L'umano Montaigne

L'umano Montaigne L'umano Montaigne Sebbene Montaigne si possa leggere, come riteneva Saintc-Bcuve, in qualsiasi condizione di spirito, io consiglierei di leggerlo verso la fine d'una grande passione. Anche durante una passione, ma è più difficile; e vorrebbe dire clic, a non chiuderlo subito, a resistere senza impennarsi a quel suo fermo e penetrante sorriso, la passione è già sul momento di finire, la fiamma sta per crollare. Invece, quando già essa accenna a finire, e comincia a mettere nella bocca quel sapore di cenere, e all'arsa fantasia quell'ombra di stanchezza che sono i segni premonitori della; fine, accompagnarsi a Montaigne è come affidarsi al più abile consigliere, all'amico che meglio li comprende. Pian piano, con mano dolce ma non debole, egli ti riaccompagna verso la vita. Te ne rida il gusto, ti evita con cauta attenzione le nere, inerti tristezze, ti prepara placidi sogni. E se riesre, com'è indubitabile, a farti sorridere del tuo dolore, a farti guardare con calma quel violento groviglio in cui t'eri cacciato, la guarigione è prossima, non dubitare. Il rasserenante Montaigne e l'arcobaleno dopo la tempesta. In un'altra tipica occasione è consigliabile la lettura di Montaigne. A esempio, dopo Rousseau, o meglio ancora dopo Nietzsche. E[ vero che un classicismo ristretto, di testa, ha attribuito al focoso e disordinato ginevrino più malefatte, nella zona dei sentimenti, di quante ne abbia in realtà compiute; ed è anche vero che c'è. un Nietzsche apollineo, e più umano di quello che l'ardente esaltazione del superuomo non abbia fatto supporre. Ma è pur vero che questi due, se non sono sempre vulcani in eruzione, covano continuamente masse incandescenti, e minacciano ogni tanto d'esplodere. II loro stato abituale non è certo di quiete, anche nei momenti di riposo. Con loro è impossibile vivere. Utile conoscerli, ascoltare la loro voce potente ; bello, in certi momenti, esaltarsi con loro. Ma guai a sceglierseli per compagni d'un viaggio, anche breve com'è questo della vita. Dopo le ebbrezze, gli slanci, gli eroici furori, l'umano, tutto umano Montaigne è il vero medico dell'anima. * * Umano, tutto umano: se dovessi dare un'insegna a Montaigne è forse questa che sceglierei. E non che l'umanità di Montaigne sia quella dell'uomo medio, e mediocre. Montaigne può essere anche il luogo comune, ma non è Homais. Il suo buon senso è vicino a quello del popolo, e può anche compiacersi di andare a passo con l'uomo d'ogni giorno, ma non va terra terra, anche se tien sempre i piedi per terra. Fra la bestia e l'angelo, egli sceglie d'essere uomo, interamente uomo: il «troppo umano » non è frase per lui, non l'avrebbe mai scritta. Uno spirito ro mantico oscilla costantemente tra questi due poli, la bestia e l'angelo; può cadere in essa, e innalzarsi, volare con questo a ogni momento; e rollali desiderare la melma, e nella melma agognare l'ala. Montaigne a quelli che tendono a uscire dall'umanità può rispondere: « C'cst folic: au lieu de se trasfórmer en anges, ils se transfonnent en bestes ; au lieu de se hausser, ils s'abattent >. Nello stesso Socrate, a cui recentemente l'ha paragonato Thibaudet, ciò che lo urta, lo impaccia di più, ciò che non. può digerire, come dice, sono « scs ecstases et ses demoneries ». E penso che si sarebbe appropriata volentieri quell'epigrafe che gli ateniesi fecero trovare a Pompeo quando arrivò ad Atene: D'aittant es tu, dieu comme Tu te recognoia homme. Gli ateniesi ebbero il torto di trovare parole tanto alte e umane per un vanitoso come Pompeo, e ci dispiace che Plutarco non li rimproveri; ma la scritta è ben degna di Montaigne; essa, come dice, nella chiusa oraziana degli Essais, « se conforme à mon sens ». Pericolosissima equazione questa del sottile popolo ateniese, che fu il popolo, potremmo dire, che più d'ogni altro passò la vita a frequentar la compagnia degli dei, a ragionar di loro a ogni occasione, a vederseli sempre a fianco. La divinità che coincide con la massima umanità. Un popolo orgoglioso e massiccio, geloso e diffidente, si sarebbe fatto di^questo un superbo isolamento; e ciò accadde del popolo eletto, l'ebreo, che fra l'uomo e Dio mise un abissò; e lo colmò di profezie, di lamenti e di lagrime. Il popolo ateniese, che vedeva i suoi dèi balenare a ogni angolo di strada, col loro sorriso ambiguo e splendente, fu quello che pose per primo in atto tale equazione; e fra l'uomo e gli dèi non mise altro divario che quello d'un destino immortale, che l'uomo poteva però superare. La via era aperta a tutti, c consisteva appunto nella conquista di una maggiore, più piena umanità. Montaigne intese questa difficile lezione. Anche per lui, uomo che dell'antichità seppe distillare il succo più intenso e segreto, essere divino voleva dire essere totalmente umanoMa intese anche l'arduo senso che si celava nella difficile lezione, perchè della sua piena umanità non si fece un orgoglio, bensì un'umiltà, una serena quotidiana umiltà. In ogni pensiero, in ogni contingenza della vita egli si riconobbe uomo: homo sum. E niente di ciò che era umano gli 'fu estraneo : visse il motto terenzian<3 nella sua più ampia estensione. L'idea dell'umano che gli diede il mondo antico, la cultura e la storia, la poesia e la morale, egli fu il_ primo a farla discendere da quel piedestallo su cui l'avevano innalzata filosofi e retori ; lassù era un'idea splen¬ dente, una figura da monumento, atteggiata in gesti solenni ; scesa accanto a lui, perdette i suoi attributi imponente, c gli si accompagnò amichevole, come una persona di casa. Bisogna riflettere un poco all'uso ch'egli fa della filosofia stoica, come dei versi di Virgilio e d'Orazio: è un uso singolarmente familiare. Nella boera d'un umanista quelle.massime e quei versi suonavano col valore di sentenza, come nella bocca d'un magistcr; nella sua bocca diventano cose d'ogni giorno ; e se aprono o chiudono una riflessione o un aneddoto, ci stanno in un modo non diverso dalle parole d'un amico che abbia un po' più d'esperienza, e l'abbia riistillala in parole, utili e belle. Plularcn, .Seneca, Cicerone, Orazio, Virgilio non sono per Montaigne maestri antichi, voci d'una civiltà remota ed esemplare, quanto compagni, amici, consanguinei. Vero umanista, la cultura classica ridiventa in lui veramente umana, voce risuscitata e familiare Per illuminare qBmarssns| \Ij I i questa differenza, si pensi tra noi al Bembo e all'Ariosto : nel primo il mondo antico è ancora scolastico, è alta rcltoric.a, galleria di busti, ciceroniana solennità; nel secondo, la splendida rctlorica s'è snodata in discorso corrente, Unisce viva e fresca nel giro italiano dell'ottava luminosa, nella medietà domestica del capitolo e della satira. Diverso il tono, dentico il succo derivato dal mondo classico in Montaigne e nell'Ariosto. La rètraitc di Montaigne — la lour costellata di massime e versi deila civiltà classica — non è un fatto occasionale ; per la lunga confessione degli Essais occorreva una stanza chiusa, il segreto, e l'aria adatta. Solo là dentro un uomo che, confessandosi, non s'era proposto altro scopo che « domestique et prive », com'egli avverte il lettore alla soglia del suo libro, avrebbe pottito consegnarsi intero, darsi « en sa mirice étoffe», secondo l'acuta annotazione di Saintc-Bcuve. Momento per I momento, e secondo il momento ondeggiante e diverso, la voce di Montaigne scorre sulla minuta storia domestica della propria esperienza senza alzarsi o abbassarsi ; con un tono costante, non mormorato, fermo. S'osserva dentro, e s'espone; nessun moto dell'animo e dei sensi egli soffoca o comprime; lo lascia bensì fluire, acqua chiara che passa. E' egli stesso quest'acqua, la voce unica e varia di quest'acqua dalle increspature infinite. E questa voce, o ci diventa subito amica, o non sapremo mai ascoltarla. Ma se le diventiamo amici, il gusto della confessione ch'essa ci comunica ci rende subito confidenti ; e avremo anche noi il coraggio di guardare in faccia le. nostre chimere, e i mostri fantastici di questo sonno da svegli che chiamiamo vita. Ma dopo la lettura di Montaigne, sarebbe da tentare un'altra esperienza : tornare a vivere ima grande passione, o rileggere Nietzsche. 0. TITTA ROSA. fiGfisgsnaggvrtpcinqbLusdcvappPu

Persone citate: Ariosto, Bembo, Cicerone, Nietzsche, Rousseau, Seneca, Socrate

Luoghi citati: Atene