Il tentativo di Jeftic di Italo Zingarelli

Il tentativo di Jeftic IL REGNO SERBO-CROATO- SLOVENO AD ONA SVOLTA Il tentativo di Jeftic VIENNA, dicembre. Seguiremo con interesse il tentativo di pacificazione e di consolidamento della Jugoslavia al quale il signor Bogolljut Jeftic, ex-ministro degli Esteri, si è accinto succedendo, alla presidenza del Consiglio, al signor Uzunovic. Nato nel 1886, Jeftic appartiene alla nuova generazione politica jugoslava, ed il Gabinetto da lui composto ai 21 di dicembre comprende uomini dall'età media di 45 anni; in Jugoslavia, come un po' dappertutto, si fa dunque strada la tendenza a ringiovanire il gruppo dei governanti, ad affidare il potere a forze non consumatesi o compromessesi in lunghe lotte. Ma per primo bisogna ricordare in quali circostanze il signor Jeftic sia diventato presidente del Consiglio, che la conoscenza di questo dettaglio è essenziale. Sui suoi connazionali Jeftic ha il vantaggio d'una esperienza occidentale europea, acquistata nel corso d'una carriera diplomatica compiuta quasi tutta nel dopoguerra, esperienza la quale gli permette di valutare, con la lucida visione propria dell'uomo di Stato responsabile, fino a che punto aspirazioni ed interessi nazionali siano conciliabili con aspirazioni ed interessi internazionali. La prova di tale maturità politica egli l'ha data a Ginevra, mettendo la Società delle Nazioni in grado di risolvere il conflitto con l'Ungheria in maniera da soddisfare il generale desiderio di pace. Al ritorno nelle rispettive capitali, il ministro degli Esteri czeco-slovacco Benes ed il suo collega rumeno Titulescu si sono fatti festeggiare come se la quiete d'Europa l'avessero salvata loro, l'uno escogitando sapienti forme diplomatiche, l'altro sfoggiando dialettica e caustica; ma se il merito di aver salvato tale quiete va riconosciuto a qualcuno, noi vogliamo riconoscerlo al signor Jeftic, che di fronte alla realtà ha saputo sobbarcarsi a gravi sacrifici e desistere da richieste assurde ed ingiustificabili, mentre benemeriti della pace europea Benes e Titulescu si sarebbero resi solo se, al momento della preparazione del memoriale jugoslavo, avessero influito sul Governo di Belgrado allo scopo di fargli adottare un tono meno aspro, così sottraendolo al pericolo che l'inevitabile compromesso futuro assumesse il carattere di una capitolazione. Appunto perchè il memoriale era riuscito altisonante e minaccioso, l'opinione pubblica serba si era abbandonata alla speranza di vedere l'Ungheria umiliata e sottoposta a controlli internazionali, e di sentire l'assemblea di Ginevra pronunziare una solenne deplorazione della vicina, la quale, viceversa, non era colpevole, ma calunniata. E una soluzione simile attendeva e voleva anche il Gabinetto presieduto dal signor Uzunovic. Risoltesi le cose diversamente Jeftic, al ritorno a Belgrado, non fu ricevuto da benemerito della patria e trovò ad attenderlo alla stazione solo il collega che l'aveva sostituito al Ministero degli Esteri; subito dopo il Consiglio dei ministri si riuniva per ascoltare la sua relazione, deliberando, alla fine, di manifestare la propria gratitudine per i Governi alleati ed amici : una parolina di gratitudine per Jeftic, che tuttavia a Ginevra aveva sudato più di una camicia e che nonostante varie intemperanze s'era pur guadagnato simpatie, non la si trovò. Essendosi il presidente del Consiglio rifiutato di modificare il comunicato nel senso da lui voluto, Jeftic si dimise, e con lui il ministro dell'Agricoltura Kojic. La crisi era aperta. Non si era però aperta una crisi ministeriale come tante, e non si trattava semplicemente di decidere chi dovesse assumere i portafogli di; ventati disponibili con le dimissioni del gabinetto Uzunovic-Jeftic. Le questioni personali passavano in seconda linea: di colpo, si presentava il problema del regime, ed il Consiglio della Reggenza era davanti al quesito se la crisi dovesse essere composta facendo trionfare il gruppo Uzunovic, che in politica interna predica l'intransigenza e vuole insistere nel sistema autoritario, centralista, ed inasprirlo, o il gruppo Jeftic che, scomparso Re Alessandro, si è dichiarato favorevole ad un mutamento dei metodi seguiti all'interno finora sopratutto in nome degli interessi d'ordine internazionale. In altre parole, Jeftic è dell'avviso che la sua politica estera non possa essere feconda se il paese non si dimostra unito e solidale, ed all'unione ed alla solidarietà egli vuol giungere pacificando e riconciliando; per contro Uzunovic ed i suoi amici pensano che l'obiettivo supremo abbia da essere l'incrollabile egemonia dei vecchi serbi: quando questa egemonia sia assicurata senza avere conceduto nulla a nessuno — nulla ai croati, nulla agli sloveni e nulla agli stessi serbi desiderosi di restaurare il parlamentarismo — allora si sarà anche rispettato nella forma la più scrupolosa, la volontà del defunto Sovrano. Chiamato a risolvere il quesito, il Consiglio della Reggenza si è manifestato favorevole alla tesi di Jeftic, ed ha affidato proprio a lui il compito di dirigere politica estera e politica interna del reame. Ma quale era di grazia, la vera volontà di Re Alessandro? E' mai possibile che il Principe Paolo, che già si rivela l'anima della Reggenza, abbia voluto sconfessare il programma del cugino assassinato a Marsiglia, negando al gruppo Uzonovic il diritto di difenderlo? Si basa o no il gruppo Uzunovic sopra quel Partito Nazionale al quale Re Alessandro, promulgata la costituzione del 3 settembre 1931, conferì il monopolio della rappresentanza della volontà del paese? La coBtituzione aveva avuto lo scopo di si¬ ml i e e a o i n e e r a i i i e à ù o l , a a l e a , ¬ mulare il ritorno al parlamentarismo, i! Partito Nazionale l'incarico d'impedire che questo ritorno avesse effettivamente luogo. Orbene, allontanato dal potere il signor Uzunovic, sollecito a dire che passerà all'opposizione e che considererà dei reprobi gli iscritti che hanno osato dare il loro consenso e il loro appoggio a Jeftic, nasce una situazione assurda nella quale il nuovo regime deve sbarazzarsi del Partito che formò, per esplicito volere del Sovrano ucciso, la base ed il sostegno del predecessore. Infatti, fin da ora si annunzia che il gabinetto Jeftic scioglierà l'attuale parlamento ed indirà nuove elezioni, previa una riforma elettorale che tolga al Partito Nazionale la citata posizione di monopolio. L'impressione che con le misure prese e con le progettate si voglia sconfessare l'opera di Re Alessandro è istintiva e, stando alle apparenze, anche fondata. Premesso che il Principe Paolo non può di certo aver mirato a tanto, noi pensiamo, però, che il Consiglio della Reggenza consideri esecuzione scrupolosa della volontà del Monarca defunto non la difesa di un sistema politico che, per Alessandro era stato un mezzo e non un fine, bensì la difesa dell'integrità della Jugoslavia. Appunto perchè il regime autoritario fu per Alessandro un mezzo e non un fine, il Consiglio della Reggenza, e con esso Jeftic, ha compreso che scomparso Alessandro le difficoltà dal regime incontrate dolessero crescere e non diminuire. La Reggenza, questo è chiaro, ha tenuto conto di due fatti: primo, che il mezzo, in cinque anni, s'è dimostrato inadatto a comporre gravissimi dissensi di natura nazionale, culturale, sociale e politica; secondo, che gli elementi nazionali contro i quali era stato applicato il mezzo vedevano in Alessandro il responsabile unico della soperchieria commessa ai loro danni. Morto il Re, si poteva dare un colpo di spugna sul passato e ricominciare, si poteva creare un'atmosfera atta a far dimenticare, atta a permettere il tentativo di ricostruire. Nulla lo dice più apertamente della motivazione colla quale, dopo tre anni di prigionia sopportati con dignità suprema, è stata restituita la libertà al dottor Vladimiro Macek; il decreto relativo invoca l'oblìo su quanto è accaduto e vuole cancellare le nocive conseguenze della condanna. Nella storia della Jugoslavia, la liberazione del dottor Macek segnerà una importantissima data! Davanti al tribunale eccezionale, Vladimiro Macek non ha cercato di sottrarsi ad una sola delle responsabilità di cui lo gravavano, e in carcere non ha cercato una sola, volta di fuggire: condannato, ha declinato offerte di portafogli fattegli purché si riconciliasse col centralismo serbo; avvenuta l'uccisione di Re Alessandro, ha espresso i suoi sentimenti di uomo generoso senza sacrificio delle sue idee di uomo politico. Per ultimo, degl'intellettuali croati, da Macek non autorizzati a farlo, hanno chiesto la sua liberazione con un memoriale culminante nella frase che la grande maggioranza del popolo non vuole l'assetto odierno, e la Reggenza, sbarazzatasi del Gabinetto che a tale liberazione si opponeva, l'ha concessa. Se qualcuno ha dunque capitolato, non è stato Macek, ma la Reggenza. La Reggenza non tiene a nascondere quanta profonda coscienza essa abbia della gravità della situazione; e anche se gli ufficiosi scrivono che l'evoluzione politica interna inaugurata risponde ai voti del Re morto, la Reggenza sa bene che, in realtà, la cosidetta evoluzione deve comniersi perchè è morto il Re. E' distinzione sottile, ma va fatta perchè di quei voti del Re non avevamo mai sentito dire... Ben può darsi, però, che ci siano sfuggiti. Il gabinetto Jeftic non è di concentrazione nazionale e riveste puro carattere di transizione. Esso non comprende nessuno degli antichi capi di r/artiti, nessun rappresentante ufficiale, di Macek, nessun rappresentante dell'autorevole sloveno Korosec. Al Ministero delle Finanze troviamo un noto radicale serbo, il signor Stojadinovic. I bosniaci li rappresenta il signor Begovic, ministro senza portafoglio. A questo Governo per ora non sorretto da una propria maggioranza parlamentare e osteggiato dagl'intransigenti serbi raccolti attorno a Uzunovic, Srskic, Marinkovic, Maximovic, Kumanudi. tocca ormai di riconciliare con Belgrado, e fra di loro, i parliti ed i gruppi nazionali che con Belgrado vivono in rotta completa dal 6 di gennaio del 1929. Questo Governo però conserva ad un posto di comando, al Ministero della Guerra, il generale Gifkovic, che ai croati fu sempre inviso, e non ha carattere veramente nazionale, perchè dei suoi membri nove sono serbi, contro due soli croati, due soli sloveni ed un bosniaco. Dei fattori sentimentali gli hanno senza dubbio creato condizioni particolarmente favorevoli per tentare di comporre le fiere liti tra i fratelli jugoslavi, ma da questo a considerare sicura la riuscita dei suoi sforzi ce ne vuole. La situazione, oggi come oggi, non consente che un banale giudizio : il Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni è ad una svolta. E per ciò che riguarda la portata internazionale della crisi belgradese, rammenteremo che la stampa jugoslava, dopo di aver promesso ai propri lettori, come infallibile risultato di Ginevra, la caduta clamorosa del gabinetto presieduto a Budapest dal signor Gombos, ha dovuto annunziare il crollo del gabinetto Uzunovic. Italo Zingarelli A QUINDICI GIORNI DAL, ■"PLEBISCITO LE FRONTIERE DELLA SAAR SONO STATE NESSUNO PUÒ' PIÙ' ENTRALE SENZA UNO SPECIALE PERMESSO. CHIUSE: