Gli ardimenti e le glorie del Duca degli Abruzzi nei ricordi e nell'appassionata rievocazione di Filippo De Filippi

Gli ardimenti e le glorie del Duca degli Abruzzi nei ricordi e nell'appassionata rievocazione di Filippo De Filippi Un rito di devozione del Club Alpino Italiano al " Regio „ di Torino Gli ardimenti e le glorie del Duca degli Abruzzi nei ricordi e nell'appassionata rievocazione di Filippo De Filippi Al Teatro Regio di Torino, ieri seraper iniziativa della presidenza del Club Alpino Italiano, è stata tenuta una solenne commemorazione di S. A. R. iDuca dejrii Abruzzi. Ha degnamente parlato del Principe esploratore ed alpinista il dottor De Filippi. Assistevasilenzioso e commosso, un numerosissimo ed eletto pubblico, in cui si notavano S. E. Manaresi, Sottosegretario alla Guerra e presidente del Club Alpino Italiano, espressamente giunto da Roma, e tutte le maggiori autorità della Provincia e del Comune, senatorideputati, ufficiali superiori, uomini dstudio, della finanza, dell'industriaecc. Il dott. Filippo De Filippi, all'inizio della rievocazione delle gesta dePrincipe, esploratore ed alpinista, ha voluto molto opportunamente mettere in risalto i motivi ideali che hanno spinto S. E. Angelo Manaresi a indire nella nostra Città la commemorazione nazionale. Aggiungiamo che iPresidente generale del Club Alpino ha voluto la scelta felicissima del conferenziere: compagno di molte spedizioni del Duca, interprete fedelissimo d%l Suo pensiero, fu il più completo illustratore delle imprese che il Principe ha compiuto in ogni terra. Della magnifica conferenza diamoqui un largo riassunto e gli squarci più importanti e significativi. « E' giusto ed opportuno che iClub Alpino Italiano commemori Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, perchè, insieme col mare, le Alpi furono la prima scuola dove Egli temprò carattere e muscoli alle gloriose imprese cui era destinato. Ed è giusto che la commemorazione si tenga a Torino che diede i Savoia all'Italia, e che fu la residenza prescelta e prediletta dell'augusto Principe nelle brevi soste della Sua vita operosa ». In tatti i mari, sotto tutti i cieli Fu un'epopea intessuta di saggio eroismo, di oculata previdenza, di intelligente preparazione, di altissima sensibilità. « Carattere e tempra d'uomo degno del Suo grande Casato e della schiatta degli italiani, la Sua fu una vita spesa tutta per idovere; così piena e feconda, che nessuno potrebbe accingersi da solo a descriverla per intero, ad illustrarla degnamente in tutti i suoi aspettiSe l'Italia Gli è riconoscente' — ha continuato con parola commossa l'illustre conferenziere — di averla servita in pace ed in guerra con tanta fede e abnegazione di se stessonon minore è la gratitudine che Gli dobbiamo per aver messo il nostro Paese al primo piano nella moderna competizione internazionale per la esplorazione della Terra. Perchè questa estrinsecazione della Sua tremenda attività ebbe veramente una ripercussione universale. * Se Egli fosse vissuto in altrtempi, sarebbe per certo annoverato con i Polo, Vasco de Gama, Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci, Albuquerque, De Andrade e Magellano, fra gli scopritori di nuove terre e nuovi mari, e fondatori dimperi. Tuttavia, vissuto in un'epoca quando l'esplorazione non poteva più essere che frammentaria e aneddotica, il Duca degli Abruzzha aggiunto il Suo nome ai tanti daltri italiani consacrati dalla storia alle scoperte geografiche. Perchèdovunque andò, Egli oltrepassò predecessori, e segnò una nuova tappa nella conquista graduale della conoscenza della Terra. « Porse nessun altro esploratore fu più versatile e più universale rispetto alle imprese progettate e compiute. La Sua attività supera qua catene di monti della terra, lungo ìfiumi, nelle giungle e nelle forestedei tropici ». E' questa la caratteristica checrea quasi come un alone di leggen-da attorno al Principe, del giovaneLuigi Amedeo di Savoia, che, negliintervalli della Sua preparazione ma-rinara, trova tempo a formare lapropria educazione alpinistica; che,lunque categoria e classificazione. scegliendo a compagni alcuni socidel Club Alpino di Torino, fra i qua-li primeggia Francesco Gonella, af-f ronta subito i problemi più seri del-l'alpinismo nella catena del MonteBianco, conquistando all Italia am-blti trionfi; che, infine, unito allacorda del primo grande arrampica-tore senza guide, l'inglese Murarne-ry, affronta la difficilissima crestadi Zmutt al Cervino. . Come non rimanere ammirati, stupiti dinanzi a tanto amore dell'igno-to, tanto desiderio di battaglia con-tro le più terribili manifestazionidella natura? « Nel gennaio del 1895, nel corsodi'ina crociera intorno al mondo sul-la R. N. Cristoforo Colombo, Sua Al-jlaiza, fece luveacursioae, s, ffarjee4 ling nel Bengal, ed ebbe la prima visione dell'Himalaya, e le aspirazioni prima germogliate nel Suo animo dinanzi ai quadri meravigliosi delle nostre Alpi, presero ad un tratto forma e consistenza. Tornato in Patria, Egli avrebbe allestita una spedizione per tentare una delle più alte vette dell'Himalaya, il Nanga Parbat, di metri 8115. E, nei primi mesi del 1897, Egli aveva infatti incomincia- to la preparazione dell'impresa, quando una micidiale epidemia di peste e una grave carestìa sopravvenuta nel Punjab, indussero il Governo dell'India a consigliare di rimandare la spedizione. Sulla vetta del Sant'Elia <E' difficile rendersi conto della straordinaria decisione che, allora, sembrò quasi improvvisa, presa da S. A. R. Impossibile immaginare un contrasto più grande fra il primo obiettivo e la nuova méta; fra il Nanga Parbat. ai confini dei piani tropicali dell'India, col limite delle nevi a 5000 metri di altezza, ed il Monte S. Elia d'Alaska,.nella regione subartica, coperto dal sommo alla base da ghiacciai che scendono ad immergere le loro fronti nelle acque delPOceano Pacifico. Si dovettero trasformare completamente i piani, creare una preparazione, un equi-paggiamento e un approvigiona-mento nuovissimi, per condizioni chesolamente una facoltà di previsioneeccezionalissima poteva far divi-nare ». Ecco dunque balzare, in modo evidente dalla parola del De Filippi, la figura assolutamente speciale del'organizzatore e dello studioso che, perfettamente al corrente di quanto altri prima di Lui aveva osato e non iuscito, — e in ogni caso erano no- i indietreggiare chiunque non avessej avuto la tempra dall'eroe! E dovunque è il nome di Italia, che Egli spinge in allo, quando al- j l'interno e fuori del Suo paese sta- | gnava la vita, e l'italiano aveva nel ;mondo una stima ben misera! : Ed è il Duca che guida, moralmen- te e materialmente, le Sue imprese. Quando il 31 luglio 1897, il grido ' mi dei più famosi esploratori — si 7ltaUa «""echeggia" "sulla" vetta Tel Sant'Elia attorno al tricolore pian- tato sul vergine culmine, il merito va tut io a Lui. a Vittoria compietà, e in- teramente dovuta al Capo che aveva condotto la salita sempre in testa a tutti, moderando il passo per non di- stanziare altre carovane, incitando ed incoraggiando gli stanchi ». La spedizione al Polo Nell'atmosfera di entusiasmo che1 accoglie il Principe al ritorno in Pa-, tria, nella gloria che circonda il Suo inome si matura la seconda grande i impresa : quella verso il Polo Nord.: « Per comprendere quanta audacia j fosse nella decisione — continua il4dott, Rft Filippi —. basta, pgni&ars agli uomini coi quali Egli doveva competere. Quasi tutti coloro che avevano osato cimentarsi col grande problema, vi si erano preparati da anni con minori spedizioni o avevanopreso parte, spesso ripetutamente, amaggiori imprese, comandate o di-rette da altri più provetti. Così, JohnFranklin, i due Ross, Edward Parry, Francis Hall, il dott. Nordanskjold ed altri molti avevano passato pa- recchi anni nelle regioni artiche, de-dicando °ran narre dpll» lnrn vita UaSbo dei pProblemf àppassLnan^ti. E le più importanti spedizioni era-no state allestite coll'aiuto di gover- ni, di società scientifiche, di ricchimecenati ». Il Duca, invece, con la Sua mirabile intuizione, con le Sue doti di preveggenza, con le Sue qualità organizzative, senza chiedere aiuto ad alcuno, riesce a portare la Stella Polare, la piccola barca da pesca, nel cuore dei ghiacci artici, e la salva dalla stretta glaciale e sverna nella lunga notte polare, spingendo, appena possibile, ricognizioni sempre più verso Nord. « In una di queste Sua Altezza Reale doveva purtroppo rimanere vittima di una disgrazia irreparabile. Còlto da un'improvvisa bufera di neve, ebbe congelata una mano ed incangrenite due dita che si dovettero amputare. Per qualche settimana Sua Altezza Reale potè conservare la illusione di guarire in tempo per la partenza ; poi, a poco a poco, dovette preparare l'animo al più grande sacrificio che gli potesse essere imposto, quello di rinunciare a condurre Egli stesso la spedizione all'estremo Nord ». « Chi lo conobbe avido di gloria, sprezzante gli ostacoli, impazientedi vincere, e nello stesso tempo osti- _j potè diminuirgli l'amarezza della rinuncia. Non la co scienza della nobiltà deli'atto gene roso; non il pensiero che l'onore del l'impresa rimaneva intatto a Lui, che l'aveva voluta, studiata, prepa rata ed in così gran parte diretta, nè il ricordo di altre spedizioni il cui Capo non era stato fra quelli che s'e rano avanzati di più verso Nord ». Il De Filippi, con una semplicità nato nella lotta e tenacissimo neilpct descrittiva c^ salto il muto dolore di Lui che sen-I tiva, tremenda, la responsabilità, rie voca le angosciose ore nell'attesa dei tre grappi Querini, Cavalli, Cagni; 1,inc'Jb° « terribile per Lui, costretto ad ascellare nell'inazione ». ai r„„,„„,„ • „ „i r , A1 Kuwenzon e al K L La gioia della vittoria che il nucleo Cagni, ridotto all'estremo del-, la resistenza, annunciò al ritorno |al campo base, dopo 104 giorni dii assenza, fu rattristata dalla cata-1 strofe del grappo Querini che fu- nestò la spedizione. Nulla fu ri-1 sparmiato da S. A. R., allora e nel-1 l'anno successivo, per ritrovare gli i scomparsi o una traccia di loro. j Nella precisa- rje^oflaziane f»tt§l dal dott. De Filippi in forma semplice, ma appunto per questo, esattamente intonata alla norma che ha sempre retto la vita del Duca Sabaudo, la figura dell'esploratore va poi via più affermandosi ed eie vandosi fino ad assumere quella dell'Eroe. La conquista progressiva del massiccio del Ruwenaori che aveva fermato esploratori della forza dello Stanley e del Baker, la ricognizione di tutta la catena nevosa che, interposta fra i grandi laghi sorgenti del Nilo ed il bacino del Congo, fu per molti secoli una tradizione leggendaria, furono dal Duca sviluppate e portate a termine con quell'amore di perfezione e di completamento che erano nella mente superiore del Principe. « In cinquanta giorni di lavoro, il problema del Ruwenzori era risolto in ogni suo aspetto; la forma e la topografia della catena, delle sue vette distribuite in cinque grappi, le loro altezze, i loro rapporti con le valli, l'estensione dei loro ghiacciai. Il 21 luglio 1906, la Spedizione usciva dai monti a Fort Portai ». Tre anni d'intervallo; poi, nella primavera del 1909. S. A. R. intraprendeva la sua quarta campagna esplorativa. « Questa volta, diretta all'Himalaya ed al Karakorum, realizzando finalmente l'aspirazione nata nel Suo animo quattordici anni prima, nella Sua prima visita all'India. Dopo aver guadagnato la più alta latitudine nell'Artico, era Sua ambizione di salire sui monti ad un'altezza non mai toccata da altri. Non v'è dubbio che Egli avrebbe scelto l'Everest come méta, se l'accesso al monte più alto della Terra non fosse stato precluso dalla impossibilità di penetrare vuoi nel Nepal, vuoi nel Tibet, che ne contengono le basi,- e dove nessun europeo poteva allora entrare ». Sono noti i sorprendenti risultati che la piccola squadra di italiani riuscì a conseguire sul Bride Peak, sullo Starcaise ; la lotta sui fianchi dell'affascinante K2: il Dott. De Filippi ne rievoca le fasi più salienti, fa rivivere le ore di ansiosa attesa fra ì*rto^enJ^£* ostinata audacia per gh Spaventosi sdruccioli di Scaccio verso la vetta misteriosa, « Passa un lungo intervallo di tempo.^ quasi vent'anni, nei quali la attività del Principe nel campo dellaesplorazione geografica è interrottaintervallo riempito da altre pesta, da compiti e da responsabilità più gravi ». Libia, Prevesa, nella guerra italoturca; la sorveglianza mai rallentata dell'Adriatico, il salvataggio dell'esercito serbo —150,000 uomini — nella grande guerra, sono, fra le molte altre, le glorie belliche deDuca. In Somalia « Era appena cessato il frastuono del grande conflitto, ed il mondo era ancora prostrato dallo sforzo immane e come smarrito, quando Eglisenza alcun indugio, iniziava per conto Suo la ricostruzione ». E' nel ricordo di tutti la recente esplorazione dell'Uebi Scebeli con i mirabili risultati che dovevano dare ed ancor più daranno, i nostri possedimenti della Somalia; è di oggi ia complessa organizzazione politicocommerciale da Lui data alla colonia: il De Filippi ha, ieri sera, fattoun quadro realista di quanto la leg- gera colonna del Duca ha saputo portare a compimento là dove pochissimi europei avevano prima potuto appena affrettatamente penetrare. L'epopea del Duca, culminata nelle silenziose imprese belliche sul mare, si chiude in una delle più grandi opere di pace e di ricostruzione. < Il sano realismo dell'Italia d'oggi — conchiude il De Filippi — si riassume nella breve formula: fatti ■*■*• gSjf^g* A R fi Duca, degli^ A- bruzzi; nessuno è stato più di Lui parco di parole, anzi, silenzioso. « Chi ha avuto la fortuna di servire l'augusto Principe, sa di quanta gentilezza e cortesìa era temprato il Suo comando, sa la imperturbabile calma e la serenità che nelle circostanze più difficili davano a tutti unsenso di fiducia illimitata in Lui, ca po e condottiero insuperabile. Al di sopra e oltre i sentimenti di noi con temporanei, il nome di Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, è si- curamente affidato alla Storia; aliastoria d'Italia, alla storia della con-quista e del progresso della umanaecnoicenza », IL DUCA DI RITORNO DAL SANT'ELIA RICOGNIZIONE NELLA ZONA DEL K. 2 — LA * STELLA POLARE» TRA I GHIACCI (negative di Vittorio Sella).