I tre orologi

I tre orologi I tre orologi 'Avevano vissuto fino a quel giorno senza urti e con un'intesa costan te. S'erano incontrati per caso, e si erano trovati d'accordo meglio di tanti che prima d'unirsi stan lì per àtei a studiarsi reciprocamente, carattere, virtù, difetti e gusti. Paolo aveva conosciuto Erminia in una festa da ballo ; gli era piaciuta, e in quattro e quattr'otto se l'era sposa|ta, sènza farle subire interrogatori preventivi o assoggettarla a giura menti, tutte cose che non servono a nulla, se ne togli quell'incoraggiamento a mentire che accompagna l'incremento delle parole. Dopo . un anno di matrimonio, in un caffè, avevano avuto occasione di scatn biare, con un giovane che era seaV to accanto a loro, qualche parola in torno ad un incontro internazionalel di calcio che s'era svoltò proprio in quel pomeriggio, ed avevan conve^ nuto che il centro attacco degli azzurri s'era proprio portato bene. La sera pranzarono tutti e tre assieme, e alla frutta il giovane disse che si chiamava Pietro; così l'amicizia fu suggellata. Quando pioveva Paolo portava l'ombrello, Erminia l'impermeabile, e Pietro non portava nulla, proprio dome quando c'era il sole. Ognuno dei tre aveva il suo orologio. Come tre ragazzi. Vivevano d'istin to, seguendo ì moti del loro spirito e obbedendo alle leggi naturali che li governavano con facilità. Il loro meccanismo intellettuale era semplice come quello d'un giuocattolo, pensieri che turbassero l'ingenuo movimento di quel congegno non ne sorgevano. E il loro discorso era tessuto di parole chiare precise e di rette, nè mai si perdeva in sottintesi o deviava,nei campi dell'astratto. Ogni cosa era fine a sè stessa : man .giare, bere e dormire, leggere, scrivere e far di conto. Erano, insom ma, creature del novecento, quadra té'e positive, come non v'era esem pio nel secolo passato (il secolo passato durò fino allo scoppio della guerra europea) e che se fossero ca dùte fra le mani di un romanziere dell'ottocento, sarebbero state una vera disperazione che, come tutti sanno, lottoccnto fu il secolo della psicologia. Postumi della psicologia ve ne sono, a dire il vero, ancor oggi, ma non hanno grande peso. Le chiac chiere di Freud, per esempio, l'inventore della « pornografia razionale » con quelle sue sciocche inter prefazioni dei sogni, ed altre scemenze del genere. Ma i nostri tre eroi non sapevan nemmeno che questo Freud esistesse, come ignoravano le depravazioni verbali del Lawrence, romanziere venuto oggi di moda per quel suo vizioso e corrotto semplicismo sessuale. Di queste storie nostri tre non avevan proprio bisogno, che in quanto all'amore essi sapevano bene che cosa fosse, e lo godevano con sana felicità. Perchè, come tutti avranno capito, Erminia era divenuta l'amante di Pietro, sènza chiedere aiuto nè alla scienza nè alla letteratura. •— Bisognerebbe andare a teatro —-' propose Erminia. — Non vi sono mai stata. Ognuno disse la sua intorno a questo progetto, e alla fine si trovarono tutti d'accordo per andare al cinematografo. Si continuava a proiettare da oltre una settimana un bel film; 10 avevano già visto tre volte, e ci sarebbero tornati la quarta. Lo spettacolo cominciava alle nove ; alle otto avrebbero pranzato, e alle otto mezza precise sarebbero usciti. Così fu deciso con piena soddisfazione di tutti e tre. Ma a metà del pranzo — v'era in tavola un bel cosciotto di agnello con patatine — Paolo, il marito, ebbe una cattiva idea, un'idea certo suggeritagli dal diavolo, dal diavolo che non vedeva di buon occhio quell'accordo perfetto; ebbe l'idea di guardare l'orologio. — Sono le otto e venti — disse — Bisogna affrettarsi. Pietro guardò il suo orologio, — Veramente sono le otto e un quarto — fece. — Abbiamo il tempo necessario. — Prego, le otto e venti — ribadì Paolo. Erminia allungò il braccio, scoprendo il polso tondo»e bianco, guar dò, e a sua volta disse: — No, sono le otto e diciassette. — Vi dico che sono le otto e venti — ripetè Paolo infastidito. — Le otto e un quarto. — Le otto e diciassette. '• Paolo perdette la pazienza. — Il mio orologio va bene. — E' il mio che va bene. — No, il mio. Così ebbe principio lo sconquasso. Paolo mise sotto il naso di Pietro il. suo orologio. — Lo vedi? Questo è un croti metro ! — E con ciò ? Credi che sia più esatto perchè ha tutte quelle sfere e quei numerini e segnétti ? Quanto più son semplici tanto le cose sono migliori. — E in questo non aveva torto. — Guarda, il mio non ha nemmeno la lancetta dei secondi. E' chia ro, e ci si legge bene. — Codesto non è un orologio, < una casseruola. Dove l'hai comprato, al bazar? — E s'era fatto rosso in viso. Bazar? — fece Pietro, levan dosi in piedi di scatto. — Bazar? Guarda come parli. — Sì, ho detto bazar! — Sbattè 11 tovagliolo sulla tavola, spinse indietro la sedia, e fu anche lui in piedi. — Casseruola o cronometro, vi dico che sono le otto e diciassette. A mezzogiorno, il mio, spaccava il minuto. — Così Erminia si gettava an che lei nella mischia. — Ma che cosa vuoi che spac «wsel — E* tm orologio di marca ! — Quale marca? !.., t— fece Paolo qncrdsgsmnunlalgtcncsdpfnoumcsdzutcmtmgnnmpascsp l sarcastico. .— Cinquanta lire!... Faresti meglio a stare zitta._ — Cinquanta lire ? Cinquanta... quando me l'hai regalato per le nozze, mi hai detto che ne costava cinquecento. ■— Cose che si dicono. — Ma è d'oro bianco, ed ha... — Nichel, nichel.... — Buffone! — gridò Erminia inviperita. — Ah, ecco — scoppiò Pietro, volgendosi verso Erminia — ecco perchè vieni sempre tardi agli appuntamenti. Sfido io, con uno scatolino di quel genere! — Quali appuntamenti ? — chiese Paolo, facendo un passo indietro. E il suo sguardo andava da Erminia a Pietro, come se li volesse falciare. — Sì, appuntamenti! — ripetè Erminia, inviperita. - Appuntamenti? - Ed ecco che figure mi facevi fare! — continuò Erminia, esaltandosi sempre più. — Io credevo di essere puntuale, e invece nossignore ; invece, con questo straccio d'orologio, facevo aspettare il mio amore — Amore? — Amante. — Eh? — E Paolo levò i pugni al cielo ; e sembrava che dovesse far lssotpcdsammlid li ricadere fracassando cose e per sone. — Oh! — fece Pietro cavallerescamente. — Una differenza di due o tre minuti appena. Non mette conto di parlarne. — Ah, che vergogna ! — Erminia piangeva. — Ma no ! Due minuti, alla fine, che cosa sono due minuti ? Io faccio e otto e un quarto, e voi le otto e diciassette : due minuti. — Otto e venti! — urlò Paolo, sempre con i pugni levati. — ...e venti ! ...e venti !... Ed ora mi spiegherete... si, mi spiegherete... l'amante... amanti... — Ah, clic figure!... — Erminia piangeva sempre ; ora, anzi, aveva cominciato a singhiozzare. Pietro cercava ili oonsolarla. — Su, via! Tante lacrime per due minuti soli? Otto e un quarto, e otto e diciassette ! — E venti!... — urlò ancora Paolo. E si accasciò su una sedia, mordendosi i pugni, quei pugni così pieni di promesse, e che erano restati inoperosi. Anche Pietro si lasciò cadere su una sedia, spossato da una cosi titanica lotta. Erminia, sempre scossa dai singhiozzi, se n'andò, un passo dopo l'altro, in camera da letto, si jI svestì, e col volto inondato di lacrime si addormentò. Quando le donne sono prese negli ingranaggi del dramma, la prima cosa che fanno è di mettersi a dormire. I due uomini erano restati nella camera da' pranzo. Chiusi in loro stessi, tetri, immobili. Sembrava che la vita, in loro, si fosse arrestata, lasciandoli sospesi su un vuoto pauroso. Paolo aveva — come mai? — il suo cronometro in mano, ma sembrava che non se ne accorgesse ; un oggetto morto in una mano morta. Pietro alla fine si alzò, si guardò attorno. — E tutto ciò per due o tre minuti ! — Già! — fece Paolo, come ridestandosi. — Le otto e venti ! Come si fa a negare che sono le otto e venti ? Si avvicinò alla finestra, la spalancò; ma nel far questo, il cronometro gli scivolò di mano, e andò a cadere nella strada. — Che cosa ti c caduto? — chiese Pietro. — Non so. L'alba cominciava a schiarire il cielo. LUIGI CHIARELLI,

Persone citate: Freud, Nichel