La profonda ripercussione internazionale del discorso agli operai di Milano

La profonda ripercussione internazionale del discorso agli operai di Milano La profonda ripercussione internazionale del discorso agli operai di Milano Devozione di popolo (DAL NOSTRO INVIATO) Cremona, 8 mattino. Le indimenticabili giornate lombarde si sono concluse ieri con l'offerta dei cremonesi piena dell'amicizia antica e intima. Dieci anni di attesa. Qui il Duce venne, come Egli disse, tre volte in tre momenti culminanti del combattimento e della conquista, tutte e tre le volte trovando un popolo devoto, appassionato, e ora ritorna, dopo la compiuta e perfetta concordia e una mirabile vittoria e nello splendore della patria tornata per la Sua virtù sulla giusta via romana e imperiale, a premiare della Sua altissima parola gli aspettanti. La piazza dove Egli parla, conclusa dalle possenti mura della cattedrale dugentesca e del Civico Palazzo raddolcita da aeree loggie e da snelli porticati, palpita e freme presa nel morso della Sua parola rievocatrice sospinta dagli squillanti annunci. Il rito della riconoscenza L'offerta di Cremona rivelava la essenza di questo popolo e la sua caratteristica di essere stato sempre fedele senza dubbi, senza scoraggiamenti, e si è incoronata di scene meravigliose. Dinnanzi al Duce passarono i contadini tenaci, forti, bruni, del color della terra, braccia vigorose come quercioli con la vanga in mano retta come un fucile. Questa sfilata resterà incancellabile nel ricordo. Ottomila erano e tutta la notte avevano marciato lungo le vie dei campi al lume di fiaccole, poderosa solenne marcia verso lo splendore del più lieto rito, il rito dell'amore e del ringraziamento. Li vediamo, tutti, indimenticabili inconfondibili; passano, a plotoni, gli sguardi fissi nel Suo sguardo, lucenti del luccicore della commozione, gli arnesi da lavoro iti alto, simbolici, trionfanti; li vediamo ognuno con la sua letizia con la sua commozione con la passione sul labbro con il cuore in mano ardente nell'offerta: Prima di questo corteo solenne della gente campestre avevamo assistito al rito della riconoscenza. Vedemmo il Duce nel Sacrario dei Martiri tra le madri gloriose del sacrificio dei figli. Il Sacrario rivestito di marmi, segnato dalla Croce, adorno di cupi e severi pilastri dì marmo nero e azzurro dove sono incisi i nomi dei Martiri, era soffuso di tenue luce. Sulla cupola rivestita di preziosi mosaici risalta l'apoteosi dei Caduti. Le teorie dei labari, delle fiamme, dei gagliardetti si protendono rendendo l'estremo onore agli Eroi. Nell'alone luminoso fa figura di Mussolini stagliava altissima, severa, solenne. Egli sapeva il nome dei morti, il nome e il volto di tutti i morti e ora li rivede tuttavia in offerta, in dedizione, Eroi e Martiri e loro rende merito e onore nel memore cuore. E mentre il Capo era lì tra le madri preganti, gagliardetti e bandiere si piegavano dinnanzi alla gloria del Sacrario. La giornata cremonese del Duce si caratterizza di questi due episodi: del rito della ricordanza e dell'offerta dei contadini. E, come tutte le Sue giornate, si è svolta e compiuta nell'esultanza popolare. Non c'era ieri nessuno a Cremona lontano dal Suo sguardo e dalla Sua voce. Tutta la gente era discesa nelle vie e si era addensata lungo il Suo cammino, collane viventi nelle quali Egli era avvolto con stretta dolce e appassionata . Il nuovo ospedale Alle ore 9 il Duce giunge in automobile all'Ospedale sanatoriale accompagnato dal Segretario del Partito S. E. Starace, dal Sottosegretario alla Stampa e propaganda S. E. Ciano, dal Capo di Stato Maggiore della Milizia S. E. Teruzzi, da S. E. il Prefetto, dal Segretario Federale, dal Podestà, dall'ori. Farinacci, dal Preside della Provincia e da altre autorità. Il Capo del Governo è ricevuto dall'on. Bottai presidente dell'Istituto di Previdenza Sociale e dall'ori. Morelli che hanno presieduto alla costruzione dell'ospedale che sorge a due chilometri dalla città in cospetto della vasta fertile pianura cremonese investita dal pieno sole dell'autunno imminente. Una compagnia mista rende gli onori. Le formazioni del Partito e Giovanili, i gruppi folti dei rurali giunti dai villaggi e dai borghi vicini salutano alla voce tra lo sventolio dei cappelli e dei fazzoletti. Il Capo del Governo entra nell'atrio ove il Vescovo mons. Cazzani pronunzia la formula rituale della benedizione. Di qui ha inizio la visita. Dalle vaste terrazze che protette da vetrate scorrevoli si aprono sui giardini e danno luce e sole alle camera da letto che possono ospitare complessivamente 250 ammalati, il Capo del Governo sale ai piani superiori. Il refettorio, la sala di convegno, di studio e di ritrovo si succedono cinte da uno spazioso giardino pensile. Di quassù il Duce saluta la gioconda folla giovanile che gremisce la spianata sottostante. Poi, dopo aver percorso tutti i repartì (per le donne, per gli uomini e per i bimbi) discende alle cucine e alla lavanderia: di qui ai giardini ove .sono schierati i 200 muratori che hanno costruito l'ospedale. Il Duce si indugia ad osservare il doppio ordine delle terrazze che danno all'insieme dell'edificio, anche per la vivacità delle tinte, un aspetto sereno, non triste, che è piuttosto di ospizio che non di sanatorio. La galleria XXIII Ottobre Compiuta la visita, sale in automobile insieme con il Prefetto, col Segretario Federale è con il Podestà. Il corteo presidenziale va ora verso la città. Si vedono le prime bandiere. Da finestre e terrazze scendono drappi tricolori a sfiorare le molte immagini del Duce che tappezzano i muri delle case. Il popolo applaude fervidamente. Il Duce, ritto sulla vettura, risponde con il saluto romano alle calorose accoglienze del popolo trattenuto da cortine di Giovani Fascisti, di Balilla e di Piccole Italiane. Il popolo dì città e di provincia si incolonna lungo le arterie principali ed affolla, nel vano tentativo di sfociare, le vie non troppo vaste che carezzano nella bella cornice delle memorie secolari, la città che è centro attivo di una poderosa zona rurale. Da corso Stradivari il corteo giunge in piazza Roma che i cordoni delle truppe mantengono sgombra per consentire al Duce, che è disceso di macchina, di osservare il fronte della nuova galleria 23 ottobre; imponente blocco granitico che l'Istituto nazionale delle Assicurazioni ha costruito per la sua sede cremonese e per ospitarvi anche le più importanti manifestazioni della vita industriale e commerciale. Vi si vede infatti la serie dei negozi ampi, luminosi, a vetrine altissime. In uno di essi, il solo che sia ora aperto, sono esposti i mobili che gli artigiani cremonesi hanno offerto a Littoria. Il Sacrario dei Martiri Compiuto il rito della benedizione, il Capo del Governo, guidato dal presidente dell'Istituto sen. Bevione, percorre, inaugurando la galleria, i portici che la fiancheggiano compiacendosi per la monumentalìtà della linea architettonica che la lucentezza policroma dei marmi impiegati nella costruzione rende agile e signorile. Dalla Gulleria XXIII Ottobre il Duce riattraversa la Piazza Roma per inaugurare il vicinissimo Gruppo rionale che consacra con il suo nome la memoria del Caduto fascista Priori, n Capo del Governo sale qui in vettura. Egli sta sempre ritto je saluta senza interruzione la folla i che si fa di mano in mano più densa e Lo accompagna con le sue fervide acclamazioni sino al Palazzo della Rivoluzione costruito per ospitarvi la Federazione fascista, il Fascio di Combattimento e la Milizia. Nell'atrio è il Sacrario, nuovissima costruzione. Di fronte sono schierate le famiglie dei Caduti fascisti che il Segretario federale presenta all'affettuoso interessamento del Duce. La schiera devota si dispone poi a semicerchio di fronte al Sacrario ed accompagna con il mormorio sommesso delle preci il rito della benedizione. Si odono di lontano interminabili colpi di cannone, ideale scorta d'onore a riconsacrare la memoria dei Caduti cremonesi. La Cripta è a volta piana tracciata in minutissimo mosaico multicolore. Tutto intorno corrono levigatissime luci di marmi neri tagliati da quattro colonne quadrate che recano incisi in rilievo con lettere d'oro i nomi dei Caduti. Di fronte è una Croce che sarà perennemente illuminata. La sfilata delle forze fasciste Compiuta la cerimonia religiosa, il Duce che è rimasto in posizione di attenti durante il rito sta ancora un minuto in profondo raccoglimento. Raggiunge quindi il cortile ove le Camicie nere della vigilia, le vecchie Squadre di azione, Lo salutano con un possente « A noi », subito intonando a piena voce « Giovinezza ». Il Duce si reca quindi al balcone che guarda sul Corso Vittorio Emanuele ove sono su due ali schierati i Combattenti, le rappresentanze del Dopolavoro e dei Sindacati, i Segretari politici ed i Podestà ed assiste di qui alla grande sfilata dei Fascisti e del corteo folcloristico che si svolge sul ritmo ininterrotto di « Giovinezza ». Precede la centuria motociclistica, seguono nell'ordine la centuria dei Mutilati fascisti, le fiamme nere delle Squadre dì azione scortate dagli squadristi che marciano vigorosamente scandendo il nome del Duce. Ecco poi il gruppo degli ufficiali dell'Esercito e della Milizia, i Reparti dell'Esercito ed il Battaglione della Milizia seguiti dalla schiera foltissima dei labari e gagliardetti del Partito e delle associazioni dipendenti. Il Capo del Governo fa cenni continui di compiacimento. Ha ora inizio la sfilata degli 8.000 Giovani Fascisti aperta da due apparecchi a vela; sulle ali è scritto « Saluto al Dujee ». / Giovani Fascisti sfilano a pas¬ so di corsa, alzando alto e concorde il saluto al Duce. Il Capo del Governo appare soddisfatto ed applaude. E' ora la seconda fase del corteo. Schiere di contadinelle con gli abiti a vivacissimi colori e scialletto e cuffia alzano verso il Duce le spighe di grano e i rastrelli con un vocìo caldo, vibrante, appassionato. Il Duce sorride. Hanno tutte le età; le vecchiette che rimangono di qualche passo indietro lo riguadagnano poi correndo. E' un'altra interminabile colonna che incalza: sono i cinquemila rurali che sfilano con a spalla i badili e le zappe e salutano il Duce con vigorosi unanimi « A noi ». Marciano benissimo. Sono le fanterie del Carso e del Montello. Sono le salde rappresentanze dei 48 mila organizzati cremonesi nei Sindacati dell'agricoltura. Ed ecco le motoaratrici con un alto rombo di motori, coi carri infiorati, inghirlandati di spighe di grano, ricolmi di fanciulle acclamanti in abiti verdi rossi e bianchi. Gettano cartoline con scritte di devozione al Duce, agitano i fazzoletti, intonano gli inni della Rivoluzione. Chiudono il corteo gli stalloni di razza lombarda a doppia groppa di lunghissima criniera e poderosi garretti e le quadriglie nitrenti dei poliedri. Prima di lasciare il palazzo il Duce scende alla sala di scherma ove il maestro Sanipoli Gli presenta gli allievi dell'Accademia d'arte e Gli offre in omaggio, dono dell'Accademia, una sciabola che il Duce desidera subito provare. Egli eseguisce infatti un veloce ed esperto assalto con lo stesso maestro Sanipoli. Parla Mussolini Dal Pcdazzo della Rivoluzione il Duce per corso Vittorio Emanuele, che percorre a piedi tra lo scrosciare degli applausi, raggiunge il Palazzo del Comune, sale sull'arengo e appare all'attesa dei cremonesi che gremiscono letteralmente la magnifica storica piazza. E' una tempesta di grida, un impeto incontenibile di entusiasmo che si ritma con fragore di tuono nella parola « Duce ». E il Duce accenna a parlare. Come Egli sa cogliere nel cuore di ognuno i sentimenti segreti, come sa intendere le vibrazioni dei cuori! Avvinta alle Sue labbra la folla Lo ascolta e medita le parole; Egli ne raccoglie il palpito, le impressioni e incidendo il discorso di parentesi vivacissime parla a ognuno, risponde a ognuno e se qualcuno commenta le Sue parole, ecco, rapido risponde raccogliendo il commento e ciascuno rimane stupefatto della risposta e grida, grida smisuratamente il suo consenso. E' la luce del genio a rischiararGli il cuore degli uomini. Questo discorso al popolo di Cre¬ mona, discorso affettuoso, intimo, acceso dalla passione, dai ricordi è dei più toccanti. Il Duce ha iniziato il Suo discorso dicendo che la visita odierna costituiva il mantenimento della promessa fatta a Roma t,: inaugurare il Sacrario dei Caduti cremonesi per la Causa fascista e che non senza profonda emozione Egli ha varcato la soglia di quel Sacrario che ospiterà i gloriosi gagliardetti delle Squadre d'azione rappresentanti il fiore della passione fascista. Ricordato che è la quinta volta che Egli parla da quella piazza al popolo cremonese e rievocati sinteticamente gli avvenimenti politici che caratterizzarono le Sue visite precedenti, il Puce rievoca le ore della vigilia del Fascismo Cremonese guidato da un uomo a Lui vicino da venti anni. Si dice lieto di aver trovato Cremona abbellita di edifici e di opere pubbliche e di avere visto sfilare magnificamente gli squadrisi, le formazioni giovanili, gli ufficiali del nostro glorioso Esercito, i combattenti e le imponentissime masse di lavoratori. Rivolto quindi un particolare elogio ai rurali coraggiosamente tenaci afferma che qualche chiarore già si intravvede all'orizzonte. Intanto saranno sollecitamente risolti in sede corporativa i due gravi problemi dei bozzoli e del latte. Infine, tra imponentissime acclamazioni, il Duce assicura che non passeranno dieci anni prima che Egli torni a Cremona ed afferma che il Fascismo, alla cui avanguardia marciano i gloriosi Caduti, raggiungerà tutte le mete. // discorso, che la folla interrompe di continuo con acclamazioni e applausi di consenso, è salutato da ultimo con una dimostrazione che costringe il Duce a riportarsi più volte all'arengo. Il congedo del Duce avviene fra inesprimibili manifestazioni di affetto e si colora di malinconia se non fosse confortato per i cremonesi dall'annunzio di nuora visita. Dopo avere visitato la sede del giornale Regime Fascista, dove fu accolto da Roberto Farinacci, dal comm. dott. Mario Enrico Varennae da tutti i redattori e operai col saluto alla voce, dopo aver condisceso a lasciarsi fotografare con loro e dopo avere espresso al Segretario Federale comm. Gambuzzi il Suo altissimo elogio per il magnifico spettacolo offertoGU dal popolo, dalle organizzazioni giovanili e dalle forze contadine, il Duce passò di nuovo in trionfo per le vie e l'onda delle acclamazioni lungamente Lo seguì fremente e impetuosa. Alfio Rutto

Luoghi citati: Carso, Cremona, Littoria, Milano, Roma