Piccoli palcoscenici di barriera di Angelo Nizza

Piccoli palcoscenici di barriera DOVE NON CE' CRISI TEATRALE Piccoli palcoscenici di barriera e e 1 a a a e o a o o e , o i i i e a a e i . r a a, lo ga Il teatro è morto? Evviva il teatro! Il popolo, quello vero, che non si accalca al centro della città ma che, non solo per economizzare sulla piijione, preterisce abitare alla periferia — là ove le case si diradano, alte e basse, disuguali (vera rivoluzione contro l'ordine del piano regolatore), ove cominciano ad apparire, fra le costruzioni, larghe oasi di prato, ove i tram vanno a rilento tiei troppo larghi corsi, tra le due file di alberelli stecchiti — quel popolo vero ha conservato un suo teatro, in tutto dissimile da quello dei grandi palcoscenici. In barriera il « cinema-teatro » ai chiama così non per la denominazione invalsa fra gli impresari di bassa lega, ma perchè il doppio uso del locale è effettivo, continuo. Nei piccoli « cine » della periferia non è mai piaciuto il così detto avanspettacolo. La buona gente, che ha pagato il suo Urino d'ingresso, non si accontenta, non è paga di quell'ultimo rimasuglio del varietà a base di pseudo-glrìs, di pseudo-equilibristi, di pseudo-divette e pseudo-comici. Si sente ancora gridare il classico « Va in rimessa », nei piccoli « cine », come ai più floridi tempi del caffè concerto nelle serate di baccano. Volete l'attenzione del pubblico di barriera t Dategli del teatro, ma di quello anteguerra, stagionato, solido, chiaro. Un buon affare Alcuni capocomicucci di compagniette venute fuori non si sa di dove sfruttarono la situazione. I padroni dei piccoli « cine » tentarono con coraggio (e quale coraggio!) la prova, e videro che attaccava. E allora, sotto! Cinema e teatro, film e farsa recitata, tutto per una lira. Una lira e un soldo per l'erario. « Vada la barca e vada il marinaio! » come dicono i rivenditori sulle piazze. L'esperimento ha fruttato così bene che in qualche locale si è soppresso il film per lasciare tutto il programma al « teatro ». E che teatro! Sono venuti fuori dalle casse ammaccate di qualche compagnia fallita, assieme ai costumi stinti e sbrindellati, i vecchi copioni di non so quanti anni fa. E i cartelloni, scritti a mano come al tempo dei vecchi guitti, hanno portato i titoli più insospettati e più tentatori. « / due sergenti », « Il romanzo di un giovane povero », « Le due orfanelle », « La consegna è di russare », « Otello », « La famìglia De Tappeti », « Il povero fornaretto di Venezia ». Ma ecco le perle, le gemme del repertorio: « I MISERABILI » grande dramma popolare in sei atti del compianto autore Vittore Hugo e un altro: «I PROMESSI SPOSI » dal grande romanzo del celebre Alessandro Manzoni E al venerdì santo, quando i teatri veri chiudono, il piccolo « cine » rimane aperto per dare: «LA PASSIONE DI CRISTO > grande dramma in 6 atti e 10 quadri con i costumi dell'epoca Qtiasi che la Passione si potesse rappresentare in abiti moderni. Si entra pagando il Urino. Ma è questa la lira più bene spesa di tutto il trimestre. Quando è annunciato lo spettacolo esclusivamente teatrale la folla è fitta fitta e si accalca all'ingresso. Nel locale si sta pigiati, in mezzo al pubblico pittoresco. I ragazzoni del rione ci sono tutti. Scherzano, si chiamano, si urtano, fanno a pugili e mangiano le noccioline americane. Le mamme (che si prendono solo di quando in quando lo spasso del «teatro») li sgridano a gran voce dalla fila di panche in cui sono sedute. « Su il sipario ! » Ma guardate: questo pubblico rumoroso al primo trillo dì campanello da dietro il sipario, tace e si fa attento ad un tratto. Le prime scene del drammone vanno liscie. 'Il pubblico sa, però, indivi duare subito i personaggi: così il tiranno della vicenda, di mano in mano che il dramma si delinea, è oggetto prima di sdegno silenzioso, poi di escla inazioni. Ed ogni sua entrata è sottolineata da un brusio di disapprovazione per il suo contegno inspiegabilmen te losco, feroce, inumano. Così come la povera vittima innocente, perseguitata da sì crudele destino, è accolta con lagrime, sospiri, gemiti. L'attore Casaleggio racconta che, in gioventù, quando la compagnia di cui faceva parte, andava in provincia adsspvsmtoès are di questi drammoni in piemonte (sic), i giovani più forzuti del pae, assolutamente sdegnati e inferociti er il contegno del tiranno, lo aspettaano fuori del teatro. Ci volevano pesso i carabinieri per cavare dalle ani di quei paladini il malcapitato at- tore, così efficace nella sua parte odiosa. Questo pubblico di barriera, se non è proprio così, poco ci manca. E' questa, gente che vive, che partecipa al dramma, che ci si appassiona, che no sottolinea la vicenda con interiezioni commentandola, come il coro greco buon'anima. Ognuno a modo suo Quello che, intanto, accade sul palcoscenico è semplicemente indescrivibile. Ho visto con i miei occW una Desdemona coi capelli neri alla maschietta, in vesti corte e grembialino, recitare un'estrema preghiera interminabile vicino ad un letto stile liberty, mentre, fra le quinte, una lamiera agitata forsennatamente e una lampadina da venticinque candele accesa e spenta, imitavano il folgorar dei lampi. Ho visto un Don Rodrigo fumare la sigaretta e darsi un contegno da scettico blu nel celebre colloquio con Fra Cristoforo. Al terribile « Verrà un giorno » i! signorotto, fra le esclamazioni del pubblico indignato, gettava la cicca della « nazionale » esclamando: « La vedremo! ». Ne « Il povero fornaretto di Venezia » il Doge esce un momento e, gettato il robone, ritorna in veste di sgherro per la scena straziante dell'arresto. All'ultimo, è lo stesso Doge che ricompare vestito da boia, quasi che la Serenissima Repubblica Veneta fosse così a corto di quattrini da non potersi pagare più di un funzionario. Primi attori con la voce troppo grossa, caratteristi di parrucca sfiatati, prime donne mature fino aH'inuerosimile, ingenue che d'ingenuo non hanno che il nome, sfilano sul piccolo palcoscenico, suscitando nel fitto pubblico lo sdegno e la commozione, l'ansia e l'ira, la gioia e il dolore. Tutta la gente che gremisce la sala pare non veda nulla: nè gli abiti vecchi e ridicoli, nè gli scenari tarlati e fuori posto. Pare non senta le battute tragiche dette con l'intonazione più buffa del mondo, pare non si curi della convenzione teatrale. Solo la vicenda è capace di interessare questo pubblico pittoresco, il quale non sa e non vuole preoccuparsi che di quanto avviene dopo. Gli intermezzi non servono che per i commenti. Tutti parlano della « triste historia » e chi ha già visto il dramma fa il saccente, raccontando agli alti i « come va a finire ». Brava gente con il cervello pieno di buon senso, che sa lavorare (e come!) e ama divertirsi in questo modo, senza riserve e senza prevenzioni. I teatri di barriera non soffrono la crisi perchè il loro pubblico è sano, va alla radice dei sentimenti, e gusta la finzione della scena, impressionandosi con una sensibiiità che i grandi critici affermano scomparsa dal mondo. Angelo Nizza

Persone citate: Alessandro Manzoni, Casaleggio, Di Cristo, Vittore Hugo

Luoghi citati: Venezia