I luoghi del fuoco eterno

I luoghi del fuoco eterno In Russia, guest' anno I luoghi del fuoco eterno Oggi una cucina per 30.000 persone, una paga in rubli svalutati, hanno conclusa la tragedia del petrolio r o (Dal nostro Inviato speciale) BACU'. Il Caucaso tra Rostov e la costa del Mar Caspio ha una somiglianza con una regione italiana, quella che si stende fra Salerno e Battipaglia. L'ing. Omodeo, consulente in Russia per molte opere pubbliche, quali il canale tra Don e Volga, e per opere d'irrigazione nell'Aitai, ha compiuto uno studio notevolissimo in cui confronta la formazione della penisola italiana con q\iella caucasica. Chi guarda una carta geografica può \ notare questa somiglianza esteriore sotto la medesima latitudine. Mentre viaggiavo verso Bacù, mi avvicinò un ingegnere pietroburghese che veniva dalla Siberia, e sentendomi italiano m'intrattenne su questo argomento; senza essere stato in Italia, conosceva a meraviglia la formazione geologica della nostra penisola. Questo ingegnere, già sugli anni, lavorava a Novo Sibirsk, la Chicago della Siberia, dove in un quinquennio sono sorte industrie, e una città di mezzo milione d'abitanti. Ora sperava di trovar posto nel sud. Mi descriveva i geli di Novo Sibirsk: d'inverno, a buttare un bicchier d'acqua fuori della finestra la si vede gelare prima che tocchi terra. Era anche collezionista di monete, e ne vantava mia della vita primitiva russa, un rublo di rame grande quanto una pagnotta, i on cui a quel tempo si poteva comperare un uomo. Si sentiva che aveva bisogno di parlare. Parlava un tedesco lento ma precìso. A un certo punto sua moglie lo chiamò nello scompartimento. Tornò, e si allontanò definitivamente quando io gli chiesi quante macchine escono al giorno dall'officina di trattrici di Novo Sibirsk. Diventò diffidente, mi disse di non saperlo; ma non credessi che non lo voleva dire; si allontanò bruscamente. Alle stazioni le campane delle chiese erano state poste a dare ì segnali. Il treno viaggiava come al solito, a trenta o quaranta chilometri l'ora; da dieci giorni mi trovavo in viaggio, e passando da convoglio a convoglio avevo fatto conoscenza coi più vari mezzi di trasporto, dai vagoni col lanternino a candela a questi vagoni rimasti al servizio internazionale, dove l'inserviente viene ogni ora a chiedermi se ho bisogno ancora, dì tè. La vita di questa regione è più pittoresca, e la gente dà ancora l'idea d'un popolo errante. I caucasiani portano ancora i loro alti berretti di pelo, il pugnale damaschinato alla cintola è il loro unico lusso. Alle stazioni si vede la frutta; siamo nelle terre del sud aspre e ab-\ bondanti, dove la vita è naturalmente più facile e più libera, più mobile' e più varia. Come nella regione fra Salerno e Battipaglia, i monti mediocri annunziano giogaie più alte, la natura appenninica, qua brulla, là improvvisamente ricca di vegetazione, la si riconosce sotto questo cielo, e con lo stesso senso di cosa antica; qui è poi antichissima : qui fu il tetto' del mondo, il Ino. emerso dal dilli-! vio. Rari sono i paesi. La seconda, notte di viaggio per questa regione, ho intravisto il Caspio pallido e ra-\ buffato: lo ritrovo all'alba: orla unì paesaggio fra i più sti-aordinari che, abbia mai veduto. L'oro del secolo ventesimo Si ha proprio l'impressione di scendere in una dimensione diversa della terra. Per quanto la deprcssio-' ne di Bacù si trovi a venti metri sotto il livello del mare, tuttavìa lai idea d'essere al disotto della super-1 ficie abitata dagli umani c più profonda. A un tratto cessa la vegetazione già tanto stentata e la terra non è altro che un tessuto nudo, come un'enorme piaga. In questo imbuto giallo, una siepe o un albero alle fermate bastano per sembrare] un paradiso, e le donne con qualche] boccale di latte le dispensiere d'unì btpshl'laloèmrsvpScsmtOsdcnpsnhctszdtsdcsamstnqplnreuqp \ e' ' ! , , \ ì , i a -' i -1 a o e] e] nì bene naturale sostanzioso e nutriente. Ma non è l'idea della povertà; piuttosto d'un bene più grande della stessa natura, d'una ricchezza che ha sconvolto l'ordine delle cose; è l'elemento che ha dato nome a tutta la civiltà d'oggi, che ha sostituito la lotta per l'oro, che in cinquantanni è divenuto l'ossessione del mondo moderno: il petrolio. Senza conoscere la storia di questa contrada, il suo aspetto è tale da apparire sovranamente terribile. Di lontano appare come travolta da un nembo. Sotto un ciclo altissimo striato di cortine gialle come fa la luce del sole quando solca un'atmosfera brumosa, si arsiste quasi a una trasmutazione degli elementi: il Caspio a Oriente orla questo giallo in un tono sommesso di verde celeste, sferzato dal vento e si allontana divenendo caligine verso la Persia; i battelli vi navigano come in un'immobile tempesta, ballonzolando sui flutti. Tutto si riduce a puro colore, e nè il mare né la terra nè la città nè gli uomini hanno valore; ma sono ombre, luci, colori, che limitano il prezioso putridume: il petrolio. Su questo paesaggio che ricorda affannose speranze, trionfi; lotte attorno all'oro fluido, il vento trascorre rovente, sbatte porte e finestre, agita i rari alberi, spazza le strade popolate dì razze diverse e le piazze che s'intravedono come scenari oscillanti, e spianate sul mare che ricordano altri luoghi, altre città, e su questi miraggi camminano genti di diverse razze, rimaste agli scopritori, adoratori, lavoratori del fuoco eterno. Il vento vi tiene nel suo oscillare perpetuo, e in questa incertezza non v'è che un solo pensiero: il petrolio. Figurarsi quale dovette essere la vita degli uomini che si agitarono attorno a questa ricchezza; le tragedie dei cercatori e dominatori del petrolio sono oggi una memoria lontana. Si chiusero quando Nobel, lo svedese divenuto uno tra i maggiori proprietari di questo ricco fradiciume, si presentò lacero e irriconoscibile alle truppe bianche che avevano tentato il dominio di questo lembo dì terra nel 1921. La terra qui sembra una bomba Questa ricchezza è oramai sicura, burocratizzata, statalizzata: i pozzi, che divorarono uomini a centinaia, che conobbero gl'immani incendi delle rivolte operaie; ben più, le sorgenti che gl'indi e i persiani onorarono anticamente facendone mète di pellegrinaggi perchè vi nasceva il fuoco eterno, e che nella mitologia cristiana ispirarono il mito dell'Inferno, pompano ora tranquillamente l'essenza scaturita dalla putredine di immani colonie di molluschi rimusti nella profondità dei mari aborigeni. Con un movimento meccanico d'orologio, le pompe notte e giorno versano nei tubi dì ghisa l'oro del secolo ventesimo, lo hicanalano verso i depositi, lo portano nelle fabbriche roventi, Cove gli operai lavorano nudi, formano un fiume chiuso nei condotti per oltre seicento chilometri e lo versano alle navi assetate del Mediterraneo, sul Mar Nero, a Batùm. In una piazza di Bacù v'è un edificio che è una cucina per trentamila persone, gli operai dell'oro liquido. Così è conclusa l tragedia di questa ricchezza. Non sono cinquant''anni, e i giovani del Daghestan, prima di sposarsi, cercando pane pei figli di domani, s'ingaggiavano a esplorare i pozzi, si calavano in questi crateri, talvolta vi rimanevano, imbarazzo noioso, a ostruirli col loro cadavere. Erano i tempi dell'illuminazione a petrolio. Più tardi, quando le macchine nuove, dalle motonavi alle automobili agli aeroplani, sì nutrirono di petrolio, senza del quale non è più possibile ormai nè pace «è guerra, ne morte nè vita, Bacù divenne il centro sismico della rivo- Il tempio del Fuoco a Suvukanl, presso Bakù.

Persone citate: Omodeo