ALBERGHI di Marziano Bernardi

ALBERGHI ALBERGHI Più d'ogni altra cosa gli pesava, giungendo, il ripetersi monotono degli atti, sempre i medesimi, disperatamente uguali. Un viaggio notturno, torbido, con nomi di stazioni ignote gridati nel buio, il brivido dell'alba cenerognola, e poi ecco — prima del sopraluogo, dei contatti con persone sconosciute, prima di riempire in furia le cartelle bianche per urlare poi in un microfono tre colonne di stampa a qualche centinaio di chilometri lontano — ecco la nausea dell'albergo. Il solito albergo : o che il suo mestiere l'avesse sbattuto in una città dove poche ore prima s'era attentato alla vita di un sovrano, o in una stazione climatica invernale a intervistare una qualsiasi «celebrità», oppure in un paese nero di carbone con le bare delle vittime ancora aperte. In qualunque luogo, in Austria come in Francia, in Italia come in Ispagna od in Siria conosceva il meccanismo di quei gesti appena modificati dal temperamento delle razze, l'inchino del portiere, la mano tesa, con quel pezzo di manica gallonata, a ricevere il passaporto, la croce azzurra sulla scacchiera delle camere, l'aprirsi del cancello dell'ascensore, 1 aprirsi della porta della stanza assegnata, il momento di attesa lì in piedi col soprabito addosso e il cappello ancora in testa, fra l'uscita della cameriera e il bussar del facchino con le valige, lì ad assaporare il leggero ribrezzo per le cose non nostre, anonime, di tutti e di nessuno, di cui pure ci si dovrà servire: un letto, un armadio, un lavabo, un bicchiere. Meglio se i minuti stringevano impedendogli anche un tentativo di confidenza con quegli oggetti estranei ; alla sera la fatica avrebbe reso opache le sensazioni ed il mattino dopo un principio di abitudine si sarebbe stabilito col lavarsi, col radersi e il vestirsi fra i muri indifferenti. Ma se invece sapeva d'aver tempo e lo muoveva una voi ta di più il bisogno di creare una specie di simpatia con l'ambiente per dare ordine e significato ai suoi pensieri, il disagio cresceva fino a farlo esitare ad aprir le valige, a cavarne fuori gli indumenti indispensabili, qualche libro, lo svegliarino, un portaritratti per animare quella solitudine, a spostare il tavolino più in luce verso la finestra. A che prò quest'illusione di voler essere se stesso là dove invece tutto gli ricordava d'essere soltanto il viandante che ogni giorno deve ricominciare la vita? Finalmente scrollava le spalle, accendeva una sigaretta, s'affacciava al davanzale. Saliva alla camera, oltre un boschetto di leandri polverosi nel giardino, il rumore del mare invisibile. Inumana quella voce, per lui che cercava umanità nelle case fatte pel passaggio degli uomini ; eppure se ne sentiva quietato e raddolcito. Avrebbe risposto, uscendo, al saluto del gerente. Gli pareva adesso che se si fosse sentito male ed avesse chiamato, qualcuno sarebbe venuto ad adagiarlo su quel letto straniero con una certa pietà, forse con un gesto e una parola di conforto. L'albergo era grande e silenzioso — albergo che sta per chiudersi a stagione balneare finita; e ne accresceva l'invincibile tedio la spropor zione dei saloni vuoti ed immensi coi pochi villeggianti rimasti : l'inevitabile famiglia inglese, l'ancor più inevitabile giovane coppia tedesca, alcune signore sole, un giovanotto. Sui tavolini riviste e giornali numerosi ma vecchi; i lampadari già avvolti di tulle pendevano incappucciati dai soffitti abbagliando le pareti bianche ; e in quella luce senza ombre, senza intimità nè riposi, in quella luce da acquario solcata dai passi felpati dei camerieri il pranzo procedeva con solennità funerea. Non sentiva quella dozzina di commensali il supremo ridicolo del suo discorrer sommesso, dei gesti meticolosamente studiati, delle attese interminabili sopportate stoicamente piuttosto di alzare la voce per chiedere un po' di mostarda? Gente che a casa sua certo parlava forte e rideva e si moveva mangiando e magari discuteva, s'irritava, rimproverava i bambini, qui fatalmente subiva l'inesorabile tirannide dell'albergo e ammutoliva sacrificando se stessa al nume di una conven zionalità non imposta da nessuno, cui sacerdoti officianti erano quei quattro camerieri in marsina. E fosse stato così soltanto in questo salone, per il gelo e la noia e la malinconia dello scorcio di stagione. Ma quella gente egli la ricordava in altri luoghi, in cento luoghi diversi, a San Remo come al Cairo, a Caifa come a Lisbona, sempre la stessa, con gli stessi volti, gli stessi sorrisi meccanici e incancellabili, lo stesso modo di dare il passo a una signora passando nella sala di lettura, lo stesso scostar la seggiola per sedere al tavolino del bridge, lo stesso sussurrare a tavola sporgendo il viso sopra la sogliola con pommes de terre nature, lo stesso sfogliare distratto il magatine viennese. Da quanti anni il medesimo vecchio ammiraglio inglese atassico, col cornetto acustico appeso all'orecchio, girava il mondo al braccio di una moglie scheletrica nello scollo dell'abito verde? Certo dalla stessa epoca remota dalla qua le il portiere s'inchinava al nuovo ospite, e la cameriera domandava se il signore desiderava qualcosa, ed il facchino bussava all'uscio per entrar con le valige — se quella coppia egli l'aveva incontrata a Brioni, ad Ostenda, a St. Moritz, ad Assisi, a Capri; e se dovunque fosse andato, a Monte Estoril oppure a Nazareth, l'avrebbe di nuovo avuta dinanzi insieme con lo stesso bicchiere di por cellana nel sostegno nichelato sopra il lavabo, immagini degli angusti limiti del mondo, della monotonia terribile che attende su tutti i confini chi si ferma alle apparenze della vita e crede che il nuovo stia nel diverso. Pensava soprattutto, con pena in¬ filavmlastvlosdsovslicpindfslalubilpttrndscgdvdmamacbdtcvbtdi dmneignsdgasstvrdspsuusdetzgpsccrmlaq inita, alle illusioni di quanti lasciarlo a casa con gioia, per lo svago del iaggiare, per la vacanza- strappata minuto per minuto, lira per lira, al avoro quotidiano ed a qualche dometico largheggiare sacrificato. Vedea lo sventolìo dei fazzoletti sul moo quando il piroscafo comincia a costarsi e crea coi primi due metri 'acqua verde il primo distacco ineorabile. Letizia e saluti che gli daano adesso un'angoscia pungente, imile alla pena che destano certe fecità modeste quando naufragano ol loro grigiore se una nuova imrovvisa realtà suscita negli umili nattesi confronti. Paragonava l'aviità di allargar le conoscenze con la acoltà di approfondire sia pure una ola sensazione, purché dia questa a certezza di una verità assouta; e si domandava se la febre del viaggiare che ha preso l mondo — crociere di otto giorni er toccar tre continenti e dieci pori — del viaggiare inteso più che alro come ansia di orizzonti diversi on fosse un segno della instabilità ei destini, d'una rinunzia a cotruirli tenacemente : non fosse, speialmente, un oscuro istinto di ingannare la vita per non scorgere il declino d'una civiltà. Forse una nuova forma di ascesi — l'ascesi della dissipazione spirituale — opposta ma non dissimile da quell'altra che veva condotto, quindici secoli prima, gli eremiti negli spechi e in cima ai monti? A quali lidi ideali (poco ontano gli approdi materiali) avrebbe spinto codesta fiumana di viandanti la smania di movimento freneico che riportando in onore il vechio orientalismo ottocentesco faceva sognare a zitelle, a impiegati, a bottegai nelle sere invernali minarei e palmizi, porpore di tramonti e un dilungare di carovaniere? Ora oltre marmi lucidi e gli stucchi gelidi dell'atrio banalmente sontuoso dove migliaia di persone scese da un treno per salire su un piroscafo erano e sarebbero passate senza lasciarvi mpronta di se stesse, egli vedeva grandi case provinciali di generazione in generazione abitate dalla medesima famiglia con memorie di cose e di eventi tramandate da padri a figli, vedeva cucine capaci con donne affaccendate ai fornelli, camere vaste coi letti dove si nasce e si muore, sempre i medesimi. E gli saliva inorno, col senso della terra conservata e ereditata, quello di una vita radicata a una realtà sofferta e goduta ma certa, definita, unica, e forse eterna. E ricontemplava in un passato non troppo lontano, in una sera estiva lunare, la torricciuola di una villa di campagna affacciata da un poggio sui vigneti, con un cipres so esile accanto fra qualche rosetodove una volta l'avevano condotto ed egli aveva capito che sarebbe stato dolce vivervi, anche per anni, senza cercar altro. Allora davvero le centinaia di migliaia d'alberghi sparsi pel mondopalazzi torreggianti con mille finestre sulle passeggiate imperiali o bicocche di montagna spinte fin sui valichi alpini, dimore decorose profferenti con mite ipocrisia il « trattamento famigliare » oppure schiette locande plebee dai cortili luridi, glapparvero gli innumerevoli altari dquella religione folle e necessaria che ci incita ad uscire da noi stessi, cosacrificio dei sentimenti più fidi, per seguire il mito della conoscenza e dell'azione. Sacerdoti di un culto dappertutto uguale erano appunto codesti sterminati eserciti mercenari dai gesti implacabilmente ripetuti legioni di portieri, camerieri, valletti celebranti con uffizio invariabile in ogni angolo della terra il rito dell'e vasione dalla vita quotidiana davanta folle prosternate alle gioie del di verso. Si rimproverò i suoi ribrezze i suoi rancori per degli inconsapevoli, uscì dall'albergo. La sera era dolce e tepida, la luce cruda dei fa nali sul corso non giungeva all'oscu rità della spiaggia deserta. Il mare respirava ampio e nero spingendo la schiuma biancastra a disfarsi sulla rena. E in quella solitudine lo prese un bisogno prepotente e austero dun volto di donna o di bambino che nel cerchio della lampada gli sorridesse come si sorride soltanto nella casa nostra. Marziano Bernardi mm LA SPLENDIDA STRADA TURISTICA DA ALBOGASIO ALLA FRONTIERA REALIZZAZIONI DELL'ANNO XII IN PROVINCIA DI SVIZZERA, UNA CUNEO DELLE

Persone citate: Brioni, Nazareth, Vedea