Il treno fra i lama a 4000 metri

Il treno fra i lama a 4000 metri VIAGGIO I3ST BOLIVIA Il treno fra i lama a 4000 metri qnmncl'gcgtclativshbniuss'(©AL NOSTRO INVIATO SPECIALE)' UYUNI, ottobre. Il treno per la Bolivia parte da Antofagasta una volta alla settimana e dovrebbe essere in coincidenza con l'altro treno della cosidetta longitudinale cilena che vicn su da Santiago e da Valparaiso ogni venerdì; ma siccome nessuno si sogna di fare tre giorni di errovia attraverso la pampa quando può comodamente compiere il viaggio per mare in soli due giorni, l'internazionale per La Paz non aspetta coincidenze a parte lo stesso giorno e qualche ora prima che arrivi il treno dal sud. Eppure queste linee ferroviarie — in tutto circa 2500 chilometri — che per ora s'ignorano a vicenda e hanno orari così dispettosi, dovrebbero essere nientemeno che i primi tronchi della grande rete intercontinentale panamericana destinata ad unire un giorno i paesi più meridionali del Cile e della Argentina col canale di Panama. Bel sogno del quale si rallegrerebbe assai l libertador Simone Bolivar che voleva i Sudamericani tutti amici e tutti fratelli; ma di questo passo si va poco avanti e anche i tempi sembrano ora poco propizi agli accordi ferroviari internazionali. Intanto, in attesa di poter prendere, dicono gli ottimisti fra qualche annetto, il grande espresso pànamericano, dobbiamo accontentarci di andare passino passino da paese a paese; prima le salnìtrierc del Cile ad una ad una, poi il deserto intorno al lago di borace di Ascotan, poi lo fredde cime di Uyuni, poi le miniere di argento e di stagno di Oruro e finalmente il cuore della Bolivia fra i tre e i quattromila metri: trentotto ore per 1200 chilometri. Un quarto d'ora di fermata Il treno è internazionale, ma le apparenze sono quelle di un modesto omnibus: una carrozza con letti, una carrozza ristorante e poi gli scompartimenti di prima e di seconda dove si ammassa la folla triste e silenziosa degli operai e dei minatori. Come precauzione, per quando saremo vicini ai quattromila metri, c'è in ogni vettura un armadietto con una riserva di ossigeno. Alla partenza poi, e la notizia è davvero consolante in questi paesi, gli amici mi avvertono che il servizio della carrozza ristorante è gestito da una impresa italiana; come in tutte le fer rovie del Cile, del resto, e in gran parte di quelle dell'Argentina. Appena fuori d'Antofagasta si va tra un fitto polverìo che toglie il respiro e arrossa gli occhi; è inutile chiudere porte e finestrini e- barricarsi dentro la cabina letto; la polvere pene tra dappertutto, acre e soffocante; do po una cinquantina di chilometri il tre no ha il colore della sabbia e del salni tro e tra il fumo della locomotiva che si affatica a salire e la nuvola che vieti su dalla terra, non si vede più nulla. Il quarto d'ora di sosta che il capotreno ci concede ad ogni stazione è ben meritato; non solo per noi che abbiamo bisogno di scendere a sbatterci gli ubi ti bianchi e terrosi e a respirare un po' d'aria pulita, ma anche per gli abitanti dei paesi che al traversia ino; il treno nel deserto è un gran conforto; qui poi ('• un'occasione che capita una volta sola alla settimana e multi ne tip-'pro fittane per andare con la famigliai e con gli amici a prendine il te nella \ carrozza ristorante. Tanto, non c'è fretta: in tutto il viaggio non si riesce ndrmtsqscglnldfabtdnddfaseasad avere un orario ferroviario e nessuno quindi può protestare per eventuali ritardi; si riparie quando tutti [hanno fillio di prendere il loro' tè; quando ormai In stazione non c'è più nulla da fare. Qualche ora prima del confine comincia il controllo dei passaporti; se non si hanno tutte le carte in regola, oi visti del Console, della polizia, del'autorità sanitaria e dello Stato Maggiore militare, non si entra in Bolivia; 'è la guerra, sembra che ci siano in giro molte spie e i forestieri son tenui d'occhio anche se vengono dal Cile he ora è un paese d'amici. Per tutta a notte nel mio vagone è stato un coninuo andirivieni di soldati e di agenti n uniforme e in borghese; mi hanno vidimato il passaporto quando stavo spogliandomi per andare a letto, mi hanno svegliato a mezzanotte per timbrarmelo un'altra volta (forse volevano vedere se in pigiama ero ancora o), poi ogni tanto qualcuno bussava e un viso color del pan biscotto appariva sull'uscio della cabina magari solo per scusarsi di avermi disturbato. Nel dominio dell'indio non ha che alcune migliaia di Arauca ni nella regione del Cantili; e anche quest'estremo fortilizio indio dovrà a Il passaggio della frontiera è avvenuto senz'alcuna emozione; stazioni deserte, caselli disabitati, montagne rocciose color della ruggine e finalmente, dopo Ollague, una fila dì paletti bianchi e una grande scritta sulla sabbia: « Viva Citile ». Usano molto da queste parti scrivere sulla sabbia e sulle pareti nude delle montagne; anche sui ìnonti che circondano Antofagusta, come su immense lavagne giale, sono scritti a caratteri cubitali nomi del buon vermut di Torino, del'automobile americana che sferraglia dappertutto, della sigaretta che non fa male alla gola; e siccome lì non c'è altro panorama da guardare, la pubblicità è fatta a colpo sicuro. Dopo il confine siamo ormai sull'altipiano a circa 1)000 metri; è finito il dominio del bianco e comincia il dominio dell'indio, checiua ed aimarà, le due razze più pure di tutta l'America del Sud. A queste altezze dove è di/ ficile anche respirare, dove chi non è abituato non può compiere nessuno sforzo fisico senza grande fatica, il bianco è sempre forestiero e spaesato e anche quando riesce a resistere e ad acclimatarsi, si trova sempre in una triste condizione d'inferiorità. L'indio silenzioso, l'indio paziente, l'indio che non si ribella, che non si sa mai donde venga e dove vada e che d'improvviso appare all'orizzonte dietro una lunga fila di bianchi lama, è il gran signore di questa terra arida e sconvolta, dalla crosta ghiacciata e dalle viscere ardenti; vecchissimo, superstite forse di epoche remotissime e di grandi cataclismi; non scende mai dai 4000 metri; non ha altro amore che i suoi lama, non ha altro vizio che la coca; e il suo mondo è questo deserto altipiano, vasto come un continente, che domina le valli dei grandi fiumi e le foreste vergini. — La gran fortuna del nostro paese — ?iti diceva un compagno di viaggio cileno — è di non avere un problema indio; mentre infatti la Bolivia ha l'S5 per cento di indii e di meticci e il Perù su sei milioni di abitanti ne hu quattro di indii e uno di meticci, il Cile su quattro milioni e mezzo di abitantitsdtvqmragpoco a poco cedere all'avanzata dei bianchi che da una parte discendonoda Tenute» e dall'altra risalgono daValdivia. E sa a che cosa dobbiamo questa fortuna .' Alla tenace, tremenda residenza opposta dagli Araucani al e | tempo dell'invasione spagnola. Gli Incus del nord fecero largo alle truppe di Pizarro e accolsero anzi il conquistatore con grandi feste: gli Araucani del sud, come avevano sempre resistito accanitamente agli Incus che più volte tentarono di sottometterli, così, quando arrivarono gli Spagnoli di Aimagro e di Fedro de Valdivia, preferirono farsi ammazzare piuttosto che arrendersi. Guerra lunghissima, stragi, orrori, ma intanto la razza indigena a poco a poco si spense e i bianchi rimasero padroni assoluti del paese. Nel Perù e nella Bolivia, invece, l'indio non ha fatto altro che tirarsi in là, cedere un po' di posto ai barbuti invasori che venivano dal mare; niente guerra, ma resistenza passiva; la civiltà bianca in quattro secoli ha mutato ben poco degli antichi costumi; non solo, ma nel Perù, per esempio, oia sembra che gli indii vogliano mettersi all'avanguardia, affermare la loro superiorità, non soltanto numerica, sui bianchi; se andrà ad Arequipa e al Cuzco sentirà parlare del movimento aprista, che è sorto alcuni anni fa per la rivendicazione dei diritti dell'indio contro il bianco usurpatore. I cammelli della montagna Passiamo da stazioni clic sembrano veri e propri accampamenti di indii; ora nessuna famiglia vieni, più a prendere il tè nella nostra carrozza ristorante; vengono invece gli indii a far mercato intorno al treno: tappeti, scialli, cappellini di paglia bianca, pelli di vigogna e di lama, cesie di frutto, terrine di riso nero in salsa piccante coscie di capretto arrosto, succhi di coca, idoli di creta e di Irono: un bazar tetro, miserabile, graveolente che pare anche più triste perche nessuno grida, nessuno parla. L'indio taciturno per natura, sempre occupato a masticare la sua pallottola di enea che gli gonfia la guancia come se 0visse in bocca una grossa noce, nini disrute mai, non risponde, pare che min ascolti neppure quando gli si parla: appena un gesto per mostrarvi la mercanzia che ha stesa per tara e poi un lungo sguardo obliquo, con gli occhietti a mandorla socchiusi, inebetiti. Più in là. verso Uyuni, arriva con tutto il corteo tiri suol lama che passeggiano lungo il treno, impettiti, austeri, pieni di sussiego; annusano l'aria, entrano nell'ufficio ibi capostazione, guardano la locomotiva che fuma, mettono il muso dentro i finestrini, non s'impauriscono mai. Li hanno chiamati i cammelli tirila montagna; sobri anch'essi, camminatori instancabili; il deserto a metri è il loro paradiso e non fanno festa che alla terra magra e sterpasti, alle bugne di spini che crescono fra i sassi, olle muffe secche che orlano i binari della ferrovia. Lenti, silenziosi, vecchissimi come gli indii che li aeconipugnano; anch'essi non si ribellano inai; tutl'al più, se qualcuno li maltratta, esprimono il loro malumore sputandogli in faccia. A poco a poco cala In sera, senza lampi di tramonto, sen.a lumi nelle case: il fischio del treno inni sveglia nessuno; nessuno parte, nessuno arriva; le stazioni non limino iiiù nume: gli uomini, ammantati uel Imi) poncio scuro, stum ombre immobili; il c'ubi .si tinge di viola e i» lontananza, sulle i I<*»"« ,lci >"""'> «'"''■ '»"<"«»« »"'o',''i- luccica il bianco delle invi, ai p<" s« arriva ad Uyuni e si comincia o ««' accorgersi clic in a ! guerra, l\ Holiria e e la Ettore De Zuani I LAMA IN UNA STAZIONE DELLA LINEA ANTOFAGA STA . LA PAZ

Persone citate: Pizarro, Simone Bolivar