Salotti

Salotti Salotti Non so come, ma quando penso a Quelle dame dell'antico regime che vollero a scopo dell'esistenza brillare ogni giorno in mezzo ai loro visitatori, e anche alle intellettuali dell'Ottocento dai celebri salotti, mi vien sempre in mente quell'episodio che narra Ferdinando Martini nelle sue deliziose Confessioni. Allora, nella Firenze Granducale, era di moda il salotto delta signora Emilia Peruzzi, una dama di cui insigni uomini ammiravano l'ingegno, la coltura, il patriottismo, l'operosità infaticabile, e il giovane Martini, beato di mettere per la prima volta la marsina e di essere presentato a quella potenza intellettuale, penetrò in quel salotto una sera d'inverno del 1858. Disgraziatamente era di carnevale e si ballava invece di conversare. Il futuro grande scrittore ballava malissimo e, non volendo farlo sapere, « si dava l'aria di uomo precocemente grave il quale compatisce le altrui debolezze, ma sdegna di parteciparvi » e stava sogghignando a vedere. Ecco che a ■un tratto anche la illustre padrona di casa si mise a ballare; ella aveva, quella sera, un vestito di seta grigia la cui crinolina in basso era tutta guarnita di nocchi di seta color rosa. Questi nocchi, mal cuciti o semplicemente appuntati, caddero uno dopo ■l'altro ; il Martini, invece di finger di nulla, si mise a raccattarli con grande fatica e molta industriosa ginnastica, e quando la danza fu cessata, con ingenuo e inopportuno zelo, si avvicinò alla dama con tutti quei nocchi nel gibus e glie li presentò con un bel sorriso. Quella lo accolse con un « grazie » arrabbiato e un'occhiataccia che diceva : « Sciocco ragazzo ! ». in unmodo tale che al Martini mancò poi ogni coraggio di tornare un'al tra volta in quel salotto. Eppure egli doveva diventare non solo un grande scrittore, ma anche uno dei parlatori più squisiti, più eminenti e più illlustri, una di quelle celebrità che basta ino da sole a far la gloria di un salòtto, uno degli esempi più vividi dell'intelligenza italiana, arguta, lucidissima^ antiretorica... E' per questa nostra intelligenza e per la bella incapacità della messinscena, dell'ostentazione, dell'autoréclame della donna italiana che da noi le signore dedicate a quest'ambiziosa occupazione non sono state in gran numero? Noi non abbiamo avuto una Geoffrin, una Du Deffand, una Lespinasse, una Stàel che davanti al caminetto, con le mani virilmente intrecciate dietro il dorso come il suo grande nemico Napoleone, parlava per ore e ore, inesauribile di eloquenza e di- brio, nè una Récamier che seduta sul suo celebre canapé se ne stava in eterna posa fa cendo sbocciare sulle belle labbra pa rolette e sorrisi che f acevan epoca, nè una Delfina de Girardin che declamava con voce tonante i suoi poemi scritti di un fiato, nè una contessa d[Agoult ispiratrice di Listz... Tutte più o meno piene d'ingegno, capaci di facondia e dì talenti vari, nessuna di esse priva di quelle qualità di attrice che sono le più indicate per fare que sta elegante carriera. Nssuna timida, nessuna taciturna; la Sand che era tale, non fu mai capace di avere un salotto. Tutte bravissime nell'inscenare quella specie di recita quotidiana che era il ricevimento, la riunione degli amici, quella specie di accademia, quella mostra di eloquenza, quella fiera di vanità... In Italia furono invece pochissimi i salotti celebri ;i*più famosi furono quello romantico della milanese contessa Mafie] diventato poi essenzialmente pa triottico, come patriottico più anco ra che letterario fu quello della baronessa Olimpia Savio a Torino. La Maffei era una signora graziosa di aspetto, piccolina, raffinata di maniere e di sentire, una specie di damina del '700, piena però di semplicità e di grazia che non sdegnava di parlare il dialetto perchè Tommaso Grossi, uno dei suoi fedeli le scrisse sull'album: « Su quella sua bocchinna — Tan bella e tant graziosa — La lengua meneghinna —-L'è de color de rosa». Eraho i tenjpi degli album, quelli !... E della crinolina. Solo che la Maffei era elegantissima e non c'era pericolo che le capitassero le disavventure della Peruzzi che alla toeletta non badava più che tanto. E neanche alla torinese Savio poteva accadere di perdere i fiocchi di nastro che guarnivano la sua crinolina ; era una_ bellissima.donna la Savio, di tipo più maestoso, al la, bionda, slanciata, con un viso lu minqso di poetessa ispirata. Queste dame, le alte e le piccine, avevano però tutte un gran cuore ardente di amor patrio ; e dai loro salotti spesso se ne partivano per morire, giovani eroi pieni di coraggio e di ardire. La Savio infatti diede al Risorgimento due suoi figli, uno nel 1860 sotto le mura di Ancona, e l'altro l'anno dopo all'assedio di Gaeta... La madre_ dopo, portava sempre i loro ritratti sul cuòre. Fu in un salotto a Monza, un salotto delizioso, pieno di album di ventagli di gingilli preziosi, che ella li fece vedere alla bionda principessa vestita di rosa e tutta scintillante di grazia, la quale facendosi da ridente che era, seria e commossa: « Questi — disse — è Alfredo e questi è Emilio. So il loro nome, si ; che cosa dovrei sapere a memoria se non il nome di quelli che son morti per l'Italia?... ». E là dove sedevano Margherita di Savoia e la baronessa Savio, l'alito profumato che entrò in quel punto dalla finestra aperta sul parco, sembrò una carezza delle anime di quei fanciulli eroi che giungeva a quelle fonti materne reclinate nell'ombra del salotto diventato silenzioso. (UBAI .A. PROSPERI.

Persone citate: Emilia Peruzzi, Ferdinando Martini, Girardin, Maffei, Peruzzi, Sand

Luoghi citati: Ancona, Firenze, Italia, Monza, Torino