LE ARTI

LE ARTI LE ARTI Dominio della natura Quando l'uomo modifica la natura sistemando una strada, sbarrando un fiume, innalzando una torre, o quando si fabbrica un aeroplano o una nave, oppure quando ricava da un albero un mobile o da un minerale un gioiello, determina dei fatti architetturali. Questa considerazione che investe per intero lo scopo umano ne suscita un'altra, che l'architettura è il riflesso durevole delle civiltà, è la ragion d'essere della vita ». Parole che si leggono nell'introduzione al Belvedere dell'architettura italiana d'oggi di P. M. Bar-: di, seconda edizione di questo bell'albo formato di quaranta tavole ben com-r poste ed entusiasticamente commentate (Edizioni «Quadrante», L. 15). Parole che esprimono una concezione nobile e generosa dell'architettura intesa come centro, scopo, espressione della vita. Tutto, nell'azione, si risolve dunque in pensiero architettonico: non solo « far corrispondere a un aereo una casa, a questa casa una sedia, a questa sedia una stilografica, e così via », ma ancora costruir dighe (« le architetture che per grandiosità possono mettersi in linea con le Piramidi»), tracciare strade («le costanti architetture che l'uomo ha disegnato per svolgere i suoi viaggi»), gettare un ponte sopra un'autostrada (« mar gnifico gesto di dominio della natur ra»), presentare con «una forma ar-r chitettonica molto gradevole » un dir stributore di benzina («i suoi colori e le insegne delle marche, specie quello della Shell, aumentano un certo suo garbo e fascino»), collocare nell'aperta campagna un gruppo di trasformar tori in cui « il ferro, la maiolica, il ver tro stabiliscono intrecci di forma e di colore fantastici, surreali, magici », Insomma, sempre che l'uomo, in un modo o nell'altro, modifichi la natura egli è architetto. E' anche artista? P. M. Bardi trascura l'oziosa doman» da, che a lui deve parere un relitto di mentalità superata, mentalità di der boli, di pigri, di pavidi, di pessimisti: Per noi che non distinguiamo tra arr chitetture utilitarie e rappresentative, l'architettura del Savoia-Marchetti cor stituisce l'espressione che presceglier remmo se fossimo richiesti d'indicare l'architettura più viva ui oggi ». Dir stinguere o non distinguere? Ecco il problema. Ma bisognerebbe essere ben piccoli Amieti per indugiarvisi. « L'atr tardarsi nell'abitudinario pensiero che l'architettura risieda soltanto nei muri è un arretrarsi ormai ridicolo » prosegue tuttavia il Bardi, coerente sempre a sé stesso : « noi dovendo cercare dell'arte, ecco che ci fermiamo davanti a una stazione di trasformatori. Non è per eccent 'tà; ma perchè l'arte va cercata nelia vita». Orbene, vogliamo provarci a ragionare un istante per analogia e per assurdo? Se una stazione di trasformatori è arte (od anche arte, casualmente), è musica, cioè arte, il suono dei cento claxons d'una strada cittadina, l'urlo delle dieci sirene d'un sobborgo operaio? Se l'arte va cercata nella pratica della vita, è letteratura, cioè arte, la relazione di un capo reparto, il verbale d'un bilancio? Lo posson essere, se è vero che Verga ebbe l'ispirazione d'un nuovo stile dal giornale di bordo d'un capitano mercantile; ma è perchè entra allora, imponderabile e involontario, un nuovo elemento: la poesia. Quante volte si verifica quest'incontro, nella vita quotidiana? Il grande equivoco che involge oggi tutta quanta l'arte contemporanea, e non la sola architettura, sta appunto in questo asserto: che l'arte sia nella vita, nella natura, nel dominio della prima, nella disciplina della seconda. L'uno e l'altra possono esser dei mezzi per giungere all'arte; non altro: se non vogliamo ricadere nell'ideologia naturalistica dell'arte uguale realtà. Arte, se mai, non è dominio, ma accrescimento della vita e della natura. E dovessimo restare in dieci contro un milione, converrà resistere contro questo male del nostro secolo, ch'è il non distinguer più fra arte e non arte. Resistere fino alla fine. Per la salvezza dello spirito. *** Il nuovissimo libro di Felice Piacenza su Pollone nella sua vita locale e nell'ambiente storico del Piemonte (Novara, Istituto De Agostini) rientra volentieri in questa rubrica perchè a Pollone, il 17 gennaio 18-10, nacque Lorenzo Delleani. E a Delleani il Piacenza dedica un posto d'onore fra gli « Uomini illustri » della piccola, ridente, feconda terra biellese. Nell'accurato volume troviamo preziosi dati storici e statistici, vita d'industrie e di commerci; ed anche pagine doverose sul meraviglioso Parco della Burcina, creato appunto da quella famiglia Piacenza di cui ''autore del libro è il vegeto decano, un novantenne gagliardo che dopo una lunga vita di lavoro si svaga genialmente scrivendo la storia del suo borgo operoso. *** A II cavallo nella scultura attraverso i secoli ha dedicato un opuscolo (Milano, Ravagnati ed., L. 3) il colonnello di cavalleria Arturo Cambiè, movendo dai documenti scultorei, egizi e assiri per giungere fino alle più recenti plastiche italiane del Canonica, del Rubino, dello Zocchi, del Graziosi. Pagine curiose dove più che all'arte si guarda all'anatomia equina. Per il monumento Missori non è forse citato un giudizio d'un professore della Clinica Veterinaria di Milano? E' un poco il caso del calzolaio critico d'arte. *** Un quadro della nota pittrice torinese Gemma Vercelli, Attesa, è stato acquistato dal Municipio di Genova per il Museo Civico d'Arte Moderna L'opera è una composizione a tre figure, tipica dell'arte della giovane e valente pittrice. *** A proposito degli articoli qui pubblicati dal prof. Michele Pozzi sulla tecnica delle pitture pompeiane, il prof. Tito Venturini Papari scrive a La Stampa per rivendicare « la sua precedenza nel riconoscimento delia natura dei dipinti murali del periodo augusteo, i quali non attendevano certo "gli studi del signor Pozzi per essere riconosciuti per encausti ». Prendiamo atto della dichiarazione del Venturini senza riaprire qui una polemica che! se mai, andrebbe dibattuta in altra sede. *** La rivista mensile Fili, edita dalla « Editrice Domus :> che combatte la sua generosa battaglia per l'architettura moderna per mezzo dei periodici Domus e Casabella, è qualcosa di più d'una rivista di lavori femminili: è un veicolo utilissimo al diffondersi del gusto attuale nelle famiglie italiane. In questo numero di settembre troviamo infatti intelligenti modelli di tavolini trasportabili e di sedie pieghevoli, ed altri geniali spunti d'arredamento. *** Della « Giovano pittura veneziana » tratta amorosamente Nino Barbantini nel secondo fascicolo della Rivista delle Arti (Venezia), definendola immune da tendenze straniere, fondata sull'osservazione diretta del vero, e difendendola dall'accusa di monotonia e provincialismo, mar. ber.

Persone citate: Arturo Cambiè, Delleani, Lorenzo Delleani, Michele Pozzi, Nino Barbantini, Pozzi, Rubino, Tito Venturini Papari, Venturini, Verga