D'un nuovo Mar Morto e della tesi d'un convertito di Mario Bassi

D'un nuovo Mar Morto e della tesi d'un convertito LO SPOPOLAMENTO DELLA MONTAGNA D'un nuovo Mar Morto e della tesi d'un convertito (INCHIESTA DE «LA STAMPA » ) VARALLO, ottobre. • Sul ]a&?~d'0rta- Passando, per venire dall Ossola alla Valsesia, da Domodossola, qua, a Varallo, nella placida e austera bellezza, un po' malinconica, un po' grave, delle rive, svariate per boschi e cólti, e dello specchio equoreo, corruscante tra 1 azzurro e il verdone, là, sul Cusius, come lo chiamarono i Romani, credete che io abbia evocato le ombre patrone dei santi evangelizzatori Giulio e Giuliano? O quella del longobardo duca Mimulfo, traditore, che s'era accordato coi Franchi, e aveva lasciato libero il passo agli invasori, ond'ebbe meritamente tronca la testa dal re Agilulfo? Storie vecchie. E io pensavo invece al compianto amico e geniale poeta, Ernesto Ragazzoni, —da Orta,— com'egli volle anche ricordato nel suo testamento in rima, quella deliziosamente scapestrata lirica, / miei funerali, e prescrivendo la propria epigrafe : « ... Ulti giace Ernesto Palazzoni d'Orta... h ... D'edere stato vivo non gl'Importa:». Lo scherzo è rotto, in quest'ultimo verso, strepitosamente, brutalmente: l'unico verso autenticamente, tenebrosamente disperato, di tutta l'opera ragazzoniana. Lo scandaglio non ha più trovato fondo; e la corda s'è spezzata. Grido senz'eco, ultimo; poi la bocca si chiude. D'essere stati vivi, ai morti, che gl'importa? Niente frìtto di pesce Ma che avrebbe detto Ragazzoni, se avesse saputo, se avesse dovuto constatare, che gli hanno ammorbato inquinato avvelenato le acque del suo Ingo, quel suo lago d'Orta, che gli era tanto e intimamente caro? K. certo non altro vagheggiava che il suo lago, non vedeva e pingeva che il suo lago, con quanta più delicatezza possibile, in un tramonto lento e soave dell'estate di San Martino, scrivendo quella quartina: « ...L'acque in un loro velo viola, ed or par ardano; e sono l'acque e il cielo silenzi che ei guardano...». Accadde cosi. Nello stato d'animo appunto, che lui dichiarava in quella sua Insalata di San Martino, tra l'altro, — « ...Che mai l'oste — mi servirà stasera? », — sostavo a un osteriola, tra il verde, proprio sulla riva del lago, che l'acque, da quella parte, rompevano in ondicellc, ma appena come un palpito, contro il piede stesso della casa. Quanto mai allettevole il sito, idilliaco. Ma il primo saluto dell'ostessa, che mi venne incontro, non fu incoraggiante: — Bisognerà che il signore si accontenti. — La mia brava donna, non credo di avere pretese immoderate, tome diceva Renzo: qualcosa alla buona da mettere in castello... Ma certo, un esimio fritto di pesce qui non può mancare. — Oh pesce, — protestò la donna : — non siamo né a Torino nè a Milano. — Con questo magnifico lago? Lo • si pesca dalla finestra della cucina ; e dalla lenza vi salta dritto in padella. — In tutto il lago non c'è un pesce. — E che è? il Mar Morto? — E' che dacché ci hanno messo In fabbrica, lao-o-iù, qaella fabbrica che attinge e spurga nel lago, tut' il pesce se n'è andato, spanto. — Diàmine, questa è grossa. E come mai possibile? E non avete reclamato, le popolazioni intorno al Ingo, non avete fatto sentire le vosi re ragioni? Il pesce, lui, evidentemente non poteva protestare: è scomparso: protesta muta, da pesce. Ma voi... — Abbiamo fatto, abbiamo fatto. E pare che adesso siano stati praticati lavori, certi pozzi, per gli spurghi delle materie venefiche della fabbrica... Insomma, nel lago, pesce non ce n'è più, nemmeno l'ombra. Ma la fabbrica dà lavoro, Impiega gente. Forse c'è un guadagno... Forse, comare mia. Ma io non sono quel che si dice un economista E poi, difendiamo anche un poco 11 paesaggio, questo nostro mirabile paesaggio prealpino e delle valli, vanto nostro, ricchezza nostra, amore nostro, appassionato amore d'un tutto nostro incomparabile tesoro, difendiamolo dalla troppo ingiuriosa, aggressiva bruttura di certe costruzioni, che per essere di opifici, .sono sorte contro ogni legge e gusto, contro ogni buon senso ed elementare decenza di architettura. Non è nicnt'affatto necessario che uno stabilimento industriale, in quanto tale, opificio laboratorio officina, sia brutalmente brutto, e deturpi e lordi il paesaggio. Non è nient'affatto necessario. E a riprova, sta che a Torino, per citare un solo esempio, ma il più ragguardevole, c'è il colossale edificio della Fiat-Lingotto, cli'è perfettissimo stabilimento industriale, ed è al tempo stesso ammirevole monumento architettonico, che maestosamente e armoniosamente s'inquadra nelle vaste e solenni linee del paesaggio, nello spettacoloso insieme dei panorama, da qualunque prossimo o lontano punto di vista lo si contempli. Tesi di ottimismo Voi mi richiamerete, almeno mi pare: — Be', e lo spopolamento della montagna? — E' vero: andando, talvolta si devia; discorrendo, si divaga, talvolta. Ma non credo di avere deviato nè divagato troppo: sempre montagne, intorno, ho visto, in questa scorsa; e voi vi accorgerete che, direttamente o indirettamente, tutte queste questioni, o poco o tanto, ci hanno anch'esse qualche relazione col problema dello spopolameli lo della montagna. Quella che proprio voi direste lontana, lontanissima, quest'ultima, dell'estetica dolio fabbriche, riconnettendosi al paesaggio alla'tutela delle naturali ; e noo.npMrabfli bellezze de' nostri 1nnnoncrm ainini p nrealnini cioè a1 Sr^laa,K^nePenik menominazione, si riconnette allo sviluppo c alla propaganda turistica; e lo sviluppo turistico, come vedremo in sé- guito, come del resto ciascuno può intuire da sè, ha relazioni strette con questo problema nostro, dello spopolamento della montagna; ossia può costituire, anzi costituisce senz'altro un elemento che, inserendosi nell'economia locale delle varie valli e regioni, vi apporta modificazioni taliper cui... eccetera eccetera. (Che anche quest'argomento non è cosi semplice e piano come qualcuno, a prima vista, potrebbe illudersi, e come qualcuno ha ritenuto di darlo già per giudicato: anche qui giova distinguere, da luogo a luogo, da caso a caso; e un criterio e una conclusione generale non emergono che da un elaborato esame e da una particolareggiata discussione). Or eccoci, dall'Ossola, nella Valsesia, da Domodossola, dunque, qua a Varallo. E sempre riferendoci a quella sorta di nostra Bibbia, in questo viaggio, la relazione riepilogativa dell' — indagine geografico-economico-agraria. — esplicata dalla speciale Commissione presieduta da Sua Eccellenza Arrigo Serpieri ; come là. nell'Ossola, ci trovammo a essere indirizzati e guidati dal bravo ingegnere Brocca, qua, per la Valsesia, nostra guida, oggi, è il dottor Mario Spanna, che si annovera tra i primi che in Italia si applicarono al problema dello spopolamento della montagna. Data infatti dal 1927, lo stesso anno precisamente che uscirono i primi studi in argomento del dottor Rondelli e del dottor Caligaris, già altra volta citati, data da quell'anno la sua tesi di laurea, presentata al Regio Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali di Torino, sullo Spopolamento della frontiera piemontese — Il fenomeno le cause i rimedi. Sennonché, ora, lo Spanna si affretta a prevenirci ch'egli, ora, è un — convertito. — E ci spiega, dicendo: — Sì, la tesi trovò consensi, trovò benevoli recensori; e io stesso ancóra v'insistetti e la riassunsi e la riesposi in articoli di giornale. Ma in quello studio, il montanaro, soggiogato dall'amore per la sua terrai ebbe il sopravvento sull'economista; e ne scaturì un pessimismo non dissimile da quello che traspare da quasi tutti gli scritti degli appassionati della montagna, che trattarono successivamente il tema: pessimismo che si concludeva, per forza di cose, con una serie di proposte non tutte possibili ed economiche. E lo stesso pessimismo, aggiungo io, che il lettore avrà riconosciuto in questa serie d'articoli; e anche più fosco tra riga e riga, anche più desolato nel sottinteso, che non nella stessa esplicita lettera. Ma ora, lo Spanna, lui, è un convertito. E non si può dire che non porti ottime ragioni, a sostegno della sua nuova tesi: che lui stesso, sostanzialmente, enuncia così: — Lo «popolamento delle vallate del Piemonte non è un fenomeno che deve preoccupare, perché, presa per base l'unità antropica, cioè la vallata, esso è soltanto temporaneo; e perchè produce dei vantaggi che superano di gran lunga qli svantaggi.Il lettore che ci ha benignamente seguiti fin qui, stupirà, forse d'una tesi siffatta, che sembra contrastare, e anzi addirittura inammissibile, con ogni nostra constatazione e oBservazione. Eppure, ripeto, bisogna riconoscere che il dottore Spanna non manca d'ottime ragioni, e convincentissime; tanto che, possiamo presumere, questa sua tesi troverà proseliti più numerosi, acquisterà a sè — convertiti, — come lui, in buon numero. Io mi riservo tornarci sopra, e metterla nel rilievo che le si conviene, quando, alla fine di queste particolari osservazioni e constatazioni, di vallata in vallata, bisognerà pure, tirare le somme finali di quest'inchiesta, e concludere. Da 400 a 4500 metriE ora qualche nota su questa Valsesia, tal quale ce la fornisce la nostra guida, il — convertito. — — La zona, cui guardiamo, — egli c'informa, e io riferisco pedissequo, — comprende V alto bacino della Sesia, co' suoi due affluenti, Sermenza e Mastallone; e forma il cuneo centrale della plaga italiana addossata al massiccio del Monte Rosa, fra la valle del Lys, o di Gressoney, e quella dell'Anza, o di Macugnaga. In questa zona si contano venti comuni, oltre a questo di Varallo, che ora rappresenta l'aggregato di altri undici comuni, precedentemente a sè stanti. Varallo, qua, alla confluenza del Mastallone con la Sesia, sta all' altitudine di poco più di quattrocentocinquanta metri; e il centro cittadino conta intorno ai tremilasettecento abitanti; se si computi la popolazione dei comuni aggregati, il comune supera gli ottomilacinquecento abitanti. Di questi comuni aggregati, il più basso è Rocca Pietra, scendendo per la valle della Sesia, a meno di quattrocentocinquanta metri d'altitudine; il più alto è Morondo, su una delle strade che qua da Varallo traversano a Omegna, da questa Valsesia alla conca del lago d'Orta, la strada della Madonna della Sella; e Morondo è all'altitudine di circa ottocento metri. Gli altri sussistenti venti comuni della Valsesia, dieci sono nella Valle Grande, ossia la principale, propriamente alta valle della Sesia; cinque, in vai Sermenza; e cinque in vaile Mastallone. Per riguardo dell'altitudine, di questi venti comuni Varallo, aggregati inclusi: ed è tutta la Valsesia, cui noi guardiamo; — di questi venti comuni, dunque, otto sono ad altitudine tra i cinquecento e i settecentocinquanta metri; sei, tra i settecentocinquanta e i mille metri; e sei, sopra dai mille metri. Il più basso, Balmuccia, nella Valle Grande, poco su dai cinquecentocinquanta metri; il più alto, Rima San Giuseppe, in Val Sermenza, sopra dai millequattrocento metri. Dell'in- ventuno con tera zona, il punto più bnsso everse1 alto e la Capanna Regina Malghema. «"Ila punta.Gnifetti del Rosa: esattamente 4559 metri. —• Si spazia insomma, con la Valsesia, per un dislivello tra i quat¬ tromilacento, quattromiladuecento metri ; e i centri abitati, per un dislivello di mille metri. — Queste tre valli, che costituiscono la Valsesia, come quasi tutte quelle delle Alpi Pennine, sono strette, tortuose, a pendici ripide, molto spesso dirupate. Di conseguenza, 'agricoltura è povera in basso, nella zona del castagno; e misera in alto, dove spesseggiano le rocce affioranti e strapiombanti. Per potere sfruttare a poca terra produttiva, sparsa disordinatamente fra canaloni e dirupi, gli abitanti sono stati obbligati a costruire casupole e baite un po' dovunque; per cui la Valsesia, forse più di ogni altra vallata, presenta e sue conche alpestri e i fianchi dele sue montagne disseminati di frazioncine e abitazioni isolate, che le danno un aspetto specialmente vivace. — Vedo. — Le conseguenze dell' eccezionale novertà agricola furono, nel empo, e sono attualmente le seguenti... Mario Bassi