Proposte di oltre cento architetti per il Palazzo del Littorio

Proposte di oltre cento architetti per il Palazzo del Littorio Ima superba atiermuaxioue delia nuova architettura italiana Proposte di oltre cento architetti per il Palazzo del Littorio Roma, 29 notte. F" nata la nuova architettura itaiana? Se dei settantatre progetti per l Palazzo del Littorio sulla Via del'Impero qui esposti in una cinquantina di sale accortamente ricavate nell'ediiicio per gli Esami di Stato, ne consideri forse dieci, rispondi di sì. Se dai medesimi scttantatre progetta ne isoli circa trenta, abbandonando il resto alla sorte malinconica c&'gli uomini e delle cose che si j sforzano di vivere ma non vivono, rispondi che se non altro è morta la vecchi a architettura italiana — precisiamo: quell'architettura italiana di ieri che s'illudeva di continuare la tradizione fondendo in un eclettismo babelico i nostri e altrui stili del passato, e proprio così facendo la vituperava e uccideva, vuoi con il Vittoriano o il Palazzo di Giustizia di Roma, vuoi con la Stazione di Milano. E questa morte è già per tutti noi, Italiani nuovi, un gran respiro. Ques.lo — come primo risultato, come dimostrazione di un clima artistico s.ttuale c necessario — il bilancio del più importante concorso bandito in Italia da dodici anni in qua: quello destinato alla scelta dell'edificio « tale da corrispondere alla grandezza e alla potenza impresse dal Fascismo al rinnovamento della vita nazionale nella continuità della tradizione di Roma », dell'edificio « degno di tramandare ai posteri, con carattere duraturo e universale, l'epoca Mussoliniana ». E se la percentuale sopra riferita potrà sembrar magra a qualcuno considerando che qui è stata chiamata in gara quasi tutta la giovane architettura italiana oltre una buona scorta di anziani costruttori, per noi invece è un indice oltremodo confortante. Anzitutto,, anche tenendo conto d'un così grosso scarto, proprio nello stesso scarto senti questo bisogno di liberarsi da schemi estetici ormai insufficienti. Un Adolfo Coppedè o un Ulisse Stacchini è naturale che tradiscano l'origine dei loro gusti (ed è giusto che vi si mantengano in certo qual modo fedeli) così come un Mario Palanti amoreggia con forme; teatrali che lo inducono a dotare la sua fabbrica, verso il Colosseo, d'jina specie di prua rostrata che pare una reminiscenza dannunziana a lquanto letteraria ed enfatica. Il Ferrati, spezzando la fronte ad angolo e presentandone i due corpi con un aspetto quasi di formidabile bastionata, mira a una grandiosità elio riesce più funerea che severa. Lombardi-Vetriani-Perosino-Kambo, sopra un bel ritmo di pilastrata frontale, tendono a un risultato consimile con quel gigantesco corpo centrale sopraelevato che nella misura romana dei Fori e delle Basiliche sorgerebbe come la stonatura d'un mausoleo barbarico o, peggio, come un'a'.mericanata di verticalismo costruttivo. Virgilio Marchi e Castelli immaginano addirittura sei rotonde torri romane, da chiudervi dentro l'edificio a guisa di ben munito castello. Il Jorio, il Bovip, Del Giudice-Elrrera-Folin, Bordoni-Caneva-Marchetti, il Gra coi suoi contrafforti, i! Memma, il Banterle, Gianturco-D'Albora-Guerra con quei due partiti di scalinate a rampa che attraversano l'intero organismo architettonico fino al Sacrario partendo dai due angoli sulla Torre dei Conti e sul Colosseo, il Barbieri che fra l'altro colloca un Mussolini nudo in cima a una colonna verso il Colosseo, il Jerace, il Cro, il Priori, il Tarchi, il Mongiovì, il Biscaccianti, Dioguardi-Lopopolo-Favia, il Nori, Di Maria e Grossi, il Franco, il Fasolo, il Mancini, il Mosso ed altri che non jmporta ricordare, chi con giochi di sporgenti e rientranti, chi con l'impiego di alti pilastri e qualcuno di colonne, chi cercando di movimentare la lunghissima facciata con corpi avanzati, chi infine con quelle benedette torri ora massicce ed ora esili di cui ogni città (e lasciamo andare gli stadi sportivi dove meno stonano) adesso, a gara, vuol fregiarsi sem;a badare all'anacronismo di queste strutture tipicamente medioevali, si studiano di sfruttare decorativamente — e spesso scenograficamente — degli elementi architettonici, talvolta anche con sacrificio della logicai della struttura e della chiarezza delle piante. In tutti, ad ogni modo, anche in quelli per natura più portati a un'eloquenza o aulica o farraginosa, è evidente lo sforzo della semplificazione, e comunque dell'originalità. Potranno esservi progetti che fan pensare ad alberghi di lusso, a stazioni ferroviarie, ad opifici, a colossali padiglioni da fiera campionariia, persino a sanatori, ma non trovi un capitello corinzio, una trabeazione scappata fuori da ricordi scolastici, un motivo stilistico che sappia di copia. Unica eccezione il neoclassicismo tranquillante, volutamente ostentato dal-l'Eynard in collaborazione' col pit- j ma e una scommessa; e tore Funi lo si vede Moda ? Sia pure, per qualcuno. Ma quando gli uomini cominciano concordemente a seguire una moda, ad obbedirle con più o meno entusiasmo, significa che se non altro riconoscono che questa moda ha i suoi Lord Brummel, i suoi convintissimi sovrani, che a staccarsi da essa si apparirebbe ridicoli o superati ; e al- lora. non si tratta più di moda bensì di gusto, cioè dello spirito e della voce di un tempo. Ecco perchè il concorso, oltre i suoi scopi pratici, ha un valore importantissimo còme rassegna dell'architettura italiana attuale; e da questa rassegna risulta chiaro, persino nei mediocri, persino negli errori, che le forme vecchie sono state seppellite e che più nessuno, costruttori o pubblico, le vuole. Ma nel caso presente non si tratta tanto di leggere tendenze estetiche su plastici e tavole, quanto di osservare come tali tendenze si sono polarizzate alla soluzione di un problema specifico; anzi, dei parecchi problemi che concernono l'alzare un palazzo immenso, di funzioni utilitarie e di carattere rappresentativo insieme, in un luogo « preoccupante » come la Via dell'Impero. Quesiti gravissimi si imponevano ai progettisti : tutto un complesso di vincoli da scio- gliere in sede tecnica sempre sotto il peso della terribile responsabilità dell'ubicazione e del significato della Domus Lictoria. Problemi che son stati compendiati nel modo di rendere il più possibile visibile la lunghissima fronte; di separare, almeno idealmente, le quasi cinquecento stanze destinate agli uffici da quelle di destinazione rappresentativa, come la sala del Duce, la Mostra della Rivoluzione, il Sacrario; di ambientare (e qui prevale la funzione dell'architetto su quella del semplice tracciatore di piante e di sagome) un edificio che dev'essere formidabilmente vivo in una solenne adunata di monumenti che parlano, sì, al nostro spirito con le più possenti voci e le più attuali suggestioni, ma che, come fatto visivo, come entità stilistiche, come funzionalità di strutture, restano, per illustri che brmPmapsnaBlds siano e per quanti contatti vitali loroi si diano, avanzi di un tempo remoto, i S'aggiunga che l'antistante Basilica1 di Massenzio pone un limite d'altez-! za che non conviene superare. Problemi ardui. Pure ci sembra che tra le difficoltà da superare non; si sia abbastanza tenuto conto di quella che costituiranno le adunate! di folla davanti al Palazzo dal cui arengario Mussolini parlerà al po-' pnptotcmsn polo. Che cosa sono venticinque metri di arretramento dalla Via dell'Impero per contenere le masse tumultuanti che l'entusiasmo trascinerà al delirio ? Dieci o ventimila Balilla lì ammassati non ostruiranno fatalmente gli ingressi alla sede del Duce e alla Mostra della Rivoluzione? Ancora: il bando impone il mascheramento dello sbocco di via Cavour mediante un raccordo con l'edificio da costruire — appendice della principal mole —■ dall'altra parte della via medesima; ed ecco che nei più dei progetti a facciata rettilinea quel corpo di fabbrica sta lì come appiccicato, mal fuso nell'organismo totale, una cosa posticcia che sembra aggiunta in seguito come un ampliamento. C'è poi finalmente la Torre dei Conti, presso lo sbocco di via Cavour che par stare lì apposta — ce lo perdonino gli archeologi — per dar fastidio, tozza e quadra (e brutta) com'è, che a dominarla la si riduce a un paracarro e a farla dominare si umilia tutto un settore del Palazzo. Per noi questi sono problemi, se non maggiori, almeno pari agli altri. Prospettata così la situazione il più succintamente possibile, anche a scàpito della chiarezza, quali soluzioni si impongono come migliori? O agire come ha agito, con un senso di bella nobiltà monumentale, con uno spirito che si potrebbe dire severamente religioso, l'architetto Luigi Brunati (in unione con l'ing, Simoncini) il quale ha fatto convergere la sala del Duce e l'arengario verso il Colosseo, sì che la tribuna dalla quale parlerà Mussolini si protende su « uno spazio vetusto ed ampio », dove « una folla enorme, disposta ai piedi del Colosseo e nelle arcate stesse dei suoi tre ordini e su tutto il piazzale laterale del Tempio di Venere a Roma e su tutta la strada in prosecuzione di via del Cardello » potrà ascoltare ed acclamare l'Oratore; ovvero dare al Palazzo un andamento curvilineo clic nel suo emiciclo consenta, se non un'adunata ugualmente imponente, almeno un ammassamento cospicuo ed ordinato. * Certo, l'idea di quella moltitudine nereggiante ai piedi e sugli archi del ct!|: l a ù l a a i a — e i l i l a O i o gi a l u , i l massimo monumento della romanità, e protesa verso la persona del Duce, I è straordinariamente suggestiva : maggior continuità, qui in Roma, dello spirito romano e imperiale dif-1 ficilmente si potrebbe immaginare; e così la soluzione del Brunati (coridivisa da alcuni altri, come il gruppo Del Debbio-Foschini-Morpurgo) gli ha permesso, sulla Via dell'Im-! pero, una maestosità frontale che si compendia nella scalinata, tipo quel-! la di Ara Creli, adducente al Sacra-' rio fornito di cupola, e, ai lati, in unj vero e proprio recinto di «zona sa-, era » con l'ininterrotto muro che dall'angolo verso il Colosseo si prolun-l ga fin dietro la Torre dei Conti; ma non meno interessanti sono le varie : soluzioni curvilinee. | Potremmo dividerle secondo tre! schemi: curva semplice, cioè emici-1 ciò od esedra, prototipo, il progetto dell'architetto Libera; curva composta, quasi, per intendersi, serpentina, esempio offerto dal gruppo Ca;fiero-La Padula-Ridolfi-Rossi; unioI ne di segmenti curvi e rettilinei indiIcata dal gruppo torinese Cuzzi-Levi i Montalcini-Pifferi. Son questi nomi, iche, fuori dai bozzetti che presentalo facciate rettilinee, sottoscrivono i le creazioni più ingegnose, le più ade! renti al tempo nostro, quelle che meglio rispondono alle esigenze visuali della composizione (un edificio lun-j igo e dritto non potrebbe vedersi che' Idi sbieco) ed alla preoccupazione di' non occultare per nulla, guardando da Piazza Venezia, il Colosseo ; quelle che meglio s'intonano, con l'insieme dei ritmi curvilinei che « fanno sinfonia », nella zona comandata dal Colosseo; quelle infine che più s'adattano alle nostre espressioni stilistiche attuali. Bellissimi i concetti « gerarchici » che hanno ispirato al gruppo Cafiero la divisione netta, monumentale e non soltanto planimetrica, del-1 l'arengario del Duce, del Sacrario d della Mostra della Rivoluzione, dal i vero e proprio Palazzo degli Uffici' ponendo arengario, Sacrario e Móstra in corpi staccati e avanzati sulla Via dell'Impero sui cui muri la scul-j tura italiana potrebbe stendere nar-| razioni e simboli, ed accortissima la ; saldatura — sfruttando appunto' l'andamento curvilineo — del mino-1 re edificio oltre via Cavour con laj fabbrica maggiore; di un nitore e geometria perfetti l'elegantissima e poderosa facciata curva del Libera,! turbata però, secondo noi, dal gigantesco Fascio Littorio che sta sul suo ! asse; di una rara squisitezza di rit-| mi il progetto del gruppo Cuzzi, se pure abbia lo svantaggio di dividere in tre masse interdipendenti ma non completamente l'una all'altre legate il complesso dell'organismo. Queste, ripetiamo, le soluzioni che sentiamo più nostre, più attuali, più espressive, più acconce, se non del tutto accettabili, a dire, in Roma antica ma per la Roma moderna, la parola nuova che il tempo di Mussolini anche in architettura attende. Non è la novità — quando è sentita come necessità spirituale e non come moda — che ci spaventi, non l'ardimento che fu gloria dei nostri padri ogni qual volta si sentirono forti ed autonomi: preferiamo la rottura alla conciliazione, perchè il conciliare è azione di fiacchi. Ma non v'è stupore che questi progetti curvilinei suscitino le maggiori diffidenze, ap'paiano (e non lo sono) in contrasto con l'ambiente. I Allora le preferenze possono andare a quei progetti, coraggiosi ma più pacati, che offrono facciate lì— ■ ineari e tranquille; e anche fra questi1 , schemi troviamo esempi nobilissimi. ■ 'Basterebbe citare il progetto Vac-! Icaro, senza dubbio dei migliori, di una chiarezza esemplare, ossequiente; a tutte le richieste del bando, spoglio di ogni pleonasmo architettonico, con ! l'ingresso alla Mostra della Rivoluzione orientato verso Piazza Venezia; i ed il Sacrario affacciato sul grande atrio, severissimo nella facciata a pilastri e nello stilobate cupo; il pro! getto Del Debbio-Foschini-Morpur|go (vogliamo dire il progetto A, chèi l'altro è disturbato da una inutile i torre) coi suoi quattro ingressi ad arco ben cadenzati, col lunghissimo partito di finestre alte e strette, for-; se monotone, ma riposanti, con lar-j glie zone lisce di sapore quattrocen- ! ; tesco o, se volete, umanistico ; quello ' Montuori-Piccinato che come pianta, specialmente, è dei più notevoli, e spezza ad angolo la fronte press'a poco in corrispondenza dello spigolo j della Basilica di Massenzio venendo AbdttiscmscpsttlraddqdnlglsozerM a formare un saldo organismo con l'appendice di via Cavour, ma che, con quel traforo d'innumerevoli finestre e tutto un corpo poggiato su pilastrini esili fa dubitare non della sua imponenza come massa, ma della sua eloquenza come architettura; il progetto De Renzi, che risolve lo sbocco di via Cavour con vivaci movimenti di masse ed isola egregiamente quella benedetta Torre dei Conti arretrando in curva il mascheramento dello sbocco medesimo; il progetto Pica, di una freddezza razionalistica che rasenta il gelo, e, accomunati da un razionalismo ad oltranza, quelli Banfi-Di BclgioiosoDanusso-Pollini e Carminati-LingeriSaliva-Terragni-Vietti, i quali ultimi, fedeli agii esempi del Le C'orbu sier, non esitano ad impiegare il vetro come muro a due passi dal Colosseo ( ed è naturale che quel vetro, anche nella semplice ideazione, vada in frantumi); il progetto OrtensiPouchain che ha il merito di aver studiato, insieme con un'ottima sistemazione urbanistica, la netta divisione, corrispondente a quattro edifici distinti ma intimamente collegati fra loro, del Palazzo della Mostra, del Palazzo di Rappresentanza, dell'aula per le grandi adunate e del Palazzo degli Uffici; i progetti del Frezzotti coi suoi sei grandiosi pilastri del centro ma quell'esile torre da stadio a sinistra che fa pensare ad una ciminiera; di Aloisio e Tedesco Rocca ch'è dei più intelligenti come soluzione della parte verso via Cavour, blocco di grande ardire ma immiserito dal corpo frontale che ri- sulta, si direbbe, schiacciato dalla mole retrostante. E vanno ricordati ancora, sia che adottino andamenti rettilinei o curvilinei, sia che tentino la fusione dei due motivi planimetrici ora a scopo di diminuire gli scorci, ora per creare spazi alle adunate, ora per staccare « gerarchicamente » le varie parti della fabbrica secondo le sue funzioni utilitarie o rappresentative, 5 progetti di Luigi Moretti, di un'audacia sconcertante, di Gio Ponti, ricco di idee che andrebbero però più fermamente determinate, del Petrucci e Muratori ( Guf di Roma) dalla bella esedra nella cui elissì turba tuttavia il pensiero della Mostra della Rivoluzione imprigionata da muri senza finestre, del Leoni e Di Castro, del Pascoletti, di Duilio Torres, di Nordio e Cervi, del Battaglia, che presenta dietro la Torre dei Conti una facciata curva, del gruppo Giuseppe Torres-Keller-Bonzio dalla fronte dritta, alquanto casermistica. Rassegna forzatamente sommaria, che una quindicina di progetti vorrebbe capitoli a parte, analisi delle piante, chiarimenti sui principi ideali delle singole concezioni, sui risultati architettonici cui gli autori, da quelli movendo, son pervenuti. Perchè un'idea può essere bellissima, generosa, nobile, e la sua traduzione in planimetrie, masse, volumi, linee approdare poi a singolari barocchismi, come spesso per queste sale si vede, o viceversa poi soggiacere, dissimulata, alle esigenze pratiche. Non converrà quindi lasciarsi impressionare troppo dai « concetti », dalla così detta ispirazione poetica, dal motto, da quello che in scultura e pittura può essere il titolo, e che in definitiva conta assai poco. Davanti all'opera architettonica non importa quello che l'architetto ha voluto « dire » : importa quello che è ; e il resto lo si abbandona alle relazioni che accom; pagnano i progetti. Qui sono i muri che debbono parlare; e prima che parlare, servire; e, servendo, esprimere un ideale estetico, sintetizzare un'epoca e il suo stile di vita. Perciò bisogna andar molto cauti, come certo agiranno i giudici di questa rassegna imponente. Qui c'è indubbiamente una dozzina di progetti di grande valore, e crediamo di averli implicitamente segnalati. C'è il progetto che si imponga su tutti gli altri in modo assoluto? Non ci sembra che si possa rispondere senz'altro di si. Anche dai confronti possono venire suggerimenti di modificazioni ai loro autori. E non è escluso che gli stessi architetti che studiarono la zona, stabilirono l'area e compilarono il bando di concorso scorgano adesso, specie nei progetti a sviluppo curvilineo, soluzioni insospettate. Scegliere i migliori concorrenti — scegliendone pochi — ed invitarli a pronunziarsi definitivamente, ci parrebbe il partito più saggio; e la gravità dell'assunto lo consiglia. Poche direttive precise e ancor qualche mese di tempo potranno dare il progetto per l'edificio degno di Mussolini. Marziano f* rnardi. PROGETTO DEL GRUPPO UNIVERSITARIO FASCISTA DELL'URBE PROGETTO DELL'ARCH. ADALBERTO LIBERA, A CURVA SEMPLICE ROSSI, CHE PROSPETTA UNA DELLE SOLUZIONI AD ANDAMENTO CURVILINEO

Luoghi citati: Italia, Milano, Roma