I trentasei Caduti della Società Alpinisti Tridentini

I trentasei Caduti della Società Alpinisti Tridentini I trentasei Caduti della Società Alpinisti Tridentini ito d'italianità & Trento Oggi S. E. Starace scoprirà, in nome del Duce, il monumento agli Eroi della montagna che morirono per la Patria — L'opera irredentista della S. A. T. ,-, accusa: «Socio della S.A.T », oppu I re : « Amico del_ tal_dei tali, grande L'I. R. polizia li teneva d'occhio, tutti. Quando cominciarono gl'internamenti (e non s'aspettò mica che von Biilow facesse cilecca), fra le cdlccontestazioni mosse ad ognuno de-1 ngli arrestati v'erano guesti capi dijtcagitatore della S.A.T. ». Nient'altro, ma bastava per dar corpo all'imputazione di alto tradimento. Quando il governo austriaco proibì la costruzione del rifugio alla Rosetta, nel gruppo delle Pale di S. Martino, dlzanpmun parlamentare trentino, che cer- ir-i; ,1 ~ ; . jA1 .— ' —cava di rendersi conto del motivo del divieto, sentì rispondersi da un ufficiale dello Stato Maggiore Generale: — Sa, bastano due cannoni da montagna a ridosso di quella costruzione fi, per renderci impossibile la difesa del Passo di Rolla. — E si era nel 1913! In un libro d'un prof. Mayr di Innsbruck, pubblicato durante la guerra (Der italianische Irredentismus) a pag. 323 è messa in rilievo l'onera « nefasta » della Società Alpinisti Tridentini. Scrive l'autore: « La Sezione segnavia progettava i sentieri e i segnavia sui monti di confine e, mentre sul versante del Regno li eseguivano gli Alpini e le Guardie di finanza, sul versante austriaco li compiva la S.A.T... Non è possibile agevolare meglio la via a un esercito che prepara un'invasione... La S.A.T. collaborò a una grande carta dell'Italia, che, naturalmente, comprendeva anche i confini e che oggi serve allo Stato Maggiore italiano... Non è il caso di dire che Società italiane avessero filiali al di qua del confine, ma che l'esercito italiano, che si preparava alla guerra, seppe far sorgere nelle regioni austriache di confine battaglioni segreti di volontari e di spie ». , t |E' storia, ormai, quanto poco l'e ^eito italiano si preparasse alla ! Sì, gb alpinisti trentini non avevaa [no che una meta, non nutrivano che BFptlltdltaplcfitEardntsvnvscadsmiuna speranza: la liberazione dal giogo, il ritorno alla madre Italia, v,e vj collaboravano, in silenzio, se-Ìcludendo nessun'sacrificio, an- ira'sup^lV ra! come si sa! J-1 Ancora: nel secondo anno diia e e - tastica « guerra dei ghiacciai » nel igruppo dell'Adamello occupando e!fortificando le Lobbie e respingendo]il nemico fino in fondo a Val di Ge- inova, un giornale innspruchese, le. nume-i cava | -|5"<-Lo " tuoio: « u irreueiiusui stu-:dioso dell'Adamello * la seguente o-informazione: - Può forse interes-; i!sare ji fatt0 che nella S.A.T., fra I-jgli studiosi di quella parte del cam- ^Ìk^ battaglia dell'Armeno che sta nella provincia del Tirolo e specie i della dorsale del Care Alto, occupa j- un posto importante il traditore ! - trentino Mario Scotoni, del quale lel- siimmen si sono già largamente oc-: e ¬ o w a a a n o - Ica per la dorsale sud-est alla Cima j |del Care Alto. Questa canaglia d'ir-1 redentista conosce quel gruppo co- me le tasche dei suoi calzoni ». A dir vero, il futuro Podestà fascista di Trento non potè durante la guerra vedere l'Adamello neanche col canocchiale, essendo impegnato in altra parte del fronte, ch'egli conosceva come le tasche... della sua giacca. Ma l'episodio — uno dei tanti, — resta, perchè mostra il risentimento e l'odio degli oppressori verso questa associazione alpinistica, e reca un non dubbio documento sull'opera della S.A.T. svolta per la guerra e e o Certo, che l'opera di questa acce- lita di « traditori » costò all'Austria più d'una battaglia perduta; e se la vicina celebrazione dei soci della S.A.T., volontari nell'esercito italia- no, caduti sotto il piombo nemico od Un articolo di fede -l^^te saliti sul palco del sud- a Phzw, può a taluno sembrar tardi, - va, basterà la presenza e la parola, Idei Segretario del Partito a racco*"1* ciare le distanze e i tempi ; a riaccendere nei cuori d'ognuno dei presenti ldl'orgoglio d'esser stati compagni, I iconsoci, discepoli dei valorosi il cui'l nome è scolpito sulla lapide scoper- j rta; a riallacciare, attraverso le vicende non vane di questo decennio di vita rinnovata, la grandezza dell'olocausto compiuto e la riconoscenza dei posteri beneficati. Domenica, zrca un gesto di Achille Starace, e in!nome del Duce che tutto sa e a tutto | prowede, cadrà un drappo, e suljsma'rmo leggeremo i nomi che ci fa-Inranno fremere. Sono quelli di Cesare! — ....... . ja. . . . iBattisti, di Damiano Chiesa, di Fabio Filzi, e degli altri — chi oserà dire più fortunati ? — che deliberatamente andarono incontro al capestro, ma li fulminò il piombo arrestandoli nella loro corsa alla testa delle truppe trascinate e infiammate da tanto ardire. Trentasei sono i caduti dei quali si commemora l'olocausto e si esalta l'esempio; ma chi potè contare gli alpinisti trentini che nascostamente passarono il confine sfidando le fucilate dei gendarmi e il rigore dei processi sommari, per arruolarsi nelle file dell'esercito liberatore e combattere sempre nelle primissime linee? Erano cresciuti a una scuola e in un ambiente in cui la più santa intolleranza verso tutto ciò che promanava dall'Austria era un dogma, la ragione di vita d'ogni istante, di ogni atto, di ogni pensiero. Sotto la parvenza dell'associazione sportiva e culturale, la S. A. T. era veramente un « covo di traditori » e non se ne vergognava, no. La polizia vedeva giusto; e si affannava per stroncare quella pericolosa attività con processi, divieti, scioglimenti, angherie d'ogni sorta. L'Alpenverein dava una mano ai gendarmi, e coi soldi, cercava d'incanalare diversamente l'alpinismo trentino — ma senza riuscirvi. — Forse in nessuna altra associazione residente nelle terre irredente, fu come nella S. A. T, sdgd cof protondamente radicata, e coiti vat* la fede nella ineluttabilità della ÌSuerra liberatrice. E in nessun al- 'tfo.SruPPo. forse, fu come nella S. A. T. elevata a canone ìndiscuti- !^ la necessità che i Trentini do-JSTMffi^risuonata, fare beni più del loro dove- ida quella che fece l'epopea garibal-h!dina a quella che combatte 1 ultima ]guerra; da quella di Bolognini a quel-I la di Battisti. . Un fiore ; montj. U i - | _ sin dal suo sorgere, alla S. A. T.:si pensò che la propaganda per una idea fatta sulla Jase d'uno sport di ; una attività, cioè, che tocca la realta Ideila vita, è la più efficace e la più convincente perchè penetra in tutti gli strati.popW aSche 1 più umili, e li trascina nella corrente. E prona- jganda voleva necessariamente dire ! preparazione. Naturalmente, la for- lma assunta da tale preparazione a: una guerra non più lontana ricevet- j ce s, diventò più fattiva e concreta, 1quasi provocatoria, dopo il '900, quando l'irrequietezza dei tempi per- campo pratico, Col cervello cominciarono a lavorare i muscoli. Fiotti fresco e ardito riformano giovani studenti, ùnsi gettano ai monti, inverno, con la pioggia, la neve, il solleone, per addestrare il corpo alla grande prova immanca- bile. I rifugi, che un tempo pentivano a poche parole italiane all'anno, si afa follano di comitive trentine. I picchi, a i nevai delle belle montagne di Bren- ta, di Fassa, di Primiero — dominio d riiise di nascondere molto contrai)-bando .irredentista nelle pieghe del-kle vane e multiformi questioni so-gali. Nel primo periodo prevalse la lenta, ma sapiente preparazione let-teraria e scientifica, che culminò nel-la Guida del Trentino di Brentari, che più d'un nostro capo di grandi unita in guerra teneva sul suo tavo-lo. Nel secondo periodo la prepara-zione si fece più vivace. Si entrò neluna volta di alpinisti stranieri — - echeggiano deUe nostre canzoni e ^, buste «grida sediziose» (diranno a, poscia 1 rapporti della I. Ri polizia) *salgono spesso verso i liberi cieli del- la Patria dopo che ^uide e senzaguide hanno conquistato nuove vette, I italianamente battezzandole. Tutta 'l'ingenua poesia del Quarantotto fio j risce lassù in compagnia delle gelizianelle e delle stelle alpine, e la flora sgargiante di quei monti si arricchisce d'un fiore: il Tricolore d'Italia. Misteriosi viandanti ne lasciavano il segno sulle rocce dei sentieri !sui tronchi degli alberi, sui muri dei | rifugi tenuti dal Club Alpino Tedejsco; audaci arrampicatori lo issavaIno sulle guglie e sui campanili onde !il fatato mondo dolomitico è tutto i t -ir /-v i una selva di cose magnifiche. Ogni scalata, si può dire, costruiva nello spirito di chi la compiva la realtà d'una sognata, desiderata azione di guerra. Si sentivano tutti alla vigilia d'una chiamata alla quale sarebbero accorsi gioiosi, cantando; e quando quella voce risuonò, la S. A. T. si fece deserta. Resistere e osare A che prò' allineare altri nomi — oltre quelli dei tre martiri che da sotto l'arco della vittoria a Bolzano rimirano con le vuote occhiaie il segno d'Italia riportato al termine giusto e saero? Sono scolpiti nel marmo grigio, là nella saletta della sede nella via calma e silenziosa di Trento; e il sangue di chi li portava, bagnando le nevi del Pai Piccolo e le rocce dell'Ortigara, ha fatto germogliare il fiore della riconoscenza che non appassirà mai più. L'amore pei monti essi nutrirono, e nella palestra eroica e severa deliberatamente scelta appresero le virtù del duro resistere e dell'audacemente osare. Scalatori d'altri tempi del Campami Basso, delle Torri di Vaiolett, della Parete Sud, del Camino Adang, del la Punta Emma, di tutte le Dolomiti, più che mai, in quest'ora di pensoso raccoglimento che ha il valore di un giuramento e d'una promessa rivolti all'avvenire, pel vostro esempio e pel vostro sacrificio s'illumina la potenza e la necessità dell'idea che incita alla conquista delle vette, in un con tinuo superamento di sè. Grati ve ne saranno i giovani, e certo compiran- Ino degne cose, pari all'insegnamento r VITTORiO VAHAIP 1 VITTORIO VARALE,