Ritorno a casa

Ritorno a casa Ritorno a casa Lucenti navi sono ferme di fianco a Cattolica. Incomparabile mare, il nostro golfo di Venezia, il più piccolo e il più amabile di tutti i mari, le adegua ai suoi riflessi d'azzurro e d'argento, che giuocano e si riflettono nel loro argenteo e ceruleo splendore. Ospitano bimbi, ragazzi e uomini d'ogni parte del mondo. Altre colonie sorgono vicine. L'Adriatico è tutto una nursery di giovinezza, in gran parte strappata a mediocri o tristi condizioni di vita — alcune, tristissime — e condotta a godere ciò che altravolta, e si parla appena di decennii, era privilegio di non tutti tra i figli dei ricchi : vacanze, libertà, bagnatura, villeggiatura. Tanta gente, che sparla piagnucolando del loro e nostro tempo, dovrebbe pur riflettere a questa enorme conquista di felicità che oggi ci allarga gli orizzonti e il respiro : la montagna e il mare. Nell'antichità si conoscevano le salubri ritempranti gioie delle fonti calde e della campagna ; si conosceva e godeva il mare, non per andarvi dentro, ma per vivere là dove più dolci ne sono le sponde. Il medioevo, età veramente buia benché i romantici oggi seguano l'andazzo e la moda di non volerlo più chiamare così, è un periodo di mille anni senza bagno, senza monte, senza mare. Basta vedere come sono costruite le vecchie città marinare. A differenza delle antiche, che si adagiano intorno alla baia, nel Medio Evo si consente ad attingere ricchezze dal mare, ma nella convivenza quotidiana gli si volge risolutamente le spalle, come a diabolica insidia di corsari e di vento. La montagna poi, era sconosciuta e invisa agli antichi, nemicissima e paurosa al medio evo. Per Dante, è un'espressione di orrore tutto quanto le assomiglia: Bìsmantova in cacume è un termine culminante di atrocità barbarica. Ulisside dello spirito soltanto, egli compie prodi giose esplorazioni nell'ai di la, ma siede a tavolino. Quella grande follia, che commise il Petrarca, di salire il Ventoux, vetta di Provenza alta quasi duemila metri, che allora era come oggi scalare la stratosfera, lo dimostra precursore genuino del romanticismo e della modernità, assetato dell'insaziabile curiosità di « questo » mondo, di « questa » stanza, di « questa » aiuola che ci fa tanto feroci. Prelude all'età dei gran viaggi e delle grandi scoperte. Tuffarsi nel mare per diletto, non per odiosa necessità, è una stravaganza a cui mi pare accenni per prima la deliziosa marchesa di Sévigné. Fra le cose notevoli, racconta alla figlia l'impresa di alcune dame di corte, della prima nobiltà, recatesi con la berlina in un punto abbandonato della costa e sedute, in camicia, sino al collo dentro l'acqua salata! Dei bagni di mare sul serio, come dell'alpinismo sul serio, andiamo debitori allo spleen inglese. Si anno; iavano tanto, gli energici carnivori della bella ma piovosa e puritana Inghilterra, che il secolo scorso inventarono le colonie e lo sport, come alternativa al suicidio, largamente praticato nei primordii dell'ottocento. Fu lo sforzo e il rischio necessario ai loro ben nutriti « spiriti animali ». * * * cdphqdnpbdingpssssbasbnIPuò sembrare strano, che delle case fatte per abitarvi su terra ferma, affettino nella muratura la forma di navi, non mai passibili di venir varate, lasciare gli ormeggi, alzare l'ancora, galleggiare. Tuttavia la sagoma speronata e tondeggiante, e, sopratutto, la linea bassa elei padiglioni della colonia degli italiani all'estero di Cattolica li fa armonizzare straordinariamente con la linea bassa della spiaggia, per insensibili gradi declinante al mare. Altri edifici sono vicini, belli quelli della città di Reggio Emilia, e la colonia con sacrata da Ferrara al caro nome di Camillo Balbo. Essi tagliano l'orizzonte a ferme masse volitive, come è proprio dell'architettura. Questi padiglioni invece fanno tutt'uno col mare, col sole, col cielo. Fra tante oasi di felicità, che straripano magliette blu, rosse e gialle, e cinguet tare e sgambettare radioso sulla sabbia d'oro, questo nitore, risplen de luce, pulizia e gaiezza come un simbolo. E per le immobili navi hanno na vigato e navigano i loro abitatori. Qui, come pure al campeggio Mussolini di Roma, la sensazione che predomina è di meraviglia per la vivacità, la espansività del nostro popolo. Facce brune, capi biondi, a me piace interrogarli. Vengono dal Transvaal, dall'Argentina, di Siria e dal Canada, da Tunisi, dall'Egitto, dalla Germania, dalla Cecoslovacchia e dall'Inghilterra. Parlano italiano in tutte le lingue : pare che le fiammelle di una Pentecoste profana sia scesa su questo campo, ad accendervi parole di ogni generazione. Parlano italiano con accento di Francia e d'Inghilterra, inglese, francese e tedesco con accento di tutte le regioni italiane; guardano con occhi italiani, nelle cui pupille tutti i paesi e tutti i costumi lasciarono sfumature di sè; così sottili, così impercettibili, eppure così sensibili, così profonde! Ma più che dagli occhi, è dalla guardatura che si distinguono. Guardare le cose e gli uomini, il mondo e il proprio interlocutore, è un modo di affrontarlo, di misurarsi con lui. Chi incrocia lo sguardo, incrocia una spada. Ora, ogni popolo tiene mod suoi propri per questa difesa e per questa offesa. Ed è caratteristico, come qui, in questa infanzia nostra, cresciuta all'estero, l'influenza dello spazio tenda a sovrapporsi o a fondersi con l'influenza del tempo; come la tradizionale guardatura, formata ed ereditata nei millennii, siavrLlazrqildmcig modifichi per la guardatura in uso nella lontana cerchia di altre terre. E' alla scuola, fra i condiscepoli, in quel primo decisivo embrione di società, che si formano queste abitudini. Guardando bene, io credo che potrei dire quali fra questi ragazzi hanno studiato alla scuola italiana, quali hanno dovuto adottare metodi di scherma di quale altra gente, per necessità istintiva^ legittima. Altro carattere differenziale importante è la forma, la piega della bocca. Parlare francese, o inglese, o tedesco, o spagnolo, foggia le labbra in modo diverso che parlare italiano. Lo stretto e risoluto pispiglio inglese dà alle labbra consuetudine di pieghe rigide, ferme e sottili. Non so perchè, ma la gente che parla spagnolo ha gli angoli della bocca scendenti ; le sonore, imperiose consonanti tedesche tendono a formare bocche larghe. Altra rivelazione: la andatura e il gesto. Avete mai osservalo che i tedeschi muovono le braccia dal di fuori verso la persona, mentre noi scostiamo gomito avambraccio e mano dal corpo verso l'esterno; che noi nel parlare voltiamo la palma in su, e muoviamo le dita in su, verso l'alto, mentre i tedeschi li abbassano verso terra? # * * Quasi ognuno di questi ragazzi, di questi bimbi, così lieti qui, così felici, è un caso individuale doloroso; quasi ognuno ha in sè, dietro sè, una sua tragedia. Non si sposta una famiglia, non si sradica un ceppo di terra, senza che l'acclimatamento costi sangue e fatica; sebbene poi non di rado accada, e proprio per la necessità di questo sforzo, che la pianta migliori e rinvigorisca, e nelle nuove condizioni di vita dia frutta assai più prospere e migliori. Alcuni di questi figlioli, accade che non sappiano neppure una parola di italiano. Lo imparano ora, ora che la madre li richiama a sè amorosamente, per dar loro un poco di nutrimento, gioia, salute, serenità e consolazione. Ne hanno così gran bisogno. Ecco, questo ragazzetto grande nell'infermeria, impassibilmente coraggioso in una medicazione di nessuna entità, ma assai dolorosa. Non ha fatto un lamento. Ora, io gli chiedo con una carezza, in tedesco, perchè non parli italiano, e rompe in dirotto pianto. Povera creatura, non sapevo di toccare una p'aRA sanguinante al vivo dell'anima, tanto più cruda di quella ferita nella giovane carne ! Bambino, bambino, non hai colpa ,tu, se papà è morto, che tu neanche lo ricordi, laggiù in Germania, se mamma si è risposata, e il tuo padrigno, bravo e buon operaio tedesco, ti tiene come altro dei suoi figli, dei tuoi fratellini tedeschi! Ecco, ora sei tornato a casa, nella casa di tuo padre. Non per sempre, ma intanto, puoi imparare a conoscerla, a saperla amare. Questo sciamare di api operaie su tutti i punti del globo, a mezzogiorno e a settentrione, al gelo e al caldo, a est e ovest, ovunque vi è terra da prendere e lavoro da compiere, nel suo genere, è una forma di imperialismo ancor esso. Ma più imperiale e imperialista è la diffusione di nostra lingua, di nostra cultura, fra gente estranea, all'estero, fra gente del popolo, in particolare modo. Mi piace che insieme con gli ita- iani o figli d'italiani, queste colonie accolgano giovani stranieri, ospiti nostri per premio del profitto e del-! 'assiduità nel seguire le nostre, scuole, nell'imparare la nostra lingua. Io le conosco quelle scuole; li ho visti all'opera, quegli insegnanti. Sotto i palmeti di Tunisia, e all'ombra delle piramidi, ai piedi delle cataraffe del Nilo; tra i pini e le chiare grandi correnti del San Lorenzo nel Canada ; tra i vigneti e gli agrumi della California, lungo il Pacifico e nascoste tra le gran lustre foglie ricadenti e i grappoli d'oro delle banane, nel Brasile; in Argentina lontana e a Nizza vicina, ho visto, conosco la passione italiana delle nostre scuole. Polle vive di quell'Italia dello spirito, che è due volte Italia, sono esse che alimentano di inesausta fede, di entusiasmo tenace, ardente, questi grandi semenzai delle colonie. Qui, in queste colonie, i nostri figliuoli lontani ritornano a casa, si rifanno l'anima, gli occhi, i gesti, la lingua italiani. Ma è lì, laggiù, nelle scuole, che l'italianità all'estero si preserva e si conserva. Due compiti entrambi sacri. E' bello che gli stessi maestri, che lottano per adempierli laggiù, in condizioni spesso difficili, talvolta ostili, siano ora, qui, con 1 loro ragazzi per vedere coronati di gioia i loro sforzi. Li ho veduti, a tavola, sotto la tenda, nel cielo di Roma, intonare tutti insieme, magistralmente, le canzoni di guerra, e insegnarle ai ragazzi. Erano, anche i maestri, giovani sotto i trent'anni. La guerrameno uno o due, non potevano averla fatta. « Dove le avete imparate, le canzoni ? » domandai. « Ma l'hanno fatta i nostri padri, la guerra!» risposero. «E noi, l'abbiamo pur fatto, il servizio militare »E le canzoni, sotto i pini italici dRoma, come in riva all'Adriaticosonavano alte e chiare, solenni come fanfare, tra quei ragazzi che vestivano la svelta divisa dei figli del littorio : figli di gente che aveva vestito il grigioverde. Margherita G. Sarfatti

Persone citate: Camillo Balbo, Mussolini, Petrarca, Sarfatti