Misteriosa scomparsa dalla Turchia del capo macedone Ivan Mihailoff

Misteriosa scomparsa dalla Turchia del capo macedone Ivan Mihailoff INQUIETUDINI BALCANICHE Misteriosa scomparsa dalla Turchia del capo macedone Ivan Mihailoff Vienna, 15 notte. Ivan Mihailoff, il leggendario capo del Comitato rivoluzionario interno macedone, ha lasciato misteriosamente la Turchia, dove si trovava da poco più di un mese: alle persone che l'hanno visto per ultimo ha detto che era suo proposito trasferirsi finalmente in Svizzera, come del resto aveva annunciato già all'indomani della fuga dalla Bulgaria. Il fatto che la Turchia (sebbene legata alla Jugoslavia dal Patto balcanico, che contiene clausole palesemente dirette contro l'attività macedone) abbia concesso ospitalità a Ivan Mihailoff e gli abbia quindi permesso di partire indisturbato anche all'indomani dell'assassinio di Re Alessandro, dimostra di quali radicali mutamenti sia stata causa nei Balcani quella polìtica slava integrale che nel colpo di Stato bulgaro del 19 maggio e nella visita dei Sovrani jugoslavi a Sofia ai primi d'ottobre ha avuto le sue più serie manifestazioni. Sembra ormai assodato che l'autore 'dell'attentato di Marsiglia, il falso Kaleman, fosse proprio l'autista di Ivan Mihailoff, Vlada Gheorghieff, uno dei dieci macedoni che il nuovo regime bulgaro ha dichiarato nel settembre « fuori della legge ». Il Comitato rivoluzionario interno macedone ha ha cosi dato la sua sanguinosa riscossa ai governanti bulgari filo-jugoslavi, che sì illudevano di averlo liquidato e adesso sorge l'incognita delle ripercussioni, che la risposta potrà avere nei confronti degli elementi macedoni tutti numerosissimi in Bulgaria e sulla posizione dello stesso Governo bulgaro. E' comunque sintomatico che la notizia che l'autore dell'attentato di Marsiglia fosse un membro dell'organizzazione rivoluzionaria macedone abbia destato a Sofia vera costernazione, ma nè i giornali nè gli ambienti ufficiosi hanno ancora perso la speranza che una visita esatta permetta alla fine di asserire che l'uccisore di Re Alessandro non sia Vlada Gheorghieff. La polizia di Sofia ha già trasmesso alla polizia di Belgrado le impronte digitali di Vlada Gheorghieff e siccome la polizia di Marsiglia ha nel frattempo spedito a Belgrado le impronte digitali del preteso Kaleman si procede in questo momento a controlli. La moglie del regicida arrestala Nel pomeriggio d'oggi è stata arrestata a Sofia la moglie di Vlada Gheorghieff, I giornali belgradesi ricordano a proposito di Vlada Gheorghieff che egli una volta ha salvato la vita della moglie di Ivan Mihailoff, Mencia Carniciu, diventata famosa avendo ucciso in un teatro di Vienna il macedone federalista Pan izza: la signora Carniciu, insultata da un macedone, lo aveva preso a schiaffi, e lo schiaffeggiato aveva puntato la rivoltella contro di lei. Il Gheorghieff, buttatosi sull'avversario, lo gettò a terra e lo strangolò. Sarebbe stata quella l'erigine dell'amicizia fra Gheorghieff e Ivan Mihailoff, che poi lo volle come guidatore della propria automobile. Le autorità jugoslave sostengono che Vlada Gheorghieff (il quale, a somiglianza di Ivan Mihailoff, è nativo di Stip, città della Macedonia oggi serba) abbia vissuto per un certo tempo in Ungheria; ma ancora più degli jugoslavi le insinuazioni all'indirizzo dell'Ungheria hanno tenuto a lanciarle certi ambienti cecoslovacchi: agli uni e agli altri Budapest oggi risponde che le indagini, eseguite in base alle segnalazioni della polizia francese e jugoslava, hanno avuto esito assolutamente negativo. Siccome poi si è asserito che gli emigrati croati avessero addirittura organizzato a Janka Puszta un campo di esercitazione, il giornale Reggel ha voluto procedere ad un'inchiesta in quella località di frontiera, e ha assodato che tutta la faccenda si riduce all'affitto di una tenuta da parte di alcuni agricoltori croati: quando il Governo di Budapest seppe che sulla tenuta lavoravano pure degli emigrati dispose subito per un controllo di polizia che nello scorso marzo portò all'espulsione di tutti gli emigrati. •Noi propendiamo a credere che il buon senso e l'amore della pace abbiano già prevalso su certe pericolose tendenze. La Francia e probabilmente anche la Rumenia non devono avere tralasciato di compiere (a Praga soprattutto) opportuni passi, ragionando che la cosa migliore sia il dissipare con una manifestazione di eccezionale solennità i timori generati dall'attentato di Marsiglia in merito all'avvenire dell'alleanza Francia-Piccola Intesa. Per tale manifestazione si vuole profittare della contemporanea presenza a Belgrado del Presidente della Repubblica francese, signor Lebrun, e di Re Carol di Romania, il quale all'ultima ora si è deciso a seguire di persona la bara del cognato. La siluazlone interna jugoslava L'ottimismo sugli sviluppi della situazione generale europea significa ad un tempo ottimismo per gli sviluppi della situazione interna jugoslava? Qui le cose stanno un po' diversamente. Il testamento scritto da Re Alessandro ai 5 di gennaio del 1934 — eotto l'impressione dell'attentato, aquale egli era sfuggito pochissimi giorni prima a Zagabria — ha dato aRegno una Reggenza, che forse non soddisfa l'elemento serbo e ancor meno quello militare. Fino a martedì questo elemento ha creduto che senza dubbio Re Alessandro avrebbe compreso nel Consiglio di Reggenza o addirittura avrebbe messo alia testa deConsiglio stesso il generale Pera Zivkovic, attuale comandante della Guardia reale, del quale si ricorderà chedal momento della proclamazione della dittatura, è stato per tre anni Presidente del Consiglio. La composizione del Consiglio della Reggenza, adesso conosciuta e realizzata, ha invece deluso non tanto' per quanto riguarda la persona del principe Paolo — che pur senza essersmai occupato di politica godeva dell'amicizia e della fiducia del defunto cugino — quanto a motivo delle persone del senatore Stankovic e del Barn Perovic, ambedue appartenenti alla «edera fattasi avanti sulla scena po litica nell'ultimo biennio, e ambedue nati in Provincie già soggette alla Monarchia ungarica. Ne deriva che la Reggenza da una parte mancherà dell'appoggio delle sfere militari, e dall'altra dell'appoggio della classe — si potrebbe dire della « stirpe » — dei vecchi uomini politici serbi che vedono al comando degli intrusi. In una situazione simile il fatto che l'ex-Presidente del Consiglio, monsignor Korosec, capo del disciolto partito popolare sloveno abbia chiesto il permesso di lasciare il suo luogo di internamento per poter pregare sulla bara di Re Alessandro conta poco, e assai più conta, invece, il rifiuto della vedova Radic di esporre la bandiera abbrunata nella piccola cartoleria di Zagabria, dove la sua vita trascorre pensando al marito ucciso e al figlio in esilio. La morte di Re Alessandro ha tuttavia reso assolutamente necessaria la soluzione della questione croata, soluzione complicatasi appunto con la scomparsa del Sovrano. Nessun 'storico o biografo potrà mai, anche elencando gli errori commessi dal defunto, disconoscere le qualità eccezionali di regnante e di uomo politico di Re Alessandro I, che non ha un degno successore nè sul trono (data la giovanissima età del figlio) nè fra gli uomini politici. Ancora nell'ultimo mese egli si era sforzato a trovare nuove vie, e aveva riflettuto sull'opportunità di tornare a sciogliere il Parlamento e di riconvocare i comizi elettorali. E poiché tale questione è improvvisamente rientrata in una fase acuta non sarà privo di interesse riandare alle sue origini prima ascoltando la parola del dottor Ivo Frank, ex capo del partito del « Diritto croato » : di lui abbiamo già ricordato che attualmente vive a Budapest e fa il giardiniere. Ricevendo un giornalista il dottor Frank — il quale dice che da due anni lo stesso Re Alessandro sapeva della sentenza di morte che i terroristi hanno potuto eseguire appena ora — ha deplorato la sorte inflitta alla (Sroazia. « Dopo il crollo della monarchia — egli ha proseguito — vennero per noi due duri colpi : prima i Trattati di paceche crearono nel 1922 lo Stato jugoslavo, quindi il Trattato di Rapallo, che segnò raccordo tra l'Italia e la Jugoslavia. La nostra concezione è ben diversa da quella della Jugoslavia: i croati, ì dalmati e i bosniaci sono un popolo adriatico, che ha bisogno della amicizia dell'Italia. I serbi hanno altri obiettivi, altra cultura e altra missione politica che non il dominare i croati dciviltà superiore alla loro ». I. z.