In viaggio con gli Ospiti

In viaggio con gli Ospiti In viaggio con gli Ospiti 11 messaggio del Premier alla stampa italiana (Dal nostro invlato)- Genova, 18 notte. MacDonald e la Delegazione britannica in visita al Duce, hanno fissato il sole della prima alba a Torino. Non molta folla alla stazione, ma tanta quanta bastava a dare alla tredicesima pensilina quell'accentuato movimento dì persone e quel tono di interessamento che MacDonald — attraverso la tendina a mezzo alzata •— ha certamente rilevato, così come noi abbiamo colto il suo sguardo di uomo che ama le ore del mattino. A Porta Nuova di Torino Il Premier quando vive e lavora nelle sale molto tradizionali — ma piuttosto grigie, molto dorate ma di un oro vittoriano su cui il sole non si riflette — del « numero dieci » — « Downing St., si prende tutte le mattine la sua mezz'ora di passeggiata lungo i viali di St. James Park. Alle 6,50 di stamane a Torino, Ramsay MacDonald, era già pronto per scendere dal « salone » inviatogli a Ginevra dal Governo italiano e per sgranchirsi le gambe lungo la banchina di Porta Nuova. Ma il treno fra Modane e Torino non aveva potuto guadagnare molto sull'Orario attardato. C'erano cinque minuti per portare i due « saloni » sul binario confinante e per ripartire, quasi in orario sulla linea di Genova. Asti, Alessandria : viaggiatori che sanno del viaggio del Primo Ministro britannico e che riconoscono le due vetture brillanti di vernici verdi: gente di campagna, uomini di affari e che perciò di politica s'intendono quel poco e quel tanto che vale a far loro guardare con ammirato sguardo la intraveduta figura dello Statista che viaggia verso Roma. E' ammirazione per MacDonald ma ci è sembrato di cogliere lungo la via e negli occhi di questi uomini della strada ferrata la luce di un orgoglio che'era personale riflesso di una luce nazionale, che riverberava di un'intima soddisfazione: quella di vedere il Primo Ministro su un treno italiano, in viaggio verso la Capitale d'Italia, per incontrare nella Roma fascista il Capo del Governo, il Duce. Così è stato ad Asti, così ad Alessandria durante i brevi minuti di fermata. Poi di nuovo i volti dei contadini al lavoro dei campi, e il saluto degli operai fermati ai passaggi a livello. Un segno di orgoglio, un segno di speranza sul volto dì tutti e, nel cuore dì ognuno, la convinzione che quel convoglio recava a Roma l'Uomo che, col Duce, sta per portare al Mondo nuova luce di pace. Passeggiata in riva alla Scrivia A qualche chilometro da Arquata arresto deciso ma non brusco del treno: il cronista aveva piegato il braccio, e sul braccio aveva piegato la testa: il dormiveglia, non è stato interrotto dai freni ma da quella quiete che disturba il riposo di chi è abituato a dormire con le ruote che girano sotto le gambe. Incidente di nessun conto: il vento aveva fatto « mollare » uno dei fili della corrente: l'arco del primo locomotore lo ha urtato, quello del secondo lo ha fatto cadere. Il convoglio è fermo. Dopo un minuto qualche faccia sporge dai finestrini; dopo cinque minuti la scaletta del « salone » di MacDonald si apre. Il Premier ne scende e con lui sccndoìio Miss IshbeU, funzionari del « numero dieci », dattilografe del Foreign Office con occhiali sul naso e sigarette fra le labbra. Il treno si è fermato in una curva di fronte a un casello ferroviario: MacDonald deciso muove il passo verso l'uomo, la donna e i bambini del casello: accarezza la testa del bimbo, fa delle domande alla madre, e il padre risponde. Io credo di aver capito soltanto oggi come e perchè un primo ministro che parla l'inglese ma non capisce il piemontese sia riuscito a farsi rispondere a tono da un uomo chedi piemontese ne sa presumibilmente molto ma di inglese non va certamente molto più in là del solito « yes ». Eppure fra MacDonald e il cantoniere si è stabilita una conversazione. Il Premier ha chiesto quanti figli: l'altro gli ha messo di fronte quattro dita tese in su. MacDonald ha capito, sorriso e gli ha detto: « You follow the Duce command ». L'altro non ha capito cosa volesse dire, ma ha colto la parola « Duce » ed ha sorriso anche lui. Metà di un'intervista Accarezzati questa volta i piedi dell'ultimo nato in braccio alla madre, MacDonald ha cominciato a passeggiare, mentre si attendeva che, da Arquata, giungesse una macchina a vapore. La passeggiata che egli fa tutte le mattine a St. James Park con la figlia- Sheila, l'ha ripetuta stamane lungo le rive dello Scrivia insieme all'altra figlia — Miss IshbeU. Gli ho fatto chiedere autorizzazione a parlargli. — Giornalista? Bene, allora vi consegno questo messaggio che ho fatto preparare per là stampa italiana. Rilegge il messa-ggio e prima di consegnarmelo mi chiede una matita. Due 0 tre cancellature — 0, meglio, precisazioni — di quello che \egli evidentemente poc'anzi ha dettato a una di quelle dattilografe che continuano a passeggiare con i soliti occhiali sul vaso e con la solita sigaretta fra le labbra. Correzioni che veramente precisano lo spirito con cui il Premier britannico è venuto a Roma: Iva aggiunto un aggettivo e spostato, due volte, l'ordine di precedenza fra se stesso e Sir John Simon. Quanto all'aggettivo aggiunto con esso il Premier ha voluto segnare ancor più la sua ammirazione per il Duce. — Il resto dell'intervista — dice MacDonald, che di giornalismo s'intende e i giornalisti li conosce — ve la concederò dopo l'incontro di Roma... Ho sentito che egli ha detto così non solo per chiudere la frase e conchiudere l'impreveduto colloquio. C'era nelle sue paróle una dose di convinzione che andava molto più in là della frase convenzionale. MacDonald ha fatto altre due volte la strada sulla scarpata di fronte ai suoi due vagoni; poi si sono sentiti gli sbuffi e visti i pennacchi della locomotiva che rinculava verso di noi. Si è attaccata, ci Iva tirato fino ad Arquata, si è scartata e i locomotori, ritrovato il loro alimento, hanno ripreso la corsa verso Genova. Il messaggio E il messaggio rimasto a me, rimasto ai giornalisti italiani, è questo : « Sono molto contento di essere in Italia diretto a Roma per visitare per l-a prima vòlta il Capo del Governo italiano. Il Suo invito a Sir John Simon ed a me è giunto in momento opportuno e noi siamo stati lieti di accettare. La mia visita a Ginevra ed i contatti che ho avuto colà con i rappresentanti di tutte le parti del mondo mi lianno persuaso più che mai della gravità dei problemi che ci si presentano, e Sir John Simon ed io cogliamo questa occasione per un preliminare scambio di vedute col Sig. Mussolini su questi problemi. Sono convinto delle difficoltà che ci si presentano, ma credo che con una stretta cooperazione, specialmente fra le grandi Nazioni del mondo, troveremo una via che ci porti fuori di queste difficoltà, sia politiche che economiche, e faremo del mondo una dimora sicura e piacevole per questa e per le future generazioni. Ma noi non abbiamo tempo da perdere; se si vuole realmente la pace, questa deve essere organizzata rapidamente. E' per effettuare uno scambio di vedute col vostro grande Capo sugli intricati problemi concernenti l'organizzazione della pace, che vengo in Italia, e ci vengo con molta fiducia nei risultati della mia visita ». LEO REA.