Vita di Shakespeare

Vita di Shakespeare Vita di Shakespeare Diego Angeli ha scritto una Vita 'di Guglielmo Shakespeare (Treves, *934) per distruggere molti errori e molte leggende che ancora corrono in Italia sul massimo poeta inglese. Giovanni Papini, ispirato da Angeli (e speriamo che le sue angeliche ispirazioni non sian tutte di questa fatta), ha scritto nel Corriere delia 'Sera del 22 settembre scorso una vita sintetica di Shakespeare in cui resuscita molti errori e crea molte leggende. Si diceva in altra occasione (La Stampa, 13 novembre 1930), che con tutta la buona volontà non sarebbe stato possibile, di sui dati che possediamo, scrivere una vita romanzata di Shakespeare. Ma Giovanni Papini è scrittore di volontà più che buona, e non si dà pace finché non ha escogitato qualche nuovo « concetto predicabile ». La sua tesi è stavolta questa : « La maledi« zione che sempre minaccia i popoli « troppo fortunati ha fatto sì che le « ricerche intorno all'idolo nazionale inglese hanno disvelato un uo« mo Shakespeare ch'è un insulto all'ideale vittoriano della middle « class ». E il Papini si è dato a sforbiciare dalle pagine dell'Angeli quanto poteva trovare di cronaca nera e gialla per mettere un fantasma a confronto d'un altro fantasma : il fantasma d'uno Shakespeare canaglia faccia a faccia del fantasma d'un « inglese medio vittoriano », che, se non ha più attualità, vive tuttavia della tenace vita che godono i pregiudizi e i miti intorno ai popoli stranieri. Da un tale giuoco d'ombre, il Papini deriva un suo divertimento, che vorrebbe essere coonestato da una conclusione trascendentale: la maledizione che sempre minaccia i popoli troppo fortunati... Eppure l'Angeli aveva ammonito che i documenti ufficiali, che non scarseggiano intorno allo Shakespeare, ci raccontano soltanto di fatti materiali, e che «nessun docu« mento legale, giudiziario o finan« ziario ha mai descritto la foggia « degli abiti e il colore dei capelli di « un individuo, nonché le sue avven« ture amorose e gli aneddoti della « sua vita ». Se da una contravvenzione contestata a Giovanni Papini perchè la sua domestica sbatte i tappeti dalle finestre prospicienti Via G. B. Vico a Firenze, si volesse arguire che egli appartiene a famiglia poco pulita, se da un verbale d'investimento a carico del suo autista si volesse concludere che egli è un omicida, se dal correre per le stampe di certi suoi libri in stridente contraddizione con la sua professione di fede, si volesse insinuare che egli è un mercante, se da tutti questi fatti che per un momento vogliamo immaginar veri solo exempli grafia, si volesse costruire il profilo di Papini, non avrebbe egli mille ragioni di protestare? Eppure, questo è press'a poco il suo metodo nei riguardi di Shakespeare. « Il più antico Shakespeare cono« sciuto — anche lui Guglielmo, co« me il poeta — fu impiccato nel « 1248 per rapina a mano armata ». L'Angeli dà la notizia come una curiosità, che sono stati rinvenuti molti di quel cognome — tra cui numerosissimi erano i Guglielmi e i_ Giovanni — in ben ventiquattro città e villaggi del Warwickshire. Ma ammesso pure che quel facinoroso fosse un lontano ascendente del poeta, quale famiglia non ha, nel corso dei secoli, il suo « scheletro nell'armadio», per dirla all'inglese? «Il pri« mo documento che riguarda il pa« dre dell'autore di Amleto dice che « fu condannato a una multa per « aver lasciato un monte di spazzaci tura davanti a casa sua ». Il documento dice in realtà che John Shakespeare fu multato uno scellino per tenere un immondezzaio non autorizzato in Henley Street a Stratford. Ora, chiunque g^ira per le antiche vie delle nostre citta, ha occasione di vedere sui muri consunte lastrette di pietra o di marmo col divieto di «far mondezzaio» in quel punto. L'igiene del passato era ben diversa dalla moderna, e anche se John Shakespeare avesse fatto mondezzaio proprio da vanti a casa sua, non si sarebbe condotto diversamente dagli antenati delle nobili famiglie fiorentine o romane. Ma Giovanni Shakespeare — e qui il Papini gliene fa piuttosto un merito — era di origini contadine, e la moglie di Guglielmo, Anna Hathaway, era figlia di contadini che scandalo per quei buoni vittoriani, che tanto tenevano all'aristocrazia ! Probabilmente i buoni vittoriani non si sarebbero scandalizzati affatto, perchè le parole inglesi husbandsman e yeoman non corrispondono affatto all'italiano « contadino », ma a « coltivatore », o piccolo proprietario terriero. Del resto, se il padre di Shakespeare era di origini modeste, la madre apparteneva a famiglia nobile, e, se non ci fossero gli alberi genealogici a dimostrarlo, basterebbe il fatto che un parente, Edoardo Arden, fu giustiziato nel 1583 per aver preso parte a una congiura contro la regina. In quale famiglia nobile inglese non appare la figura del giustiziato per alto tradimento? Ma il Papini, che certo ha nella sua ricca libreria il più recente e autorevole compendio di storia inglese, non ci fa caso, e adduce il fatto a sostegno della sua tesi, che la famiglia di Shakespeare « dal lato della rispettabili« tà, era tutt'altro che pulita ». lipcCbSrm««««bspsttrmtLscSddDgnfsvsctu«ttzsnMfi« Ma il peggio si è che la stessa « vita di Shakespeare poeta è po« chissimo conforme all'ideale d'ogni « gentleman onesto e corretto ». Da giovane faceva il macellaio, « sia pu« re con accompagnamento di lettera« tura perchè, raccontano, rivolgeva « patetici discorsi ai vitelli che dove«va ammazzare». Ameno, eh? Già, ma codesto ammazzamento di vitel- e e i a l a , e o i , o : a o n a i a i a a i i n e , i a i l . e a, ei e r ar od. e edi r e oe a nti o— n e ae i, a ! n o, so ma ere eia ri bdo er noel Ma cle ci no aili pare fosse uno dei numeri del repertorio dei guitti, e l'arte del macellaio non c entrerebbe per niente. Così dimostrò anni fa E. K. Chambers, il cui fondamentale William Shakespeare avrebbe dovuto figurare almeno nella bibliografia del volume dell'Angeli. « Sappiamo inoltre « che fu cacciatore di frodo e che, « per aver preso un daino nella ban« dita di Sir Thomas Lucy, fu arre« stato e frustato ». Ma quella di rubar"daini dai parchi gentilizi (del resto il Lucy non aveva un vero e proprio parco, ma solo un free-warren) sembra fosse comune consuetudine tra i giovanotti del tempo, e non era trattata dal magistrato con più serietà di quel che non lo sia oggi la momentanea occupazione d'un'automobile altrui per un joy-ride. Nè Lucy poteva frustare Shakespeare secondo la legge del 1563 sulla caccia. Che il primo mestiere dello Shakespeare a Londra fosse quello di guardiano di cavalli all'ingresso del teatro, lo raccontava William Davenant, che si vantava d'esser figlio illegittimo del poeta suo padrino. Vanto che l'Angeli dimostra infondato, ma che il Papini ripete, senza smentirlo. Si può ritenere più veridica la notizia sullo Shakespeare palafreniere, ma non dirla, come fa il Papini, basata su « un'antica e fondata tradizione ». Ma in una questione famigliare tra certi « parrucchieri » di Londra il Papini trova il fatto suo per accusare il poeta inglese d'aver agito quale mezzano tra « bassa gente ». « Barbieresco pateracchio », lo scrittore toscano chiama questo scandaletto. Quel Mountjoy, la cui figlia, pei buoni uffici dello Shakespeare, sposò Stephen Bellott, era un tire-maker, aveva cioè una fabbrica di parrucche, mestiere non così vile come farebbe supporre l'arbitrario « barbieresco » del Papini. Per l'Angeli l'episodio è una prova della benevolenza dello Shakespeare : « Questo episodio « gentile ci mostra il Poeta sotto il « suo vero aspetto umano ». Il Papini non ci vede che fango. « Nel « 1601 partecipò, almeno come atto« re, alla congiura del conte di Essex « contro Elisabetta ». Categorico, come sempre, il Papini non avverte che qui siamo su terreno molto controverso, e che, sebbene l'Angeli appartenga alla corrente che vuol vedere nella congiura di Essex una svolta decisiva nella vita del poeta, altra è l'opinione di seri e moderni biografi inglesi. Gli stessi biografi mettono in guardia contro l'interpretazione che vorrebbe vedere nella postilla interlineare del testamento di Shakespeare circa l'assegnazione alla moglie del suo letto secondo per qualità (second best bed), un deliberato affronto. « Infondate «teorie di disaccordo domestico», scrive il Chambers, « sono state im« maginate per render conto dell'as« senza di ogni altra disposizione te« stamentaria riguardante la moglie « Non v'era bisogno di tal disposi« zione. In forza della common law « Mrs. Shakespeare avrebbe avuto « diritto al vitalizio d'un terzo dei « beni lasciati dal testatore, ecc. ». Il miglior letto sarebbe stato considerato, come di consuetudine, un heirloom, cioè trasmissibile ai discen denti secondo la regola della primo genitura. E' quindi possibile che, ri leggendosi il testamento, Mrs. Shakespeare chiedesse il letto proveniente dalla sua casa paterna a Hewland. Non c'è insomma supposizione pittoresca su cui il Papini non si getti, con una cieca fede che, necessaria magari in altri campi, non è affatto sufficiente in quello della critica. Che il non aver trovato traccia nei registri parrocchiali del matrimonio di Shakespeare, per cui esiste la licenza vescovile, debba far ritenere che quel matrimonio fosse celebrato, col rito cattolico e di nascosto, dal gesuita padre Hall, è supposizione gratuita della Longworth Chambrun; che lo Shakespeare fosse un autodidatta assai approssimativo (qualità, del resto, fatta per incontrar le simpatie del Papini), era opinione di Ben Jonson, che l'Angeli avverte di non prender troppo alla lettera « perchè pronunciata da « un letterato molto vanitoso e orgo« glioso » della sua soda erudizione. Ma tutto serve al Papini per la sorpresa finale: tante meraviglie poetiche vennero da un « uomo cosiffatto » ! Cosiffatto? Ci vogliono altro che carte legali e giudiziarie per ricostruire quel che fu un uomo vivo ! La biografia dell'Angeli, misurata e guidata da un vigile buon senso, non meritava d'aver questo seguito. Égli ha saputo vagliare da un'immensa letteratura critica quel tanto di positivo e di plausibilmente congetturale che può interessare una persona colta che non sia uno specialista. Una sola cosa sorprende nel volume: che, avendo compiuto con successo tale insigne fatica, l'Angeli non abbia avuto cura di eliminare dalle bozze molti errori, che, pur avendo importanza circoscritta, diminuiscono quell'impressione di precisione che un tal lavoro è inteso a creare. Ma questi errori e omissioni non detraggono al merito della biografia, che degnamente corona l'ardua e nobile impresa che l'Angeli ha perseguita per un trentennio : quella di dare agl'italiani una versione poetica di Shakespeare che potesse venire adottata sulle scene. Mario Prai. mtcin«dcIdcdpzBtdaSRItqldsgI

Luoghi citati: Firenze, Italia, Londra, Stratford