Aristide G. Sartorio

Aristide G. Sartorio Una Mostra romana Aristide G. Sartorio i a à e e n e e Roma, 7 notte. Con sapienza di erudito, con buon gusto di artista e con amore di amico, il Bertini-Calosso ha ordinato la mostra di Giulio Aristide Sartorio nelle sale di quella galleria Borghese che egli dirige cosi degnamente. Il luogo non poteva essere scelto con miglior discernimento. Il primo disegno esposto, che apre la serie di un' opera assai folta, risale al 1876, quando il Sartoris aveva diciassette anni; l'ultimo è il cartone del mosaico per la Cattedrale di Messina e porta la data del 1933. Non è compiuto; l'artista vi lavorava con quella appassionata tenacia che gli fu propria, quando venne colpito dalla morte. E fra l'uno e l'altro, per lo spazio non breve di quarantatre anni, tutta una serie di acquarelli, di pastelli, di disegni e di quadri a olio, scelti con molta cura e tali da rappresentare l'intiera opera sua nelle fasi varie della propria evoluzione. Evoluzione che ebbe al meno tre periodi distinti o che subì a volta a volta l'influenza degli spagnuoli — i quali fra il '70 e l'80 ebbero in signoria assoluta l'arte romana — di Francesco Paolo Michetti e dei pittori inglesi, dopo di che il Sartorio ritrovò se stesso e per un singolare ritorno si riallacciò alle origini stesse della sua arte. Perchè le ultime sue figure muliebri, quei grandi quadri marini eseguiti quasi tutti sulla spiaggia di Fregene dove non aveva altri modelli se non la moglie e 1 figli, ritrovano il sentimento e perfino la tecnica di quella testina muliebre del 1876, quella giovinetta Clelia che segnò gli albori della sua vita artistica e sentimentale. La constatazione è preziosa, per darci la compiuta figura dell'artista. Disgraziatamente di quel primo periodo rimane un unico disegno, trac- ciato a due matite sopra urta carta gialloliva. Un anno dopo — nel 1877 — l'influenza spagnuola prevale, In un acquarello di piante erbose, tracciato rapidamente con ima abilità e una virtuosità senza pari: abilità e virtuosità, che furono particolari a quelli artisti, t quali, si preoccuparono più di allettare l'occhio con le forme eleganti e i colori sfarzosi, che non ricercare 11 carattere e la verità intima delle cose. Durante questo periodo il Sartorio dipinse molto: eleganti acquarelli senza grande serietà di studio ma di squisita piacevolezza dove pure a traverso i lenocini del colore si rivelavano alcune di quelle più solide doti che avrebbe sviluppato più tardi. Ma poiché nel seguire degli anni egli rinnegò intieramente l'arte di quegli anni, poco rimane della sua produzione che va dal 1876 al 1885. Quanto gli era rimasto nello studio distrusse e quello che aveva venduto ad amatori e a mercanti d'arte non rivelò. Compiuta questa distruzione, il Sartorio abbandonò Roma e si recò a Francavilla, nel « Cenobio » del Michetti, dove trascorse un anno accanto all'artista abruzzese, liberandosi a poco a poco dallo spagnolismo die ancora Io teneva tutto. Di quel periodo nella mostra sono molti pastelli di paese. L'influenza michettiana è visibilissima, direi quasi scolastica. Ma è da quel nucleo di pastelli, che nasceranno più tardi i bei paesaggi della campagna romana da cui avrebbe derivato il suo primo successo personale. Ma da quel contatto con l'artista abruzzese, un altro elemento doveva derivare che avrebbe esercitato su di lui una profonda evoluzione spirituale: l'amicizia più intima con Gabriele d'Annunzio, con Adolfo de Bosis, con Angelo Conti e — oso aggiungere — con colui che scrive I queste righe e che dopo il suo ritorno a iRoma — intomo al 1890 — cioè visse I per vari anni la sua stessa vita, accom:pagnandolo nelle sue escursioni nella ! campagna romana, discepolo fedele per 'la pittura, cosi come lui fu discepolo ! fedele nella lettura dei poeti francesi ;ed inglesi. E' in quelli anni che egli andò in Inghilterra e studiò i pittori inglesi. Al ritorno dipinse il grande tondo del Magnificat — che è venuto dalla Germania per prender posto nella mostra odierna — tondo ove le riminiscenze botticelliane appariscono come vedute a traverso la tecnica dei secondi prerafaeliti. Fu quello il periodo più importante per la sua evoluzione artistica: il periodo in cui alle influenze libresche e tecniche dei prerafaeliti, vanno aggiunte quelle più schiette e più concrete di Nino Costa e del gruppo romano dell'In arte Ubertas; il periodo in cui veramente ritrova se stesso e che — molto giudiziosamente — è quello maggiormente rappresentato alla mostra attuale. Dopo egli andrà in Germania, direttore della Scuola di Belle Arti a Weimar. Poi, al ritorno dopo la sanguinosa parentesi della guerra, a cui prese parte come ufficiale di cavalleria e fu ferito e fatto prigioniero, tornò a Roma e si stabili in una di quelle nostre ville chiuse fra le mura e le rovine imperiali, dove esplicò la sua ultima attività e chiuse la sua vita laboriosa. Degli anni che vanno dal suo ritorno alla sua morte, sono esposte alcune opere fondamentali: tutta una serie di sensazioni di guerra, bellissime tutte e che meriterebbero di essere conservate in un museo commemorativo; il fregio dell'aula di Montecitorio, che non è fra ìe cose sue migliori e di cui il bozzetto — anch'esso esposto — è infinitamente superiore, indebolito e illanguidito nella scialba traduzione finale, e finalmente i i grandi cartoni per le decorazioni musive del Duomo di Messina, cartoni che ici rivelano un Sartorio nuovo, tutto viIbrante di colore c tutto scintillante di lori e di gemme. — Voglio finire quel mio lavoro e lo I finirò non ostante la mia ferita aper| ta <% la nuova operazione che dovrò subire, — mi aveva detto pochi giorni prima di morire. Ed ha mantenuto la promessa. Il buon 'artefice, tenace al lavoro e insensibile alla fatica, appena compiuto l'opera sua è sceso nel riposo della pace cristiana, in quel piccolo Coe-tneterinm di San Sebastiano sulla Via Appia, che ricorda : le glorie degli Apostoli e le ardenti nuove azioni del misticismo di Santa Brigida. Pittore romano, era giusto che , Roma lo onorasse col bel sarcofago ar! calco il quale non perirà e con la mostra odierna di Villa Borghese, dove la sua figura di artista per virtù del Berlina Calosso — un altro artista e un erudito — ha ordinato cosi amorosamente nelle belle sale della grande villa cardinalizia di Scipione Borghese. DIEGO ANGELI, '

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