Le basi di una amicizia sincera

Le basi di una amicizia sincera ALLA VIGILIA DELLA VISITA DEI SOVRANI D'ITALIA IN EGITTO Le basi di una amicizia sincera e di una collaborazione feconda -(SERVIZIO SPECIALE DE «LA STAMPA »)- IL CAIRO, febbraio. Oltre un secolo è trascorso dal tempo in cui i primi nuclei notevoli d'Italiani sono sbarcati in Egitto, stabilendovisi con intenti di colonizzazione e con propositi di fissa dimora. L'ambiente vergine da sfruttare, che sì bene si prestava all'iniziativa privata, il dolce clima mediterraneo, il facile adattamento in vitavano a rimanere. Già nel 1821 si contavano in Egitto 6000 Italiani, molti dei quali erano stati costretti ad abbandonare la Penisola in seguito ai primi moti per l'unità nazionale. Si può affermare che la terra bagnata dal Nilo abbia incominciato appunto allora, a contatto con la, civiltà occidentale, a porsi decisamente su quella strada dì modernizzazione e di civilizzazione che ha fatto dire, più tardi, al grande Ismaìl: « Il mìo Paese non è più in Africa, noi facciamo parte dell'Europa ». I primi tempi Molto, per non dire tutto nei primi tempi, deve agli Italiani l'Egitto nel suo sviluppo verso quel grado di progresso che oggi lo pone a livello delle nazioni civili. Grande meritova riconosciuto ai primi colonizzatori italiani quando, slegati fra di loro, abbandonali o mal protetti dal patrio governo, se pur ne avevano uno, dovevano basare ogni iniziativa e azione unicamente sulle loro risorse, sui loro mezzi, affidandosi a quella geniale i7idustriosità, peculiare della nostra stirpe, che ha valso ad importi individualmente all'apprezzamento, alla stima e all'ammirazione degli Egiziani. Quanti connazionali, qui emigrati, si son fatti delle posizioni di prim'ordine, salendo, per loro doti personali, a posti di comando, occupando cariche importanti e delicati! Le nostre collettività in terra nilotica, ad Alessandria, al Cairo, a Porto Saia, nella Zona del Canale, hanno saputo, pur nei momenti tristi in cui Roma lesinava appoggio e protezione, affermarsi e potenziarsi facendo da sè, sino a raggiungere un alto grado di prosperità, giovandosi sopprattutto del prestigio, dell'influenza acquistata e anche della ricchezza rag 1 giunta da alcuni dei loro membri. Hanno trovato, sì, il loro tornaconto i connazionali trapiantatisi in questo Paese, ma d'immenso valore è stato pure ed è l'apporto di lavora, d'ingegno e di civiltà da parie no atra, contributo prezioso, indispen sabile alla creazione dell'Egitto mo derno; e inoltre furono i nostri lavoratori ad insegnare agli indigeni arti e mestieri, i metodi, i segreti, i progressi, la tecnica della valori", zasione del territorio nazionale. L'o- spite ha bene meritato e alla sua scuola il popolo egiziano ha fattoV. suo tirocinio. Talvolta aspra è stata la lotta, dura, scoraggiante; ma abbiamo vinto, umili operai, commerciant> intraprendenti, professionisti colti, c sempre aotto le insegne della Pa Ma, anche quando questa volontariamente rimaneva assente. Rat; guardevoli fortune individuali sono sorte, grandi imprese hanno vis*'1 la luce, giganteschi lavori sono stati compiuti, vasti campi d'attivila e di sfruttamento si sono aperti, ma tutto è staio opera di singoli; mancava la direttiva unica, l'azione suprema coordinatrice, valorizzatrici. Così gran parte della nostra fatici andava a vantaggio di stranieri, venuti dopo ma meglio organizzati e sorretti validamente da potenti im prese nazionali. Gli interessi italiani appaiono qui spezzati, anche se considerevoli. Perciò è inutile cercare in seno alle nostre colonie quelle grandi compagnie e società fina-, ziarie industriali sul tipo di aueV.e che — con capitali di miliardi — hanno consolidato in Egitto gl'interessi di altre collettività. Oggi Gli Italiani residenti in Egitìo sono oggi circa 55 mila dei quali 20 mila al Cairo, 27 mila ad Alessan dria, 5000 nella regione del Canale e i rimanenti disseminati nelle piccola città e nei villaggi di provincia. Occupazione e sbocco prevalente dell i nostra immigrazione in Egitto no» c la coltivazione agricola, nè la bassa mano d'opera, per le quali è sufficiente l'indigeno, ma il commerci) l'artigianato, l'industria, le costruzioni edili, le imprese; ai trova qui l'operaio nostro specializzat-j. muratore, scalpellino, tecnico ecc. che gode di una netta superiorità sul semplice manovale e sul lavo rotore bruto. Accanto ai nostri immigrati o ai figli di questi vanii') posti i molti levantini, in spec:.' israeliti, che, attratti nell'orbita spi rituale nostra, si son fatti ilalian' anche per poter usufruire del diritto delle capitolazioni, e hanno apportato alla colonia energie nwouj. allargandone la base locale. Va ammirata l'intraprendenza delle nostre colonie nel crearsi le istituzioni e nell'imporle ad egiziani e a stranieri cui hanno servito da modello e da esempio. E alcune di queste istituzioni, pur di origine schiet-tamsnte italiana, sono così intima-mente e profondamente penetratenella vita dello Stato Egiziano, cheirascendono i limiti della sfera d'in- fluenza puramente coloniale sino a venir considerate come patrimonio spirituale dell'Egitto moderno. Le nostre colonie — nelle quali in primo piano va rilevata l'opera nazionale dei padri missionari, a cominciare dai Salesiani — hanno saputo sì efficacemente permeare d'italianità questo fertile angolo d'Africa, che al connazionale, il quale sbarca, sembra realmente di ritrovarsi a bell'agio in casa sua, tanto resta impressionato dall'udir parlare ovunque la sua lingua, fra gli indigeni e gli europei, dallo scorgere nelle vìe, nei negozi, insegne, avvisi, richiami pubblicitari in italiano, dall'incontrare senza sosta stemmi a lui ben noti, segni del Littorio, bandiere tricolori. E' proprio vero che ci unisce, fra il Tevere e il Nilo, questo nostro mare che le navi italiane, le migliori e le più veloci dei servizi mediterranei rendono sempre più piccolo. Certo non sono i bei tempi, quando, nella seconda metà del secolo scorso, dopo l'arabo, la lingua ufficiale era in Egitto l'italiano, e nel nostro idioma venivano pronunciate e scritte nei Tribunali misti le sen- \tenze, venivano estesi i contratti, gii ordini di commercio, quando in italiano si trattavano gli affari, si svolgevano le sedute di Borsa, si formulavano, si redigevano e si rilasciavano i questionari, i provvedimenti, i documenti ufficiali delle amministrazioni pubbliche. Nè va dimenticato che qui non sono pochi i Maltesi, tutti gelosi custodi della nostra lingua. Certo oggi non è più così come a quei tempi, ora che il francese, attraverso una potente penetrazione culturale, dotata di larghi mezzi, e con la creazione delle Scuole dei Gesuiti e dei Frères, si è imposto efficacemente ed è riuscito a sostituire in parte l'italiano; non è più così per nostra sfortuna e soprattutto per nostra colpa; ma la nostra lingua mantiene sempre una posizione di privilegio, tanto è vero che è possibile far stampare in Egitto un giornale tutto italiano dalla prima alla ùltima riga con una tiratura che non è affatto int&faX.o a guella del maggiori .confratelli locali francesi, greci ed inaimi. Contributo grandioso Primi aono atati gli Italiani in Egitto e in tutto — o precursori, o | ispiratori, o, come più spesso, fondatori, realizzatori e pratici — nelle varie branche della privata e pubblica attività. Opera d'Italiani sono state l'organizzazione, la sistemazione e il coordinamento delle Poste, delle Comunicazioni, delle Dogane, dei Traffici; l'iniziativa no \stra si trova negli organismi ammiìnistrativi, nelle varie attività indù- \il direttore dei lavori; e pure a que'si'opera, come ora a quella per la \ so praelevazionc della stessa diga, ,come a tante altre sul Nilo, sono le'gati \ nomi di Denl>:iuaro, Carta- striali, scientifiche, culturali, nelle ricerche storiche; il braccio e la mente dei nostri si trovano presenti nelle maggiori opere pubbliche, dagli sbarramenti e dai ponti lungo il Nilo alle moschee, alle reggie, ai palazzi vistosi, ai porti, alle strade. Furono due medici Italiani, Colucci Pascià e Abbate Pascià, a istituire i servizi sanitari in Egitto; fu il tipografo Pietro Vasai a fondare la prima istituzione assistenziale « / Soccorsi d'urgenza », che ora con denominazione francese si chiama Association Internationale dea Sécours d'urgence; fu il politicante e musicomane Temistocle Solerà a fissare le basi per la riorganizzazione della polizia dell'Egitto moderno, venendo poi preposto alla direzione di essa, tanto meritevole e intelligente è .stata riconosciuta la sua opera; fu Carlo Meratti di Livorno ad organizzare i servizi postuli; al sen. Scialoja deve l'Egitto, nel 1876, il suo riassestamento finanziario; ai giuristi italiani le basi della complessa legislazione mista, ultimi dei quali, finora, il Baviera, da poco rientrato in Patria, e il Messina, le cui sentenze alla Corte d'Appello formano testo di diritto; ai professori italiani che da diverse cattedre insegnano alla giovane Università del Cairo, deve l'Egitto l'elevazione culturale indigena su base occidentale e l'evoluzione del diritto e della coscienza di esso nel Paese. Insigni avvocati hanno qui trovato il loro campo di azione. Al Botti risale il merito della creazione del Museo greco-romano di Alessandria, che tanta importanza, ai fini storici ed archeologici, ha acquistato in Egitto, e che alla sua direzione ha visto poi Evaristo Breccia. E così via di seguito si può senza sosta continuare. Ma ci preme venire alla eletta schiera di costruttori, di ingegneri, di tecnici, di lavoratori formidabili a capo di colossali imprese, i cui nomi sono sulla bocca di tutti, qui sulle sponde del sacro fiume e altrove. Il carattere di città moderna, il suo audace piano regolatore, Alessandria lo deve ad un ingegnere oriundo degli ex-Stati pontifici, a Francesco Mancini; Alessandrini ha legato il suo nome all'opera più colossale, sino ad oggi, dell'Egitto: lo sbarramento di Assuan del quale, sin dall'inizio, è stato l'assuntore e reggia, Pizzagalli, Sasso, Bracale, edi migliaia di nostri operai speda-lizzati le cui mani hanno toccatoogni pietra dei ciclopici muraglionieretti per imprigionare le acque. In-glesi e stranieri si vantano di que-sta e di altre come di opere loro. La verità è che in genere l'impresa, primaria è stata inglese, ma in sottoappalto i lavori sono stati affidatiai italiani che presentavano serietàd'intrapresa e offrivano garanzia disuccesso. Quindi tali grandi opere sipossono dire realmente frutto dellavoro nostro. Quel granito, pezzoper pezzo, conosce la sfaccettatura dello scalpello italiano, e noi lo ve-diamo innalzarsi a montagne. Quaaifa paura la fatica spesavi attorno.\Operai italiani hanno prestalo la lo-ro opera a Shellal, a Wasta, a Ma- kuar, a Nag Hammadì, a costruiresbarramenti, serbatoi, sul Nilo, a d.a-re corpo a grandi opere di irrigazio-ne nel Sudan, nell'Alto e nel BassoEgitto, a fare del deserto terra fer-tile. Da Italiani sono stati costruiti i maggiori ponti sul Nilo, come aBenha e a Kafr el Zayat. La gran- de Moschea Kediviale el Rifai delCairo, con due minareti alti 83 me- viri, è del romano Carlo Virgilio Sil-\\vagni; il Teatro Reale dell'Opera,I'costruito in soli sei. mesi con un mi-'Wacolo di rapidità e di audacia, è del\\livornese Pietro Avescani; l'operaììpiù imponente della Capitale, il Mu-\seo dell'antica arte egiziana, è del] catanese Giuseppe Gavazzo e di Francesco Zaffrani; Ving. Almagià ha compiuto i lavori del grande molo 'd'Alessandria ed ora sta prcparan-ìldo per la bella città il porto Est. Il\ÌPalazzo Reale di Abdin è affidata \i alle cure di Verrucci. Bey, architet-ì^l" capo presso Re Fuad, uno dei più influenti esponenti della Comunità Utaliana. Alberghi, palazzi, sanatori, ìimmensi edifici pubblici, strade, fer\rovie, colossali opere lungo il Nilo, [tutto porta l'impronta italiana. Na mi e nomi di connazionali si possomo citare senza finn, e ognuno di essi è legato ad aspetti inconfondi-, bili e incancellabili della formazione'.dell'Egitto moderno. Nò infine van-! no dimenticate le industrie che, con\ a capo italiani, prosperano nella ter;a dei Faraoni, in liti ti i rami oc- cessibili della produzione lccalc, dalla lavorazione dei mobili di. siile egizio ad opera del Parvis, alla fabbri- d \ca di mattonelle, tubi, accessori, ma Iteriate sanitario, ceramica, di Sa- 'muele Sornaga in Alto Egitto, a EVWedi, dove gli stabilimenti coprono^ ìuna superficie di. 80.000 mq. risul-\ \tondo i più importanti del gencre\nel Vicino Oriente. Reciproca stima Il vantaggio conosciuto dai colo- nizzatori è assai inferiore alla rie chezza apportata al Paese ospitaìe.\^ne nosfrc colonie il novolo eaizia-\'no guarda con evidente riconoscen-'™^1 s' za, anche perchè non riscontra in esse quell'esclusiva finalità capitalistica industriale commerciale di sfruttamento, che è propria invece di altre collettività, povere di braccia, ma ricche di mezzi; e su questo sentimento di riconoscenza, che produce la reciproca stima, s'impernia e indissolubile legame rf'"m!'™'-'fl7 l™ » «"«e popoli che, procedcndo dalla tradizione, trova ora solenne riaffermazionc nella visita che i Reali d'Italia s'accingono a fare a Re Fuad, l'illuminato Sovrano'd'Egitto. ANTONIO LOVATO.