LA CASA E IL MONDO

LA CASA E IL MONDO LA CASA E IL MONDO Ci son topi e topi Amiche lettrici, gentili massaie, avete voi in odio i topi? Avete voi mai, nel silenzio della vostra casa, drizzato un orecchio sospettoso a un rodio leggero, subdolo, misterioso e quasi beffardo, che veniva dal segreto dei vostri armadi, o dal buio di qualche angolo remoto? Avete tremato all'idea della vostra bella biancheria sciupata, di vecchi ma preziosi abiti rovinali, di carte importanti sbocconcellato? Se si, compatirete allora a quell'Oreste Dorio, cappellaio di Verona, e, notate bene, cappellaio da signora, il quale aveva' perduto la pace dei suoi giorni a causa di un grosso topo il quale si cibava essenzialmente di quei nuovi feltri, riducendoli in uno stato pietoso. Inseguito a bastonate, il topo scappò su per una gronda, il cappellaio accese sotto la gronda un fuoco di stoppa, soffocato dal fumo il topo cadde e finì sul rogo di stoppa. Il cappellaio fu accusato di crudeltà e condannato a una multa, ma il giudice lo ha invece assolto, perche il suo era un caso di legittima difesa. Tutte le massaie saranno d'accordo col giudice... Ahimè, non tutti i topi sono come quelli delle fiabe, così carini, vezzosi, maliziosi, sapienti. Penso a quei topi che il dottor Axel Muntile descrive nel suo famoso Libro di San Michele, quando al tempo del colera di Napoli, racconta che per la disinfezione delle fogne milioni di topi invasero la parte bassa della città, precipitandosi nelle case come cani arrabbiati. Erano calvi, colla coda lunga e rossa, occhi feroci, iniettati di sangue, denti neri, lunghi, appuntiti... Mordevano gli uomini e le donne, divoravano i bambini... Può esservi uno spettacolo più orrendo? «Mai in vita mia ho avuto tanta paura di nessun altro animale come di questi topi impazziti » scrive il Munthe, e se aveva paura e orrore lui, figuriamoci le povere donne. Altro che quei gentili topini da nulla che servirono tante volte al Gavarni e ad altri caricaturisti dell'Ottocento per quelle stampe piene di grazia: una donna salita strillando sopra una tavola che si stringe intorno alle fragili caviglie l'ampia gonna dei tempi romantici. La sonnambula Un egregio borgomastro di un paesetto sassone, si era sposato con una donna di grazioso aspetto e di solide virtù, almeno in apparenza, la quale aveva presentato solo una strana particolarità il giorno del matrimonio : era, prima del banchetto nuziale, improvvisamente scomparsa. L'avevano ritrovata in treno che se ne andava verso l'ignoto. Curiosa distrazione ! Pare che lei si scusasse dicendo che aveva perso la testa per la troppa felicità. Durante i primi tempi di matrimonio ebbe frequenti queste distrazioni; ogni tanto scompariva, fino a che alla fine si scoprì che la donna era sonnambula. Ed essendo dimostrato che si era pure sposata in istato di sonnambulismo, vale a dire d'incoscienza, il marito fu tutto contento di liberarsene divorziando. Proprio il contrario del tenero Elvino del melodramma. La sonnambula musicata dal nostro divino Bellini. Lui invece era tutto contento di scoprire che la sua Amina, non l'aveva tradito, no, ma se aveva l'abitudine di sgusciar fuor di casa al buio in camicia da notte e si faceva trovare sui sofà degli alberghi dove c'erano i forestieri, era soltanto perchè la gentil donzella era una sonnambula e poteva entrare e uscire a suo piacimento dalle finestre, camminare dormendo sull'orlo dei tetti o sul ponte del mulino. E tutti contenti a cantare per conclusione: Innocente, e a noi più cara Bella più del tuo soffrir - Vieni al tempio, e a pie dell'ara - Incominci il tuo gioir. Ricordo la prima volta che assistetti a quello spettacolo a un'età in cui il fatto che si svolge sul palcoscenico è estremamente importante: e come mi pareva strano che quel fantasma vagante sui ponticelli non ispirasse all'innamorato Elvino il più salutare spavento. Allora non capivo ancora che l'amore è più forte di tutto... Eroine moderne Nè dei topi, nè delle sonnambule deve avere il menomo timore quella moglie di Jean Piccard che ha accompagnato il marito nella sua ascensione. I giornali annunciano: « Gli stratosferisti Jean Piccard e sua moglie, nella loro ascensione del 23 ottobre hanno raggiunto l'altezza di 17.672 metri. La signora Piccard è dunque una stratosferista. Parola astrusa che ha qualcosa di magico, un sapore di fiaba, di leggenda. Noi, povere donne senza ardimenti, guardiamo a queste eroine con occhi attoniti, ammirati e increduli. Di che son composte queste creature intrepide? Di che metallo è fatta la loro natura eroica? Come spiegarci la loro possibilità di compiere cose a cui rilutterebbero anche molti uomini forti? Ma forse la spiegazione non è poi tanto difficile. La signora Piccard accompagnava infine suo marito. Alla base del suo ardire doveva esserci la solidprietà coniugale. Vale a dire che si tratterebbe pur sempre di un fenomeno d'amore. Non vogliamo dire con questo che le donne possano compiere atti eroici soltanto quando un uomo amato sta al loro fianco. No, vi sono individualità femminili, solitarie e forti, splendide di volontà e di genio che non traggono ispirazione da nessuno, se non dal loro animo invitto. Ma la donna che non può giungere a tanto e che chiude tutto il suo mondo nella sua famiglia, può fantasticare che anc'.e lei forse potrebbe rischiare la vita quanto un'altra se si trattasse di dividere la sorte con quegli che ama. Carola Prosperi

Persone citate: Axel Muntile, Carola Prosperi, Innocente, Jean Piccard, Munthe, Oreste Dorio, Piccard

Luoghi citati: Bella, Napoli, Verona