La storia a quattro soldi al pezzo

La storia a quattro soldi al pezzo I T I IN ERARI BIZZ ARRI La storia a quattro soldi al pezzo Il più strano « Ricordo di... » - « C'era un piccolo paesino » --1 « corrieri muti » e la principessa indiana — Cosimo I e Giuseppe Giusti -- Una ferroviaria vallata che attende un nome - Storiografia e pagamento MONTECATINI ALTO, settembre. In tutti i ijrandi e ■piccoli centri di attrazione turistica germoglia denso il minuscolo commercio dei « Ricordo di... ». Al forestiero — straniero o italiano che egli sia — si offrono gli oggetti più, vari: dai grotteschi turaccioli lignei e policromi altoatesini alle siracusane rarità di scavo, dalle collanine di corallo e di quasi-ambra di Capri e Torre del Greco alle perline vitree di Murano e alle gondolette-calamaio di Venezia; dalle terraglie di Vietri, Perugia, Assisi, Savona, Pesaro alle monete antiche, vulcanizzate e irriconoscibili di Pompei, Agrigento e Paestum; dai piccoli oggetti in mosaico fabbricati in Lombardia e venduti sotto le arcate auguste del Colosseo, ai fermagli e ninnoli circumvesuviani, in vera tartaruga confezionata con celluloide a VeronaPaese che vai, ricordino turistico che trovi: « mani di Fatma » nell'Africa costiera mediterranea; unghie di ghidì in quella più nera e lontana; idoletti fabbricati in serie, su gli scalini dei templi buddhici di Ceylon; cento oggettini diversi, luìtgo tutta la costa estr.emo-orientàle del'Asia più gialla, ma tutti con gl'immancabili segni cinesi dello scéù augurante « lunga vita » e del fu che promette la felicità. Se è proprio vero che vi stano ancora dei cannibali autentici in qualche posto del mondo, costoro sono antropofa ghi al solo scopo di poter offrire ai tu risti, a poco prezzo, uno scafoide, un astragalo, una rotula o un osso ioide con la dicitura « Ricordo dei divoratori di uomini... ». E chi sa che non siano finte ossa, in galalite, perfette imitazioni. Qui c'entra forse Gatilina Qui, a Montecatini Alto, gli indigeni non offrono alcun oggetto visibile e tangibile: anche le cartoline illustrate se ne stanno tranquille sui banchetti, allineate e tutte — chi sa perchè — a sghimbescio, come cappelli sulle ventitré. Qui, al turista offrono qualcosa che non si vede. Una frotta di bimbi fa gara di gomitate intofno al neo-arrivato, ciascuno proponendogli: — O glie la dico?.» Glie la dico io?... Un « ventino » e glie la dico!... Il turista ignaro si sofferma, cercando il significato di questa offerta così oscura nella sua toscana limpidità: e i monelli, poi che lo vedon fermarsi, ritengono legittimamente che egli acconsenta ad ascoltare: e cominciano: —«Prima qui c'era un piccolo paesino: fu chiamato Poggio alla Guardia... ». Intanto accorrono altri bimbi, affannati, i quali incominciano con otto parole di ritardo siigli altri: e il turista — nel guazzabuglio fònico che ne risulta — non capisce che cosa dicano e che cosa vogliano. Bisogna prenderne a parte uno solo, di questi monelli, far tacere i concorrenti (pronti a rovinare il mercato offrendo a solo un « decino » cid che è consuetudinariamente meritevole di venti centesimi) e chiedergli: — Che cosa vuoi dirmi? — La storia di Montecatini! Un « ventino », signore! « Prima qui c'era un piccolo paesino: fu chiamato Poggio alla Guardia: fu distrutto da Cosimo de' Medici nel 1500...». Gli altri bimbi non riescono a tacere: debbono dirla anche loro, la « storia »: con una speranza di ricompensa, o magari gratis. Dopo un breve periodo di sincronismo, le vocine si accavallano, si confondono in un babelismo sempre più ingarbugliato, e non si riesce più a capire che cosa sia avvenuto del « piccolo paesino» dopo che Cosimo l'ebbe distrutto nel 1500. Dei/esserci stata gran baraonda storica! Veramente il periodo più convulso fu precedente: quello della lotta — anche qui — fra Guelfi e Ghibellini: si dice che, nel 1S15, fosse qui — con Uguccione della Faggiola e contro i concittadini di Firenze — anche il Ghibellino per antonomasia, e che sostasse là dove, su la vecchia strada di Montecatini, è il « Ponte pi Dante ». Ma nemmeno questa leggenda fa parte della « storia » che i bimbi cantilenano per un ventino: essa comincia proprio là dove la vera storia del paese si arresta: la distruzione decretata nel 1554 da Cosimo I dopo l'eroica resistenza di Pietro Strozzi. Il nome stesso scivolò a valle, e divenne celebre intorno alle eleganti, fiorite e miracolose Terme. Secondo una leggenda, Montecatini Alto risalirebbe ai tempi di Cutilina e sarebbe stato un Mons Catilinae: secondo le cronache fu fondato all'inizio del X secolo. Montecatini Alto ha dunque almeno unspnnpietcmpqpezqtsdpcdtcirsPsadlddsmuvpnn un millennio di storia: ma Montecatini Terme ha più di 700 alberghi e pensioni... La muta schiera dei gallonati Quassù si è più indietro nel tempo, più in alto nello spazio, più tranquilli nella immensità panoramica. Gli unici un po' chiassosi sono i mo- nelli che narran la storia del « piccolo paesino ». In cima a questo cocuzzolo conico e isolato, la storia ha una vocetta gaia e tumultuosa di bimbi; giù a Montecatini Terme la moderna industria sanitaria e alberghiera per un pubblico cosmopolita ferve sotto una disciplina amministrativa e comunale che determina anch'essa un primato sui generis. In nessun altro luogo del mondo il contatto tra ospite ospitato e ospite ospitante è regolamentato con tanta precisione e geniale severità come in questa stazione termale. Chi giunga pei- ferrovia a Montecatini Terme ed esca dalla stazioncina fiorita sul piazzaletto lindo, si stupisce di non udire quel vociare poliglotto che accoglie altrove il forestiero urlandogli — a guisa di saluto invitante — gli indecifrabili nomi di tutti gli hótels. Severissime disposizioni podestarili disciplinano l'industria alberghiera e proibiscono quella forma di caccia al cliente che ha il pittoresco nome elettorale di « galoppaggio ». Il podestà, barone Sanjust di Tenia-, da, dove aver rievocato tutte le avite tradizioni di severità medievale per comminare pene senza pietà contro chi, in Montecatini Terme, osi « galoppare-» un forestiero, ossia tenti di adescarlo verso questo o quell'albergo. Perciò Montecatini è forse l'unico paese del mondo intero ove il turista trovi, all'uscita della stazione, una doppia fila di « corrieri » d'albergo, allineati in silenziosissima parata: egli può pensare di essere arrivato in una città di sordomuti. Si narra — e si ignora già se sia storia o leggenda, sebbene l'avvenimento accadesse l'anno passato — che una principessa indiana, desiderosa di viaggiare nel più rigoroso incognito, protestasse vedendo tutti quei disciplinati individui in uniforme, che ella credette lì disposti per tributare a lei bnori militari. Più da presso, potè accorgersi che tutti quei soldati avevano sui berretti delle strane diciture, tutt'altro che belliche o marziali. Quasi come la tama di Nerone Dei disciplinatissimi silenziosi corrieri di albergo, molti furono, in gioventù, monelli sgambettanti in Mon¬ tecatini Alto, intorno al turista per narrargli la « storia », C/lied».- — Chi ve l'ha insegnata? — Nessuno: ce la impariamo uncon l'altro. Infatti c'è, nel coro, un piccino chdi quando in quando esita: è un apprendista. Se dai a lui un ventino comagli altri, costoro protestano per l'ingiustizia: — No! Lui non la sa ancorai E quasi gli strappan di mano il danaro, secondo essi non meritato. Ma chi, per primo, compilò questa « storia » ? O, meglio ancora, chi fu il primo geniale ragazzo che pensò di offrire al turista, per un ventino, un pezzetto di storia ? E' il più originale dei ricordi locali, e la fabbricazione costa pocliissimo. Speriamo che nessun provvedimento venga mai a proibire lo storico pigolìo di questi sgambettanti passerotti. Mon tecatini Alto, senza i monelli dicitori della « storia » sa?-ebbe come 3110220 San Marco senza il gluglù dei piccioni o la Fonte Aretusa senza il guizzare dei pesci. Non infastidiscono troppo. Se il turista è uno di quelli che proprio non la vuol sentire, la « storia », lo lasciano andare per i fatti suoi, accompagnandolo con uno sguardo di commiserazione: dev'essere un ignorante, il quale forse non sa neppure chi sia stato Cosimo de" Medici... Nella fantaìfa dei bimbi e in quella del popolo, Cosimo è personaggio importante più che chiunque altro, poi che disti~usse Montecatini, per le stesse ragioni che rendono grande la figura di Nerone agli occhi di ogni vetturino romano: Nerone che incendiò Roma. Il saccheggio, la rovina, l'incendio formano sempre un'aureola che rimane visibile a secoli di distanza. Lo zoccolo dei cavallo di Attila, sulla cui orma non cresceva più erba, ha notorietà mondiale assai maggiore che non Carlo Linneo, Anton Lorenzo Jussieu, Van-Tieghem, Carnei, Brown, Sachs ed altri grandi quanto sconosciuti botanici. La rocca del poeta Figura di secondo piano, che meno corrusca di quella di Cosimo, è in Mon tecatini Alto Giuseppe Giusti. A confronto di Cosimo, distruttor di castella e coperto di metallo, il poeta satirico, fieramente sarcastico ma vestito di stoffa, appare come un tranquillo borghese che amava «starsene seduto ». Non so se sia un bene, per il prestigio del Poeta, che si conservi intatto, su la rocca, il sedile Giusti, ossia l'orlo di pietra sul quale, come dice la lapide, «Giuseppe Giusti - stanco dei cittadini rumori - riposava presso i ruderi di questa rocca - ritemprando le esauste forze - nel l'aure pure e salubri - già nell'infanzia e nella giovinezza - qui respirato - e fra l'in canto della bella natura... ». La lapide continua, prolissa come un brindisi ad un banchetto borghese. La Rocca è severa, annerita e pur sconnessa e con le feritoie accecate — domina aìicora tutta un'immensa zona che si potrebbe chiamare, oggi, la Valle dell'autostrada. La ferrovia, prima, e la gran rotabile ora hanno dato un corso naturale al traffico, secondo una direzione che la natura sembrava aver predisposto.La Val di Nievole — come quelle ad essa parallele dell'Ombrane Pistoiese, del Pescia e del Serchio — discendono da nord a sud: ma son tutte contorte e varie; vasta e piana, ben definita tra la Montagna Pistoiese a settentrione e la serie delle montuosità che la separano dalla Val d'Arno (il gruppo del Monte Albano, le Colline delle Cerbaje e il Monte Pisano), è quella vallata che ha per arteria non un ruscello ma una strada ferrata: la Pistoia-Luccaora fiancheggiata dalla S2>lendida strada per auto. A Lucca la ferrovia, proprio come un fiume, si biforca: e il delta ferroviario ha le due foci a Viareggio e a Pisa e Livorno. Ma questa valle ferroviaria non ha nome. Potrebbe prenderlo da Altopascio, paese che fu celebre per il transito dei pellegrini che, dopo il crepuscolo, il richiamo di una campana guidava, faro sonoro, tra le insidie boscose delle Cerbaje. Ad Altopascio, la trecentesca campana — la « Smarrita » — si conserva ancora, in San Jacopo Maggiore. Ma non , o o i 0 i e n o e a e i l a a e , o i a e a a ni a l e n n e oa e e o. d e, o e a e ael e a a a, ae oa a anuioann suona più, poi che i pellegrini viaggiano in littorina su rotaie o in automobile sull'ampio nastro d'asfalto. Due versioni di un'epigrafe Su la Rocca di Montecatini è una torre altissima e vuota. Non vi si può salire, poi che è sviscerata di tutto: non ha più die le quattro pareti di pietroni nerastri, coperte da un tetto: sì che, penetrandovi per la porticina stretta e guardando in su, si vede soltanto un'oscurità fonda: un impressionante pozzo capovolto. — C7ie torre è questa? — chiedi a un monello che, vedendoti gironzolare, non osa offrirti la sua declamazione storica: capisce che tu devi essere un turista già sfruttato dai suoi colleghi prima di arrivare quassù. Egli non comprende neppur bene la domanda. O non lo vedi che è una torre? E dev'essere una torre senza importanza, perchè la « storia » non ne fa cenno. Anzi, siccome Cosimo distrusse tutto il « piccolo paesino », questa è una torre che non ci dovrebbe esser neppure. Il baluardo, sì che ha un'esistenza legittima, poi che c'è il sedile Giusti e la lapide. Se ti arresti a guardarla, il monello prende animo e ti recita, veloce, tutta l'iscrizione, con lo sguardo perso nel panorama, per dimostrarti che egli la sa a memoria. Ma, verso la settima riga, i due testi — quello lapidario e quello orale — non coincidono. Dopo la « bella natura», il bimbo continua: «... in queBto paese che solo riconobbe per suo • immaginò e ncrisse - molte delle satiriche poesie - che lo resero immortale...». L'enigma ti sarà chiaro più tardi, dinanzi alla casa che appartenne a Giuseppe Giusti dov'egli abitò, preferendo questo cocuzzolo dominatore della valle anziché la nativa Monsummano. Tutto per un « ventino » Anche Monsummano ha il suo Monsummano-Alto, con un dislivello anche maggiore, 320 metri più su che il paese su la strada provinciale; però, su quel monticello a sghimbescio — a pendenza più dolce da un lato e quasi precipite dall'altro — non restano che pochi ruderi del dugentesco Castello dei Capraja. Presso la pittoresca e diruta rocca a pentagono, il Poeta della satira non avrebbe trovato un comodo rifugio come qui, nella casetta tranquilla, pur se con quattro palmi appena di giardino. Non serviva un giardino ampio a c7ii aveva per sè la ricchezza panoramica della vallata senza nome: dal sedile Giusti si scorge, oltre Serravalle turrita, il denso gregge dei tetti rossastri, delle cupole e dei campanili di Pistoia; a settentrione è il fronzìtto Appennino, tra le Apuane e il Mugello; a mezzodì le ondulazioni dolci che paion collinose, ma che superano ì 600 metri col Monte Albano e i 900 con il monte Pisano: verso ponente, nell'ora rossiccia del crepuscolo, in direzione di Lucca, si ha la certezza — non visiva, ma di fiuto atmosferico — che laggiù c'è il mare: il Tirreno di Bocca d'Arno. Giuseppe Giusti non è Cosimo de' Medici: non ha scettro in mano, ma le poesie sue, in edizione popolare, sono sempre esposte su le bancarelle, in Piazza grande, insieme con le cartoline illustrate delle bellezze di Montecatini Alto. Il turista non compera il volume mordace, ma in ogni casa del paese, qui, ce 11'è una copia. A Monsummmio stesso, sua patria, Giuseppe Giusti è meno onorato. Il nome di lui è legato alla celebre Grotta, ma i concittadini debbono serbar ran| core pur oggi verso il Poeta che preIferì Montecatini, « paese che solo rico! nnbbe per suo ». Cosi, almeno, afferma la lapide, il leni testo forma il brano finale della '. «storia» di Montecatini Alto. I bimbi, ,dopo una forte inspirazione concludono, ì come su la lapide: « il Municipio pose, il 12 maggio 1890 ». Poi tendono la mano per ricevere il « ventino ». Proprio come i grandi storiografi di un tempo, i quali, dopo aver scritto gli avvenimenti, ne ricevevano Ut ricompensa. Quante volle, anzi, la munificenza dei Principi ha potuto trasmettere ai posteri una storia attenuata nei fattacci e inghirlandata negli episodi nobilissimi! Qui invece la storia è eguale per tutti.Costa un « ventino »; ma, se anche la paghi lina lira, non riesci ad avere un •"•me 0 un aggettivo di più. Toddi ti « sedile Giusti »