Il punto di vista italiano sulla riduzione delle ore lavorative

Il punto di vista italiano sulla riduzione delle ore lavorative LA CONFERENZA INTERNAZIONALE DEL LAVORO Il punto di vista italiano sulla riduzione delle ore lavorative Roma, 2 notte. ' 'Alla 'prossima Conferenza inter nazionale del Lavoro, come abbiamo annunziato, sarà discussa la proposta italiana per la convenzione ge nerale, intesa ad arrivare ad una riduzione della durata del lavoro, come rimedio alla disoccupazione. Nell'imminenza di questa discussione, il Governo italiano ha fatto pervenire la seguente risposta ai quesiti posti dall' Ufficio Internazionale del La voro in merito all' attuazione della proposta : « H Governo italiano ha esamina io le conclusioni della Conferenza tecnica preparatoria sulla proposta fatta a suo tempo, a mezzo del prò prio rappresentante presso il Consiglio dell'U. I. L. per lo studio d'urgenza del problema della riduzione dell'orario quale rimedio alla disoccupazione*, ed esprime in merito alle varie questioni che si pongono in ordine al problema stesso, il presente avviso dopo aver sentito gli organi competenti del Consiglio Nazionale delle Corporazioni: Questioni generali 1) La riduzione dell'orario normale di lavoro è una misura suscettibile, se attuata internazionalmente, di ridurre la disoccupazione che infierisce con varia intensità, in tutti i Paesi, a causa della crisi. 2) Una regolamentazione internazionale diretta ad attuare una tale riduzione della durata del lavoro, sembra quindi opportuna, non potendosi una simile misura realizzare per ovvie ragioni nell'ambito di un solo Stato. Una efficace regolamentazione, però, non potrebbe attuarsi che con la firma di una convenzione. 3) La regolamentazione non potrebbe contenere alcuna stipulazione relativa ai salari, data l'impossibilità di realizzare degli accordi internazionali in materia salariale. Su questo punto, quindi, in sede internazionale, non si potrebbe concepire tutt'al più, che un voto o una raccomandazione, affinchè la politica salariale di ciascun Stato si ispiri nell'applicazione della riforma al principio del mantenimento del livello di vita del lavoratori, secondo la formula'adottata dalla Conferenza tecnica preparatoria. Il Governo italiano, però, ritiene opportuno precisare che egli stima necessario aver la certezza che quelle qualsiasi direttive riguardanti i salari — cui lo Stato italiano sarebbe in grado dì dare integrale applicazione in virtù della 'organizzazione sindacale corporativa dei fattori della produzione — siano del pari simultaneamente e completamente adottate anche dagli altri Stati. 4) Per rendere possibile la realizzazione della riforma, una garanzia indispensabile, che dovrebbe risultare da una formula esplicita della regolamentazione, sembra quella della subordinazione dell'applicazione della riforma stessa all'impegno, da parte almeno degli Stati giù importanti, ivi compresi gli' extra-europei, di provvedersi ' simultaneamente, perchè nt>n si creino o si aggravino condizioni di sfavore a .danno dell'uno o dell'altro Stato. 5) Inoltre nessun regime particolare dovrebbe ammettersi per Paesi speciali, considerati già in altre Convenzioni, per non rendere ancora oiù difficile la situazione dell'industria in altri Paesi che già soffrono della concorrenza di quelli. 6) Peraltro, la regolamentazione essendo diretta esclusivamente a rimediare alla disoccupaaione, risultante dall'attuale crisi di congiuntura, non potrebbe essere che di breve durata in previsione della ripresa dell'attività economica e del conseguente assorbimento di gran parte dei disoccupati attuali. Il termine, quindi, da prevedere non potrebbe essere al massimo che di due o tre anni, restando però ammessa la possibilità, alla scadenza del rinnovo della Convenzione. 7) Infine la regolamentazione in relazione al suo scopo precipuo di fornire ai Governi un mezzo per assecondare i loro sforzi per combattere la disoccupazione, dovrebbe essere redatta in modo da lasciare alle singole legislazioni nazionali, e specialmente alla sfera contrattuale delle Associazioni professionali, la possibilità di disciplinare i metodi di organizzazione e di ripartizione degli orari di lavoro, entro il limite generale fissato dalla convenzione. Campo di applicazione 8) Entro il limite già fissato dal Consiglio d'Amministrazione dell'U.I.L., per il quale dovranno restare escluse l'Agricoltura e la Marina mercantile, la regolamentazione, in quanto mira a combattere la disoccupazione risultante dalla crisi generale, non potrebbe essere di una portata limitata a singoli rami delle attività da comprendere, come sarebbe nel caso in cui si volesse portare un rimedio soltanto alla disoccupazione tecnologica, anche perchè non si potrebbe provvedere subito, come richiederebbe l'urgenza di rimedi contro la crisi, alla elaborazione di tante convenzioni separate per ciascuna delle attività stesse, nelle quali infierisce la disoccupazione. 9) In generale la regolamentazione dovrebbe comprendere le persone occupate nelle aziende industriali ed in quelle commerciali. L'estensione della regolamentazione al commercio appare giustificata dalla grave disoccupazione che pure si lamenta in questo campo e dalla opportunità di un provvedimento che assicuri una più equa redistribuzione del lavoro. 10) H fatto, però, che la regolamentazione per il commercio dovrebbe differire in più punti da quella per l'industria a causa delle particolari condizioni del lavoro nell'una o nell'altra branca di attività, dovrebbe consigliare l'opportunità dello studio di due convenzioni distinte, in conformità del resto a quello che si è già verificato per la disciplina dell'orario normale di lavoro con le Convenzioni di Washington del 1919 e di Ginevra del 1930. 11) Comunque tanto per l'industria che per il commercio, le basi di massima del campo di applicazione della regolamentazione sembra possano essere costituite, rispettivamente, dal campo di applicazione ddscdmgcnzfnCvpcnritbrcrtvirdcladatmsrpcnvvrdtnsitddzopltrnzvaodvlcfavsscrasrnundddvvcpmzncormnlbmcputpmvrpmdWptbsqsrierotqqaq delle Convenzioni di Washington e di Ginevra suddette. 12) Nei riguardi, però, dell'industria, si dovrebbero attentamente considerare le condizioni particolari delle Ferrovie, cui ogni ulteriore limitazione dell'orario di lavoro aggraverebbe maggiormente le non facili condizioni dei loro bilanci, al fine di escluderle dalla regolamentazione, tenendo conto pure delle difficoltà che per le Ferrovie hanno finora impeditb la ratifica della stessa Convenzione di Washington. 13) Inoltre, per l'industria si do vrebbe pure considerare che lo scopo di favorire il reimpiego dei disoccupati con la riduzione della durata normale di lavoro, non può essere raggiunto se non negli stabilimenti in cui sia possibile organizzare dei turni di lavoro, e che perciò potrebbe essere opportuno escludere dalla riduzione quelli che attualmente occupano un numero di operai inferiore a dieci. 14) Dovrebbero, poi, naturalmente adottarsi le stesse esclusioni previste dalla Convenzione di Washington, nei riguardi del personale direttivo, di sorveglianza e di fiducia 15) Per quanto riguarda le aziende commerciali (ivi comprese quelle che si basano essenzialmente su un lavoro di ufficio) le esclusioni fissate dalla Convenzione del 1930 per gli alberghi, gli ospedali, le imprese teatrali, le aziende gestite con :* membri della famiglia e le ammiro strazioni pubbliche, dovrebbero pure essere mantenute; inoltre, anche per i servizi pubblici commerciali contemplati dalla stessa Convenzio ne, potrebbe essere opportuno di prevedere una esenzione; infine, dovrebbe essere attentamente considerata la condizione delle piccole e medie aziende opportunamente definite, per le quali una ulteriore riduzione dell'orario di lavoro può rappresentare un onere insostenibile per la impossibilità della adozione di doppi turni del personale. Metodi di applicazione Limiti e metodi di applicazione della durata settimanale del lavoro. 16) Come limite settimanale della durata del lavoro, la regolamentazione dovrebbe adottare quello di 40 ore, che insieme con il vantaggio di poter avere dell'efficacia apprezzabile' per l'assorbimento dei disoccupati, presenta anche quello di avere, rispetto ad altri limiti proposti, minore ripercussione sulla organizzazione interna delle aziende. 17) Per il commercio, però, do*' vrebbe studiarsi la possibilità della adozione di un limite generale di 42 ore, allo scopo di fissare la durata della giornata lavorativa a 7 ore. 18) Entro il limite predetto, dovrebbe essere lasciata alle sìngole legislazioni nazionali e alla sfera contrattuale delle Associazioni professionali, la scelta dei metodi più adeguati per l'applicazione del nuovo regime della durata del lavoro, sia con l'aumento del numero delle squadre per le industrie, a lavoro necessariamente continuo, sia con una riorganizzazione delle squadre per le altre industrie che lavorano con più squadre, sia con la riduzione dell'orario, o della organizzazione dei turni per i lavori che si compiono con una sola squadra sotto riserva che non siano oltrepassati i limiti della durata gionaliera del lavoro fissati dalle Convenzioni di Washington e di Ginevra sull'orario normale di lavoro. Particolare importanza dovrebbero avere, in questo campo, i contratti collettivi di lavoro, che possono permettere di adottare il metodo più opportuno per l'applicazione del nuovo regime sul lavoro, nei confronti delle condizioni particolari delle industrie e delle località, o delle esigenze delle aziende; e di risolvere con opportuna elasticità di mezzi tutte le questioni che si possono presentare nell'applicazione dell'accordo internazionale. Le deroghe 19) La regolamentazione dovrebbe considerare le deroghe per forza maggiore e per ragioni tecniche, e cioè quelle riguardanti i casi di im-i pedimento di lavoro, le riparazioni urgenti alle macchine e agli impianti preparatori e complementari ; e particolarmente per le aziende commerciali, i lavori di bilancio e di inventario; e, inoltre, prevedere nei riguardi di esse, opportune deroghe per consentire opportuni prolungamenti della durata del lavoro facendo riferimento alle Convenzioni di Washington e di Ginevra, per disciplinare 1 compensi dovuti ai prestatori d'opera. _ 20) Il problema, però, della possibilità di ore supplementari dovrà essere più attentamente esaminato per quanto riguarda le ore di lavoro straordinario, che possono occorrere per bisogni economici, in quanto il regime da adottarsi per esse deve essere concepito in modo da evitare che venga compromesso con una loro sistematica utilizzazione, lo scopo stesso della norma e cioè una più equa redistribuzione del lavoro fra i prestatori d'opera. Ma la soluzione assoluta, quella cioè di evitare, senz'altro le ore supplementari necessarie per fare fronte ad aumenti straordinari di lavoro, urta contro necessità insopprimibili. Però, per queste ore supplementari, oltreché stabilire una base di remunerazione maggiore che nelle convenzioni di Washington e di Ginevra, si potrebbe permettere un limite massimo di orario, di cui i datori di lavoro potrebbero usufruire per una prima quota liberamente, per una seconda quota previa, autorizzazione delle autorità competenti, e per una terza quota previo accordo fra le associazioni professionali interessate.