I drammi di Parigi
I drammi di Parigi I drammi di Parigi Romanzo di JEAN DE LA HIRE Dal salotto ove era .slato sparso il aangue di Gaspardo Garcia e di Juan Moreno e dove Pepita era divenuta pazza, Irene aveva fatto portar via tutto quanto le apparteneva e l'ambiente era stato chiuso, le porte condannate. i Quando il Birmano entrò Irene stava leggendo. Cacciò il tagliacarte, in for- j ma di pugnaletto sottile, tra i fogli del ; libro che depose con gesto lento su di ! un mobiletto, si sollevò un .poco nella poltrona che occupava, a canto al caminetto ove sfavillava un bel fuoco, e fissò sul Thug gli occhi neri e profondi. Più magra che di consueto, anche un po' emaciata e appassita, aveva!un viso pallidissimo, sopra il quale spiccava ancora più stranamente il caeco del capelli corvini. Il principe birmano avanzò con il] suo passo leggero e un po' dondolan- te fin presso alla giovane donna, sin chinò, le baciò la mano e sedette quindi alla maniera orientale su di un cu scino vicino ai piedi di lei i E guardandola dolcemente, disse a mezza voce: j — Irene, a che pensate ; Ella rispose con voce trattenuta, ma^ ! nella quale vibrava l'emozione più; riva: i— Dovreste saperlo senza nemme-jno guardarmi. Per i grandi bramini!dell'India, dei quali fate parte, la let-|tura del pensiero non è che un gioco! !da bambini. Il vostro potere di ipno-, ] tizzatore sorpassa di molto questo gio-: co. Perchè non lo adoperate con me?...|E anche contro di me?... Il Birmano non rilevò le ultime pa-| Sunò^rbunds. Cercate di non vedere in role piene di un terribile significato. Rispose invece gravemente: — Una delle regole degli Strangolatori è di non abusare, fuorché in casi speciali, dei poteri che si posseggono di addormentare le persone e di strappar loro dei segreti a loro insaputa. E poi... una lettura del pensiero non è possibile, sicura e completa clie nel caso in cui il soggetto vi si presti con tutta la volontaria docilità, a meno che non ve lo sottoponiamo per mezzo di quello che noi chiamiamo lo « effetto psichico ». — Effetto psichico? — disse Irene trasalendo. —- Di che cosa si tratta? — Lo saprete un giorno. Forse ve ne darò io Etesso, e ben presto, lo spettacolo... Ma per il momento, Irene, vi prego dì dimenticare che sono un bramino del tempio segreto dei me cne ^ uomo, così come io cercod» vedere in voi solo una donna.. Ve^ prege..^perchè bisogna che sappiada voi... Ditemi, per favore, ciò che pensate, Irene fissò con i suoi begli occhi scu- ri lo strano uomo che le stava di nanzi e rispose poi con voce sommessa e dolorosa: — Non posso far a meno, amico mìo, di avere per voi una specie dì affetto filiale e grande ammirazione. E senza che questi sentimenti nei vostri riguardi ne siano menomati, vi debbo dire che ad essi si è venuto ad aggiungere un timore, un timore vago ed ansioso, che si ingigantisce ogni giorno, ogni notte, dal momento del dramma... E tuttavia sono e mi sento forte... Non temo nulla in modo tale da diventare vile... Ma non posso pensare a voi senza un brivido, perchè, ogni volta che vi ricordo, mi viene alla mente una fola che ho letto quando ero piccina e che avevo ancora la mamma... Una fiaba che parlava di un cattivo genio... — Irene!... — esclamò il Birmano trasalendo. Ma ella lo interruppe con voce divenuta rude e ferma: Un cattivo genio!... Sì!... Anche |perche, da sette giorni a questa par- jte, non posso pensare a voi senza sovjvenirmi del viso di Ugo Mauduit... Ogni notte ho avuto la stessa allucinazione dopo la quale sono caduta re golarmente in un sonno pesante e senza sogni... Il vostro viso e quello di Ugo Mauduit si sovrappongono, si confondono, si amalgamano e vedo un terzo viso, che è ad un tempo il suo e fi vostro, inconfondibilmente... Ah! | Mato Siva... Voi mi avete fatto com-1 mettere dei delitti!... E da sette gior-j ni non sento più dentro di me quel- l'odio che, prima, mi avrebbe fattaridere di vendetta e di trionfo davanti al dolore, al sangue ed alla morte!... E allora perchè non vi detesto?] Perchè non mi viene il pensiero di sfuggirvi? Perchè?... Fu scossa da un singulto nervoso, portò le mani al viso e un lungo brivido le corso per tutto il corpo. Mato Siva le ordinò dolcemente: — Continuate, Irene! Continuate!... Ve ne prego... Lo esigo! Ella obbedì subito. Ma tenne sempre il viso nascosto fra le mani e parlò con voce più sorda. — Perchè riappare alla mia mente il tempo in cui ero ragazza felice ed appassionata della primavera, dei fiori e dell'amore?... E anche il tempo, così breve, nel quale fui mamma con il cuore colmo di gioia e di tenerezza?... E perchè in mezzo a tutte queste evoca- ìzioni 1 immagine ed il pensiero di Luca :non nrovocnnn nifi in rnr> nnneti missili-Inon provocano più in me questi sussul-jti di odio violento, dì odio contro di lui1 e tutta l'umanità?... Luca!... Temo di non aver mai cessato di amarlo. E se lo amo non cesserò di soffrire il marti- fi rio più atroce!... Ah! non fatemi più parlare, Mato Si va, non guardatemi più. Alzatevi e andatevene! Andate! Egli si alzò in piedi d'un balzo, af" ] ferrò con le mani aperte il capo d'Irene, gli occhi della quale divennero ad un tratto come pazzi, e figgendo nelle pupille di lei lo sguardo acuto delle sue, mormorò parole incomprensibili, mentre le sue dita carezzavano ritmicamente le tempie e la fronte dell'infelice. Ad un tratto i grandi occhi neri di Irene si annebbiarono, le palpebre si ab. bassarono lentamente e il suo corpo si abbandonò nella poltrona. Le dita di Mato Siva si fermarono allora sulla sua fronte. E con voce forte, incisiva, imperiosa il Birmano pronunciò qualche parola di una lingua sconosciuta, della lingua sacra agli alti I servi della dea. Seguì un breve silenzio. E la carezza delle dita di Mato Siva riprese lenta, con nuovo ritmo. 1 Ben presto Irene emise un sospiro,1 il suo volto di morta riprese l'aspetto Icpì viventei sebbene gli occhi restassero ' : chlusl_ Un respiro eguale e leggero « I.<? __«_ìa v jfece palpitare le sue labbra 1 La giovane donna era passata dal sonno ipnotico a quello normale. (Continua). uvmtaT
Persone citate: Gaspardo Garcia, Jean De, Juan Moreno
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