Le due Germanie di Giuseppe Piazza

Le due Germanie Le due Germanie BERLINO, ottobre. Chi rifletta che un Reich tedesco non è possibile e non è mai esistito senza l'egemonia statale della Prussia, e che prussianità vuol dire tutte le cose che vuol dire, alla testa e al postutto delle quali ve n'è una sola, cioè «protestantesimo», costui avrà in mano già un'ottima chiave per spiegarsi tante e tante cose del Nazionalsocialismo, delle sue intime contradizioni e dei suoi rischi. Nato e diventato adulto in Baviera, proprio nella Mecca di tutto quel che vi può essere di più antipiussiano, e diretto da un cattolico, il Nazionalsocialismo — al pari di ogni altro movimento che sia mai pervenuto a dirigere la vita tedesca — non è per questo meno un movimento prussiano e protestante. Come assertore, anzi, dei valori più autenticamente germanici, e come restauratore di essi per la via più rigorosamente unitaria che sia mai stata battuta finora, esso è prussiano e protestante al cento per cento, in confronto di qualsiasi altro mai regime tedesco precedente. Non si sottrasse a questa legge assolutamente determinante della vita statale unitaria della nazione tedesca nemmeno il regime di Weimar, con tutto il suo astrattismo unitarista e il suo agnosticismo religioso: e sebbene esso scacciasse dalla porta tutti quei valori storici, sociali e dinamici, che avevano fino allora costituito la molla e il segreto dello « Stato di casta »' prussiano, quei medesimi valori gli rientrarono per la finestra del principio numerico, che assegnava alla Prussia, come è noto, nella nuova costituzione, quella maggioranza preponderante sugli altri Paesi del Consiglio del Reich, la quale con così democratica ipocrisia rassomigliava fedelmente al feudalissimo voto duplice dell'antica Casa dei Signori, ridando senz'altro al prussianesimo la direzione dello Stato. L'Idea la spunta sempre, anche attraverso il Numero. Senza di ciò, senza almeno questo po' di calcificazione realistica nelle sue povere ossa, il regime di Weimar non sarebbe forse nemmeno riuscito a camminare quei suoi pochi quattordici anni, tra gli urti delle stirpi tedesche. Non basta essere socialdemocratici Ser sottrarsi alle leggi della storia, la non basta nemmeno esser nazionalsocialisti. Così è che il Nazionalsocialismo, venuto da Monaco a Berlino da dove si dirige la vita tedesca, dovette subito prussianizzare molte cose del suo precedente programma e repudiare molte delle sue astratte ubbie socialiste. Nasoeva così, ad esempio, da queste nozze prussiane del Nazionalsocialismo, quel « socialismo feudale » che già rilevammo nella riforma terriera attuata a mez> zo del vecchio diritto di successione agraria, nasceva così la soluzione precapitalistica e antisindacale data alla questione sociale, e nasceva infine quella bizzarrissima fra le più bizzarre creature di quelle mistiche nozze, quella riforma unificatrice del Reich cioè, la quale con l'abolizione dei Paesi, e la fusione di ormai tutti i ministeri prussiani nei rispettivi ministeri del Reich. lascia tuttavia sussistere, come campata in aria, la carica di Ministro Presidente della Prussia, conferendole per di più tale potenza determinante nella vita del Reich, da lasciar pensare che non già la Prussia si sia — secondo l'espressione tecnica — « disciolta » nel Reich, ma questo, se mai, si sia rappreso e solidificato nella Prussia ! La Prussia è la Germania, non già perchè per grandezza e numero di popolazione costituisce i tre quinti del Reich, ma per il suo spirito missionario, originalmente e intransigentemente germanico, che, moltiplicato per queste sue proporzioni, fa necessariamente impallidire e indietreggiare la funzione storica transigente di qualsivoglia altra tra le stirpi tedesche. Quando il Nazionalsocialismo dice di essere un Ordine, e di fondare uno Stato-Ordine, esso si richiama allo spirito missionario impresso, agli albori, alla Prussia, dai Cavalieri teutoni, fondatori dello Stato sugli spalti d'oriente. Questo spirito missionario prussiano non ha mai cessato di esistere, come una luce fedele, appartata nell'angolo nord-orientale del cielo tedesco, anche quando è parso offuscato dal maggior splendore e dalla potenza delle stirpi tedesche d'occidente; e dal suo posto di sentinella s'è costantemente ingrandito, fino a imporsi a tutte le stirpi sorelle e finalmente a riunirle. Vi sono, così, due Germanie: una, quella del Sacro Romano Impero, a noi vicina, che Dante invocò, perchè non fu in sostanza se non un riflesso del sole di Roma, l'altra quella dell'Ordine Teutonico, da noi infinitamente lontanata; la prima, che toccò la grandezza già nei primi secoli, e poi a mano a mano si offuscò e si assottigliò, la se conda che cominciò sottile e som messa e a mano a mano nei secoli s'ingigantì e allargò fino a sovrapporsi a tutto il resto. E' su questa seconda che opera ultimamente il Nazionalsocialismo. Per esso la Germania, la vera la sola Germania non è già quella occidentalizzata e marginale, la Germania renano-danubiana, lambita prima dai Cesari e poi dai Papi e aggiogata per sempre, sia pur% con la legge dell'alternata attrazione e repulsione, al sistema solare romano ; bensì è quel; la nord-orientale, che fissò e indurì fin da principio il sangue e il carattere nella lotta di difesa dall'incessato assalto del flutto slavo. Questa Germania, che non transasse mai anche quando fu piccola, nè si lasciò abbagliare dalla grandezza dell'altra, e che rappresento sempre in seno a quest'altra l'opposizione, resistette secoli come Ordine monacale militante, finché nel 1525 divenne Stato, quando, ravvivato l'Ordine all'improvvisa fiamma della Riforma, l'ultimo Gran Maestro, l'Hohenzollern Alberto di Brandenburgo ricevette l'investitura statale e fu primo Duca di Prussia. Dietrodvvf alBrandenburgo, ispiratore e consigliere e animatore della sua politica e della sua lotta, sta nessun altri che il capo stesso della Riforma, Martin Lutero. Nasce così la missione di Kònisberg, capitale politica della Riforma, la « Wittenberg dell'Est », dove davvero, per la prima volta nel mondo, Cesare esautora il vicario di Cristo sulla terra. Più tardi, a Konigsberg stessa, Emanuele Kant « decapiterà — secondo l'espressione carducciana — Iddio ». Ecco pienamente sorta, nel più ricco dispiegamento della sua divisa e nella piena maturità del suo spirito protestante, la Prussia! A Oriente come a Occidente, aperto le si offre il campo di milizia e di misura. E significativo, e non certamente casuale, è che, così a Occidente come a Oriente, così a Roma come in Polonia, è sempre la cattolicità con cui essa si misura nascendo, e contro cui deve affermare la propria personalità e difendere la propria integrità; cosicché, non soltanto nella lotta di affrancazione da Roma, ma anche in quella di difesa dallo slavismo, il prussianesimo si rivela e si confer ma fatalmente, per natura, due volte antiromano! Questa Germania è quella che oggi il Nazionalsocialismo riscatta e rileva in pieno. Rosenberg dice bene che essa non ha per progenitore il cristianissimo re Carlo Magno, bensì il paganissimo germanico suo avversario Vitichindo. Essa non è la Germania dei sacri Imperatori che innaffiano, senza visibile frutto, di sangue tedesco la terra del Sud, degli Imperatori che vanno a Canossa o partono per le Crociate; non è la Germania del Barbarosia che va alla fine, incomprensibilmente, a morire in Terrasanta, a maggior gloria del vicario di Cristo e per interessi così poco chiaramente germanici; nè la Germania dell'altro Hohenstaufen che, mentre, i Cavalieri dell'Ordine fanno d'acciaio il loro spirito sugli spalti estremi del germanesimo. si fa in un'isola del Sud centro di un sistema di cultura e di potenza italogreco-latino e perfino saraceno, tutto tranne che germanico! E' la Germania dei Wettini, degli Ascani, dei Welfi; la Germania di Ermanno von Salza, di Enrico von Plauen e degli altri Gran Maestri, fino al primo Duca Hohenzollern, che guardarono sempre con avversione e preoccupazione il pericoloso spostamento della potenza imperiale germanica verso l'innaturale centro di gravità sud-oc cidentale, e non cessarono mai di costruirle ponti per il ritorno al suo compito d'origine centro-nord-orientale; è la Germania di Federico il Grande, dispregiatore di tutte le chiese e fondatore della potenza militare prussiana; la Germania che Napoleone tentò di distruggere nella Prussia, e che gli Stein, gli Scharnhorst, i Gneisenau pazientemente ricostruirono, rendendo solo così possibile la nuova Germania; la Germania infine di Bismarck, sulla cunatura intimamente protestante iKulturkampf anticattolico getta cosvividi barbagli di luce... Ma il realismo politico di Bismarkcome seppe nel campo internazionale arrestare a tempo a Sadowa la marcia prussiana di annessione deglStati cattolici del sud. così seppe in politica interna fermare il Kulturkampf al limite preciso oltre il quale un proseguimento della lotta avrebbe potuto compromettere l'unità nazionale del Reich biconfessionaleUn pericolo di un nuovo e più grave Kulturkampf sarebbe costituito oggda una troppo netta identificazione del Protestantesimo con lo Stato nazionalsocialista, dal prevalere cioè dquel « Protestantesimo politico » che vorrebbe fare dello Stato la colonna e lo strumento della Riforma, fino all'obbiettivo di una Chiesa Nazionale di tutti i tedeschi verso cui iprimo passo dovrebbe essere il riscatto del Cattolicesimo Nazionale dalla sua direzione ultramontana. Saffetta di credere e si propaga che il Cattolicesimo tedesco sia maturo per questo distacco da Roma! Quando il Vescovo del Reich afferma che « tra Evangelismo tedesco e Regime Nazionalsocialista non v'è bisogno di Concordato, perchè non v'è Discordato, essendo l'uno e l'altro la stessa e identica cosa », e quando ripete la sua formula « un popolo, un Reichuna Chiesa», egli non fa altro che proclamare quella pericolosa identificazione e annunziare senz'altro itemuto Kulturkampf; e le sue parole, e più ancora le sue azioni, svalutano completamente le affermazionhitleriane di tolleranza e di libertà religiosa!... Se un vero e grande pericolo minaccia questa Germania nazionalsocialista nell'atto di riprendere la sua missione prussiana e « germanica » tra le stirpi tedesche — sulla quale nessuno potrebb'essere che avesse qualcosa da eccepire — questo pericolo è solo quello di bruciare, per eccessivo ardore unitariotutti i ponti verso l'altra Germaniainvece di costruirli, come fu sempre cura dei suoi predecessori, dai Gran Maestri al Gran Cancelliere. Queche è necessario è un delicatissimo calcolo dell'esatto punto realistico d'incontro tra l'ordinata del movimento unitario nazionale e le ascissesia interne che estere, della biconfessionalità e delle residua polistatalità dei tedeschi. Un errore, anche minimo, in questo calcolo potrebbe risultare fatale. Il Nazionalsociali smo ha brillantemente debellato iPartéiènstaat, il Klassenstaat e la Keinstaaterei, realizzando successi vamente d'un fiato l'unità di partitol'unità di classe e l'unità di Stato ma il suo insaziato ansito unitario gli giuocherebbe probabilmente un brutto tiro se lo inducesse nella errata convinzione di poter ininterrottamente proseguire la progressionunitaria, sul medesimo piano e comedesimi metodi di forzatura politica, anche nella sfera superiore dell'unità religioso-nazionale. Dopo daver raggiunto al dettaglio quelle trunità, esso rischierebbe di giuocarsele senz'altro all'ingrosso, allargando probabilmente fino all'incolmabill'abisso fra le due Germanie. Giuseppe Piazza