Vittorio Emanuele II e Menelik

Vittorio Emanuele II e Menelik F* agi ne di storia coloniale Vittorio Emanuele II e Menelik Massaia e il Re dello Scioa = La prima lettera al Re d'Italia e la risposta = Episodi ignorati = La missione Antinori = Il genio di Cavour e gli errori dei successori Interrotte, con la morte del conte di Cavour, le pratiche per l'inizio di una nostra penetrazione nelle terre etiopiche, per una diecina di anni parve, che queste regioni non dovessero più costituire il campo di azione di chi, in Italia, pensava alla costituzione di un dominio coloniale per il nostro paese. Ma, dopo le disillusioni, a questo riguardo provate, nel golfo di Guinea e dopo le elezioni che, nelle acque australiane, la Granbrettagna .ci aveva dato, l'Abissinia attirò nuovamente l'attenzione dei colonialisti italiani. E nello spazio di pochi mesi, dal settembre 1869 al marzo 1870, l'Italia, con il no- me della compagnia Rubattlno, sospin-ita dalla ferrea volontà e dalla fede del I padre Sapete, faceva atto ufficiale di: ! ! I | presenza nel porto di Assab, dando a divedere alle potenze colonialiste Africane, per eccellenza, l'Inghilterra e la Francia, che anch'essa aspirava ad una parte, modesta sia pure, nel gigantesco banchetto. E mentre ciò avveniva sulle coste occidentali del Mar Rosso, senza il cui!possesso non era possibile una sicura penetrazione nell'altipiano etiopico, nell'interno di esso, e, precisamente, nella regione dello Scioa, 11 Massaia, cosi benemerito nella storia della colonizzazione italiana, riprendeva l'opera che nel 1857 aveva iniziata, perchè dove egli cosi attivamente lavorava per la propria fede di italiano e di sacerdote, fossero presenti 1 figli d'Italia, apportatori di civiltà e di giustizia Non era un politico, nè un diplomatico il cappuccino sardo; anzi egli non aveva finalità nazionaliste, tanto più, quanto più viva era nel suo animo la piaga dell'abbattimento del potere temporale, da lui, uomo di cieca fede nell'assoluta superiorità del Pontificato sugli imperi del mondo, considerato intangibile. Ma, se non agiva con 11 diretto scopo, ora, di dare un dominio coloniale al Regno d'Italia, operava però in modo che il nostro paese fosse presente, dove era più agevole ad esso il potersi stabilire senza suscitare eccessive preoccupazioni straniere. L'opera del card. /Massaia E l'occasione gli si offriva nel 1372, si come gli si era presentata nel 1857. Menelik, salito di recente al trono, minacciato da Johannes e dall'attività egiziana, che si era ridestata con il nostro apparire in Assab, sentiva il bisogno, come il ras Negoussiè, di appoggiarsi ad una potenza europea, la quale da un lato lo potesse rifornire di armi, dall'altro lo rafforzasse, con la sua spirituale presenza, di fronte al1 invadente Negus Neghestis. E di ciò seppe approfittare il venerando Massaia, il quale gli parlò d'Italia, della sua rinnovata grandezza, del suo Re, della virtù e della moderazione dei suoi figli, i quaft non avrebbero usato verso di lui e dei suoi sudditi nè violenze alla coscienza religiosa, come i Russi, non prepotenze di armi e di commerci, quali gli anglo egiziani, non invadenza, per quanto formalmente cortese, dei Francesi. Menelik II ascoltò, e più volte si fece ripetere ciò che il Massaia gii aveva esposto di noi e della nostra saggezza, ed invitò il cappuccino piemontese a favorirgli il modo di porsi in rapporto di intesa e di amicizia con il ite d'Italia. Dimenticando ciò che era avvenuto noi 1860 e nel 1870, e pensando alla patria ed alla propria missione religiosa, che da un accordo fra il Sovrano dello Scioa e Vittorio Emanuele li avrebbe tratto i maggiori vantaggi, il Massaia convinse Menelik Il ad inviare al principe Sabaudo un messo con doni, accompagnando gl^ uni e l'altro con una lettera di sua presentazione. Il 25 giugno 1872 il missionario scriveva al Re esponendogli le ragioni e le aspirazioni che avevano sospinto il signore dello Scioa a porsi in relazione con lui. Ricordando d'epoca in cui era cappellano di Testona, ed aveva cosi avuto modo di conoscere intimamente la famiglia reale, ne teaova motivo per raccomandargli il messo di Menelik e le sue intenzioni. E dimenticando la altissima personalità alla quale si rivolgeva, con una semplicità che aveva solo icusa nella ir.tensità della fede nella propria missione, osava supplicare il Ri perchè si accordasse con il Pontefice: «Maestà, quand'io penso che Ella è arrivata all'apogeo di un re•< gno che sembrava un sogno, il mio « cuore si perde oppresso da due sen« timenti che qui non posso esprimere. « V. M. che, senza saperlo, e forse ■i. senza volerlo, ha servito fin qui la <■< divina Provvidenza, non dimentichi, < per carità la missione sublime che < hanno l'Italia e Roma sopra tutti i «popoli del mondo. Parlare del Papa .- in questo momento è questione troppo ,: delicata, egli è padre del mondo astiano od è padre egualmente e « cor più venerabile anche in ca * con Pietro : per il rispetto dovuto s Dio e per l'onore dell'Italia st * per carità non dimentichino questa «sua divina qualità e lo rispettino so-1vsf «prattutto nelle operazioni cosmo« polite del suo ministero ». Cosciente dell'ardire osato, ne domandava scusa adducendo la sua grossolanità di cappuccino invecchiato fra 1 barbari di Abissinia nella quale diceva: « vedrei molto volentieri che la mia patria ei mettesse in onorabile relazione ». Asseriva essere « po potrebbe organizzare qualche cosa i«per il bene dei due paesi», .. » messaggio il recno o„<„ i .. i. °? dello Seioa la migliore terra etiopica e il re Menelik dotato di buone qua-lite: «Se tt governo italiano ^«; dasse le Intenzioni di questo re < concludeva — e mandasse qualche « persona di cuore e di calma col tem al « potente signore d'Italia » La lettera del Massaia fu portata al Re Vittorio Emanuele II con quella di Menelik TX da un inviato del sovrano ecioano. Abba Michael, accompagnato da un giovane abissino Scioa, il quale, Per essere stato educato dai nostri missionari, comprendeva la lingua italiana. La epistola però venne consegnata al Re, dal Melegari: il tenore di essa amichevole esprimeva il massimo desiderio di Menelik n di essere accolto in amicizia dal potente signore d'Italia. Ciò aveva bramato da molto tempo: «ma, aggiungeva, non mi fu « possibile per mancanza di persone e « per la molteplicità di affari. Ora che * comincio col avere un poco di riposo «nel mio regno e che ho trovato una « persona che La conosce, ecco le raan«do un messaggero: da lui sentirà «tutto ciò che penso e desidero, affln«chè per l'avvenire ci conosciamo ed « Ella pensi a me ». Pochi giorni dopo il 6 novembre 1872 in udienza reale fu ammesso Abba Michael alla gli presentò i doni Vittorio Emanuele II, che render sempre più forte e grande l'Ita Ha e che vedeva favorevolmente la no non vedemmo che finalità"d presenza del Re: di Menelik consi-stenti in uno scudo, ima lancia pre- ziosa, un'antica spada e in un braccia- letto d'oro: e invitato a parlare, ma-gnificò la potenza del sovrano etio- pico, le ricchezze dello Scioa, la vo- lontà sua di entrare in rapporti di cordiale amicizia con l'Italia. Lodò l'opera dei cappuccini italiani, ben- visti perchè non si occupavano di po- litica, diversi in questo dai lazzaristi francesi, che per la loro eccessiva in-vadenza nellecose interne dello Scioa e del resto d'Etiopia si erano più volte trovati in cattive acque, specialmente a causa di monsign. Touvier: conclusepregando il nostro Re coll'accedere al-l'invito di Menelik n. voleva stra espansione coloniale, si come ave-va dimostrato agevolando, nel settem-bre del 1869 il suo compito, al padreSapeto, si compiacque della iniziativa di Menelik IL E, pur non prestandocompleta fede allo parole di Abba Mi- chael, comprendendo quanta esagera- cone esse contenessero, per ovvie ra- gioni, vide profilarsi la possibilità di una nostra attività coloniale nello Scioa e nelle regioni circostanti. Nell'udien-za concessa al messo di Menelik H, non nascose esser suo pensiero inviare « Se sudditi nostri per amori di studi « e di amichevoli commerci, verranno « a visitare codeste contrade, noi li rac« comandiamo con piena fiducia alla rava i migliori pionieri della nostracausa. Ma, come primo Re della Nuova Italia, a monsign. Massaia, rispondeva da par suo il 10 novembre 1S72: «^Nel-colà una spedizione condotta da uomocapace. Nella lettera, poi, che il 10 no-vembre 1872, da Napoli mandò a Me-nelik n, con doni, per mezzo di AbbaMichael, ribadiva questo concetto cosi: _«Maestà Vostra, la quale ci porgerà « cosi la prova dell'amicizia sua per« noi ». E da politico e da cattolico Vit-torio Emanuele n affidava alla tutela del Re dello Scioa quelli che conslde- « che ci gloriamo di professare pel Ca-«po Augusto della Chiesa Cattolica. I « vostri voti saranno certo esauditi,«perchè sono i voti di chi, trattenuto * lungi dall'Italia dai doveri di una no-« bile missione, sa associare nelle sue<: preghiere due cause entrambi degne «e sante: quella della religione e quel-« la della Patria >■. « l'obbedire ai cenni della Divina Prov-« videnza la quale volle che sotto il « nostro regno si maturassero i destini « dell'Italia, noi abbiamo serbato fede «alla religione degli avi nostri, nè mai«venne meno la profonda venerazioneParole veramente degne di chi eravissuto accanto al Cavour e ne aveva subito, anche talvolta a malincuore, il fascino. La missione di Antinori La possibilità di attuare i disegni di civiltà dl triustlyifl Darti m>r lo Seioa. o laregione dli'laff eq^ItoriaU a spediizione diretta dal marchese Antinori vu^i. um,™,0i0 tt a, o—mr,ocrr,ovQVittorio Emanuele II di accompagnare l'Antinori con una lettera a Menelik, in data 1° marzo 1876, nella quale, ri' cordando ciò che il principe scioano aveva scritte il 20 giugno 1872 e ave- un Tinof-ntn ii 9« o-iiin-rir> nnnnrtn "a ripetuto il 28 giugno 18 (3, quando l^evut i doni del Re Sabaudo, nel lSthtCir^ramicizia e la. sua migliore aisposizio- ne per gli Italiani che allo Scioa fos- sero andati per indagine scientifica o per motivo* commercio, raccomanda- va a Menelik la missione d? a Società Geografica Italiana. Tutto dava a spe- rare che l'Antinori ed i suoi avrebbe-;ro avuto la migliore accoglienza, tanta :pien: di simpatia e devozione era sta- tiLÌ'^Ut,<?laoodel-Re SoIoa5? aJ Sovran°d'Italia il 28 giugno 1873. Solo vi si accennava alla difficoltà che la spedizione potesse giungere sana e salva allo Scioa: «Non posso celare, — diceva « Menelik — che per arrivare al mio « paese vi sono cattivi pagani selvaggi, « per i quali vi sarà bisogno di consi« glio per lei e me ». Umberto I sale ai trono Alludeva Menelik alle noie, che allo Scioa, ed all'Italia in Assab, aveva arrecato e arrecava il rinnovato nazionalismo egiziano. E le sofferenze che esso inflisse per il famigerato Abu Beker, pascià di Zeila, in quell'occasione, all'Antinori ed ai suol, è già reso noto sia dai documenti diplomatici, sia dalle memorie di un vecchio colonialista, il Traversi. Arrivati, dopo lunghi stenti, 1 nostri da Menelik, furono dal Re bene accolti: con diffidenza li ricevettero elementi del clero copto e personaggi di corte. A vincer queste difficoltà molto Ivalse l'opera del Massaia, che, se rifiu1 tò, per un eccessivo lealismo al Pontefi- : Ce, le onorificenze che Vittorio Emanue- 'le n gn aveva inviato per l'Antinori, [agevolò efficacemente l'opera dei nostri I che ottennero la concessione di Let Mo- refià. Cosi si iniziava la nostra penetra- Lione nello Scioa, daUa-quale eccellenti frutti si sarebbero potuti attendere, se ;in Roma si fosse seguita una più seria politica. P Menelik II il 14 ottobre 1876, espres- |se al re Vittorio Emanuele II il suo | compiacimento per la presenza dell' An- ; tinori, lo ringraziò dei doni che. per ; mezzo di questo gh aveva inviato e lo, avvertì delle difficoltà che ì nostri a,-jvrebbero incontrato, se si fossero spin- ti al sud dello Scioa. Manteneva, catf quel che aveva promesso. E cli ciò sirendeva consapevole il nostro Re, j quale, per il tramite del Mertini, il 2511 febbraio 1877, ringraziava il principe 1 Scioano dell'ospitalità imissione italiana: ! « Vostra Maestà ha voluto, ■— seri, « veva Vittorio Emanuele — anche in j <: questa occasione porgerci nuove te « stimonianze dell'amicizia sua per l'I ] « talia e della sua sollecitudine per ogni « nobile impresa. Onde ci sta a cuore | « manifestare la nostra cordiale e pro¬ 1 « fonda riconoscenza». Dicevasi fidu doso che al Mertini ed al Cecchi che si | proponevano esplorare le regioni dei eoncessa alla,ri italiani. Menelik seppe abilmente de- ' stregglarsi e potè far fronte a' suoi im- ; pegni con il Negus e conservare con jnoi i più cordiali rapporti. Ci amava eILaghi non sarebbe mancato l'aiuto di;si potente sovrano africano. i Menelik fece quanto potè, ottenendo, quel, che più desiderava, che si inìzias- |se l'importazione di armi nel suo regno, ione aveva urgente bisogno, che minac-cioso si affacciava a'confini dello Scioa Johannes Negus Neghesti. Sono note ,lo vicende della campagna del 1878 nel- Ilo Scioa e le dure condizioni alle quali 'Menelik dovette sottostare per evitare j la completa rovina: condizioni, cho po- tevan avere peggiori conseguenze di ; quel che ne risultarono, per i missiona- 1 •?. pére, egli scriveva il 29 novembre « 1878, de mon ami m'a vivement af-!* feeté. Il était le tuteur de inon ro- i yaume et pour moi comme un pére j » prenant intérèt à toutes mes" af- j* faires ». E in un'altra lettera, che al- : la Maestà di Umbsrto I recò il marche- 1 se Antinori, ripeteva il suo cordoglio e 'si augurava che le relazioni di amicizia 1 da noi molto sperava. La franca parola j reale del primo Sovrano della Nuova | Italia lo aveva conquiso. E quando ne j conobbe la morte manifestò il suo vivo ;dolore a Umberto I in modo non dub-|bio: «La nouvelle de la mort de votrepére, egli scriveva il 29 novembre ,fra l'Italia e lo Scioa, si facessero più salde, quasi in memoria dell'AugustaPersona, che le aveva iniziate. Bisognava che a questa leale, ferma politica, che il Crispi avrebbe continua-to, facesse seguito quella dei ministeridemocratico-parlamentari, poiché l'ope-ra, incominciata da Vittorio Emanue- PASSAA10NTI.