Orizzonti aerodinamici

Orizzonti aerodinamici Orizzonti aerodinamici Che un posto così ci dovesse essere, l'avevo sempre pensato; presentilo, in qualche punto della vasta terra, senza averlo incontrato, anzi, neppure veramente cercato. Ai muri, pendevano grandi disegni : grafici, piante prospettive, sezioni e proiezioni di piante; sugli scaffali e il tavolone al centro del lungo studio, calchi e modelli, in gesso, legno, colorati, a vetri, di teatri, navi, automobili e locomotive, simili e dissimili in tutto da quanto si vede, naviga, ruzzola e fischia finora. •Ma più di tutto, sotto l'ampia finestra orizzontale, che formava sfondo al lungo studio, mi attirava la teca di vetro, dove in guisa di gioiello troneggiava un modellino di aeroplano, tutto apribile, smontabile e scomponibile. Aeroplano? sarebbe stato il caso di chiamarlo, miticamente, un vascello volante; oppure, prosaicamente, un albergo volante. Lontano dai più belli, più grandi aeroplani in esercizio finora quanto l'odierno transatlantico dai primi piroscafi, che Napoleone vide bordeggiare a Sant'Elena. Credo che queste impressioni dovessero provare i nostri padri, a leggere Verne, quando anticipava il sottomarino, l'aviazione e la « grossa Berta » ; uno sbalordimento e un gioioso indolenzimento di occhi, spalancati a forza su nuovi orizzonti : quasi una vertigine. L'autore aveva esordito nella pittura e sul teatro. Dal 1919 al 1924, ancora giovanissimo, era stato scenografo di più di cinquanta produzioni, fra cui memorabile il Miracolo, con la regìa di Max Reinhardt, tutto il Ccntury Thcatre di Nuova York interamente trasformato in cattedrale gotica, per sfondo e ambiente alla leggenda medioevale. Uno strepitoso successo, due e più anni di rappresentazioni ininterrotte, il palcoscenico divenuto abside e la sala transetto della chiesa, illuminala solo da due finestre a vetri istoriati, alte trenta metri. Fama, lavoro, ricchezze assicurate, con quella posizione certa e redditizia, anche per l'avvenire, che Nuova York dà ai suoi beniamini, e quella celebrità, anche internazionale, che gli prometteva Parigi, dove già lo avevano chiamato a mettere in scena Giovanna d'Arco. Buttò via tutto, si mise allo sbaraglio della dura e durevole realtà, al posto della cara e fallace illusione teatrale. Sopratutto, era affamato di trovare rispondenza immediata tra i mezzi dell'arte e il nostro tempo. Creare nuova bellezza, nelle tipiche forme d'oggi; improntare i nuovi o rinnovati, tipici bisogni dell'oggi, sullo schema della bellezza eterna, elevandoli, giustificandoli, esaltandoli, in rigorosa forma di logica estetica : questo è il credo di Norman Bel Geddes, costruttore. • • • Sì, questi bisogni del nostro tempo devono ricorrere all'arte anche per venire, in essenza, giustificati, oltreché glorificati nella forma. Ogni cosa non organica anche nell'apparenza esteriore, non è neppure funzionalmente completa. L'occhio ha un suo istinto, che va educato e aggiornato, come ogni istinto, contro le pigre ritrosie e le morbosità neofobe, ma le cui ripugnanze, i cui fastidii profondi sono indici, inconsapevolmente giusti, da doverne tener conto. La sgnera Catareina di bolognese memoria aveva ragione, trentanni fa, di vagheggiare l'acquisto di un'automobile, però, con una bella pariglia da mettergli davanti. Il treno di una volta, l'automobile sino a poco fa, sembravano diligenze e vetture, scappate ai loro cavalli. Basta aver veduto il popolare Gamba de legn, che sino due anni addietro, sbuffava puff-puff di fumo acre e rumoroso da Vigentino a Milano per la via bianca tra le marcite; e l'altro tram a vapore che arrancava la sua spola da Roma su per il sereno colle tiburtino. Parevano ancora le buffe incisioni del 1830, prima del vapore, tanto la nostalgia del traino animale era in loro presente e viva. Esempi, di quanto sia lenta la funzione a evolvere l'organo . e perfezionarlo. » » * Non per passione politica, da cui lo credo alieno, ma per meditate ragioni di buon tecnico e costruttore razionale, Norman Bel Geddes è contrario allo spreco frammentario e caotico del liberismo e capitalismo individualista. Ammira i grandi programmi d'insieme, lungimiranti, di vasto respiro, che solo ai poteri pubblici è dato concepire e attuare, a differenza dei suoi compatriotti che preferiscono i brancolamenti dell'empirismo pratico ai vincoli e al giogo dei troppo rigidi programmi. La nostra èra, egli dice, sarà caratterizzata dal disegno, in quattro fasi : disegno preordinato di piani e riforme, per organizzare una nuova struttura sociale, a base di lavoro, agiatezza e riposo ; disegno di costruzione industriale, per alleviare con la macchina la fatica bruta; disegno di ogni oggetto pratico quotidiano, per renderlo conveniente, economico, piacevole e durevole; disegno in tutte le arti, per inspirare la nuova epoca. Fanatico e unilaterale come tutti gli apostoli, egli afferma che una nave e un aeroplano possono dare altrettanta emozione quanto un quadro di Michelangelo, le cascate del Niagara; Shakespeare o la Duse. Nel che, evidentemente, confonde la qualità dell'emozione, che è ben diversa, secondo le facoltà a cui fa appello. E in questa diversità risiede una gerarchia di passioni e una gerarchia degli oggetti che le destano, che è a sua volta una gerarchia di nobiltà spirituale. Senza essa, non esisterebbe il culto del grande, del sublime, dell'eroico, perchè questi culti si compendiano in uno spirito di disinteresse dall'utile e distacco dal ma¬ trtslolevipfiippmpemsnmfgtnèspedlmmcizoumiidcglnbtebdm«lnlpszlpccpzmcqdgvnnq1otuvzinv a è à , i ¬ teriale. Un oggetto utile, e, in generale, un manufatte/materiale, non potrà mai esaltare l'animo alle religiose altezze, a cui lo rapisce soltanto la bellezza senza riferimento pratico, opera della natura o dell'arte. , Questa bellezza comincia proprio là dove finisce l'utile; non perchè esso lo ripudii, ma perchè lo esalta : va oltre e arriva più in là. L'utile è il trampolino, dal quale la bellezza parte, per salire verso Iddio, giustificare l'utile, esprimerlo, glorificarlo in forme di logica estetica. Geddes si propone di attuarla con rigorosa pu- czza per le forme della velocità. * * » Il problema della velocità, come produzione di forza, è arrivato ormai tanto oltre, che quasi tocca un punto morto. Carbone, nafta, gas, elettricità, sono capaci in sè di rendimenti illimitati. Il nodo della questione ora si è spostato, dal modo di produrre l'energia, al modo di contenerla e trasmetterla. Dalla combustione e la forza per vincere la statica della gravità, si passa ora a studiare il materiale e la forma, per vincere la dinamica della resistenza. Il nemico non è più la massiccia terra, bensì l'elastica aria. E questo, per tutti i trasporti. Soltanto un fenomeno di pigrizia e di viscosità mentale ci impedisce di comprendere e applicare in tutta la sua portata questo principio, oramai universalmente riconosciuto e mostrato. Una goccia d'acqua, che cada attraverso l'aria calma, assume istantaneamente la forma di perfezione aerodinamica, cioè quella che offre il minimo di resistenza all'aria, una sfera quasi ovale, salvochè è terminata a cono aguzzo. L'automobile, il treno, il bastimento, quali furono ideati sinora, continuavano a procedere sulla base delle modeste velocità di altra volta. La forma del veliero a prora aguzza era ben calcolata per fendere l'acqua. Ma l'aria, squarciata con enorme rapidità dai bolidi d'oggi, turbina in sacche, vuoti e risucchi, a lottare con i quali si sprecano enormi energie. Il solo parafango o il parabrezza a linea interrotta, bastano a disperdere forti velocità. Geddes lamenta cordialmente e tristemente « la tremenda inefficienza » com'egli la definisce, di un'automobile moderna, che correndo a 75 chilometri l'ora, consuma più di metà energia per vincere la resistenza dell'aria. I primi esperimenti furono fatti, semplicemente rovesciando le carrozzerie di serie, in modo da arrotondarle innanzi, e terminarle a forma di prora. Più tardi furono sovrapposte carrozzerie di linea aerodinamica alle carrozzerie normali, e pur raddop piandone il peso, bastò questa corazza liscia, a uguale energia, per aumentare la velocità del quindici per cento. II Geddes ha contribuito più di qualsiasi altri alla trasformazione della scatola rigida, rettangolare, spigolistra, che il vecchio brougham, la vecchia vittoria, il vecchio laudati dei nonni trasmise in legato risibile alla nostra automobile. Egli fonde tutti quei salti di piani e angoli di spigo 10, dei quali ognuno rappresenta un ostacolo, un pericolo, un rallentamento e uno spreco, in una sola linea unitaria, morbida, tondeggiante, avviluppata, che non provoca turbolenza di vortici e risucchi. Il treno da lui ideato è tutto tondo, gigantesco innesto di tubi in vetro e acciaio scorrenti su ruote e rotaie, per uno scivolìo rapido e incessante, senza urti e senza scosse, quale di immane velocissimo lombrico. Bisogna utilizzare, egli dice, l'onda iniziale causata dal movimento nell'aria, quale mezzo, e non quale ostacolo alla propulsione. * * » Pure essendo evidentemente influenzato dal Le Corbusier, come ogni architetto e tecnico moderno, il Geddes vede nella casa non tanto una « macchina da abitare » secondo la espressione del francese, quanto l'organizzazione collettiva di un sistema di isolamento e di intimità individuale e personale. Le sue concezioni spaziano per tutti i campi della costruzione tecnica moderna — dal teatro ch'egli ha ideato apposta per potervi rappresentare con personaggi ia Divina Commedia di Dante, e che è un persistente sogno della sua vita — al duplice teatro di stato di Karkoff, chiuso con posti per duemila spettatori, aperto, per sessantamila persone raccolte in piazza; dall'aeroporto rotatorio sul fiume Hudson al grande edificio pubblico, ai tipi standard di casette economiche private, per operai o contadini, in città o in campagna; dalle vetrine e gli arredi di negozio, alla nuova radio, alla cnciy na economica tipo, perfetta, oramai entrambe adottate su larghissima scala. Ma le sue trovate più complesse e geniali, che fanno sognare e fantasticare, sono le navi e gli aeroplani, gi ganteschi e completi organismi, al cimi già realizzati, altri no, nei qua li ripudia il principio che « una nave sia solo un albergo fluttuante » e ri chiama l'architettura navale allo svi luppo delle sue proprie linee natura 11, e sprona l'architettura aviatoria all'inaudita audacia e novità costruttiva di un aeroplano gigante, con 26 motori, intercambiabili e sostituibili in cinque minuti e in pieno volo. Attraverso tutti questi esperimenti, lo guida un principio unitario di razionalismo estetico, coraggioso, sincero e onesto. Niente camuffatura, niente « stile di maniera » applicato dal di fuori verso l'interno, ma « stile » vero, nato, connaturato e operante dal di dentro, dalle intime e sostanziali ragioni pratiche e ideali, dell'organismo costruttivo, ed espresso verso l'esterno. Margherita G. Sarfatti. m

Luoghi citati: Milano, Nuova York, Parigi, Roma, Sant'elena