Colorazioni dell'amore

Colorazioni dell'amore Colorazioni dell'amore E| una parola dire odio, amore, |gratitudine, riconoscenza ed altri sen timenti dell'animo. Si tratta, poi, di sapere, caso per caso, come essi si colorino. Ero, da tempo, assai curioso di conoscere la natura dell'amore che unisce, già da anni, un pittore svedese mio amico, alla sua consorte, spagnuola, perchè, frequentando lui da tempo, e poi rivedendolo con la moglie, m'era parso di coglierlo in una strana trasformazione. Mi ricordo che andai a prendere I coniugi Vandersen alla Gare Saint Lazarc, un mattino d'aprile, provenienti da Siviglia e diretti a Stoccolma. Non vedevo lui da un pezzo da quando, in Olanda, s'era costrutto uno studio sopra una barcaccia, e viaggiava da una contrada all'altra del Paese, trasportato dalla corrente dei canali, e tirato da terra da un cavallo. Quando trovava un luogo conveniente ai suoi intenti artistici, si fermava e si poneva al lavoro. Le sue tele erano glaciali, anche quando non ritraevano il paesaggio assiderato di neve, o il Mare del Nord, livido sotto il cielo d'inverno : le dune, venate di tenerezze primaverili, le fiorite di tulipani, le acque trasparenti ai margini di boschetti in fiore, traverso la sua tavolozza si stemperavano in una luce polare, si rispecchiavano nei suoi quadri quasi riflessi da una superficie gelida. Quando ci raggiungeva in un caffè d'Amsterdam, dove spesso ci riunivamo in rumorosa comitiva, era capace, centellinando flemmaticamente, di vuotare mezza bottiglia di ginepro, rimanendo al tutto sereno, con un ineffabile sorriso sulle labbra pallide e negli occhi azzurri. Si beava d'una disputa artistica o letteraria accesasi con gli amici, o d'una monelleria che aveva per risultato un clamoroso rovescio di bicchieri e di bottiglie e una non meno clamorosa richiesta di bevanda alcoolica; ma non era possibile sentirgli alzar la voce una volta o vederlo in un gesto appena men composto dell'ordinario. Era un vero godimento andare girellando con lui, la notte, per Amsterdam. Conosceva gli angoli più misteriosi intorno al porto, i vicoli più J>lebei, il ghetto, e con un sorriso ento te li illustrava facendotene gustare tutto il sapore. Spesso ci facevamo condurre ad Hilversum, la contrada più ricca di giardini, e passavamo intere giornate tra le serre. Era il suo vero regno. Qui, la sua arte si esplicava in tutta la sua sottigliezza e maestria: rimaneva immobile davanti al cavalletto come se anch'egli fosse fatto di natura vegetale. Si vedeva, appena, il movimento della mano che dipingeva, e, pertanto, sembrava un prodigio, tornando a guardare la tela, di trovarla riempita. I fiori della serra vi fiorivano sopra così umidi come erano in realtà, e forse anche più morbidi, e davanti avevano il vetro, come nel la realtà. Ma sarebbe stato impossibile cogliere ed enumerare tutti i giuochi di luce, i riflessi, le sfumature, i contrasti che l'occhio dell'ar tista in un breve spazio aveva rilevato e di cui s'era valso per rendere la commozione della sua anima. Tenevo, appunto, fisso il ricordo su di una di quelle tele, e ripassavo con l'immaginazione il tempo trascorso in Olanda, quella mattinata parigina d'aprile, in cui attendevo alla stazione di rivedere, non più so lo, ma con la moglie spagnuola, il pittore Knud Vandersen — Chi sa come dipingerà, ora ! — d'improvviso mormorai tra me e me. Difatti, nessuno, in Olanda avrebbe immaginato un Vandersen sposavo, e tanto meno sposato con una spagnuola. Con una donna non 10 si era visto mai; nè mai, nei suoi quadri, era apparso un indizio di amore, Il treno, giungendo fragorosamente, mi mozzò i pensieri. Camminai controcorrente solcando la fiumana di viaggiatori che si rovesciava sulla panchina, e guardando con attenzione tutti i visi. Era possibile, infatti, che, in otto anni, quello di Andersen sarebbe cambiato. Ma non fu 11 viso d'un uomo a colpirmi per primo, bensì d'una giovane signora, dai capelli nerissimi sotto un berretto rosso e nero, dagli occhi grandi vellutati come grosse viole, con una bocca sinuosa ed un mento perfetto. Vedendosi fissata, mi fissò, mi osservò, e disse : — Certamente siete voi. — Io sono io certamente — risposi ridendo. — Knud, — chiamò allora la signora — l'ho trovato. Knud era rimasto indietro impigliato tra le valige. Non era mutato ; era soltanto divenuto leggermente più roseo. Fui contento nel notare che gli ero rimasto vivo nella memoria, come lui era rimasto nella mia. Mi abbracciò con un'effusione più calda di cui l'avrei creduto capace, e mi presentò la moglie. — Ma come ha fatto lei a riconoscermi, senza avermi incontrato mai prima? — domandai alla signora, baciandole la mano morbida e grassoccia. Il marito mi aveva descritto con 1 termini che può adoperare un pittore valente. — E poi, ho riconosciuto il meridionale! — soggiunse, socchiudendo gli occhi come se strizzasse giulebbe. Nella sua mossa piena di grazia, vi era un'intera rievocazione del Sud, con il suo sole, il suo cielo, le sue chitarre, le sue canzoni, i suoi frutti dolci. In quel momento, sentii tutto l'orrore di coloro che non vogliono considerare Parigi come una città nordica. Accanto a Teresita Vandersen, la giornata, che al mattino m'era parsa già piena di tepore primaverile, divenne pallida ai miei occhi. Ammisi ancora a denti stretti, passante da Piazza della Concordia, che— . Bell'aria di Parigi vi siane riflessi grigio-perla, introvabili in altra città del mondo. La presenza di Teresita Vandersen mi trasportava in un clima d'azzurro di sole e d'oro, al cui paragone i frastagli marmorei e le squisitezze parigine apparivano d'una grazia freddissima. Il pomeriggio, ci recammo nello studio di un amico di Vandersen, presso il quale si trovavano alcune tele di Venderseli stesso, da lui spedite dalla Spagna, per una mostra tenutasi a Parigi. Provai, nel vederle, una profonda commozione. — Ora comprendo perchè ti sei sposato laggiù ! — esclamai. — 'Pi sei scaldato al sole! Hai svegliato in te un essere che dormiva! Traverso i paesaggi di Spagna, hai scoperto nuove regioni di te stesso! Oh, Vandersen, anche gli uomini del Nord hanno nel cuore il sole, ma non lo sanno, e lo seppelliscono sotto la neve, perchè è difficile saperlo trar fuori. Tu ci sei riuscito, ed in premio, ti sci portato con te un pezzo di Spagna. Teresita Vandersen si fece rossa. — Mi perdoni, signora, se mi esprimo con rude semplicità; ma è il mio contento. Sento di amare assai di più Vandersen. Con quanta sobrietà, e quanto contenuto ardore, egli ha saputo dipingere il Sud... — Ecco Valenza — m'interruppe ella, mettendomi dinnanzi una nuova tela. — E questa è la mia casa. Il quadro era profumato, olezzava di gelsomini : a me pareva di conoscere già quel profumo. Ma certo, l'avevo nelle narici dalla mattina, da quando, alla stazione, Teresita Vandersen mi aveva fermato. Era il suo profumo. — Ecco come l'amore può compiere il miracolo di trasformare in colore un sentimento profumato dell'anima ! — dissi. La signora s'imporporò un'altra volta. Guardai Vandersen. Era trasfigurato. L'uomo flemmatico dell'Olanda, raggiava. La felicità gl'irradiava il volto, gli conferiva un'aureola di splendore intorno agli occhi, intorno alla fronte. - Ed ora che cosa farai a Stoccolma? — Mia moglie desidera conoscere il mio .paese. Io voglio rivederlo con occhi nuovi. — Sarà interessante. E quando ci rivedremo noi? Passò un minuto di malinconia. Tornammo al centro, e pranzammo nei pressi della Maddalena. Prima di mezzanotte, i Vandersen ripresero il treno. IPassano cinque anni. Ricevo spes so lettere da Stoccolma, e rispondo. Vi sono periodi in cui ia corrispondenza s'affievolisce; non, perciò, l'amicizia. Mi trovo anch'io, di nuovo, al Nord : venti gradi sotto zero. Le strade della grande città sono sepolte sotto il ghiaccio. E' un inverno feroce. Mi giunge un pacco di giornali svedesi. Segnati in rosso gli ar ticoli che riguardano una nuova mostra di Vandersen. Uno di essi ha questo titolo : « La Svezia in fiamme ». Si tratta di fiamme artistiche. Vandersen ha dipinto il suo paese con impeto meridionale. Benissimo. Io sto facendo le valige, risoluto a prendere il treno e non fermarmi che a Napoli. E se non troverò sole, continuerò per la Sicilia, e fors'anche m'imbarcherò per Tripoli. Bussano alla porta. Teresita Vandersen. — Oh, signora, quale piacere!... Scusi il disordine, sto per partire. — Anche lei? Dove vuole andare? — A Napoli, signora cara. In Sicilia, in Libia!... — Ed io ch'ero venuta!... — Perch'è venuta? — Per persuadere, insieme con lei, mio marito a rimanere in Isvezia. — Dove vuole andare Vandersen? — Proprio come lei : a Napoli, in Sicilia, in Africa. — Ebbene? Meglio di così! Per lei, spagnuola!... Teresita si mostra contrariata. — Ma come! — esclamo, sorpreso. — Sarebbe divenuta nordica lei ! — No, non è questo. Ma avevamo messo su una bella casa. Tanti amici intorno a noi. Le nostre serate di musica, i nostri ricevimenti... i più attraenti di Stoccolma!... Comprendo subito la situazione. L'astro spagnuolo ha formato in Isvezia tutto un sistema solare. E' difficile tornare dove sole ce n'è tanto ; è una perdita di valore. — Signora, — le spiego — lei crede che il suo fuoco sia inesauribile, e non è vero. Senza accorgersene, lei ne ha perduto. Non è più quella che incontrai a Parigi. Continuando a rimanere a Stoccolma, lei si fredderebbe, gradatamente, come una stella che si spegne. Perderebbe anche il suo fascino presso la moltitudine di amici svedesi. Con una nuova stagione di vita, al Mezzogiorno, lei, invece, ritorna la spagnuola eli prima. Quando ricompare a Stoccolma, la gente corre a lei come andrebbe in Riviera. Lasci fare a Vandersen, è un uomo che ha saputo riassumere Nord e Sud. Partimmo tutti e tre la sera stessa. I Vandersen sono nei pressi di Amalfi, e, per ora, non si muovono. Rotto di San Secondo agsIugscpsqeda

Persone citate: Andersen, Knud Vandersen