Bimbi

Bimbi Bimbi ' jgNell'andito hanno acceso la luce suelettrica : il pavimento lucidato con h ficera splende come uno specchio. Da : amsull'andito Giorda- ibuna camera esce na, piccola come un batuffolo : regge appena i passi incerti, ma nel suo corpicino c'e un impeto forte e diritto cH,: contrasta vivamente con l'impaccio delle gambe. Ella vuole attraversare l'andito per recarsi in cucina, dove la richiamano ì fornelli e il movimento della cena in preparazione. Ma ecco, giunta nel mezzo, s'arresta. Qualche ostacolo è venuto d'improvviso a rompere la linea del suo moto e della sua volontà. Una distrazione? Un desiderio nuovo, nato da una causa esterna, la sta per far deviare, dopo aver cancellato il primo? Il luccichio d'una maniglia, il lampo d'uno specchio, una macchia luminosa sulla parete hanno attratto la sua attenzione ? 11 suo corpicitio resta un momento in bilico ; lo si vede quindi sforzarsi a riprendere i passi, ma tosto lasciarsi cadere a terra con uno strillo, seguilo da gridi in cui passano volta volta rabbia, spavento e disperazione. La madre accorre, solleva lja bambina, le chiede e guarda dove si sia fatta male. Ma Giordana, in alto, sul petto della madre, s'è quietata d'incanto : il suo viso tondo è chiaro, gli occhi guardano sereni e sorridenti, anche le labbra sono piegate al sorriso ; con il braccìno ella indica alla madre la cucina e con tutto il corpo si butta verso quella direzione. Ma la madre meravigliata del mutamento improvviso della bambina, cerca nei suoi occhi le tracce del pianto, cerca sulle sue gambucce nude, sui suoi braccini i segni del male. Nulla. « Dove ti sei fatta la bua, piccina mia? » ripete. Ma Giordana sembra infastidita da questa insistenza e continua a indicare la cucina con tutto il corpo, esprimendo a monosillabi rauchi il suo desiderio d'esser portata là dentro. La madre allora, per constatare se la bambina non s'è fatto veramente nessun male, la vuol riporre sul pavimento lucido. Ma questa si ribella, raggriccia le gambe, si aggrappa con le mani alla veste della madre, per risalire. L'immaginazione della madre corre già ai pericoli più gravi, alle malattie più insidiose. «Su, bimba mia, cammina! Perchè non vuoi più camminare? Mostra alla mamma che sai ancora camminare ». Ma la bambina, appena è stata sforzata a mettere i piedi a terra, Strilla, chiude gli occhi pieni di spavento, cerca un appoggio nelle braccia della madre, vi si afferra nervosamente sollevando le gambe. La madre impensierita, la porta in cucina. Ma qui Giordana riprende tutta la,sua vivacità; vuol scendere, cammina, corre, si diverte a girare intorno alle sottane della cuoca, della'madre; le piacciono le fiamme dei fornelli, lo sfriggere delle padelle, la lucentezza dei piatti preparaci sulla tavola. La madre si consola e si mette a giuocare con lei : la rincorre intorno alla tavola. Questa volta gli strilli della bambina sono vittoriosi, scoppiettanti come faville di gioia : il batuffolo del suo corpo vacilla di tanto in tanto nella corsa, ma le gambette insieme con le braccia lo riportano allegramente in equilibrio. La madre è felice : ma, assillata dalla curiosità di conoscere il mistero di prima, rincorre ora la bambina con uno scopo : la stringe sempre più da vicino, finché la caccia verso l'uscio. Giordana, infervorata dall'impegno di non farsi prendere, oltrepassa la soglia e con la faccia ridente rivolta all'indietro, verso la madre, avanza alcuni passi nell'andito. La madre la osserva. La bimba volta la testa per guardare innanzi a sè : nello specchio del pavimento l'ombra al suo fianco corre con lei. La festosità della bimba si muta di colpo in spavento : con un grido ella ritorna e si getta fra le braccia della sua inseguitrice. La madre ha capito e sorride, stringendosi al petto la bambina dal cuore palpitante. L'ombra. La terribile ombra di se stessi. Quando comincia l'uomo ad accorgersi della propria ombra ?_ A due anni, come Giordana? E tutti ne hanno sùbito tanto spavento? Forse no. Giordana è una bimba sana, ma troppo sensibile. La sua spontaneità hsechnaFeli sepsacqfcqqolescnsplnpsdlrcdsztqslbnecnprlcpalitcrzvivace e piacevole come un ra$celloLlimpido che viene a balzi giù dalmon- te: sopra la corrente scherza il sole, rMa ecco l'ombra: e o$ni spontaneità;cmceppata.Lo^ scienza. Cosi nel mezzo del giuoco, del piacere si presenta la coscienza, [coii Giordana : e il giuoco e il pia- I — " «.«•«.«♦«.- Icere sono finiti, lo slancio e arrestalo : siamo in due c vorremmo ancora iv. .tiuwivj in v. tw..- esser un solo, spensierato, impeto di !vita. Le prime volte ci si ribella, si |* * * 0 Siamo in un villaggio del Carso. I/albergo è conosciuto per la buonacucina. Le domeniche vi sostano co- prime piange, ci si dispera: ma poi ci si abi Uia anche alla coscienza. Anche Giordana s'abituerà alla sua ombra. E la madre sorride. mitive di cittadini chc salgono fa quassù, per-fare una bella camminata o per coronarla d'un buon pranzetto, Durante l'estate l'albergo ospita due o tre famiglie di triestini che vi ven-lc\a» gono a villeggiare. La padrona, e cuo- ca, è una vecchia tarchiata, dal yen- risce come una bandiera. Ella tiene «n nnlìa'in "fornitissimo" se la nicrizia un pollaio ioniii » i ^ ■piace, le impediscono di pensare alle provviste per il giorno dopo, il polla- io la salva : uova e polli ci sono in ab- bondanza, per saziare anche dieci co- jnitive. II figlio e la nuora lavorano alcuni campetti e si occupano degl: altri affari lei sola manda avanti l'albergo. Una nipotina di quattro an ni l'aiuta nei lavorucci leggeri : è lei che va a prendere nel pollaio i polli da strozzare, lei che, come una sentinellai vizile sulla pòrta dell'albergo,annuncia alla nonna, i gitanti che ar- rivano e le sa dire presso a poco il numero. La nonna la picchia o, nei momenti di grande tenerezza, se la pi- jglia sulle ginocchia e le dà da bere del suo vino. Ragionano, litigano, si con figliano, dormono insieme come due : amiche : la nonna di sessantanni e la ibimba à\$u*n™- La Piccola Fanny ha i capelli gialli come la paglia, il vi setto rosso come una mela e due occhi incassati nell'orbita, vivi e turchini come due genziane. Le famiglie villeggianti di questo anno non sono molto simpatiche alla Fanny. Del resto coi bimbi di città ella non se l'è mai intesa. Li osserva, li scruta coi suoi occhi penetranti, ma se ne sta sdegnosa in disparte. Saprebbe si parlare con loro l'italiano : sa tanto d'italiano da capire quello che dicono e da potersi esprimere, quando volesse; ma non si fida. Preferisce ascoltare i loro discorsi ; lei li capisce, ma gli altri non capiscono lei quando parla slavo con la nonna : in questo_ sente la sua superiorità e ne è orgogliosa. Le signore l'accarezzano, le mettono la mano sotto il mento per sollevarle la testa e guardarle gli occhi che sfuggono, le fanno mille moine; si ricordano anche qualche volta, specialmente quando sono in compa¬ gnia e si osservano tra di loro, di regalarle un biscotto o un pezzettino di cioccolata, che lei accetta scontrosa: ma le sente nemiche. « Fanniiii ■»: il modo mellifluo con cui la chiamano strascicando lungamente l'ultima «i» la infastidisce. E' contenta quando non s'accorgono di lei, perchè così le può tranquillamente spiare. Sa che parlano male una dell'altra, e ciò le dà un piacere segreto ; ma quando sono tutte insieme, le sente parlar male anche della sua nonna : e questo la ferisce profondamente; vorrebbe vendicarsi e si rode. Nella sala, la grande tavola a cui mangiano le signore coi loro bambini, è pittoresca nel disordine della fine del pranzo. I bambini sazi si scapricciano a gettarsi vicendevolmente delle pallottole di mollica, a ridere, a rumoreggiare : le signore parlano, discutono tra di loro, animate. A un tratto si fa silenzio. Una signora rossa di capelli, col volto infiammato si mette a parlare con tono sdegnoso : perora evidentemente una causa comune, perchè le facce di tutti i commensali l'incoraggiano e l'approvano. Fanny ha intuito, fin dal momento in cui le famiglie si son messe a tavola, che quel giorno ci sarebbe stata battaglia: da.certe frasi ha capito a volo che si stava per scatenare l'attacco. Perciò, appena l'è stato possibile, s'è eclissata dalla cucina, è rientrata nella sala e s'è avvicinata alla tavola; anzi a un dato punto è salita su una seggiola, ha appoggiato i gomiti a un angolo libero in fondo alla tavola e, infossati i pugni nelle guance, s'è messa a scrutare e ad ascoltare. Nessuno le ha badato, neppure i bambini : quasi non si sono accorti che lei ci sia. Sui piatti s'ammucchiano le ossa dei pollastri fritti, lustre e pulite fino agli ultimi nervi : i bambini ne hanno ingrassate le labbra e i menti. La signora rossa che s'è messa a parlare, dice che è ora di finirla : pollastri e uova a pranzo, pollastri e uova a cena, ieri, oggi, domani, sempre : non se ne può più : bisogna mettere la padrona con le spalle al muro e costringerla a variare i cibi o darle la disdetta e andarsene: la vecchia è una buona a nulla, una ubbriacona. L'oratrice ha finito, le altre signore stanno per applaudire e per aggiungere le loro rimostranze. Ma ecco, dal fondo della tavola, una vocina impetuosa, stridula da tanto tesa e Isferzata : « Non è vero niente! ». Le consonanti vibrano, gli accenti sono come tanti aghi che pungono, la finale è come lo scoppio d'un proiettile. Tutti si volgono sorpresi verso l'angolo donde è partita la voce. Fanny ha rizzato la testa, i suoi occhi guardano, per la prima volta, diritti e fermi : le sue guance ardono ; un braccio s'appoggia alla tavola, l'altro è rigidamente teso, col pugno stretto all'indice puntato in direzione della signora dai capelli rossi. A nessuno, nè dai grandi nè dai piccoli, è venuto il pensiero di ridere. Nell'atteggiamento di quella bambina di quattro anni c'è una risolutezza virile. — Che cosa non è vero, piccola? — chiede la signora che ha parlato con tono mansueto e conciliativo. — Non è vero niente quello che hai detto tu ! — risponde Fanny con lo stesso accento sferzante di prima. Scende, dalla seggiola e s'allontana, fissando sempre con un lampo d'odio e di sdegno la signora dai capelli rossi. Quando è uscita, i bambini scoppiano in una risata; le signore si guardano, ridono anche loro, ma non sanno liberarsi da un certo imbarazzo, GIANI STUPARICH.

Persone citate: Giorda, Giordana

Luoghi citati: Carso