Il Sovrano scomparso di Italo Zingarelli

Il Sovrano scomparso Il Sovrano scomparso Alessandro Karageorgevic è il figlio secondogenito di Re Pietro Karageorgevic e della principessa Zorlta (Aurora), figlia di Re Nicola del Montenegro: Egli è anzi nato a Cettigne, ai 4 di dicembre (17 dicembre del calendario gregoriano) del 1888. Assieme al primogenito Giorgio, è stato educato nell'antico corpo dei cadetti russi. L'uccisione di Alessandro Obrenovìc, avvenuta l'il giugno del 1903 nel Konak di Belgrado, per opera di un gruppo di ufficiali affiliati alla società segreta della Mano Nera (gruppo del quale faceva parte anche il tenente Pera Gifkovic, nel 1909, diventato, col grado di generale, presidente del Consiglio e dittatore della Jugoslavia), richiamò in Serbia Pietro Karageorgevic, che fu proclamato Re, e Alessandro seguì, ai 10 di agosto dello stesso anno, il padre, assieme alla sorella Elena; a Bslg'-ado terminò la sua istruzione, studiando, sotto la guida di professori serbi, il programma delle scuole medie e dedicandosi, quindi, al diritto pubblico. L'assunzione al Trono Ai 25 di marzo del 1909 il principe ereditario Giorgio rinunziava ai suoi diritti, a quanto si dice costrettovi dal padre, che ne aveva abbastanza delle noie di ogni natura cagionategli dallo scapestrato primogenito. Di carattere piuttosto violento, il principe Giorgio maltrattava e bastonava le persone del seguito, funzionari come i servi, e per giuri ta, nemico acerrimo della Monarchia austro-ungarica, non tralasciava oc casione per compiere gesti sgraditi a Vienna. Un giorno il principe Giorgio volle divertirsi a tirare al bersaglio, costringendo uno stalliere a stare fermo con una sigaretta in bocca: un colpo finì col ferire il disgraziato servo al mento. Sebbene il principe avesse largamente ricompensato l'infelice, quello scandalo non potè essere soffocato e Re Pietro indusse il figliuolo ad abdicare. Ai 27 di marzo l'abdicazione fu sanzionata dal Consiglio della Corona, all'indomani dal Parlamento ; Alessandro fu così proclamato erede al trono. Più di ogni altra cosa lo interessava l'esercito, nel quale aveva incominciato a servire col grado di semplice soldato, e scoppiata, nell'ottobre del 1912, la prima guerra balcanica, assunse il comando della I Armata serba, con la quale riportò, fra l'altro, una vittoria a Kumanovo. Gli storici non sono ancora in chiaro sulla parte sostenuta da Alessandro alla vigilia della guerra mondiale, essendosi spesso asserito, e anche avvalorato con documenti, che egli abbia avuto conoscenza dei preparativi compiuti dal famoso colonnello Dimitrievic, detto Apis, per sopprimere a Serajevo l'arciduca Francesco Ferdinando. In particolar modo è risaputo che uno degli autori dell'attentato di Serajevo, il bosniaco Cabrinovic, ebbe un colloquio con Alessandro, tre mesi prima che avvenisse il terribile episodio il quale impresse alla storia del mondo un nuovo corso. Dopo l'occupazione della Serbia da parte delle Potenze Centrali, Alessandro fece la ritirata attraverso l'Albania assieme ai resti dell'esercito demoralizzato e decimato dalle malattie: com'è noto, furono navi italiane ad attendere alla costa albanese le truppe fuggiasche ed a trasportarle alle basi dove se ne curò la riorganizzazione. Allorché le truppe serbe furono nuovamente in grado di battersi, Alessandro (che a motivo della grave malattia del padre aveva assunto la reggenza sin dal 24 di giugno del 1914.) si trasferi sulla fronte di Salonicco; lì rimase sino alla fine della guerra. A fianco ai serbi si trovavano, nella zona, anche truppe alleate e fra queste dei reggimenti italiani che poi, nell'autunno del '17, penetrarono vittoriosi in Monastir, agli ordini del generale Petitti di Roreto. La vita al fronte Durante la permanenza sul fronte di Salonicco, fu condannato a morte, sotto l'accusa di avere ordito un complotto contro la vita dello stesso Reggente, il colonnello-generale Dimitrievic, il quale, come s'è visto, era stato l'ideatore e l'organizzatore dell'attentato di Serajevo. Anche questa pagina della storia della Serbia è molto oscura: il Dimitrievic ha negato fino all'ultimo i fatti attribuitigli ed il suo testamento di soldato e le dichiarazioni ad amici intimi autorizzano a credere nella sincerità delle sue parole. Una spiegazione de! processo e del suo tragico epilogo viene da taluni data affermando che il partito di Corte, ad un certo momento, abbia visto nella persona di Dimitrievic un serio ostacolo per il caso che l'avversa fortuna delle armi avesse finito col costringere la Serbia a chiedere alle Potenze Centrali la pace separata. Altri aggiungono che l'ideale di Dimitrievic di tenere la Serbia in uno stato di rivoluzione nazionale permanente avesse suscitato diffidenza non solo negli ambienti di Corte, ma anche in un forte gruppo di ufficiali, strettosi attorno al generale Pera Gifkovic sotto l'etichetta della Mano Bianca. Comunque, il Dimitrievic dava om bra e lo si soppresse. Morto Re Pietro ai 16 di agosto del 1921, Alessandro salì sul trono col titolo di Re dei serbi, dei croati e degli sloveni, prestando giuramen to alla Costituzione del Vidovdan ( o del giorno di San Vito). Pur non ri spettando in maniera integrale gli accordi che a Corfù avevano preso ai 20 di luglio del 1917, mentre an cora durava la guerra, il Presidente del Consiglio Pasic a nome del Governo serbo e il deputato Trumbic a nome dei croati, e degli sloveni soggetti agli Absburgo, questa Costitu■ zione nominalmente garantiva alle tre stirpi chiamate a formare il Regno jugoslavo libertà culturali e politiche e il rispetto di tradizioni. Col tempo, però, prevalendo l'elemento serbo sul croato e sullo sloveno, i croati finirono col considerarsi asserviti alla Serbia ed alla sua politica imperialista, il che fu causa di asprissime lotte. Per ultimo Re Alessandro ritenne di dover seguire il consiglio del generale Pera Gifkovic e di sospendere, per un certo periodo, la costituzione del Vidovdan, sostituendola con una forma di Governo assoluto. Il manifesto relativo, pepsetrdpddclnuB pubblicato ai 6 di gennaio del 1929, esordisce esprimendo la delusione provata dal Sovrano vedendo che la situazione politica del Paese non si era consolidata secondo le aspettative: l'assetto parlamentare e l'intera vita politica della Jugoslavia andavano assumendo carattere sempre più negativo, con grave pregiudizio della vita nazionale e del prestigio dello Stato all'estero. Il Sovrano, in conseguenza, si diceva costretto a tentare nuove vie e nuovi metodi di lavoro, e sospendendo la Costituzione scioglieva la Skupcina eletta agli undici di novembre del 1927. In questa Skupcina, ai 20 di giugno del 1928, erano stati assassinati dal deputato radicale serbo Puniscia Racic, in piena seduta, il capo del partito croato dei contadini Stefano Radic, uomo forse un po' strambo nelle sue manifestazioni e nella sua attivila politica, ma certo animato da amore verso il popolo e popolarissimo in tutta la Croazia, il nipote dolio stesso Radic, Paolo, e il deputato Basaricek. Nell'intera seconda metà del 1928 Alessandro ed i suoi collaboratori tentarono in tutti i modi di rabbonire la Croazia esasperata per la strage della quale erano caduti vittime il suo capo e altri due deputati, e al tempo stesso per riconciliare con Belgrado pure i serbi delle nuove Provincie, i quali, sotto la guida dell'ex ministro Svetozar Privicevic, avevano aderito al movimento autonomista croato; la sterilità di quegli sforzi li indusse a credere che soltanto un regime dittatoriale potesse fiaccare la resistenza croata ed operare la fusione dei tre clementi nazionali serbo, croato e sloveno in un elemento unico, veramente jugoslavo. Simili piani, alla prova dei fatti, non risultarono buoni a determinare il sospirato mutamento: il regime dittatoriale proibì l'uso della bandiera croata, della slovena e della serba, dichiarandole sostituite dalla jugoslava, proibì di parlare di un Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni invece di un Regno di Jugoslavia, procede ad una riforma amministrativa del Paese in banati che prendevano nome dai fiumi che li bagnavano, disse di voler combattere la corruzione e unificare le leggi ed eliminare, nel campo fiscale, le sperequazioni che permettevano di colpire i croati e gli sloveni più dei serbi, instaurò un tribunale eccezionale davanti al quale furono deferiti, con pretesti, i patrioti croati più invisi (cominciando col dottor Macek, successo al Radic alla testa del partito, ma che dova essere assolto), diede mano libera alla polizia di Zagabria, che ne approfittò per itti che scossero la coscienza europea, calcò la mano in Macedonia, dove i bulgari invano invocavano i diritti garantiti dal protocollo per la tutela delle minoranze, tuttavia la situazione non migliorò. Fra Croati e Serbi La crisi economica mondiale, aggravata per la Jugoslavia dalla crisi agraria interna, verso ia metà del lt!31 pose Re Alessandro davanti a nuovi e più serii problemi : forse anche per consiglio di Parigi, venne allora deciso di fingere un ritorno al regime parlamentare, pubblicando, net mese di settembre, una nuova Costituzione, e invitando gli elettori a presentarsi nel novembre successivo alle urne, per designare una rappresentarla politica die "3rò avrebbe dovuto comprendere, oltre all'antica Skupcina, un Senato. Ma la nuova Costituzione ed il sistema adottato per la composizione del Senato dimostrarono ben presto che si era unicamente voluto gettare polvere negli occhi : nò i Croati, nè i Serbi delle nuove Provincie, nè gli stessi partiti di opposizione della vecchia Serbia abboccarono all'amo. Il loro astensionismo facilitò il trionfo, del resto inevitabile, delle liste governative, ma impedì che il nuovo Parlamento potesse da alcuno essere consideralo emanazione genuina della volontà del popolo jugoslavo. In altri termini, il fittizio ritorno al parlamentarismo si ridusse ad un insuccesso di così bassa portata, che ai primi di aprile del 1932 Re Alessandro si trovò nella necessità di compiere un gesto ancora più risoluto, inducendo il dittatore generale Pera Gifkovic a dimettersi. La successione di Pera Gifkovic fu assunta dal ministro degli Esteri Voja Marinkovic, un devoto amico della Francia. All'interno del Paese si delineava frattanto un fenomeno che i conoscitori della situazione avevano visto lentamente maturare: i serbi, democratici per tradizione, « ribelli all'idea d'una forma di regime personale come quella instaurata da Pera Gifkovic e mantenuta da Alessandro, poco per volta si dimostravano ancora più malcontenti dei croati, a danno dei quali la dittatura era stata proclamata, e incominciavano a manifestare il loro malcontento mediante la rinascita, in seno al corpo dei giovani ufficiali serbi, della citata organizzazione della Mano Nera. La scoperta di un tale complotto portava, ai primi di maggio, all'arresto di numerosi ufficiali in varie guarnigioni e soprattutto in quella di Marburgo. Il processo contro i congiurati di Marburgo finì con due condanne a morte, pronunciate il 20 giugno dallo stesso 1932; nove giorni dopo il Gabinetto si dimetteva e Marinkovic — da quel momento scomparso in modo assoluto dalla scena politica — cedeva il posto al signor Srskic mantenutosi al potere fino a metà gennaio di quest'anno. La dittatura di Belgrado Come è noto, dal 27 gennaio la presidenza del consiglio è nelle mani del signor Nicola Uzunovic. Durante il primo Gabinetto Srskic scoppiò in Croazia un movimento insurrezionale fortissimo per opera dei cosidetti « ustaza » i quali non esitarono neppure ad assalire le caserme di gendarmi. La repressione riuscì al Governo centrale solo mobilitando forti contingenti di truppa e facendo ricorso ai mezzi estremi; ma soffocata la rivolta degli « ustaza » ecco delincarsi il fermento sloveno in forma nel passato ritenuta impossibile. L'ex-Presidente del Consiglio Korozec dovette dividere la sorte di Macech, di Trumbic e di tanti altri patrioti e re Alessandro, convintosi della inutilità di trattative con le opposizioni nazionali, fece l'ultimo passo sulla strada del regime dittatoriale puramente ed esclusivamente serbo. Sebbene la situazione interna continuasse ad apparire sotto molti aspetti mal sicura, nell'estate dello scorso anno re Alessandro ritenne venuto il momento di dedicare maggior attenzione alla politica internazionale e iniziò quella serie di viaggi attraverso l'Europa sud-orientale che per ultima tappa ha avuto ai primi di questo mese Sofia. Mentre i suoi incontri col cognato Carol non potevano sorprendere, piuttosto sensazionale fu la visita da lui fatta a Re Boris a Varna il 3 ottobre 1933, visita alla quale tenne dietro il colloquio di Istambul con Kemal Pascià. Il sensazionale avvenimento di Varna mancò però di pratici risultati, a meno che per pratico risultato non si voglia intender quel patto balcanico — firmato ad Atene ai 9 febbraio — che ha messo la Bulgaria al bando e l'ha fatta apparire nemica delle nazioni della penisola o della pace in genere. Il motto « I Balcani ai popoli balcanici » avrebbe richiesto altro. Naturalmente nei mesi successivi, grazie al mutamento di regime provocato in Bulgaria dalla Jugoslavia, la situazione può avere subito mutamenti; però, men¬ tre scriviamo, i frutti delle accennate recenti conversazioni di Sofinon si conoscono; un giornale turco, lo Zaman, ha raccolto fra l'atro la voce di apertura di negoziatper stringere una alleanza e persinha detto non doversi escludere chquesta alleanza bulgaro-jugoslavgià sia stata segretamente sottoscritta. Noi esitiamo a crederlo, comunque nei Balcani tutto è possibile. Nel dicembre 1933 in occasione duno di quei soggiorni nella capitalcroata che avrebbero dovuto indurre alla riconciliazione i sudditi ribelli, re Alessandro è sfuggito a Zagabria a un attentato quasi miracolosamente. I congiurati Oreb e Begovic sono poi finiti sulla forca. Alessandro ha sposato agli 8 dgiugno del 1922 la principessa Maria di Romania, seconda figlia del RFerdinando e della Regina Maria dRomania e quindi sorella dell'attuale Re di Romania, Carol II. Il principe ereditario Peter è nato ai 6 dsettembre del 1923, il principe Tomislav ai 19 di gennaio del 1929poiché il nome Tomislav fu portatdal primo Re di Croazia, Re Alessandro, imponendolo al suo secondogenito, ha tentato di cattivarsi, anche con questo gesto, le simpatidei croati ribelli. Il terzogenito Andrea è nato il 2giugno 1929. Italo Zingarelli