La conquista della più alta vetta tra l'infuriare di una bufera infernale

La conquista della più alta vetta tra l'infuriare di una bufera infernale LA SPEDIZIONE ITALIANA IN GROENLANDIA La conquista della più alta vetta tra l'infuriare di una bufera infernale ( DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ) CAMPOBASE, 28 agosto. Il 27 tutta la spedizione, equipaggiata in modo da poterlo sfidare con qualche speranza, si portava al colle Milano ed al contrafforte sotto il colle Roma. Il vento soffiava la neve negli occhi, ma gli abiti speciali proteggevano il corpo. Barattoli di uno speciale alcool semisolido, vero fuoco in scatola, una minuscola tenda, sacchi di piuma e da bivacco, ed ogni altro utile ritrovato giacevano in fondo ai sacchi. Nella tempesta ci separammo, e giammai stretta di mano fu jriù sinceramente augurale di quella con cui salutammo Bonzi e Figari che, per cre- afe e valli andavano a spingersi verso Capo Brewster, verso monti ignoti. Che il tempo avesse qualche momento di debolezza ed essi avrebbero raggiunto la Njall nel suo ricetto vicino a Capo Brewster! Buona fortuna! Gli altri proseguono il loro cammino verso il « Montagnone *; per ora non possiamo che chiamare cosi la nostra méta più alta, mentre i due compagni vincono l'insidia del ghiacciaio, guadagnando il colle Roma. Come facciano, nell'inferno che si è scatenato, a scendere l'opposto versante fino ad un ghiacciaio che riescono a traversare non ci sanno spiegar bette neppure loro; tutte le forze sono acuite a perseguire la mèta, e lottano, per ore ed ore, e passano, profittando delle rare debolezze della tempesta. Ormai sono ad un colle, Bonzi ricorda di aver notato, nell'ascensione del ventiquattro che da esso una cresta recava in diresione sud ad una vetta, e vi si spinge, ■poiché vuole strappare a qualunque costo ancora una vittoria a quest'Artide che ci contrasta, tanto ostinata, ogni progetto. Una lotta titanica Alle tredici la vetta è vinta, come il colle sottostante, riceve il nome di « Punta Club Alpino Italiano (.C.A.I.) » e ì due possono darsi alla fuga soddisfatti e riuscire a rientrare nella serata al campo base, ancora in tempo per prendere parte alla danza di streghe che il regno delle Aurore Boreali ci scatenerà attorno questa notte. Sabba da streghe attoi-no a, una tenda. Già da ieri una rispettabile tormenta ha avvolto i monti, oggi quando le cordate sono rientrate al campo, hanno dovuto constatare che le condizioni erano ancora peggiorate, forse era l'inizio della bufera prevista da Chanot! Si rinforzavano poderosamente gli ormeggi delle tende e ci si preparava ad una notte movimentata. Ma ben presto la tenda più piccola deve essere abbandonata; i montanti non potevano assolutamente sopportare la forza di un vento divenuto d'eccezione. Ci riunivamo tutti sotto la tenda più grande, robusta, montata su palette di acacia, con giunture di ottone e traversa centrale sulla cresta del tetto. Poco dopo la tenda piccola è definitivamente strappata e finisce per scomparire sotto la neve, ma anche la nostra abitazione non sta molto bene. L'uragano aumenta d'intcnsità\; non è possibile pensare al riposo, i teli subiscono una pressione pericolosa, dobbiamo premervi contro colle braccia aperte e coll'arco delle nostre schiene, aiutiamo i montanti a reggersi, in una parola, sosteniamo noi la nostra lieve casa. Il freddo è intenso e teniamo acceso il fornello a gas di petrolio, pronti a spegnerlo quando il vento ci rovesci addosso la tenda. Tutta la notte passerà combattendo; fuori, sibili, urla, scrosci, grandinar di nevi, riddano attorno ai rifugio. Forze invisibili, in corsa dagli alti colli, dall'icecap lontano, turbinano in un girotondo vertiginoso attorno al nostro rifugio, per un istante, nella loro galoppata dalle vette al mare giù per un fiume ghiacciato. Le pareti dei monti si rimandano le correnti, ne udiamo venire l'ululato, sopraggiungere la rabbia. A volte temiamo di dover cedere. Verso il mattino la violenza ò estrema, si è strappato l'angolo anteriore sinistro della tenda e Gasparotto esce a ripararlo. Occorre lottare col gelo, là fuori, e le mani ne sono attenagliate, pure bisogna togliersi i guanti, se si vuol che la casa, e con essa gli ospiti, resista. La riparazione riesce, sembra persino strano, ma non è ancor terminata che una raffica formidabile spazza netto un montante, di robustissima acacia.Quello che è fuori resta colpito dalla notizia, ma non può fare a meno di pensare che almeno, quello, lo si ripara dall'interno. Infatti Sommi e gli altri, con una piccozza vi pongono rimedio. Ora il nostro invisibile nemico ci accumula la neve intorno, che voglia seppellirci? E sì lavora ancora, pel pericolo nuovo, finché il vento non cambia tattica e i i e a e insinua il pulvìscolo di neve sotto il telo di fondo. Finirà per sollevarlo e strappare ogni cosa. Sembra persino che giochi di astuzia. Naturalmente si escogita un rimedio, così tutto il giorno jiasserà a sventare le insidie, e la terribile tormenta non scema la sua intensità, non dà requie, non ci permetterà, forse, di uscire dal nostro asilo. E noi, domani, dovremo, a qualunque costo partire. La Njall ci arrenderà- ai piedi del ghiacciaio e forse potrà sostare soltanto qualche breve ora tra l'inferno dei ghiacci e degli elementi scatenati. Pur che il mare glielo conceda!... Se noi fossimo nelle Alpi, nel Caucaso, nell'Himalaja, in qualunque altissima montagna del globo, per nessuna ragione teleremmo il campo, in condi- ; [i1•i\\ i eioni simili. Nessun custode di rifugio permetterebbe ad una cordata di avviarsi ad una difficile discesa con tale tormenta e neve insidiosa sui ghiacciai; in questi casi sarebbe giudicata imprudente qualunque decisione che non fosse quella di attendere. Ma noi dovremo partire, all'appuntamento al confine tra i ghiacci della terra e quelli del mare non è concesso non essere puntuali. La vittoria Mancarvi potrebbe portare conseguenze tragiche sia a noi che agli uomini della Njall. E la lotta continua nel giorno e si prolungherà nella notte, e durare bisogna, fidenti. Sino da Scorcsbi/ ci aveva sedotto, il « Montagnone Nero » che signoreggiava, e sembrava ben difeso dalle nostre brame. Ma l'awersarsio, non sentendosi, come vedemmo poi, sicuro in sè stesso, pensò di procurarsi un eccezionale alleato, il cielo che scatenava una bufera che si è prolungata per oltre tredici giorni. Per conquistare la più elevata punta del gruppo noi abbiamo lottato più contro il vento, il gelo e la neve che contro il monte. Gerardo Sommi e Martinoni, nella ascensione del ventiquattro agosto avevano studiato bene il nostro attuale avversario, il ventisei si erano portati alì attacco, però noi sapevamo che, effettuato questo, ai piedi di una enorme cresta rotta da diversi colli, non ci restava che proseguire diretti verso est e, prima o poi, avremmo posto piede in cima. A meno die l'uragano non ci scara ventasse giù, come poco mancò non accadesse davvero, sconvolgendo tutte le teorie di Gasparotto che sosteneva non essere possibile un simile fatto. Quest'ultimo si era fatto un allenamento speciale alle ascensioni nella tormenta, tutti e tre il mattino del ventisette guadagnarono il Colle Milano, lasciarono a sinistra la via per il colle Roma. Incontriamo un crepaccio di dimensioni tali che aveva finito per diventare una piccola valle, nella quale si scendeva e sì risaliva comodamente. Con una certa fatica attaccarono la cresta. La risibilità era ridottissima, ad ogni biforcazione era necessario un lavoro di ricognizione che obbligava a separarci. Si osservò una cosa singolare: che anche piccoli nevai pensili, anche di modesta inclinazione, erano crepacciati. Fu un susseguirsi di ricerche; ricerca della cresta, della biforcazione esatta (che ci volle del bello e del buono a ritrovare) ricerca del ghiacciaio e infine dello spuntone del Colle Roma e del Colle Milano. Come abbiamo fatto a ripescare quest'ultimo 6 un po' un mistero anche per noi. L'intuito, quel misterioso senso di orientamento che in tanti anni dmontagna si è andato affinando, guida, certo, in taluni momenti difficili. In quegli istanti tutte le nostre facoltà si acuiscono e noi acquistiamo una sensibilità eccezionale che ci guida in salvo. E che il 27 agosto ci riportò al colle Milano e al campo base. Verso mezzodì un erto pendio già- ciale ci diceva vicina la punta; nervosamente vi imprimevamo i piedi e sboccavamo su una lunga cresta. Senza sosta dovevamo percorrerla tutta onde assicurarci di essere sulla vetta, altro piacere dell'alpinismo ciecoE qui, realmente, per la prima volta abbiamo trovato il vento capace di trasportare una persona. Afa per un solo istante, per il frammento di un minuto, sii utile anche tu tremendo vento boreale, e in una ridda di nevischio e folate di caligine, alle 12 e 1)0, a metri 1905 sopra il mare dell'Artide, fa sventolare superbo un piccolo vessillo portato quassù da tre figli della penìsola del sóle; partecipa tu pure al battesimo di questa « grantiti montagna nera » c/ie da oggi diventa la «Punta degli Italiani». Leopoldo Gasparotto UNO DEI GRANDI GHIACCIAI CHE SCENDONO AL MARE PRESSO CAPO BREWSTER. LE MONTAGNE DELLA COSTA SUD DELLA SCORESBY SUND. LA < NJALL» BLOCCATA DAI GHIACCI.

Persone citate: Capo Brewster, Figari, Gasparotto, Gerardo Sommi, Leopoldo Gasparotto, Martinoni