa l'omo bci-vo a me sempre mai. Il contrasto continua per un pezzo, finché Gesù perde la pazienza e dice a Lucifero: Partite, beetia. inimico di Dio, fra poco tempo vederai el partito et la ventate di quello chi t'ò ditto. Anche questo un elemento che ha confortato il riduttore nell'idea di rendere al lavoro assimilato da letterature straniere il primitivo carattere italiano. Come a Salisburgo, dove ha trionfato, per anni ed anni, in Jedermann, Alessandro Moissl crea a Milano la parte di Ognuno. Il debutto in Italia di questo attore che ha appreso la nostra lingua dalla madre, italiana (11 padre era albanese) s'è fatto attendere a lungo. Nel maggio del '27, Luigi Pirandello, avendo Moissi dato l'Enrico IV, gli scriveva manifestando la speranza di vederlo presto venire fra noi, a mostrare e l'Enrico IV e le molte altre figure plasmate dal suo genio. Ora che la speranza di Pirandello si realizza, quanti l'hanno condivisa non possono che rallegrarsene. E così, ad un tempo, le rappresentazioni milanesi della Leggenda di Ognuno restituiscono al teatro italiano un mistero e un figliuol prodigo. Sangue lombardo scorreva, d'altronde, anche nelle vene di Ugo von Hofmannsthal, la cui nonna, Petronella de Rho, era nata fra Naviglio e Duomo. ITALO ZINGARELLI