Avarizia e bizzarrie di un antiquario

Avarizia e bizzarrie di un antiquario Avarizia e bizzarrie di un antiquario 11 « Sor Checco » di piazza Montanara • Uno strano commercio coi villici - L'amante e la domestica - l'oro nascosto ed il segreto svelato l'epoca in cambio di carta moneta. In il ! .;iù, alle monete, univa gli oggetti di g-! oro, anelli, medaglioni, eccetera, che -1 acquistava quando si presentava l'oca I casione. Il a a i o, al e e a a o o i o l i o , a o n r a a e n o a o e i a i o a l , a i l i , a o o e In via Alessandrina, il Martinetti aveva nascosto una parte del suo tesoro entro una statuina. di gesso rappresentante un atleta che lancia il di-co, sul vertice della quale aveva aperto un piccolo pertugio appena appena bastante per farci entrare le monete. Poi, quando questa statuina era stata riempita di monete d'oro, aveva fatto, con mazzi molto rudimentali, nel muro maestro della sua abitazione, una specie di cassaforte segreta: la nicchia ora scoperta. Quando il misantropo mori, i suoi unici eredi, i fratelli Jacovacci, ora tutti morti, cercarono per ogni dove nelle due case, nella persuasione di trovare del denaro, e finalmente rinvennero la statuina piena di monete d'oro antiche e mod?rne, il tutto per un vaore di oltre 400 mila lire. Un'opera di Michelangelo La casa alle falde del Campidoglio, che, come abbiamo detto, era di proprietà del Martinetti, venne venduta ad un antiquario il quale, fra il cumulo di oggetti antichi, vi rinvenne una piccola statua, un Orfeo, opera giovanile di Michelangelo, che venne venduta al prof. Wilhelm Bode, il noto direttore dei Musei di Berlino. Il Martinetti forse non seppe mai il valore della statua che aveva con pochi soldi acquistata. Le monete antiche ritrovate nella nicchia dello stabile di via Alessandrina erano tutte collezicnate e avvolte in vecchi giornali, una copia del «Messaggero» di sabato 25 maggio 1S89, copie del c Popolo Romano» "del 1890, ed alcuni fogli di riviste che uscivano nel 1888. Le monete d'oro da venti lire, che sono ancora In corso, erano arrotolate in pacchetti da cinquanta pezzi. Questi pacchetti portavano il timbro a secco Banco Bonibelli e la firma del cassiere « Grimaldi » seguita dalla parola « oro >. E' evidente che il Martinetti, quando aveva carta monetata, si recava al Banco Bomboli! e la cambiava in monete d'oro. H Martinetti morì per la sua avarizia. In un giorno dell'inverno del 1896, piovoso ed assai freddo, volle recarsi al cimitero del Verano. Per risparmiare l due soldi del tram — che tanto allora costava — se ne andò a piedi da casa sua al cimitero. Tornò completamente fradicio d'acqua. Si mise a letto la stessa sera con una violenta polmonite e otto giorni dopo mori senza avere rivelato ad alcuno il nascondiglio della sua ricchezza. Un interrogativo che non ha avuto ancora risposta è questo: a chi spetta il tesoro? L'art. 714 del Codice Civile contiene una disposizione precisa secondo la quale il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui esso si trova. Se il tesoro è trovato nel fondo altrui — purché sia stato scoperto per solo effetto del caso — spetta per metà al proprietario del fondo ove fu trovato e per metà a colui rhe lo ha trovato. Per poter stabilire perciò a chi spetta 11 tesoro in parola, bisogna prima definire di chi sia la proprietà dello stabile in demolizione in via Alessandrina. Metà del tesoro all'operaio Evidentemente, tale stabile appartiene con pieno diritto, in virtù di giusto e definitivo atto di acquisto, al Governatorato di Roma in seguito all'esproprio effettuato. Quindi, dato che que sto atto di acquisto sia stato debitamente stipulato, metà del tesoro do vrebbe andare all'operaio che materialmente per il primo lo ha scoperto e metà dovrebbe spettare al proprietario del fabbricato, che è il Governatorato. Può darsi anche il caso che lo stabile sia stato ceduto ad una impresa : & demolizioni la quale entrerà in pro prietà di quanto a mano a mano si ri- 'cava dalle demolizioni stesse; salvo — ben s'intende — le limitazioni prevedute nell'atto di cessione in base al quale si potrebbe risolvere il quesito. Quello che appare quasi certo è che nessun diritto possono far valere gli antichi proprietari dello stabile oggi in demolizione, dato che nei contratti di esproprio gli Enti che ad essi procedono, fanno per consuetudine inserire una apposita clausola di rinunzia da parte dei venditori. Tutto dipende, perciò, dal sapere come il Governatorato sia entrato in proprietà dello stabile e se lo ha ceduto ad una impresa incaricata della demolizione. Ma, trattandosi di lavori eseguiti in zone archeologiche ove vi sono degli interessi artistici da salvaguardare, la semplice norma del Codice potrebbe non bastare ed occorrerebbe riferirsi alle Leggi speciali. La legge del 20 giugno 1309 sulle antichità e belle arti, stabilisce che il Ministero dell'Educazione Nazionale può concedere ad enti o privati, il permesso di eseguire ricerche archeologiche, pur. che essi si sottopongano alla vigilanza I della competente Amministrazione del-1 io Stato ed osservino tutte le norme che I da questa saranno imposte nell'interes-1 se della scienza. Nel caso di scoperte, j sarà rilasciato all'ente o ai privati la i metà oppure il prezzo equivalente alla, metà, a scelta del Ministero dell'Educa- j zlone Nazionale. Il Regolamento 30 ; ddtpcFmsctcdPbrpcsMtlpI gennaio 1913, in applicazione risila leg ; su(jdetta, stabilisce che, finiti i la vorf d, scavo ordinatl dallo Stato per ;eseguire ricerche archeologiche, verrà. d'accordo o a mezzo di periti, attribuito un valore a ciascuna cosa o gruppo conguagli in denaro Quindi, altri elementi da tenere pre-I senti per la risoluzione del problema che oggi un po' tutti si vanno proponen- j do, sono quelli relativi allo scopo che! tali lavori di demolizione si ripromette- ' vano ed al possibili accordi intervenuti tra Stato e Governatorato. Ma certa-1 mente la questione sarà tra breve esau-1 rientemente ed equamente risolta. • spsrnpUgIdi cose rinvenute Stato e Governatorato Fissato tale valore, il Sovraintendente per i musei e gli scavi, proporrà al Ministero dell'Educazione Nazionale la ripartizione nella misura di tre quarti per lo Stato e di un quarto per il pròprietario, ed indicherà se la ripartizione suddetta debba avvenire sul prezzo o sulle cose, oppure parte sul prezzo e parte sulle cose. Quando si ritenga op-1 portuna la ripartizione delie cose e questa sia materialmente impossibile, il | Sovrainttndente stabilirà gli opportuni upcllqmdPvpznIasmatmcc Rema, 24 notte. Abbiamo narrato isri ampiamente imiracoloso ritrovamento d'oro e di cggetti preziosi tra le macerie del gruppo di case in demolizione comprese travia 'Alessandrina e via dell'Impero. Itesoro rinvenuto non è stato Encora esattamente stimato, ma si conferma Che il suo valore supererà il milione dlire. L#e monete ed i gioielli si trovanocome abbiamo detto, custsdiU nelle casse del Governatorato. La scoperta ài alile moaste Intanto continuando, unitamente alavori di demolizione, le ricerche, tra lmura abbattute sono venute ella luce «Itre due monete: una romana e l'altra del Rinascimento. Attraverso una prima affrettata inchiesta, è stato possibile lumeggiare la Ugnra dell'astuto ed avaro antiquario che seppe così bene nascondere il suo tesoro. Dati precisi ed interessanti circostanze sono state in proposito fornitanche dall'antiquario romano Augusto Jandolo. Colui che nascose nei muri d;ano appartamento il tesoro e che morportandosi nella tomba il segreto di tanto oro nascosto è quel tale Francesco Martinetti di cui ieri abbiamo parlatoche per vani anni, attorno al 1890, abito l'appartamento di via Alessandrina a. 101, e vi mori nel 1896. Francesco Martinetti era conosciuto fra gli antiquari di mezzo secolo fa con D. nomignolo di c Sor Checco ». Per meglio chiarire la sua strana figura, bisogna portarsi indietro di una cinquantina d'anni e vedere a quell'epoca cosa succedeva in Roma in tema di commercio di antichità. Questo comir.ercio aveva pochissima sorveglianza ed era esercitato su vasta scala in piazza Montanara e nelle sue adiacenze. Già a quell'epoca varii negozi di antiquari aprivano le loro porte nella via del Babuiso e in piazza di Spagna. Erano i proprietari di questi negozi persone conosciute ed il loro commercio si svolgeva alla luce del sole. Ma all'ombra di questi antiquari che esercitavano, chi più e chi meno, un commercio onesto, si nascondevano vari Individui che esercitavano una specie di contrabbando del commercio stesso e che avevano scelto quale punto di concentramento la piazza Montanara allora frequentata quotidianamente da centinaia e centinaia di lavoratori della terra che ivi si radunavano per cercare lavoro. Era la piazza Montanara una specie di ufficio di collocamento per 1 contadini. Chd aveva bisogno di lavoratordella terra vi si recava, sceglieva tra la moltitudine colui o coloro che glabbisognavano, contrattava sul salario e 11 assumeva in servizio. Quel contadini che si radunavano nella piazza Montanara e che provenivano tutti dal Viterbese e dalle altre zone del Lazioerano soliti, quando lasciavano l'antico paesello per venire a Roma in cerca di lavoro, di portare seco ciò che nei campi e nel lavori di scavo eseguiti al luogo di origine avevano rinvenuto di oggetti antichi. Erano monete di bronzo e d'argento ed anche d'oro, statuine, anfore, eccetera» / Commercio clandestino Bieco perchè il punto di concentramento di allora di chi faceva commercio clandestinamente di antichità era la piazza Montanara. L'antiquario clandestino girava fra i gruppi di contadini mormorando una frase che è rimasta nell'uso romanesco e che sta appunto a testimoniare il genere di commercio da lui esercitato. Il contadino che aveva In tasca oggetti o monete antiche, al passaggio di questa specie di commercianti di antichità, mostrava quello che aveva indosso e poi si contrattava. Siccome il contadino non conosceva con precisione 11 valore dell'oggetto rinvenuto e d'altronde sapeva ohe non poteva recarsi a venderlo da un antiquario che aveva negozio, dato che questi gli avrebbe chiesto la provenienza dell'oggetto stesso, l'acqui- sto si risolveva sempre in un bell'ai-fare da parte dell'antiquario dande- ■tino. Francesco Martinetti esercitava appunto questo commercio clandestino. Era una figura assai popolare nella Roma di mezzo secolo fa, un poco per il suo commercio, ma sovra tutto per le sue stranezze, per certe sue stramberie che facevano di lui un autentico misantropo nel senso più esteso di que' sta parola. In lui il calcolo più rigido e più preciso e lo squilibrio più paradossale si fondevano e si armonizzavano. Era un uomo corpulento, con due grandi baffoni che, ad onta dell'età avanzata, non erano ancora diventati completamente bianchi. Mangiatore famoso, egli era capace di compiere a tavola qualunque record, ma come era grande mangiatore era altrettanto misantropo. Non poteva vedere nessuno; ed evitava persino i suoi familiari e 1 suol nipoti, i signori Jacovacci, suoi soli parenti, quando coStoro venivano a fargli visita. Aveva due abitazioni : in una, in quella di via Alessandrina 101, abitava con l'amante — la signora Candida, una buona donna che tutti credevano fosse sua moglie — e con una domestica, tale Maddalena Coccia che più tardi, alla di lui morte, si maritò. Questa domestica è tuttora viva e vegeta sebbene conti 80 anni. L'altra abitazione del Martinetti era un caseggiato di sua proprietà alto alle falde del Campldo gilo e che ora è anch esso sparito sotto 1 colpi del piccone demolitore. Quivi egli abitava tutto solo e vi esercitava 11 suo commercio. La statuina di gesso Data appunto la sua attività, era conosciutissimo e vari studiosi di archeologia, specialmente stranieri, acquistarono da lui oggetti e monete antiche che sono andate ad arricchire i Musei di varie città estere. La misantropi.! e l'avarizia del Martinetti balzano ora evidenti dopo il rinvenimento del tesoro da lui nascosto nell'abitazione di via Alessandrina 101. In quelle due luride abitazioni, i cui vecchi e consunti mobili davano un senso di povertà all'ambiente ed alle persone che vi vivevano, 11 Martinetti svolg va la propria vita. L'una, quella situata alle!falde del Campidoglio, l'aveva trasfor-| mata in magazzino di oggetti antichi tutu di poco valore — o almeno da lui • creduti tali — che rappresentavano il'proprio commercio, nell'altra, all'in- ' saputa di tutti, nascondeva le mone-1 te d'oro che acquistava dagli Ingenui ; contadini di piazza Montanara e quel-1 ]e che acquistava dal cambiavalute del-[

Persone citate: Francesco Martinetti, Jacovacci, Maddalena Coccia, Wilhelm Bode

Luoghi citati: Berlino, Roma