I doveri di una Nazione

I doveri di una Nazione I doveri di una Nazione Parigi, 31 notte, itNon è ancora totalmente certo che dl'apposizione delle iniziali appiè del-'mlo strumento del Patto di Roma pcs-j tsa aver luogo domani, dato che fino: sa questa sera qui si è atteso il ri-i cimitato della riunione di giuristi in-j rdetta a Ginevra per dare l'ultima ma-!sno ad alcune modalità letterali del testi», e che il Governo francese vuole avere in mano quest'ultimo, per una suprema lettura prima di telegrafare all'Ambasciatore De Jouvenel l'ordine di firmare. Ad ogni modo l'avvenimento è ormai fuori discussione e quando anche un ritardo di ventiquattro ore dovesse verificarsi nulla ne verrebbe mutato nella evoluzione dei fatti. L'impressione suscitata nella stampa e nel Paese dalla dichiarazione della Conferenza di Praga e l'esito soddisfacente della discussione parlamentare provocata ieri a tradimen ndsongìmddh:to dagli esponenti più rumorosi delle sdestre, permettono ormai a Daladierlve a Boncour una maggior libertà diap-hincn. TU' fnnri rlnhhin oVip essi sem-lggiuoco. E' fuori dubbio che essi sem brano approfittarne. Non dobbiamo tuttavia sorprenderci se le cautele uàate finora continueranno ad informare, almeno pubblicamente, il contegno del Gabinetto di Parigi nei riguardi del Patto e delle formalità che debbono accompagnarlo. La tattica di cui si è valso ieri il Presidente del Consiglio nel rispondere agli assalti oratori.dell'on. Ybarnegaray sarà rispettata nella sua azione ulteriore. Mandano da Berlino... L'editoriale dell'ufficioso Temps, quasi non bastasse l'insistere per la ennesima volta sul carattere assolutamente ortodosso del testo concordato fra Palazzo Venezia e le tre |?gdzsmDFrlgplrssmapdCancellerie interessate, giudica opportuno far sua la frase da noi rilevata ieri sera nel discorso del Capo del Governo ripetendo che « lo scambio delle iniziali non impegnerà se non i negoziatori, solo la firma definitiva potendo impegnare i Governi come la ratifica ufficiale può impegnare gli Stati ». Ognun capisce che se Daladier avesse realmente voluto, nel procedere all'apposizione delle sigle, fare questa restrizione mentale si sarebbe guardato bene dal dirlo. Il fatto che lo abbia detto, per quanto suscettibile di produrre a tut. ta prima una impressione sgradevole sull'uditore obbiettivo, è da considerare come un'astuzia di guerra destinata a lasciare negli avversari quel tanto di speranza che ci vuole per moderare la piena della loro disperazione e attenuare le loro velleità di resistenza. Il solo pericolo che lo scambio delle sigle abbia a rimanere lettera morta potrebbe risiedere in un improvviso cambiamento di Ministero. Ma l'andamento delle ultime sedute parlamentari dedicate all'ap provazione del bilancio, bilancio che deve essere varato prima di domattina, sembrano ormai escludere definitivamente l'eventualità di una crisi: e, d'altronde, non è nemmeno detto che un cambiamento di Ministero basterebbe a disfare quello su cui a rigore solo un cambiamento di maggioranza dovrebbe poter ormai esercitare effetti catastrofici. La tattica prudente del Governo si rivela in un altro episodio caratteristico: in una nota che l'Agenzia Havas si fa mandare da Berlino e che dice: « Gli ambienti politici berlinesi non hanno l'impressione che la firma del Patto quadripartito sia cosi imminente come si ritiene in talune capitali estere. Dal punto di vista tedesco resterebbe ancora da mettere in chiaro tutta una serie di questioni prima che si possa parlare di conclusione ufficiale dell'accordo. In queste sfere si pretende anzi che l'insistenza con cui la stampa estera annunzia la firma del Patto a una data vicinissima abbia scopi che non è difficile smascherare ». Ora tutti sanno ormai che la Germania non soltanto non solleva difficoltà di sorta ma ha già inviato a Roma la propria adesione ufficiale al Patto nella sua forma definitiva. La nota dell'Agenzia francese, priva quale è del minimo fondamento, non ha dunque altro senso plausibile fuorché quello di una manovra diretta ad alimentare nelle sfere di opposizione una salutare incertezza intórno all'imminenza della consacrazione ufficiale di un accordo che in realtà è già intervenuto. Come notavamo ieri sera, tante precauzioni trovano la loro giustificazione nella necessità in cui Daladier si trova a non prendere di petto i magnati dell'imperialismo e quelli della siderurgia, tutta gente la quale sino a questo momento si era effettivamente lusingata di condurlo dove voleva, e cioè alla guerra, e gli aveva pertanto accordato fra tutti gli uomini di governo delle sinistre il beneficio di un trattamen- pdzpBdhnnpsrpdddnsgBstsdcestdlsttpcvcdltncdqpspmscpsapnfcdggaloprtRtatndhg to preferenziale. Sènonchè il Presi dente del Consiglio francese commette forse un leggero abuso d'in terpretazione ai danni di una augu sta parabola, mostrando di credere che il miglior modo per entrare nel regno dei Cieli consista nel far passare un cammello attraverso la cru^ na di un ago. Dei suoi sforzi per ridurre il Patto a quattro alle dimensioni di un moscerino invisibile la opposizione non gli ha nessuna r.conoscenza. Gli organi della siderurgia e gli stessi portavoce del radica^ ìismo herrotiano non si sono anzi mai affermati così fieri avversari della creazione mussoliniana come dal momento che la Piccola Intesa ha abbassato il disco rosso. Gii strilli di Cassandra Da quando ci si è dovuti arrende: all'evidenza che la via è libera — per precauzioni che Daladier pos¬ sa prendere, questo ormai lo hanno lvisto tutti — le profezie delle Casandre parigine sono passate dal grilgio scuro al nero di china. h'Echo l i |? gio de Paris assicura che la dichiara' zione della Piccola Intesa le è stata strappata da Boncour a forza di minacce telefoniche. H Journal des Débats scrive che gli alleati * Ila Francia vi hanno insinuato fra le righe un giudizio severo sulla debolezza della Francia. Secondo il Figaro il Patto di Roma segna la capitolazione della Francia dissimulandola sotto un velo di illusorie garanzie. « Le precauzioni giuridiche che si sono introdotte nel testo del Patto — scrive questo giornale — sono doppiamente vane: sia perchè è noto che noi abbiamo l'abitudine di prenderle per poi abbandonarle, sia perchè si tratta di un affare in cui l'elemento giuridico dominato dall'elemento politico e psicologico L'Ami du Pewile vuole spararla dìù grossa di tutti e afferma senz'altro che il Patto di Roma è « la pace in fuga ». A giudizio di Pierre Bernus, collaboratore diplomatico dei Débats, i negoziati laboriosi che hanno condotto all'accordo non hanno accresciuto il prestigio del Governo francese: « Esso non ha dato a nessuno l'impressione di avere una politica e di essere capace di opporsi alle imprese pericolose per l'Europa attuale e per la pace; i revisionisti hanno potuto rendersi conto della sua debolezza ». Il senatore Lemery sulla Liberto deplora che d'ora innanzi le Potenze della Piccola Intesa si allontaneranno dalla Francia come da un Paese su cui è impossibile contare e spingeranno lo sguardo verso Roma e Berlino donde ormai soltanto possono aspettarsi qualcosa. Sul Paris Midi, Marcel Lucain, autore di un recente libro sull'Italia fascista, scopre in una corrispondenza da Vienna che << in Austria la Francia non raccoglie più se non critiche e disistima, laddove la Germania e sopratutto l'Italia accaparrano tutta l'attenzione con netta prevalenza di Roma, che sembra aver ripreso colà, grazie a un'abile politica, un prestigio ignoto dai tempi della sua potenza antica ». Che cosa hanno detto al giornalista parigino gli uomini politici austriaci? « Che se la Francia voleva fare un buon affare, avrebbe dovuto mettersi d'accordo con l'Italia per attuare il suo piano di ristabilimento dell'Europa centrale mettendola nel proprio gioco o entrando arditamente nel gioco italiano, come ^recisamente fa oggi mercè il Patto quadripartito». Insomma, da ogni parte uno sforzo disperato quanto vano viene messo in opera per gettare il sospetto e il discredito sul Patto di Roma e impedirgli di produrre quegli effetti di rasserenamento dell'atmosfera europea che sono per l'appunto una delle principali ragioni della sua creazione. Uno sforzo sciupato In tali condizioni è veramente opportuno che il Governo francese spenda tanta abilità per menomare agli occhi dell'opinione nazionale la portata effettiva dell'accordo imminente, e non sarebbe viceversa preferibile che, rassegnandosi all'incomprensione sistematica e sleale delle destre, esso difendesse coraggiosamente davanti al Paese le ragioni superiori che lo hanno spinto a venire incontro alla proposta italo-britarinica? Un organo radicale che ha sempre mantenuto durante l'intero periodo dei negoziati un atteggiamento serio, intelligente e coerente, la République, scriveva questa mattina: « Non appena le sigle saranno state apposte sotto il testo ufficiale del Patto, il Parlamento francese ne avrà conoscenza. Tutti dovranno allora prendere le proprie responsabilità. Non vi ha dubbio che le sinistre coalizzate piglieranno le loro e che il Governo as- sumera le proprie nell'unico intento di ben difendere gli interessi delle classi lavoratrici, della democrazia e della pace ». E' questa la vera strada da battere, il vero linguaggio da tenere. In un momento in cui il fattore psicologico ha tanta importanza per l'avviamento dell'Europa verso la fiducia e la volontà di collaborazione internazionale, non bisogna aver paura di esaltare quello che si fa per il bene comune quand'anche si debbano urtare certe coalizioni d'interessi, j Firmare il Patto quadripartito vantandosi di averlo « sterilizzato » non ci sembra, francamente, a dispetto di tutte le sue attenuanti strategiche, un procedimento degno di un grande Paese, di un Paese dal quale le Potenze che si accingono a collaborare seco cordialmente sul terreno della pièna eguaglianza, hanno almeno il diritto di attendersi una buona volontà pari.alla loro propria. Questa sera, intanto, una nuova discussione sul Patto quadripartito ha avuto luogo in seno alla Commissione degli Esteri della Camera, alla fine di una riunione dedicata alla organizzazione dei servizi di informazione e di stampa. Nessun ministro assisteva alla riunione. C. P.

Persone citate: Cassandra Da, Daladier, De Jouvenel, Marcel Lucain