Le sensazionali rivelazioni degli arrestati di Annemasse

Le sensazionali rivelazioni degli arrestati di Annemasse Le sensazionali rivelazioni degli arrestati di Annemasse Come era stato preparato l'attentato - Misteriosa tragedia nella foresta di Fontainebleau: 2 vittime (DAL NOSTRO INVIATO SPICCIALE) Annemasse, 12 notte. Dopo due giorni di interrogatori la posizione dei due arrestati di Annemasse è andata delincandosi con sufficiente precisione sulla base delle prime confessioni raccolte dal commissario Petit. Entrambi ammettono di appartenere a una organizzazione terrorista croata dalla quale hanno ricevuto il mandato e i mezzi necessari per recarsi in Francia a svolgere un tentativo criminoso in occasione della visita di Re Alessandro. L'identità dei due è imre stabilita: Benes è Rciclm, croato del distretto di Lubnez nella Croazia settentrionale, emigrato in gioventù nell'America del Sud, rientrato in questi ultimi anni in patria dove si è affiliato al partito del dottor Ante Pavelic; Novac è Pospisil, individuo quest'ultimo già tristemente noto negli annali del terrorismo balcanico come partecipante all'assassinio del giornalista Toni Schlegel avvenuto nel 1929 a Belgrado e condannato a morte in contumacia dalle autorità jugoslave. Al Commissariato di Polizia di Annemasse si è vegliato durante tutta la notte. L'interrogatorio dei due arrestati di Thonon, iniziatosi giovedì mattina poco dopo le 4, cioè immediatamente dopo il loro fermo, si è prolungato durante tutta la notte scorsa. Il commissario divisionario Petit e i suoi aiutanti si sono privati del più piccolo riposo, nella speranza che la fatica e l'esaurimento nervoso finissero per avere ragione della resistenza opposta dai due tenacissimi jugoslavi alle pressioni della polizia. Strana rassomiglianza Fin dalle prime ore del mattino i giornalisti, richiamati da Ginevra e dai centri vicini ad Annemasse, hanno fatto la coda alla porta del Commissariato. La sede del Commissariato è in un edificio adiacente alla stazione, posto proprio di fronte ai binari, una lunga e bassa costruzione, sulla cui porta meraviglia leggere « Servizio di Polizia », anziché « Servizio di lampisteria». Nella bruma del mattino la lunga fila dei giornalisti in cerca di notizie appare come un gruppo di viaggiatola in attesa del treno. Le tendine tese sui vetri lasciano trapelare un po' di luce in una delle camere. Nell' angolo illuminato, in mezzo alle quadrate sagome di due gendarmi, si staglia la figura di uno dei due arrestati. Le caratteristiche fisionomiche del viso, lungo e magro, non ingannano: è il sedicente Benes, la cui fotografia figura nella prima pagina dei giornali del mattino. Qualche collega crede di trovare una strana rassomiglianza con un altro sospettato per l'eccidio di Marsiglia, il nominato Niohmir Nalis, il cui passaggio è stato segnalato dalla polizia ad Aixen-Provence e la cui fotografia figura sulla testata di un giornale appena arrivato da Parigi. La scoperta di questa rassomiglianza è un buon pretesto per indurre i poliziotti di guardia a rompere la consegna e ad aprirci il passaggio fino alla camera in cui si trova il commissario Petit. Il funzionario di polizia rimane a sua volta colpito dalla rassomiglianza, tanto da incaricare immediatamente un suo subalterno di procedere ad un confronto antropometrico delle due fotografie e da richiedere a Parigi l'invio delle impronte digitali del nominato Nalis, il quale risulta già altre volte arrestato dalla Polizia francese. Le fila del delitto Ma subito dopo un colpo di scena viene a rendere inutili queste ricerche. Il sedicente Benes, estenuato, si decide a mettersi sulla via delle confessioni. « Tutto quanto vi ho detto finora — egU dichiara, come potremo leggere in seguito, per un fortunato caso, nel processo verbale dell'interrogatorio — sulla mia identità, è falso. Il mio nome vero è Reichn Yvor, nato a Koledinetz il 5 gennaio 1903, sposato con Maria Kraver di Milk Benek, dalla quale ho avuto un figlio che ha ora 12 anni. Il nostro domicilio è Koledinetz, dove io esercito la professione di commerciante. « Ho abitato per quattro anni in Brasile. Qualche anno fa sono tornato in Europa, passando per Trieste e soggiornando successivamente in Austria e in Ungheria. « Sono infine rientrato nel Burgenland croato, dove mi sono affiliato all'organizzazione croata dei Pavelic. « Il 28 settembre scorso ho rice¬ vuto Tardine di lasciare il Burgenland e di recarmi a Monaco, dove mi sono incontrato al caffè Deutschcr Kaiser con un individuo a me sconosciuto, dal quale ho avuto il passaporto, una somma di denaro e istruzioni di recarmi per Zurigo e Losanna in Francia, dove avrei ricevuto altre istruzioni da un altro capo dell'organizzazione che doveva attendermi alla stazione ». Dopo queste confessioni, che risulteranno in seguito più o meno complete, Benes-Reichn viene lasciato in pace. Per un momento i poliziotti concedono ai fotografi di entrare nella camera dove l'arrestato si trova. Benes-Reichn appare quale già era stato rivelato dalle prime fotografie: alto, magro, dal viso tipicamente slavo, la tinta fortemente abbronzata, che lascici, supporre 'un lungo periodo di vita trascorsa all'aperto e di allenamenti sui campi sportivi. Questa impressione sarà anzi senz'altro sfruttata dai rappresentanti jugoslavi, per sostenere la tesi che BenesReichn appartenga ad un centro terrorista situato alla frontiera ungherese, la famosa località di Janka Pustza, dove da parte jugoslava si pretende che si svolga una vera e propria preparazione degli emigrati croati per attentati terroristici contro le autorità jugoslave. Quello che appare « duro da cucinare » — per usare la pittoresca espressione del commissario Petit — è, invece, il sedicente Novak. Soltanto in serata, dopo una lunghissima serie dì interrogatori, ai quali si sussurra abbiano preso parte anche degli elementi della polizia jugoslava, arrivati espressamente da Marsiglia, anche il secondo individuo si decide a confessare. Dichiarazioni di « Novak » Ecco, in riassunto, le sue dichiarazioni: « Il mio vero nome — ha dichiarato il sedicente Novak — è Moni mir Pospisil. Sono nato a Ukovina nel circondario di Velik, nei pressi del centro jugoslavo di Goritza, il 9 giugno 190If. Non sono sposato e da diversi anni risiedo a Budapest ». Proseguendo sulla via delle con fessioni, Novak-Pospisil dichiara di avere subito una condanna a morte in contumacia da parte del Governo jugoslavo, per avere assassinato, nel corso di un attentato politico a Belgrado, diverse persone, e precisa| mente due agenti di polizia e il di rettore di un giornale. Questa parte delle confessioni verrà più tardi precisata, nel senso che Pospisil sarebbe uno degli assassini del direttore del giornale Novosti dì Zagabria, Toni Schlegel, caduto ucciso, come si ricorderà, sotto i colpi di alcuni autonomisti croati, già diversi anni or sono. « Dopo questo attentato fuggii dalla Jugoslavia — prosegue il Po spisil — riparando in Austria e sue cessivamente in Ungheria. Qui mi unii a diversi altri emigrati croati ». La parte che segue delle dichia razioni del Novak-Pospisil appare al quanto confusa: il commissario Pe tit si limita a dare ai giornalisti un breve riassunto, che, per altro, sarà sviluppato da parte jugoslava. In base a queste ultime precisazioni, Pospisil si sarebbe pertanto unito ad un gruppo di venti emigra ti, stabiliti in prossimità immediata della frontiera jugoslava, nella lo calità già ricordata di Janka Pustza. Qui si prepararono diversi attentati terroristici e negli ultimi giorni di settembre si venne alla decisione di commettere l'attentato contro il Re Alessandro nel corso del suo viaggio a Parigi. « Ho lasciato l'Ungheria verso la fine di settembre — ha proseguito l'imputato — e mi sono recato a Monaco, dove mi sono trovato in compagnia di altri due individui, e successivamente a Zurigo, dove nei pressi della stazione ci siamo incontrati con due altri croati. Tra questi due ultimi si trovava il nominato Suk (cioè l'individuo nel quale, secondo le ultime risultanze della polizia, sarebbe da riconoscersi l'assassino di Re Alessandro). In un gruppo di cinque ci siamo quindi recati a Losanna e di là col treno a Parigi. Temendo di scendere nel centro della città, abbiamo proseguito col treno pei Fontainebleau, ritornando poi a Parigi per altra via. A Parigi ci siamo separati in due gruppi: il primo gruppo composto da me stesso e da un nominato Silni (in quest'ultimo sarebbe da riconoscersi, secondo la polizia, il famoso Nalis di Aix-enProvence). Noi due abbiamo alloggiato all'albergo del Palais d'Orsay, mentre l'altro gruppo, composto da Suk e Benes-Reichn, alloggiava all'Hotel Regina. Un quinto compagno ha preso una destinazione rimasta sconosciuta ». L'estradizioneP Nella dichiarazione il Novak-Pospisil prosegue precisando come dopo alcuni giorni Suk e Silni siano partiti per una destinazione sicura, nella quale non è difficile riconoscere la destinazione di Marsiglia, mentre Benes e lo stesso Novak restavano insieme a Parigi « per aspettare ordini». Questi ordini non vennero più, e si capisce perchè: a Marsiglia il colpo era riuscito senz'altro. Avuta notizia dell'attentato di Marsiglia attraverso la radio e i giornali, Novak e Benes decidevano di lasciare la Francia al più presto. Si sa, come il loro tentativo di traversata della Svizzera sia stato sventato. Il commissario Petit, che riferisce in riassunto questi elementi delle dichiarazioni di Novak, aggiunge che l'arrestato ha dichiarato nettamente che se avesse ricevuto l'ordine di ammazzare Re Alessandro, avrebbe senz'altro dato seguito all'ordine stesso: « Sono pronto, infatti, a fare il sacrificio della mia vita, dati gli impegni presi verso la mia organizzazione! ». A questo punto il commissario Petit ha espresso un apprezzamento la cui gravità non sfuggirà ad alcuno: « Si tratta di un individuo già condannato in precedenza a morte dal Governo del suo paese, del quale, pertanto, si può legittimamente avanzare una dommida di estradizione... ». Il funzionario ha concluso l'intervista accordata ai giornalisti precisando come, in base al risultato dell'interrogatorio d'oggi, i due individui, e particolarmente il Novak-Pospisil siano deferiti alla giustizia anche sotto l'imputazione di partecipazione nel complotto e di assassinio. Gli interrogatorii continueranno domani. G. Tonella L'inchiesta di Marsiglia Chi è il regicida? (DAL NOSTRO INVIATO) Marsiglia, 12 notte. L'arrosto avvenuto a Thonon degli eventuali complici dell'assassino di Re Alessandro e di Barthou svia un po' l'opinione pubblica dall'istruttoria die il giudice Ducup de Saint Paul sta svolgendo a Marsiglia con alacrità e nello stesso tempo con grande discrezione. Alcuni indizi importanti di fatto sono ormai definitivamente acquisiti, relativi sopra tutto al soggiorno dell'attentatore in Francia, alla sua identità e alla partecipazione diretta di terzi all'esecuzione materiale del delitto. Ahimè, qualche ora appresso la donna doveva rivedere questo sorriso: infatti il pseudo Kaleman e il suo non meno pseudo complice ritornavano a sedersi allo stesso posto di prima... Chi ha sparato oltre Kaleman? Il giudice suppone che i due complici si siano separati per appostarsi in punti diversi, perchè solo Kaleman ha sparato. Solo Kaleman? L'autopsia praticata stamane dal dottor Bertrand medico legale, sulle vittime signore Dubec e Farris, e l'esame dei feriti e della carrozzeria dell'automobile reale sembravano mettere in dubbio tale asserzione. E' risultato infatti con ogni evidenza che le ferite della signora Farris e tre dei sette colpi che bucarono la carrozzeria vennero prodotti da proiettili diversi da quelli che uccisero Re Alessandro e Barthou. Chi dunque oltre all'assassino ha sparato? La proiezione del film sonoro presa da un operatore piazzato sul primo cornicione della Borsa, proiezione avvenuta stasera in seduta privata alla presenza del giudice istruttore e di un ristretto numero di invitati, dà un'idea esatta della scena e dimostra chiaramente che furonoi poliziotti a sparure. Nel film si ve-de il corteo muoversi lentamente, lafolla ondeggiare, alzare le mani eagitare fazzoletti. Oltre gli applausisi odono pure numerosi fischi evi- dentemente lanciati da comunisti e\ i i e i \grafico. In realtà il passaporto non \è stato stampato, bensì litografato i in modo quasi perfetto. Esistono in\ fine parecchi tipi di passaporti cechi; ,quello del Kaleman appartiene metà a un tipo e metà a un altro, \ Sempre a proposito della identità socialisti. Proprio all'altezza della banca Estmanster dalla siepe umana un uomo balza fuori a testa alta e scoperta. Un primo colpo di fuoco echeggia sordo e cupo dalla proiezione malgrado il crepitìo degli applausi e qualche fischio lontano. In questo momento Kaleman sta sul ■predellino tenendosi aggrappato con la sinistra al margine esterno della capote rovesciata. Nello stesso istante si vede il Re cadere sulla sinistra verso. Barthou. Altri due colpi seguono a intervalli regolari e coti la stessa tonalità bassa e cupa di una mitragliatrice. Il rumore della folla resta sempre alto. L'assassino è pure sempre aggrappato alla capote. Per un attimo tuttavia egli sembra tentennare: l'autista ha bloccato la macchina e, voltandosi sulla sua destra, lo ha colpito con un pugno. Subito però si odono altri cinque colpi, poi un breve silenzio, poi altri colpi ancora. Ma questi ultimi hanno una tonalità diversa, più aspra e per così dire più tagliente e sibilante. Nello stesso quadro si vedono quattro agenti accorrere con le rivoltelle in pugno e un filo di fumo bianco uscire dalle loro canne. A questo punto le imagini cominciano a confondersi e a sovrapporsi. Si vede il colonnello Viollet alzare la sciabola, l'autista sparare sull'attentatore, uno spettatore accorrere. Dall'automobile immobilizzata Barthou e il gen. Georges discendono barcollando. Il primo, sorreggendosi col sinistro il braccio destro, scompare nella folla, mentre il secondo cade nelle braccia dello spettatore accorso. Un altro spettatore si scaglia contro l'assassino che, dopo aver ferito gravemente l'agente Galy, si accascia a terra, testa in avanti. Altri colpì da fuoco echeggiano bassi e cupi; a terra Kaleman preme ancora il grilletto della piccola pistola mitragliatrice. Nello stesso tempo un personaggio in tuba — il Ministro degli Esteri jugoslavo — passa sullo schermo mentre si vedono due gendarmi trattenere con le braccia la folla, il cavallo del colonnello Viollet impennarsi e infine, terribile, paurosa, quasi apocalittica si vede distintissima la scena del linciaggio, e fra grida urla e fischi si odono, alti insistenti e trag'oì, i cólpi di clackson dell'automobile reale che tenta di aprirsi un passaggio tra la folla infuriata e urlante. Chi è Kaleman Per quanto riguarda l'identità dell'assassino l'inchiesta ha pure fatto un notevole passo in avanti. Il giudice istruttore aveva pregato il dottor Bartaud, che già aveva compiuto l'autopsia del Kaleman, di proce dere oggi, con l'assistenza dì un competente, all'esame del tatuaggio che l'attentatore porta al braccio destro, esattamente a metà dell'avambrac ciò, e di stabilire con esattezza se si trattasse dell'emblema dei comìtagi macedoni. In un primo tempo infatti era stato annunciato che il tatuaggio consisteva in una corona, in un teschio poggiante su due stinchi e due lettere in carattere cirillico, ossia l'emblema della Sorim. Dal minuzioso esame odierno è risultato invece che si tratta bensì di una corona, ma il teschio non è che una testa di donna disegnata in modo be stiate e gli stinchi non sono che due pugnali incrociati. Un punto importante dell'istruttoria sull'identità del regicida resta in tal modo fissato: il campo delle ricerche sarà ormai circoscritto a un ambiente relativamente più ristretto: non più comìtagi macedoni, ma soltanto e unicamente croati. Ma chi è esattamente l'attentatore? Non lo si sa ancora. Si sa soltanto che quello di Petric Kaleman non è il suo nome e che il passaporto trovato su di luì è falso. Il console cecoslovacco a Marsiglia ha dichiarato che tale documento è costellato da un sacco e una sporta di madornali errori. Il timbro di grossezza anormale porta una iscrizione ceca in lettere minuscole, mentre sui passaporti le lettere sono maiuscole. E' scritto inoltre « Ceslcosovenska » invece di « Cescoslovenska » per indicare la nazione. Una prova ancora che il passaporto è falso è fornita dall'esame tipo- dei presunto Kaleman il giudice istruttore ha ricevuto oggi la visita del console generale di Jugoslavia a Marsiglia, Lazarevic. Questi ha domandato di procurargli il più rapidamente possibile tutte le fotografie dell'assassino raccolte dai servizi di polizia, quelle delle armi e tutti i documenti ufficiali redatti dagli inquisitori. Questa abbondante documentazione verrà mandata al Ministro degli Esteri di Jugoslavia che, dopo averne preso conoscenza, la rimetterà ai servizi di polizia di Belgrado. A proposito della polizia jugoslava, ci risulta che essa sta compiendo qui a Marsiglia — non sappiamo se segretamente o d'accordo con quella francese — una inchiesta per proprio conto. Infatti quel Pelicier che, scambiato per un complice, venne sottoposto dai gendarmi a una brutale « passade à tabac », ricevette stamane la visita di due addetti alla Legazione jugoslava a Parigi in compagnia di un loro compatriota per domandargli il racconto particolareggiato della scena durante la quale aveva corso la poco piacevole avventura. Altri due testimoni oculari sono stati pure interrogati dai due agenti jugoslavi. Paolo Zappa I! dramma di Fontainebleau Notizie fantastiche Parigi, 12 notte. I giornali seguono sempre con vivo interesse gli interrogatori di rf3>T * — sui quali siete largamente Informati dal vostro inviato — e cercano per quel che è possibile di evitare le notizie allarmìstiche, tendenziose o false che purtroppo hanno pullulato nel giorni scorsi. Dall'identificazione del regicida in un supposto Mariani (!) o Suk, al malore della Regina Maria che avrehbe reso necessario un intervento chirurgico, si è avuto tutto un florilegio di notìzie delle quali era certo possibile rendersi conto come fossero improvvisazioni di reporters fantasiosi ma che tuttavia varcarono rapidamente i confini e vennero talora accettate senza il doveroso beneficio di inventario. Ecco forse 11 perchè stasera viene riferito con prudente cautela un drammatico episodio avvenuto a Fontainebleau. Da ieri mattina la brigata di gendarmeria dello Yonne aveva stabilito degli