LE ARTI

LE ARTI LE ARTI Italiani in Germania La grande collezione, edita dalla Lireria deliri Stato a cura del Ministero egli Affari Esteri, che, iniziatasi con li studi del Maggiorotti e del Manroni su gli architetti e i colonizzatori aliani nel medioevo, si propone di ilustrare in una serie vastissima di voumi sontuosi tutta quanta « L'opera el genio italiano all'estero ■>, affronta ra — fatica particolare di Federico Hermanin — un argomento del più alo interesse: Gli artisti italiani in Germania dal principio del medioevo all'iizio del secolo XIX. Questo primo voume, bellissimo anche per l'ormato, arta, stampa e illustrazioni che tra gure nel testo e tavole separate soo duecentoquarantaquattro (Roma, lie 270), tratta degli architetti; nel seondo l'Hermanin parlerà degli sculto, stuccatori e ceramisti, e nel terzo ei pittori e degli incisori. Anche solanto a sfogliar le immagini un panoama immenso s'apre ai nostri occhi. Ma a passar poi al testo dove l'Hermain ha elencato nomi, testimonianze, otizie con una precisione talvolta un oco arida e monotona ma necessaria l carattere più documentario che eseetico dell'opera, ci prende veramente n orgoglio per questa forza irresistiile d'espansione, per questa ricchezza nesausta di capacità di lavoro e di geialità di cui il costruttore italiano — rtista oppure esecutore — dà prova in dai secoli bui obbedendo ai richiami della gente del Nord, smaniosa di uce latina, ed infiltrandosi con migraione incessante dalle alte valli lombare attraverso la Svizzera lungo il Reno ino in Scandinavia. « A Lund a cotruire la magnifica cattedrale svedese avorano indubbiamente gli stessi maetri lombardi, che per Enrico IV impeatore, fra il 1082 ed il 1106, avevano avorato a ricostruire il duomo di Sano Stefano a Spira ». Lasciamo per un momento il campo ell'indagine storica e tentiamo con un iccolo sforzo di fantasia di ricrearci n tempo ed in esso gli uomini col farello dei loro sentimenti e pensieri. Eco: una catena formidabile di montane mal note dai passi infidi dove la ufera imperversa e la leggenda alligna paurosa divide l'Alta dalla Bassa Europa. Là son le nebbie e le foreste eutoniche di cui Tacito resta ancora l descrittore, qua le bianche nubi soeggiate e le pianure ridenti italiane. Le comunicazioni son scarse ed incc-re: Per giungere dalla valle padana in Slesia o nel Brandenburgo o nel Melemburgo occorrono settimane e set«mane di viaggio a piedi. Come salgo10 a Trevlri o ad Aquisgrana, a Colo"la °PPure a Magdeburgo le notizie che n °-uesto 0 <Juel bor^° lta lano laT vora un architetto o una schiera di maestri muratori adatti a costruire un duomo, a rifabbricare un convento? Se i pensa alle mille peripezie cui va inontro un messaggio affidato magari a mercanti che sostano di paese in paee per dei mesi, oggi taglieggiati dai adroni, domani moribondi di peste in una capanna, la cosa ha del misterioo. Eppure un bel giorno, quasi miraolosamente, il messaggio perviene in quelle mani, forse in un villaggio della Val Mesolcina, patria gloriosa dei maestri comacini. E' un vescovo Nicezio che intorno al 550, volendo a Treviri rifar l'antica cattedrale fondata sulle mura di un edificio classico romano, si rivolge a un suo amico Rufo, vescovo di Torino, e questi gli invia maestri pratici di costruzioni in pietra, scrivendogli: « Artifices de partibus Itaiae accitos ad vos transmisi v, è l'imperatore Ottone III che nell'anno 997 chiama a decorare il Palazzo e il Duomo d'Aquisgrana un tal pittore Johannes. Allora il piccolo uomo, Johannes pittore oppur l'ignoto architetto di cui manco ci è pervenuto il nome, si mete in viaggio per vie maestre e poi per ripidi sentieri incontro alle nevi alpine e ai grandi fiumi allemanni. Lascia moglie e figli che forse non rivedrà più. Ha con sè l'esiguo bagaglio dei pennelli e dei compassi, la pianta del Duomo di Novara o di Aquileja; spinge la sua mula, e va. Passeran gli anni, e un giorno quell'artista scriverà nel tempio magnifico sorto per il suo ngegno una dolorosa parola di nostalgia e di rimpianto: «A patriae nido rapili t me tercius Otto », dal patrio ni- sarà creata; e un italiano — ancora una volta — vi avrà lasciato la sua impronta. E dal medioevo si passa al Ri¬ do mi tolse Ottone terzo. Ma l'opera nascimento, e via via ai secoli barocchi e al neo-classicismo. E' nella seconda meta ,del Quattrocento che in Germaua' doDO "uecentocinquant anni chera cessata, ricomincia a tarsi sentire ra 'influenza italiana e romana, con l'ammirazione dei principi germanici e di grandi mercanti come Francesco Fugger (una specie d'Agostino Chigi tedesco) per l'opera dei nostri artisti, da Giovanni Maria Nosseni ai mantovani Sigismondo, Antonio e Bernardo al Pon2an0i al viviani, al Pallago, ai maestri grigi0nesi Paar e Niuroni, Gabriele do Gabrieli, all'Albertalli, ai Barbieri, alo Zuccalli, ai Viscardi, a Gaetano Chiaveri che alza la stupenda Chiesa di Corte di Dresda, ad Alessandro Galli Bibiena autore della Chiesa dei Gesuiti di Mannheim, al suo successore nella Corte Raballiati, ad Antonio Petrilli, a Giovanni Francesco Guernieri che il Landgravio d'Assia, Carlo, chiama a disegnargli il parco di Wilhelmshóe sui "cordi di Frascati e di Tivoli, e finalmente al neo-classico Giambattista Sa- >u,cc\ architetto della Corte del W ur temberg. Da Treviri ad Aquisgrana' «a Augsburg a Magonza, da Colonia a Dresda, da Passavia a Ltutwigs- burg da Monaco a Mannheim, larte ed u pensiero italiano han dunque portHt0 luce con le loro torme serene ,.u a loro equilibrio classico di idee e di azione. E' bene lo si sappia. Ed è bone i0 si ricordi: in Italia ed altrove, »** a Torino, nella sala d'arte Lombardi di Piazza Castello 25, il pittore Petrella da Bologna espone una cinquartina di studi recentissimi eseguiti %S^tSSS^^Si misura coloristica, è notevole il taglio dei motivo, la delicatezza del temei che di volta in volta ricorda Mose Bianchi ed il l'asini, specie in certi cieli lumi nosissimi. Il Petrella studia intatti :,.>prattutto la luce, nelle sue varie modulazioni lagunari. I.a sua pittura, però, non si disfà in un framhK ntisrao impressionistico: è quasi sempre sostenuta e sorvegliata, aimeno nello intenzioni. Le sue cosi' migliori sono certi bozzetti di barelle dalle vele intensamente colorate, d'una pasta pittorica densa, succosa, e gradevole, *** L'ardi. Massimo ilei Fante, nella rivista Costruire», insiste sulla ne cessità di tornire alla erigenda Casa Llttorla sulla Via dell Impero una spiaaU suff|clonte a]k. Kramii adunate di fo„ anchc demolendo la Torre dei Conti. mar. ber.