La squadra che avremo di fronte

La squadra che avremo di fronte La squadra che avremo di fronte Le due squadre che devono incontrarsi a Londra mercoledì prossimo stanno percorrendo le strade di arroccamento, i camminamenti coperti che le devono portare al campo della lotta. La mobilitazione ò avvenuta contemporaneamente in Inghilterra ed in Italia. Gli inglesi hanno annunciata la loro formazione lunedì sera: gli italiani si son trovati riuniti la mattina seguente. Le mosse dei due partiti vengono seguite dagli, appassionati con una curiosità ed attenzione quale raramente finora si era verificato. E' facile esagerare in materia dell'attesa di cui il pubblico circonda un incontro internazionale calcistico, ed in realtà di solito si esagera in propo sito> Ma c|uosta volta c|Uanto si dice e si scrive in materia risponde in modo pieno ed assoluto alla realtà. Mai finora l'Inghilterra si era mossa e commossa tanto per una gara con squadra continentale. Si tratta di una vera e propria agitazione per notizie, per biglietti di entrata al campo, per previsioni, per sostegno ad una causa o ad un principio. Ce ne vuole per far perder la calma ai freddi e flemmatici inglesi : ma questa volta ci si è riusciti. La partita giuocata dall'Austria due anni or sono a Stamford Bridge sta, a petto dell'attuale, come una vettura a ca valli sta ad un'automobile, in fatto di importanza ed interesse. Basta un dato: allora il vecchio campo del Chelsea, a Stamford Bridge, che ha una capienza metà di quello su cui giuocherà l'Italia non fu riempito che a tre quarti; ora il modernissimo recinto dell'Arsenal, a Highbury Hill risulta già venduto completamente, come posti, dieci giorni prima dell'incontro. Ma l'interesse maggiore è dato, più che dalla passione di chi assiste, dall'attività di chi opera. Non si commette errore asserendo che mai finora la Federazione britannica ed tecnici in genere hanno dedicato tanta attenzione e tante cure alla formazione ed alla buona condotta della squadra. Chi non ha dimestichezza col calcio britannico si meraviglierà, ma l'abitudine degli incontri internazionali è che i giuocatori si riuniscano poche ore prima della gara, nel giorno stesso della gara, si stringono la mano: « How do you do? How are you? » e vanno sul campo. Così, lucplalaoinddaofepfgtpi ertdinvrcdrufd«cn«cgdpcsdgtqmCapdfnfclRdnqlgmggisenz'altro. Intese, preparazione, al lenamenti, amalgama: niente. Le società curano tutte scrupolosamente la preparazione fisica e tecnica, e qualcuna cura anche la preparazione morale. La Federazione, nulla. I successi internazionali ottenuti fino a qualche anno fa sul continente ed anche in seguito sul patrio suolo eran dovuti essenzialmente al solido impianto del giuoco in Gran Bretagna ed al grande, enorme numero di giuocatori di classe disponibili. Ogni volta l'Inghilterra avrebbe potuto formare dieci squadre nazionali della forza di quella messa in campo. I giuocatori erano così abituati a lavorare su una stessa falsariga, che, avvicinati l'uno all'altro, funzionavano come le parti di una macchina dopo il montaggio. Ora la cosa cambia. Ad onore del calcio italiano si potrebbe citare il fatto che gli inglesi hanno osservato con vivo interesse quanto si è fatto nel nostro Paese in materia, ed ora senz'altro fanno per la prima volta quello che noi facciamo da anni. Dati e documentazioni interessanti, che' sarebbero qui, per più di una ragione, fuori luogo, si potrebbero citare in materia. Basti dire che la squadra verrà questa volta riunita, alcuni giorni prima della gara coll'Italia, in un albergo nel nord di Londra, non lontano dal campo di Highbury e che il comando tecnico ne è j stato affidato ad un membro della ' Federazione, il sig. Huband. Non ha nessun significato il fatto che questa persona sia il tesoriere della Federazione. Dove la Federazione inglese ha mostrato in modo speciale di volersi allontanare dalle consuetudini, è nella composizione della squadra. Fu per la prima la Lega a dar l'esempio. La Lega è cosa differente dalla Federazione in Inghilterra. La Lega è l'organizzatrice del Campionato, la Federazione è l'ente che presiede alle sorti del calcio inglese in genere: aj Lega e il ministero degli interni, la Federazione è il ministero degli e- , sten e la Presidenza del Consiglio m- sieme. La tradizione vuole che, quan do uno dice bianco, l'altro dica nero. In tutti i Paesi del mondo appartiene alle impossibilità materiali il trovare I due persone — peggio ancora il tro- vare due enti —- che la pensino aaòo- lutamente allo stesso modo sulla composizione di una compagine rappresentativa. Il calcio fu creato per la discordia delle menti. Non per nulla, esso, « circense » del momento, occupa tanto le menti. Ora, mai, nella storia dello sport inglese era successo che Lega e Federazione scegliessero la stessa squadra, appunto per le ragioni sopra accennate. L'incontro coll'Italia ha operato il miracolo. L'una ha confermato l'operato dell'altra, al cento per cento. Venne l'incontro di Stamford Bridge contro la Scozia: l'Inghilterra vi fece una prova tutt'altro che soddisfacente. V'era di che preoccuparsi, alla fine della gara, per i responsabili. Che difetti d'assieme e cattivo rendimento di singoli affiorarono qua e là nel corso dell'incontro. La situazione era difficile. Una di quelle situazioni nelle quali, se, invece di guardare all'operato, si avesse tempo di guardare all'operatore, si avrebbero rivelazioni su quelle che sono le reali doti di competenza, di carattere e di coraggio dell'operatore stesso. Di solito, in Inghilterra, quando una squadra perde o. per lo meno, fa brutta, figura, si ricorre ad una di quelle misure che si chiamano « sweeping changes » : cioè un gran colpo di scopa, via tutti i protago nisti, avanti altri uomini. Avanti « otros toros » dicono in Spagna. E così facile la cosa, in Gran Bretagna, con la ricchezza dei mezzi a disposizione. Il giuocatore vi fa un po' la. parte del sacrificato o del sacrificando — al suo primo passo falso — ma poco importa. Questo è uno dei motivi principali per cui in Inghilterra il numero degli incontri internazionali di un giuocatore, per quanta fama egli abbia, non assurge mai al livello del continente. Tommy Cooper, il capitano dell'unità che si allineerà contro di noi mercoledì prossimo, è un anziano, ed è l'uomo della squadra che ha rappresentato, fra gli undici prescelti, il maggior numero di volte l'Inghilterra. La ci fra? Quindici. Il livello massimo toc cato da un giuocatore inglese? Quel lo di Bob Crompton del Blackburn Rovers, dell'anteguerra, il compagno di squadra — temporibus illis — del nostro Billy Garbutt del Napoli: quarantadue! Sul continente, in Italia, in Austria, in Francia, in Ungheria queste cifre si superano in molti casi con facilità. Tornando alla situazione dopo la gara Lega Inglese-Lega Scozzese, il gran pubblico, abituato ai sistemi imperanti si attendeva proprio una lc M u, 1,„ j 1 i tono nel cambìar di quelle misure di facile effetto che tutto. Ne venne, invece, una conferma della squadra, salvo due eccezioni, di cui una sola dettata da preferenza, e l'altra da forza maggiore. Sulattenti » di fronte a questa mi- I sura. Che ci vuol forza d animo e di convinzione, quando si opera in pub-1 blico e non si ha camminato a sod- disfazione, per lavorar secondo quelo che la coscienza dice. « Never change a winning team » — mai cambiare la squadra che ha vinto — è facile: « not to change a losing side » — non cambiare una squadra che abbia perduto —■ è difficile. Eppure è una di quelle misure che, mostrando forza in chi dirige, ispira forza e serenità e fiducia e fermezza in chi deve obbedire. L'uomo che si vede sacrificato al primo passo falso che fa, non può aver fede in chi lo dirige, non può credere in chi cerca di salvar sè stesso innanzi tutto. Si avvilisce anche di fronte a se stesso. L'uomo, che, avendo errato, si vede porgere un'occasione di riprendersi e si sente riconfermato diventa un gigante se ha sangue nelle vene: un gigante per sè e per la causa che difende. Così è stata composta — per di sgrazia nostra, bisogna dire — la squadra inglese che ci sarà contrap posta a Highbury mercoledì prossimo. Una squadra che si batterà con cuore. Cinque uomini dell'Arsenal, due del Manchester City, due del Derby County, nove giuocatori presi dal vincitore del campionato, da quello della Coppa e dal serbatoio tecnico del Yorkshire: i rotti a Stoke City e ad Everton. Stupirà, per coloro che erano a Roma nel maggio del 33, l'assenza di Goodall, il "terzino destro. Quel magnifico sportivo che è Goodall — a Roma fu il miglior uomo in campo — sta ora sostenendo una dura lotta su due fronti: la prima contro una noiosa ferita ad una gamba, la seconda per portare, per lo meno in zona di salvezza, la sua squadra, lo Huddersfield Town, che, dopo di aver vinto nei decorsi anni Coppa e Campionato sta ora arrancando disperatamente ai piedi della classifica. Cooper, che lo sostituisce come posizione e come capitano, fu a Roma come riserva. Meraviglierà parimenti l'inclusione di Bastili come mezz'ala. Non è una novità. L'ala sinistra dell'Arsenal comparve sei volte in nazionale come mezz'ala sinistra. Fu provato contro la Svizzera, la settimana dopo dell'incontro di Roma, ad iniziativa del defunto Chapman. Fu riprovato poi, in casa, contro il Galles e l'Irlanda, ed ebbe infine l'onore della gran gara annuale, Inghilterra-Scozia. Tornò poi in lizza nella estate contro l'Ungheria e la Cecoslovacchia, sul continente, sempre avendo Brook, il rivale del Manchester City, come compagno. Fu sempre un successo. La fisonomia della squadra inglese è particolare. E' squadra fatta per il risultato: nel temperamento degli uomini, nella formazione, nella velocità, nella splendida vigoria. Una squadra che non è fatta per cincischiare, ma per mirare al sodo. Una squadra di combattimento. I tecnici inglesi la definiscono la migliore che sia stata posta in campo nel dopoguerra. Mira al campionato del mondo, questa squadra. E' un vero peccato, non poterle offrire, a questa squadra, che un incontro coi campioni del mondo. E' un vero peccato dover dire, a così buoni sportivi, che se aspiravano al campionato del mondo, dovevano venire a disputarlo dove e quando fui tino invitati a percorrer tutta la dura via da noi e da altri percorsa coi salti quotidiani dalla padella nella brace, e logorarsi le ossa al fuoco concentrico e continuato di un nucleo di avversari agguerritissimi. Disputare un campionato, non una gara, cioè. Peccato, da buoni sportivi, non poter loro offrir che una gara. Vittorio Pozzo gdcdletetmcdtvsncpffqilnpgdagtrttlpmdcPicfisSnsgpmPptrlptls ffi Piove o no? » si chiede Serantonl sbucando dal sottopassaggio dello Stadio Mussolini.

Persone citate: Blackburn, Bob Crompton, Chapman, Cooper, Goodall, Mussolini, Never, Tommy Cooper, Vittorio Pozzo